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Cari Contro-Lettori,

 

nella regione del Bardopardo è oggi più che mai vero che tutto cambia, purché non cambi mai niente.

Sabato scorso ci siamo recati al bivio di Calle, fra Grassano e Tricarico –provincia di Matera- per incontrare le autrici di un nuovo libro su Michele Mulieri, già fra i protagonisti di “Contadini del Sud” di Rocco Scotellaro. La sua è la storia di un uomo che negli anni 50 del ventesimo secolo ingaggiò una singolar tenzone con la pubblica amministrazione e la politica, affinchè gli fosse concesso di istallare –con tutti i crismi- una pompa di benzina (e relativi servizi) in quella che, di lì a poco, lui stesso –piuttosto indispettito- autoproclamò “Repubblica autonoma dei Piani Sottani”. Questa versione lucana di “Davide contro Golia”, quella di un lucano che non ne voleva sapere di essere un pupazzo di stracci (un “muppet”) manovrato dai potenti, è tutto sommato a lieto fine (il bar e la stazione di Mulieri sono ancora lì), ma dicevamo però essere emblematica dello stato delle cose che, per molti versi, ristagna nei fatti della nostra regione. Tanto per cominciare, il bivio di Calle –se si guardano le immagini di alcuni documentari con Mulieri degli anni Settanta- in cinquant’anni è rimasto del tutto identico. E questo può anche avere un valore poetico e nostalgico. Ciò che invece sembra ammantato di una significato metaforico, esistenziale o satirico (decidete voi) è che la stazione di servizio per la quale il Presidente dei Piani Sottani si era dato tanto da fare (anche nell’interesse degli abitanti del posto) si chiamava (e si chiama) “RISTORO dell’Anno Santo”. A distanza di sette decenni, la battaglia di Mulieri per evitare ai propri figli il beffardo destino dell’emigrazione e per poter dare concretezza ai suoi progetti di impresa, simbolicamente sembra oggi essersi estesa a tutti i gestori di bar, ristoranti e molte altre attività, ai quali –ahiloro e ahinoi- non resta che sperare nell’arrivo dell’agognato “RISTORO”. Certo, c’è anche chi -in una regione che paga ancora una volto lo scotto della sua “piccolezza” nei confronti dei tanti “Golia” (il marchio di “zona rossa” inflittoci è chiaramente derivativo anche della nostra scarsa densità territoriale)- afferma che è sempre meglio ricevere un pur piccolo “ristoro”, piuttosto che tenere un negozio aperto in un posto in cui la gente non può uscire di casa. Contraddizioni del Sistema? Ma lì, dal loggione, di questo “Muppet Show” genrerale, le “stelle che stanno a guardare” che dicono? Beh, sono in “bambola” anche loro.

In tanto noi cittadini siamo tutti di pezza. A pezzi. E con le pezze al culo.

Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori,

non sappiamo se i consiglieri d’opposizione si passano l’un l’altro i comunicati stampa, come quando al Liceo c’era il compito d’Italiano, e sotto gli occhi di qualche indulgente professore ci si confrontava sui propri scritti, poco prima della consegna.

Sta di fatto che abbiamo rilevato che la parola più gettonata in settimana è stata “immobilismo”.  

«Duole denunciare, ancora una volta, la preoccupante situazione di immobilismo in cui versa il Consiglio regionale. La massima Assise lucana sembra essere ormai diventata una sorta di ‘arena’ nella quale una rissosa maggioranza si ritrova solo per ‘regolare’ i propri conti: che non tornano mai. (…) A questo clima da ‘guerra fredda’ si aggiunge il riposizionamento ‘strategico’ di alcuni consiglieri di maggioranza verificatisi in questi ultimi giorni. Quella di Bardi è una maggioranza ‘fluida’ che fino ad ora ha prodotto assai poco di concreto nell’interesse dei lucani».

Lo sostiene il consigliere regionale (un po’ “new age”) del M5s, Gianni Perrino che aggiunge: «Si ritorni a lavorare sugli scranni consiliari di Via Verrastro. Che gli scontri interni ai partiti della maggioranza smettano di avere un effetto paralizzante dell’attività del Consiglio regionale».

A pochi giorni di distanza, il termine “immobilismo” torna nelle parole di un altro consigliere d’opposizione, pure lui materano, Luca Braia, capogruppo di Italia Viva, il quale –da buon ex assessore all’agricoltura (per la serie “Tiemb bell ‘e na vota”) si avvale anche di alcune metafore podoliche.

«L’immobilismo in questa nostra regione Basilicata ha raggiunto livelli imbarazzanti che nulla hanno a che fare con la pandemia. E’ una vera e propria infinita crisi politica, per altro già scritta nel codice genetico di questa maggioranza nata con il governo regionale di centrodestra, con le ‘transumanze’ dei consiglieri da un partito all’altro, come tradizionalmente fanno le più note -per altro maldestramente dimenticate -podoliche lucane».

«Dopo la ‘transumanza’ –conclude- spero che consiglieri e governo, se giunti a destinazione, abbiano anche trovato il pascolo dove rifocillarsi, in maniera tale che possano riprendere lucidità e, finalmente, cominciare a lavorare per la Basilicata. Altrimenti, di questo passo, il rischio è quello di andare al “macello” e con loro tutta la nostra comunità».

Nel frattempo, fra chi parla del consiglio regionale come di un’ “arena” di tori infuriati e chi evoca immagini di mansuete e poco reattive vacche che mestamente se ne vanno al macello, il Presidente Bardi, nel felicitarsi della «nomina a sottosegretario all’editoria del senatore Giuseppe Moles», si/ci/gli augura di «saper fare», «nell’interesse della Nazione, anche quello della Basilicata».

Per la serie: “Peppiniè, pensaci tu, intanto io preparo ‘o cafè”.

Walter De Stradis

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CARI CONTRO-LETTORI,

 

 

chissà perché, con questa maggioranza regionale, le allusioni alle illusioni e agli illusionisti (ci si perdoni il “gioco” di parole) vengono facili.

L’ultimo, in ordine di tempo, a utilizzare un siffatto tipo di metafore è stato il consigliere regionale di opposizione (“Prospettive Lucane”) Trerotola, a detta del quale «l’apoteosi è stata raggiunta con l’atteggiamento poco istituzionale del Presidente del Consiglio Cicala (Lega – ndr), il quale si è trasformato in un novello Mago Silvan che compare o scompare, o meglio presiede o non presiede i lavori consiliari, a seconda degli occasionali argomenti posti all’ordine del giorno».

Nel frattempo, siòre e e siòri, esibendosi nel mirabolante salto mortale (della quaglia, della cavallina o di quello che preferite voi), alcuni consiglieri regionali sono “volati” dalle parti di Fratelli d’Italia, in ultimo l’ormai ex capogruppo Leghista Coviello (seguito a ruota da Mecca, sindaco di Avigliano), il quale, soltanto un paio di mesi fa, dichiarava a Controsenso: «Nel mio caso il calcolo politico non c'è mai stato, avendo sempre fatto scelte controtendenza: sono sempre stato una persona di centrodestra quando la Regione era in mano alla sinistra. Per quanto riguarda la Lega, mi ha colpito la vicinanza alla gente, che era ciò che mancava nella politica nazionale e lucana». A proposito dell’ “aria da rimpasto” che già si respirava a metà dicembre scorso, aggiungeva: «E' vero che, da cittadini, si apprende che un po' di difficoltà ci sono in merito a una identità di vedute della maggioranza. Ma questo dipende dal fatto che siamo una classe dirigente nuova, che necessita di un periodo fisiologico di ambientamento». In conclusione dell’intervista a pranzo, tuttavia chiosava: « In politica non c'è mai riconoscenza. L'ho imparato a mie spese. E quindi oggi alzo i gomiti, come fanno i centravanti, per difendermi». E così, oltre ad alzare i gomiti, il Nostro ha alzato pure i tacchi e ha lasciato la Lega di Salvini. Motivo? Coviello afferma di non aver gradito le scelte politiche a livello nazionale (leggi ammucchiata Draghi).

Ovvio che gli equilibri, vuoi o non vuoi, in giunta regionale cambieranno, visto che –oplà, et voilà- Fdi in pochi giorni è passato da uno a ben quattro consiglieri regionali, ben potendo ora calare un poker sul tavolo (un po' meno) 'verde' della Regione. Il cittadino medio, magari anche quello che aveva creduto alla grande illusione bardiano-salviniana, visto che anche al Comune di Potenza, i “Fratelli” d’Italia quando possono qualche colpetto, alto o basso, se lo danno (leggi all’interno vicenda Basento), teme intanto che in politica si giochi sempre a rubamazzo, laddove il “mazzo” ce lo mettono sempre loro, ovvero i lucani.

Sim-sala-bim, ready voilà, questo governo regionale ce la farà?

Buona lettura,

Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori,

“Desertificazione di idee e di visione, che rischia di far scivolare la regione in una condizione di povertà e di contrapposizione sociale. È questo il pauroso vaticinio del segretario generale Cgil Basilicata, Angelo Summa.

La visione del nostro futuro, così come prefigurata dal sindacalista lucano, è da scenario post-apocalittico. Uno di quelli in cui il deserto di idee diventa desolazione fisica, terra consumata e abbandonata. Un po' come nel finale del famoso film 'Il Pianeta delle scimmie'- (più volte richiamato su queste pagine), nella versione originale di Shaffner del 1968. Il protagonista (interpretato da Charlton Heston), un astronauta americano dalla consueta mascella quadrata, per tutte le due ore del film crede di essere approdato per sbaglio su un pianeta alieno in cui sono le scimmie (i “primati”) a governare, e l’essere uomo –in una sorta di contrapposizione sociale portata alle estreme conseguenze- è ridotto alla stregua di un animale selvatico. Salvo scoprire, nel celeberrimo finale in cui l’americano si trova di fronte a una Statua della Libertà diroccata e sommersa da mare e sabbia, che quel Pianeta altri non è che la –devastata anni addietro- Terra del futuro. Al buon astronauta mascellone non resta quindi che inginocchiarsi disperato ai piedi del gigantesco, ma triste simulacro del passato, simbolo del rovinoso futuro in cui è naufragato.

Che vuoi farci, Charlton, sono scherzi dei viaggi nello Spazio-Tempo.

«Non è il Tempo dell’inerzia – continua Summa - Questo è il Tempo della ricostruzione per tutto il Paese, stretto tra emergenza sanitaria, sociale, economica e finanziaria, e soprattutto per la Basilicata, ferma al palo, la cui mancata capacità politica di coagulare le forze sociali e produttive rischia di innescare un processo di autoavvitamento dettato da una interpretazione padronale e personalistica delle istituzioni».

Per il segretario generale della Cgil Basilicata, evidentemente poco incline a prestar fede agli sventolati “primati” lucani (nel senso di traguardi) «serve costruire, programmare, riformare e rilanciare lo sviluppo investendo sulle tante potenzialità esistenti: il patrimonio culturale, l’automotive, l’energia e la sostenibilità ambientale, intervenendo sui bisogni sociali sempre più sottaciuti, il lavoro, il welfare, la salute, l’istruzione, i trasporti. Serve unità e confronto per ridare futuro al lavoro e ai giovani».

Chissà cosa ne penserebbe il direttore del Polo Bibliotecario di Potenza, struttura nuovissima e avveniristica (quasi da “fantascienza”), che -pur se dipendente del MiBACT- non ha avuto ancora il piacere di incontrare il Presidente della Regione, Bardi, per parlare di cosucce quali lo sviluppo dell’indotto culturale lucano (di cui tutti parlano, ma di cui molti se ne fregano) e di problemini quali l’assenza, a breve, di un responsabile della contabilità per l’importante struttura, potentina e lucana.

E scusate se è poco.

Buoni primati a tutti.

Walter De Stradis

 

 

 

 

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Cari Contro-Lettori,

prosegue, giorno per giorno, fra alti e bassi, (meno) luci e (più) ombre, la marcia contro il Virus. «Chiarezza sui vaccini, chiediamo che qualcuno ponga fine a questo indegno spettacolo delle illusioni. Esattamente come per la campagna antinfluenzale, la Regione l’ha fatta grossa un’altra volta». A dirlo sono i segretari di Uilp Fnp e Spi, Carmine Vaccaro, Vincenzo Zuardi, Angelo Vaccaro, secondo i quali «La popolazione anziana non va illusa, gli anziani non sono bambini. E invece a fine gennaio la Regione ha addirittura annunciato di essere nelle condizioni di avviare la fase due abbassando la fascia d’età da coinvolgere nella fase due vaccinazione. Non come nel resto d’Italia rivolta agli ultraottantenni, bensì agli over 75. Salvo poi tornare indietro sui suoi passi per la carenza di dosi. Carenza che sta interessando tutto il mondo. Come Basilicata ci siamo riadeguati alla linea nazionale, così come sancito in Conferenza stato regioni dal ministro Speranza e dal commissario Arcuri. Si torna agli over 80. Ma qualcuno lo ha comunicato ai cittadini? A tutte quelle persone che avevano sperato di ricevere il vaccino nel breve tempo e che adesso vedranno slittare a chissà quando l’inoculazione. Leone ed Esposito su questo ancora una volta non si smentiscono. Lasciando il fardello addosso ai medici. E anche ai sindaci». «Chiediamo che si renda noto il Piano vaccinale – proseguono i Segretari- che venga avviata una campagna informativa per sensibilizzare i cittadini». Nel frattempo l’Aned (Associazione Nazionale Emodializzati Dialisi e Trapianto) lucana comunica la raccolta, a livello nazionale, delle prime 15.000 firme per supportare l’appello lanciato una settimana fa al ministro della salute Roberto Speranza, ai vertici dell’Istituto Superiore di Sanità, al CTS, ad AIFA e allo stesso Commissario Domenico Arcuri: «Il nostro auspicio è che le persone più fragili, trapiantati e dializzati, possano entrare già in questa fase nel protocollo di priorità insieme agli over 80 e al personale sanitario. (…) In Basilicata sono presenti 12 centri dialisi, di cui 2 privati, circa 400 dializzati e oltre 200 trapiantati d’organo. Abbiamo raccolto oltre 700 adesioni a cui hanno aderito tutto il personale sanitario di area nefrologica, l’ordine degli infermieri della provincia di Matera e numerosi pazienti e sostenitori comuni. (…)Siamo consapevoli che in questo momento esiste una carenza di dosi sull’intero territorio nazionale e proprio per questo la programmazione è essenziale».

Insomma, qualora non fosse ancora palese a chi tiene il cerino in mano, la chiarezza –ai tempi della ditta Pandemia & Panico- è uno dei valori principali.

In quest’ottica, abbiamo incontrato il direttore generale del più importante ospedale regionale, il San Carlo di Potenza, per conoscerlo più da vicino, ma anche e soprattutto per parlare di Covid, di rapporti con la politica e –in primis- col cittadino.

Buona lettura.

Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori,

i casi della vita. Allo scrivente è capitato, nell’arco di un paio di giorni, di intervistare due personaggi diversissimi tra loro.

Il primo è Marco Giusti, noto critico cinematografico, creatore di “Blob” e “Stracult”, il quale –a proposito della commediola nostrana degli anni Settanta (i film con la Fenech e Alvaro Vitali)- ha detto che «Quei film hanno comunque fatto CRESCERE gli Italiani» (l’intervista la trovate su Cinecorriere.it e la leggerete prossimamente anche su queste pagine).

Il secondo è il potentino Donato Pessolano, coordinatore regionale di “Basilicata in Azione” (e già segretario cittadino del Pd), a detta del quale la crisi innescatasi in Regione è “infantile” e la giunta –sempre politicamente parlando- è metaforicamente come un «pilota-bambino che non arriva ai pedali della Ferrari che gli è stata data (la Regione). Un pilota che non è CRESCIUTO abbastanza».

Il contrasto insito in queste due diverse dichiarazioni raccolte a distanza di poche ore l’una dall’altra, ha fatto scaturire la fantasiosa vignetta di questa prima pagina, ricca di suggestioni cinematografiche (relative a quel periodo storico del cinema italiano), e incentrata sui “capricci” (per mutuare sempre un termine riferibile all’infanzia, questa volta usato da Summa della Cgil) e i bisticci della maggioranza in Regione.

Pur con tutti i richiami satirici possibili, tuttavia, viene da dire che la situazione poltico-amministrativa-sociale in Basilicata non è un film di Mariano Laurenti degli anni Settanta, anche perché quei lungometraggi incassavano molto e rappresentavano un vero e proprio filone d’oro del nostro cinema (seppur non elevatissimo a livello accademico); mentre oggi, qui in Basilicata (ma anche a livello nazionale, piuttosto e anzichenò), tocca assistere al solito “teleromanzo” in bianco e nero, povero di mezzi, stile anni Sessanta della Rai, di quelli lunghissimi e pallidissimi, in cui si ripete sempre la stessa solfa.

Essì, perché Bardi, Cupparo, Vizziello e soci, in campagna elettorale (vinta), avevano puntato vigorosamente il dito anche contro (e giustamente) i dissidi, i dispetti e i colpetti che si davano a tutta forza quelli del centrosinistra tra di loro, inficiandone l’efficacia politico-amministrativa e obnubilando nelle loro menti un semplice concetto chiamato cittadini.

E adesso? E adesso, si può dire –come da premesse- che stiamo assistendo all’ennesima puntata de “Il Segno del Comando” (che pur Sessant’anni fa era un prodotto d’avanguardia), con gli stessi dialoghi oggi stucchevoli, con gli stessi tempi morti, con identica assenza di colori e con le stesse musiche stagnanti. Soprattutto, con gli stessi colpi (bassi?) di scena. Per la serie: "Il lupo perde il pelo, ma non il vizio".

Risultato? I Lucani sono stanchi e annoiati a morte: con l’arrivo della giunta del Generale, pensavano di godersi lo spettacolo di un moderno “Law & Order” in salsa lucana, ovvero un serial incalzante, ritmato ed efficace, e invece si sono ritrovati con una sfocata replica di un tiepidissimo “Tenente Sheridan”.

Ah, e in tutto questo “rallenty” televisivo, naturalmente, ci sarebbe la questione Covid.

Ma sono dettagli sfocati.

Walter De Stradis

 

 

 

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Cari Contro-Lettori,

mentre scriviamo, in Basilicata finora sono state somministrate 10.489 dosi del vaccino anti-covid, il 60,8% delle 17.265 consegnate (dati di ieri mattina, per voi che state leggendo –ndr), rispetto alla media nazionale del 83,8%. Il dato in percentuale, riportato sul sito del Governo (https://www.governo.it/it/cscovid19/report-vaccini/), pone dunque la Basilicata al penultimo posto tra le regioni italiane. Se confrontato con quello degli ultimi giorni (la vaccinazione su tutto il territorio italiano è iniziata il 31 dicembre), il nostro trend sembra più o meno, stabile. Complice, ovviamente, il taglio alle forniture del vaccino stesso (deciso a livello centrale), ancora una volta all’insegna della logica “dell’ortolano” (e del relativo “citrulo”) che i Lucani conoscono –ahinoi- bene.

La marcia “sul” virus sembra quindi proseguire a rilento, nel mentre una grossa fetta della patata bollente il sistema regionale sembra intenzionata a scaricarla nelle già spellate mani dei comuni. E dei sindaci. A fronte della seconda fase della campagna di vaccinazione (quella attinente agli anziani ultrasettantacinquenni), si farà in ogni paese un “punto vaccinale”. Ai comuni sono stati inviati quindi già gli elenchi degli anziani in questione (ma non tutti paiono completi –essendoci di mezzo la questione “scelta medica”- e occorrerà integrarli con quelli degli uffici anagrafe dei municipi); una delle grane consisterebbe inoltre nella compilazione del documento del “consenso informato”, tra l’altro s-doppiato per i due tipi di vaccino (Pfizer e Moderna: dalla Regione pare che il consiglio sia di far mettere una “x” su entrambi e poi si vede). Soprattutto c’è bisogno di tempi certi: i sindaci dei nostri comuni rischiano di essere (comprensibilmente) “accerchiati” (come il Generale Custer con gli Indiani, nella battaglia campale di Little Big Horn) da agguerrite tribù di compaesani attempati, in epica e sacrosanta cerca di informazioni sul loro turno. Urge quindi un calendario delle vaccinazioni e –chiedono alla Regione alcuni sindaci- anche un pieno coinvolgimento dei medici (tramite un protocollo d’intesa), non solo nella compilazione dei dati sul consenso e nelle informazioni da girare ai propri assistiti, ma anche nella altre fasi della somministrazione dei vaccini stessi.

Nel frattempo, nell’intervista che leggerete a pagina 3, il Presidente dell’Ordine dei Medici di Potenza (nella foto, ritratto mentre si vaccina), afferma: «Per quanto ci riguarda, in questi giorni invierò una comunicazione alla Regione, ai direttori generali e sanitari, di comune accordo con il Presidente degli Infermieri, per dare la nostra disponibilità, gratuitamente, per la buona riuscita del piano di vaccinazione di massa. Se saremo interpellati, daremo il nostro contributo per velocizzare il processo. Siamo fortemente sensibili rispetto all’argomento, e in sinergia vogliamo combattere ed essere d’aiuto».

Sempre che (ed è un “sempre che” abbastanza grosso) questi benedetti vaccini arrivino puntuali e bastino alla bisogna.

Buona lettura.

Walter De Stradis

 

 

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-aggiornamento-

 

 

“Nessuna discrezionalità da parte di sindaci, medici o chiunque altro, ma un Piano vaccinale contro il Covid-19, condiviso con le aziende sanitarie e già presentato all’Anci, capace di guidarci nella seconda fase di somministrazione delle dosi. Fase che interesserà le persone di età avanzata dai 75 anni, quelle tra i 60 e i 74 anni con almeno una comorbilità e coloro che, anche se al di sotto dei 60 anni, presentano una comorbilità certificata da una esenzione per patologia o invalidità civile”.

È quanto dichiara l’assessore alla Salute della Regione Basilicata, Rocco Leone, replicando al comunicato stampa sul tema vaccini anti-covid inviato nei giorni scorsi dal presidente dell’Anci, Salvatore Adduce.

“Le tre categorie individuate nel Piano ‘Implementazione della strategia vaccinale - Fase 2 anno 2021’, redatto dal direttore generale del Dipartimento Politiche della persona, Ernesto Esposito, di concerto con le aziende sanitarie, potranno essere sottoposte a vaccinazione senza alcun ordine di priorità, anche se il Dipartimento – prosegue Leone – raccomanda di procedere a cominciare dalla popolazione anziana.

Tuttavia, la novità di questo novello piano vaccinale, di cui vado particolarmente fiero, riguarda il fatto che preveda l’istituzione di un punto vaccinale per ciascuno dei 131 Comuni della Basilicata, utilizzando gli spazi ambulatoriali presenti sul territorio o altri luoghi idonei individuati d’intesa con i sindaci.

Per le città di Potenza e Matera, nonché per i Comuni con popolazione superiore ai 10 mila abitanti, sono previsti più punti vaccinali con una previsione giornaliera di almeno 72 somministrazioni per singola squadra.

Avere immaginato la presenza di un punto vaccinale in ogni Comune, oltre ad essere un modo per evitare lunghe attese alle persone anziane e possibili assembramenti, rappresenta un segno evidente di vicinanza e di attenzione politica che questo governo regionale intende manifestare alle piccole comunità della nostra regione.

Cosa che non è sfuggita neanche al presidente dell’Anci Salvatore Adduce, il quale nel proporsi a nome dei sindaci quale soggetto attivo di questa campagna vaccinale, ha sottolineato che il confronto iniziato con il Dipartimento Politiche della persona è sicuramente positivo e fruttuoso.

Noi raccogliamo questo anelito, e facciamo giustizia di ogni minimo vagito polemico che purtroppo mai manca per ogni iniziativa portata avanti e ribadiamo – conclude l’assessore – la nostra granitica volontà di procedere in questa campagna di profilassi primaria che non ha esempi simili nel presente e nel recente passato”.

fonte: https://www.regione.basilicata.it/giunta/site/giunta/detail.jsp?sec=100133&otype=1012&id=3071957&value=regione

 

 

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Cari Contro-Lettori,

le voci, più o meno autorevoli, di un legame della Monna Lisa di Leonardo con la nostra regione, pare traggano origine (se la memoria non ci inganna: le precisazioni sono beneaccette) da un romanzo di uno scrittore russo (Merezkowskij), di inizio Novecento. Secondo questa teoria la Gioconda sarebbe sepolta a Lagonegro, in provincia di Potenza.

Ci è sembrato pertanto opportuno ospitare in questa nostra prima pagina un’illustrazione del geniale Danilo Vignola da Genzano, virtuoso dell’ukulele che il Mondo ci invidia e sagace (nonché metaforico e “multistrato”) illustratore.

Il perché è presto detto: il buon Leonardo Da Vinci che pettina i capelli all’enigmatica dama “lucana”, resa ancora più enigmatica dalla mascherina anti-Covid che le nasconde il celeberrimo sorrisetto, è a nostro avviso (cioè si tratta di una mera interpretazione personale) un’immagine sintetica, emblematica del momento vissuto dalla nostra Terra.

Una regione di geni veri (e ce ne sono, ma molto spesso se ne vanno) e di geni presunti o autodefinitisi tali, quelli che ad andarsene non ci pensano proprio (anzi, già annunciano ricandidature), che non trovano di meglio (e qui ci tocca saccheggiare Bersani) che passare il tempo “a pettinar le bambole”, specie in questa disastrosa situazione generata dalla Pandemia.

E certo l’ultima trovata di un altro geniale personaggio, questa volta a livello nazionale, non agevola la trista (per usare una declinazione più arcaica) situazione che ci accomuna al resto del mondo. E così, di fronte all’ennesima crisi di governo, i nostri rappresentanti istituzionali di più alto rango (ma verrebbe da dire “di alto ragno”, alla Enrico Montesano) ora magari penseranno -più che altro, chissà- alla sorte che toccherà alla loro seggiola, a prescindere che siano ministri, sottosegretari o meno. E a prescindere da tante altre cose, tipo l’attuale ambaradan socio-economico-sanitario.

E vai così.

L’importante è pettinare quella bambola stanca, ammutolita dalla mascherina, ma non solo.  

Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori,

facciamo un esperimento. Proviamo a trattare la questione scorie radioattive tagliando e incollando gli interventi di diversi politici lucani, senza citarli. Tanto sono più o meno tutti uguali.

Sogin Spa ha reso pubblica la nota tecnica relativa ai siti idonei per lo stoccaggio delle scorie nucleari di bassa e media intensità. Un elenco di 67 potenziali siti con determinate caratteristiche diffusi su tutto il territorio nazionale, e che ora vedranno un momento di aperto dibattito pubblico. Purtroppo constatiamo che tra i siti individuati, ce n’è una moltitudine in Basilicata.

Con il nulla osta governativo alla pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi), predisposta dalla Sogin, è stato quindi svelato l’ insensato inserimento tra gli eventuali siti di diversi Comuni lucani, ubicati nel Bradano o nell’area murgiana, tra cui addirittura la città di Matera, Capitale Europea della Cultura 2019. In virtù della normativa varata nel 2010 la pubblicazione della Carta delle aree potenzialmente idonee dovrà essere sottoposta al parere dei cittadini e siamo certi che i lucani esprimeranno in maniera convinta il loro dissenso. (Ciò che è accaduto) non è assolutamente accettabile poiché la nostra regione e il nostro territorio hanno già dato e continuano a dare tanto, essendo coinvolti da decenni sia nello stoccaggio di scorie nucleari, anche ad altissima attività, sia nelle estrazioni petrolifere. Riproporre ora l’indigesta ‘ciliegina sui pozzi’ dello stoccaggio nazionale delle scorie radioattive significa condannare alla desertificazione la nostra meravigliosa terra, da sempre vocata ad azioni di sviluppo incentrate sulla valorizzazione dell’agricoltura, del turismo e della cultura. Le aree della Basilicata indicate come possibili sedi di un deposito di scorie radioattive sono “a bassa idoneità” e quindi da escludersi in vista della valutazione definitiva.

Non si tratta di essere affetti dalla sindrome nimby (not in my back yard) bensì di valutare le conseguenze che potrebbero derivare dall’indicazione dell’area di Matera quale possibile sede unica dei rifiuti nucleari sparsi oggi in una ventina di depositi locali, rispetto alla stessa qualificazione di Matera patrimonio mondiale dell’umanità e allo straordinario paesaggio culturale di cui è espressione la Citta dei Sassi. Mai come in questo momento, come fu per la mobilitazione di Scanzano 17 anni fa, abbiamo bisogno di unità e prospettive comuni per la nostra terra.

Fin qui il nostro raffazzonato, seppur condivisibile, “editoriale”, ottenuto copiando e incollando qua e là. Cosa si vuol dimostrare? Che lo spauracchio (e speriamo rimanga tale!) del deposito delle scorie nucleari in Basilicata, che periodicamente torna a insidiarci, offre contestualmente il destro a tutti i nostri rappresentanti –di qualsivoglia appartenenza- per schierarsi contro una minaccia seria e concreta, e quindi di fare una volta tanto tutti insieme la parte dei buoni, di coloro che mostrano il petto contro il nemico, di quelli che non si piegano e non si spezzano, dei “Capitan Basilicata”, insomma. E ce n’è ben donde, viene da dire (ripetiamo, prima o poi questa spada di Damocle sempre in bilico sulle nostre teste dovrà essere seppellita, quella sì, una volta per tutte), ma è curioso come i nostri referenti istituzionali facciano continuo riferimento alla valorosa “Marcia dei centomila di Scanzano”, manco fosse stato un exploit politico (cioè loro) e non già delle gente comune (com’è stato).

Cari politici, riponete la penna e tirate fuori la tigna.

Della questione “deposito unico” se ne parla da anni, e ogni volta siamo punto e accapo.

C’è qualche virgola che forse ci è sfuggita?

Walter De Stradis

 

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Cari Contro-Lettori,

 

congediamoci da questo 2020 davvero escrementizio, con qualche ironica nota di “colore”.

Alcuni anni fa, a un concerto di Capodanno (o forse era di Ferragosto? Boh, fa lo stesso) tenutosi in piazza, Federico Zampaglione, il cantante dei Tiromancino, band fino a quel momento protagonista di un’esibizione assai apprezzata, ebbe la sciagurata idea di complicarsi la vita, decidendosi a salutare finalmente la città ospitante. «Ciao, Potenza!» urlacchiò il vocalist, tutto splendido-splendente dal palco, ma sbiancò a vista d’occhio quando la reazione del pubblico si rivelò piuttosto violenta, condita com’era da fantasiosi epiteti e cortesi omaggi ai suoi cari non più in vita. Zampaglione si voltò con fare interrogativo verso i musicisti e i tecnici alle sue spalle, e fu così che apprese la portata dell’arcano enigma: il luogo del concerto era (se ben ricordiamo anche questo) Avigliano, importante comune limitrofo del capoluogo lucano. A quel punto il cantante, con tutta evidenza ancora non completamente conscio dell’ “incidente diplomatico” in cui era incappato, cercò rovinosamente di spiegare: «Scusate, ma il nostro navigatore non ci dà “Avigliano”, ci dà solo “Potenza”!». Peggio che andar di notte. La pioggia di maleparole divenne un tornado. Il gruppo recuperò in zona Cesarini con l’omaggio di un brano inedito, suonato per la prima volta in quella piazza (almeno così dissero loro)

Tale simpatico episodio (che immaginiamo sarebbe accaduto in qualsiasi paese d’Italia) è tornato alle mente di chi scrive allorquando, nel corso della tradizionale conferenza stampa di fine anno, il governatore napo-lucano Vito Bardi è inciampato sul nome dell’ospedale di Matera: «…come si chiama… Maria delle Grazie…». Risolino degli astanti. Il Presidente poi finalmente si è corretto («Madonna delle Grazie!»), ma –a frittata ormai fatta- ci ha ficcato dentro anche il guscio delle uova («Scusate, mi hanno scritto male…»), puntando fisicamente il dito verso il responsabile stampa (il quale, pochi istanti dopo, spingeva silenziosamente verso il vicino assessore alla sanità un foglio -ipotizziamo- forse contenente il discorso di Bardi e a dimostrazione della propria innocenza: il video è visibile sul nostro canale Youtube all’indirizzo https://youtu.be/gPOS6EcMLow).

Fortuna per Bardi che la cosa si è verificata a Potenza e non a Matera (avrebbe suscitato una reazione “all’aviglianese”?).

Pur trattandosi di una gaffe, nemmeno troppo diversa da alcune altre a cui questo governo regionale (nel senso ampio del termine) ci ha abituati (e non solo a voce), il siparietto tragi-comico ci ha fatto sorridere amaro. E non solo a noi. Qualcuno potrebbe certo obiettarci che la nostra ironia è fine a se stessa e serve davvero a poco. E sapete qual è il dramma? Avrebbe ragione. Perché qui la faccenda è proprio SERIA.

E buon anno a tutti.

Walter De Stradis

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