- Scritto da Redazione
- Sabato, 21 Maggio 2022 09:26
Cari Contro-Lettori,
dal 2014 a oggi, gli sportelli bancari in meno in Basilicata sono pari al 17%. I comuni che ne sono totalmente privi sono ben 33: 21 nella provincia di Potenza e 12 in quella di Matera. Negli ultimi due anni, c’è stata un’emorragia di dipendenti bancari lucani pari al 15,68% (sono passati da 1300 a circa 1100), leggermente al di sopra del dato nazionale che è del -14%.
Il tutto, se gli aridi numeri non lo avessero reso già abbastanza chiaro, si tramuta in un clamoroso disservizio per i cittadini lucani, soprattutto per quelli che non hanno grossa dimestichezza con la cosiddetta “digitalizzazione”, misura di cui si fanno vanto e scudo le banche che chiudono le loro filiali qui in Basilicata. Come se non bastasse, i loro nuovi piani industriali prevedono un ingresso ogni due uscite di personale, ma non sempre –e qui casca l’asino- nella zona di uscita. Talvolta, sulla carta, viene garantita la “territorialità delle assunzioni”, ma poi –TAC- arrivano i trasferimenti fuori regione.
In tutto questo, ci riferisce sempre Bruno Lorenzo, segretario generale FISAC CGIL, c’è l’assordante silenzio della politica locale. Loro, i nostri rappresentanti, dicono che le banche sono aziende private e che in un libero mercato non possono interferire con le scelte delle banche stesse. Ma guarda caso –prosegue- è un “libero mercato” solo quando le banche devono guadagnare e avere carta bianca nel desertificare le zone meno “appetibili”, escludendo così fette importanti della popolazione da tutta una serie di servizi irrinunciabili (specie ora, con l’arrivo dei soldini del Pnrr).
Le banche si dedicano sempre meno alla concessione del credito (e l’economia locale ne risente) perché è più redditizio vendere polizze, così come si guadagna sempre a tagliare il costo più alto di un’impresa, ovvero il personale. I politici dicono sia “la logica del privato”, ma poi quando si tratta di ripianare, quelle stesse banche che erano “private” diventano magicamente “pubbliche” e dunque vai col tango delle “good banks”, delle ricapitalizzazioni e istituti “sanati” a un euro: tutto a spese della collettività, e cioè noialtri, noi semplici cittadini, che magari ci dobbiamo sciroppare trenta chilometri per raggiungere il bancomat più vicino.
E poi, sempre per i nostri politici, le banche sono “private” -e dunque possono chiudere e delocalizzare quando vogliono- salvo poi ricordarsi di essere “un servizio pubblico essenziale” come nel caso della Pandemia. In quel periodo il “digitale” non andava dunque bene?
Non si può accettare questa visione distorta del mercato -lamenta alfine la FISAC CGIL- nata e alimentata con la silente complicità di una classe politica (nazionale, ma anche locale), che pure avrebbe l’obbligo costituzionale di vigilare su credito e risparmio.
Ma Bardi, Guarente e Bernardi, a fronte delle innumerevoli chiusure di filiali e di servizi essenziali al cittadino lucano, hanno preferito i silenzio alla proposta, il ponziopilatismo politico al confronto sociale.
Leggete, a tal proposito, la nostra intervista con Bruno a pagina 7.
E’ questo è SOLO UNO degli aspetti di una politica locale affetta da preoccupante afasia.
Walter De Stradis
- Scritto da Redazione
- Sabato, 14 Maggio 2022 09:00
Cari Contro-Lettori,
avete presente quella scena del “Marchese del Grillo”, nella quale lui, Alberto Sordi, dopo una notte di bagordi, se ne va a dormire nel suo palazzo a mattino inoltrato? Bene, allora ricorderete anche il momento in cui il suo fedele paggetto Ricciotto urla a quelli che stavano lavorando dabbasso (scalpellini, muratori, giardinieri, lavandaie e operai assortiti): “S’è addormitooooo!”.
A seguire, un improvviso stop dei lavori e un silenzio di tomba.
In una scena successiva e speculare, al risveglio del Marchese, lo stesso servo urlerà ai citati inservienti del palazzo: “S’è svegliatoooo!”, con contestuale destarsi degli assortiti rumori del lavorìo circostante.
Fate l’equazione Marchese₌Politica Lucana e forse avrete chiara la metafora riguardante gli ultimissimi giorni.
Alla notizia del passaggio del Giro d’Italia nella Città di Potenza, i politici si sono (per qualche istante) destati dal torpore, come accade in determinate circostanze (vedi concertone Rai e, pochi, simili); di conseguenza, qualche loro attendente ha notiziato alle maestranze il clamoroso risveglio e ordinato la contestuale ripresa dei lavori.
Sembrava di essere in un altro posto: strade rifatte, segnaletiche ravvivate, pulizie straordinarie, fontane inaugurate, aiuole ripulite e rigogliose (comprese alcune di quelle gestite dai privati, cadute fino a poche ore prima nell’abbandono).
Insomma, c’erano operai, muratori, giardinieri e scalpellini un po’ dappertutto, e in alcune ore della giornata Potenza risuonava dei vari “tic-toc-tac-ritac”, propri dei lavori laboriosi e frenetici.
Pensate, persino il palazzo della Regione “gargarismatica”, quella cioè che è stata teatro della infausta e famigerata battuta sessista dell’ex assessore Leone (per inciso, leggetevi l’intervento di Ivana Pipponzi a pagina 4), si è a un certo punto illuminata “di rosa”, quasi per uno spiritoso (quello sì) scherzo del destino.
Inutile dire che alcuni politici, sindaco di Potenza in primis, hanno gonfiato il petto tacciando di “disfattismo”, a favor di telecamera, tutti quei cittadini (stampa compresa?) che avevano qualche piccola obiezione o rimbrotto da esprimere, tipo che alcune strade sarebbero state interessate dai lavori (quelle a favor di telecamera) e altre no; senza contare –ma solo per citarne una- la grossa contraddizione in via Mazzini, ove è stata rifatta la segnaletica stradale, a pochi centimetri dagli impresentabili e pericolosi marciapiedi (mesi fa l’ex assessore al ramo, poi appunto sostituito, aveva detto “a giorni” a proposito dei lavori di riqualificazione).
Per concludere: stiamo scrivendo in ufficio, a poche ore dal passaggio dei ciclisti, mentre nel centro storico di Potenza ristagna un insolito silenzio, accompagnato da un percepibile fremito nell’aria.
Da domani, il politico (e forse anche il cittadino), tornerà ad addormentarsi nel suo palazzo, e affinché non venga disturbato, qualche servo urlerà, anzi, intimerà alle maestranze: “S’è addormitoooo!”.
E il “tic-toc-tac-ritac” si spegnerà all’unisono.
Per farsi un’idea, basti leggere a pagina l’intervista al “ciclista urbano” della prima ora (uno dei tanti), Marco Falconeri, consigliere comunale dei 5 Stelle, che è costretto ad “attaccare” la bici con cui si sposta in città alla ringhiera del Palazzo della politica, perché a Potenza non esiste uno straccio di “rastrelliera” per le biciclette, né tante altre cose, atte anche a ridurre il traffico e lo smog.
Ma queste, si sa, sono cose lontane dalle telecamere.
Il sindaco lunedì presenta il PUMS? Tutte chiacchiere e annunci, dice infatti uno come Falconeri: c’è già il PUM del 2008, in gran parte mai attivato.
Al prossimo “risveglio” (e speriamo che sia presto).
Walter De Stradis
Walter De Stradis
- Scritto da Redazione
- Sabato, 07 Maggio 2022 08:32
Cari Contro-Lettori,
con tutto il da fare (sì, vabè) a cui si è prestato (sì, vabè) il Generale Bardi affinché la sua Regione potesse vantare il portamento istituzionale e l’autorevolezza di una Regione “carismatica” (sì, vabè), l’ultima “finezza” semiologica dell’ex assessore alla sanità, Leone, l’ha definitivamente marchiata come Regione “gargarismatica”. E sarà dura scrollarsi di dosso quella che sembra l’etichetta definitiva per una maggioranza che finora –e soprattutto in tempi recenti- ha proiettato un’immagine che più simbolica e riassuntiva non si può del cattivo uso -in termini di rispetto, contegno, serietà e garbo istituzionale- che sovente si fa del mandato dei cittadini sancito dalle urne. L’ormai famigerata (a livello nazionale) battutaccia (a essere generosi) sui “gargarismi”, di cui è stata vittima la malcapitata Donatella Merra (che sul piano politico si può giudicare quanto si vuole, o meno, ma che di suo –va detto- è una figura molto compita), incarna il dazio di un decrepito, ma sempre ahinoi arzillo “habitus mentale” –per usare le parole dell’assessore ai trasporti- che le (sparute) donne di governo nella politica lucana sono costrette a subire. Si diceva però che è solo l’ultima, in ordine ti tempo, delle magre figure (a fronte di emolumenti piuttosto cicciosi) che questa maggioranza politica regionale ha collezionato nel corso di questa legislatura (dimissioni fantasma, litigi, baruffe per le postazioni, voti “irridenti”, insulti reciproci in Consiglio e via discorrendo). E c’è poi un’altra donna, leghista anche lei, che è rimasta “offesa” –seppur in un senso più prettamente amministrativo- per un ulteriore “scherzo” sconcio della politica lucana: Dina Sileo. In una lettera inviata al Generale Napolucano (nella quale, tra l’altro, evidenziava –guarda un po’- “le ormai consuete cadute di stile che connotano l’azione amministrativa”), la consigliera regionale ha restituito al mittente (sempre Bardi) la delega alla Cultura: ridicoli i soldi destinati al settore. Elementare, Watson. E questa, come si diceva, è un’altra offesa per tutti i Lucani. E allora ecco la proposta (visto che, ultimamente, se ne leggono di ogni): vogliamo er Monnezza assessore (se non proprio Presidente). Ci sarebbero diversi vantaggi: innanzitutto, le battute volgari e stupide, già che ci siamo, sarebbero perlomeno indirizzate –una volta tanto- a tutti, senza distinzione di credo, razza o sesso (e questo sarebbe da lezione in primis per quelli col famoso “habitus mentale”, che si troverebbero catapultati dall’altra parte della parolaccia); in secundis, nomen omen, quantomeno uno così ne capirebbe di rifiuti, e magari anche di trasporti (vista la sua vicinanza, sia detto con simpatia, al mondo dei camion). In ultimo, sarebbe un ulteriore, splendido “gancio”, col cinema. Si dirà: Tomas Milian è morto da tempo. E’ vero: ma ultimamente è uscito un discreto web-film, intitolato “Delitto a Porta Portese”, in cui un bravo Andrea Misuraca interpreta il famoso personaggio romanesco e manesco (sia detto per i cinefili puntigliosi: che egli sia ispettore o ladruncolo fa lo stesso, non sottilizziamo). Solo satira? Può essere. Ma ormai qui siamo abituati a tutto. Aspettiamoci di tutto. Walter De Stradis
- Scritto da Redazione
- Sabato, 30 Aprile 2022 09:04
Cari Contro-Lettori,
c’è una sua foto, sui social –che purtroppo non abbiamo pensato bene di “salvare” al momento opportuno- che mostra di spalle un omino dalla testa bianca che, agile nel suo saio marrone col cappuccio, si infila nella discesa di una delle tipiche “scalinatine” del Centro di Potenza, alla volta di una qualche azione benefica, come il folletto di una favola tutta nostrana.
Il soggetto della foto, Padre Vitale Dartizio, francescano già parroco di San Michele e Santa Maria a Potenza, lo scorso 27 aprile ha compiuto un secolo di vita.
Gli auguriamo sia solo il primo.
Esageriamo? Anche no, perché a Potenza non è un mistero per nessuno che questo piccolo grande uomo, nativo di Grassano -che ha fatto per anni persino lo speaker radiofonico, che fino a qualche tempo fa scorrazzava dentro la sua macchinuccia alla volta delle contrade e delle periferie, e che ancora oggi , pioggia o vento, scarpina per la città- è sempre preso da qualcosa, qualcosa di buono, fregandosene altamente degli anni che si sommano sulle sue spalle, così come della neve che -non di rado- si accumula sulla sua figura sempre in movimento.
E non è indispensabile essere cattolici, buddisti, musulmani o altro per capire che le persone buone, disinteressate e operose sono un dono per la comunità, perché trattasi di merce troppo disgraziatamente rara. E -a leggere il libro “Le memorie di un parroco”, scritto da Maurizio Marino e pubblicato qualche anno fa- persino Papa Francesco rimase sorpreso del personaggio Padre Vitale. «Ma è vero che hai 93 anni?» gli aveva domandato infatti il Pontefice, anni addietro, trovandoselo di fronte a margine di un’udienza speciale con gli scout (il libro citato, da cui è tratta questa foto da noi rielaborata, contiene immagini sia prese da Internet sia realizzate dallo Spina Foto Studio di Moliterno, PZ - ndr).
Sarebbe facile, troppo facile in un momento del genere, fare paragoni con ben altra genìa di persone, quelle che di certo non guidano “macchinucce” e non camminano coi sandali sulla neve, ma che in questo momento -e da tempo- stanno allestendo lo spettacolo più avvilente che si sia MAI VISTO in Basilicata: una volgare, miserabile e infetta rissa nel fango, volta alla conquista dell’ultimo scranno e dell’ultima manciata di spiccioli. Perchè la metafora o similitudine non sarebbe comunque nello stile di chi ha fatto dell’umiltà, quella vera, concreta, fattiva, la propria ragione di vita.
Cionondimeno, vogliamo in questa sede riportare ugualmente una piccola parte dell’intervista che facemmo a Padre Vitale esattamente due anni fa, in occasione del suo 98esimo compleanno. Come scrivemmo in quella occasione, il piccolo francescano emanava gioia di vivere da tutti i pori, e –mentre trafficava con un enorme telefono cellulare (praticamente in stile anni Novanta) e leggeva gli articoli di giornale che lo riguardavano- parlando di Post-Pandemia affermò: …c’è gente che considera la libertà libertinaggio. Cristo è stato crocifisso ed è morto, ma poi è risorto per giudicare tutti gli uomini. E noi, tutti, saremo giudicati sul fatto di aver amato il prossimo o meno. Tutte le persone riflessive da questa esperienza usciranno migliori. Chi non ama, invece, non vuol sacrificarsi per nessuno».
E’ infatti proprio questa attitudine al “non sacrificio” di taluni a dover far riflettere, tutti noi.
Auguri dunque, di cuore, a tutti i Padre Vitale, col saio o meno, crededenti e non, che in questo momento scarpinano per la Basilicata, con lo sguardo limpido e il cuore pulito.
Walter De Stradis
- Scritto da Redazione
- Sabato, 23 Aprile 2022 09:00
Cari Contro-Lettori,
è interessante andare a rileggersi quanto riferiva, a fine marzo scorso, il presidente Angelo Festa nella relazione annuale dell’Associazione Antiracket e Antiusura FAMIGLIA E SUSSIDIARIETÀ APS, che ha sede in Matera.
«In questo lungo periodo di pandemia, la crisi economica e sociale sta sgretolando la nostra economia e l’usura trova un terreno fertile offrendo alle famiglie e alle imprese un sostegno attivo criminale e usuraio. La Basilicata certamente non è immune da tale piaga, lo sappiamo benissimo, ma è un fenomeno sommerso per ovvi e molti motivi. Le vittime dell’usura non denunciano perché molto spesso si sentono colpevoli della loro situazione e perché domina l’idea che chi presta i soldi è un tuo amico, pronto a sostenerti e vi è quindi una certa riconoscenza. Occorre, quindi, che lo Stato sia più presente e agevoli la denuncia. (…)
Secondo la Cgia di Mestre in Basilicata sono a rischio usura 1429 imprese. Si tratta di società non finanziarie e famiglie produttrici che sono state segnalate come insolventi dagli intermediari finanziari alla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia. Queste aziende non potendo beneficiare di liquidità, rischiano di chiudere o di scivolare tra le braccia degli usurai.
Secondo gli ultimi dati pubblicati da Eurispes a causa della pandemia un terzo degli italiani (33,3%) è dovuto ricorrere al sostegno economico della famiglia di origine per far fronte alle difficoltà economiche. Si affianca a questo dato il 12,4% di chi è stato costretto a tornare a vivere nella casa della famiglia di origine. Nel 14,9% dei casi un aiuto finanziario è arrivato da amici, colleghi o altri parenti (-0,2% rispetto al 2019). Pur di lavorare molti accettano impieghi senza contratto (21,5%) o svolgono più lavori contemporaneamente (23,9%). Almeno un italiano su dieci (11,9%) è caduto nelle maglie dell’usura non potendo accedere al credito bancario (erano il 7,8% nel 2018 e il 10,1% nel 2019)».
Una ventina di giorni dopo ha poi fatto tappa a Potenza il tavolo di confronto sulle tematiche dell’usura e del sovraindebitamento promosso da Adiconsum, Associazione Regionale Antiusura, Famiglie Fuori Gioco, Adoc e Ambulatorio Antiusura.
«Sono molte le famiglie –ha dichiarato in merito la Consigliera Regionale Dina Sileo - che, alle prese con il perdurare della crisi economica e la difficoltà di accesso al credito, sono esposte al rischio di cadere vittime della criminalità. Di fronte all’emergere di nuove povertà e all’avanzata di un fenomeno di allarme sociale, le Istituzioni non possono restare sorde. La Regione Basilicata si è dotata di una legge regionale, la numero 21 del 2015, per la prevenzione e la lotta ai fenomeni dell'usura e dell'estorsione. Duole registrare che l’intervento normativo NON HA TROVATO APPLICAZIONE (il maiuscolo è nostro – ndr), a testimonianza che il ruolo delle Istituzioni non si esaurisce con l’approvazione di norme, atto pure fondamentale, se queste non hanno capacità migliorativa della qualità della vita dei cittadini. È necessario che la norma trovi applicazione e si valutino dei correttivi. Dal confronto tenutosi, e per il quale ringrazio le associazioni che se ne sono fatte promotrici, è emersa infatti l’esigenza di aggiornare la normativa vigente e inserire tra i beneficiari degli interventi anche le famiglie, ora escluse sia dalla norma nazionale che da quella regionale, e creare una maggiore sinergia fra le Istituzioni, i soggetti coinvolti nella prevenzione dell’usura e il sistema bancario».
C’è poco da aggiungere, una volta tanto.
Se non forse che dai discorsi succitati emerge con forza un fatto serio: in Basilicata esistono i “cravattari”, che sono per l’appunto gli usurai, quelli che prestano soldi “alla strozza” e che pare dunque prosperino come porci nel fango; i “cravattati”, vale a dire i cittadini vittime dell’usura; e infine gli “incravattati” ovvero i politici locali che (come al solito) non fanno una beneamata fava per risolvere il problema. Questo, come tanti altri. Poiché, si sa, troppe sono le energie necessarie a computare algebricamente il corretto rapporto culi-sedie. E la maggioranza regionale ultimamente, calcolatrice Casio alla mano, si è dedicata solo a questo.
Troppa fatica.
Walter De Stradis
- Scritto da Redazione
- Sabato, 16 Aprile 2022 09:20
Cari Contro-Lettori,
naturalmente non è mancato chi, nel notare questa foto postata sulla pagina Facebook del nostro Presidente della Regione, ha commentato laconicamente «…tarallucci e vino», andando dunque concettualmente ben oltre il significato della kermesse, una delle tante, ultimamente, a cui Il Generalissimo si concede di partecipare (in questo caso Vinitaly a Verona – ndr).
Che dire, siamo in primavera, il freddo comincia a fare marcia indietro, le restrizioni del Covid si sono allargate, siamo vicinissimi alla Pasqua, e i Lucani hanno una grande –e più che giustificata- voglia di uscire, di andare a mangiare fuor di porta, ma anche semplicemente di riversarsi nelle vie del Centro. E vuoi –dunque- che il nostro massimo rappresentante istituzionale locale non se ne vada trotterellando fra Veronafiere e BIT di Milano? Suvvia, che sia concesso anche a lui di divertirsi e rilassarsi un po’, dopo il duro lavoro svolto qui in Basilicata. Che poi, se quando torna, decide finalmente di spiegarcelo, questo duro lavoro, gliene saremmo grati. E cioè, dopo aver distribuito il pane, i pesci, il vino e i tarallucci ai suoi accoliti della (terza) giunta, che questo Governatore eletto con afflato quasi messianico da un popolo assetato di “cambiamento”, ci dica quante aziende sono nate, quanti lucani hanno trovato lavoro, quanti giovani –rispetto al passato- hanno deciso di NON andarsene dalla Basilicata; cosa è stato fatto, coi soldi del petrolio per lo sviluppo (e non per foderare le pieghe di bilancio); cosucce di questo genere insomma.
Già, perché, se dovessimo dar retta –ma tanto per dirne (solo) una- a un comunicato del consiglierete regionale Baldassarre, assessore per una settimana, le “ciambotte” politiche relative al tormentato rinnovo dell’esecutivo regionale stanno avendo esiti da comica (finale?) da cinema muto (e menomale, perché sennò sai gli insulti dalla galleria!).
Certo, le considerazioni del baldo dottor Baldassarre vanno prese con le dovute pinze, perché il nostro forse è un tantinello risentito, per aver perso la poltrona assessorile (dopo aver, all’uopo, cambiato e ri-cambiato agevolmente casacca) dopo che manco vi ci si era seduto sopra, ma –se verificato- quel che afferma è grave (oltre che tragicomico). A suo dire, infatti, in quelle poche ore da membro della giunta con delega all’agricoltura, il Nostro era riuscito a reperire 10milioni di euro (ma non dice dove) per il mondo agricolo lucano, già allocate in bilancio, peraltro. Ora, dice sempre l’ex assessore, di quei soldi non si capisce bene il destino, visto che con Coldiretti il 21 aprile prossimo si dovrà NUOVAMENTE discutere proprio di risorse da trovare.
Non resta da fare che un ragionamento accademico: 1) se quel che dice Baldassarre è vero (e ciò, per inciso, farebbe di lui una specie di insospettabile Doctor Strange del reperimento delle risorse!), i titillamenti politici di Bardi (giunta sì, giunta no, tizio dentro, tizio fuori, poi di nuovo dentro) hanno come immediato effetto un certo tipo di disastri economici. 2) Se ciò che l’ex assessore afferma, invece, non è vero e/o è impreciso (come sostiene l'assessore che gli è subentrato, Cupparo), è comunque la dimostrazione del Caos (che somiglia tanto a Casino), della confusione, del parapiglia generale in cui il buon Generale (scusate il gioco di parole) ha gettato questa regione: Che però non è fatta solo di assessori o di aspiranti tali, ma anche e soprattutto di semplici cittadini. Poveri noi.
…e Buona Pasqua a tutti.
Walter De Stradis
- Scritto da Redazione
- Sabato, 02 Aprile 2022 09:35
Cari Contro-Lettori,
…e “Macedonia” fu.
Il paniere ortofrutticolo del Presidente della Regione, il generale Vito Bradi, si è dunque riempito delle ultime leccornie di stagione:
si va dal ritorno dei “frutti proibiti”, quelli di Fratelli d’Italia, oggi rappresentati dallo “stagionato” –appunto- Latronico e da Alessandro Galella (giuggiola del defenestrato Gianni Rosa), che dalla curva è passato dritto dritto alla politica che conta (ma dopo essere stato anche lui defenestrato –o quel che è- dalla giunta comunale);
all’innesto del nocciolo duro, anzi durissimo, Cupparo, che è ricicciato sfacciatamente nell’esecutivo dopo un paio di dimissioni (annunciate, mai formalizzate, ma che adesso egli sembra pure negare in toto) e qualche successivo “passo indietro” (!) che lo ha –giustappunto- riportato dove stava prima, e cioè negli scranni dell’esecutivo;
per concludere con la conferma degli inamovibili, giovani e “fichissimi” (citando il film con Jerry Calà) Merra e Fanelli, solo perché al già malmesso Generale napolucano non era stato permesso fare le nozze coi fichi secchi (e cioè senza la Lega).
E quindi, un po’ di zucchero “a velo” sul melange di frutta e si può andare avanti?
Si può dunque tornare al lavoro?
Manco per sogno. Il Governatore, che rischia di entrare nel Guinness dei primati come creatore (e disfattore) di giunte regionali più veloce del West, è riuscito anche questa volta a scontentare quasi tutti, suscitando mal di pancia (la frutta, se non è proprio “fresca”, fa male allo stomaco) dalle parti di Forza Italia e sì, anche della Lega.
Riusciranno dunque i nostri eroi a tirare avanti (“sempre meglio tirare a campare che tirare le cuoia”, diceva Andreotti, e questi sembrano voler applicare il consiglio alla lettera), o meglio, a garantire la stabilità di governo in una regione che cammina in bilico, e coi tacchi a spillo, sull’orlo di un enorme e stracolmo vaso da notte? Il dubbio è forte, anche perché lui in persona, il Generalissimo, stando a quanto riportano alcuni colleghi che si sono trovati al suo cospetto per fargli delle domande semplici semplici, sembra manifestare sempre più insofferenza.
Questo vuoto di politica, e ci sia consentito, anche di leadership (che com’è noto necessita di carattere), oggi spinge il segretario generale della Cisl lucana, Vincenzo Cavallo –ma è una voce autorevole in un coro affollato e assordante- a chiedere (ne leggete a pagina 7) al buon Bardi di fare un passo indietro (di quelli veri, e cioè non alla Cupparo), prima che la situazione politica da tragicomica diventi farsesca, e prima che ai Lucani non resti altro da fare che consegnare le chiavi di casa al Bardi stesso e emigrare in massa verso lidi più meritocratici, più inclusivi, e più generosi. E dove, soprattutto, non si viva col leggerissimo, ma costante sospetto di essere presi per il proverbiale culo.
Ma, attenzione, sottolinea sempre Cavallo, occhio a fare “di quelli di prima” degli eroi senza macchia e senza paura: se è stato sgombrato il campo per le trovate ortofrutticole del centrodestra, è proprio colpa di chi governava in precedenza la fattoria.
E quindi, come diceva Enrico Beruschi a “Drive in”, «E’ una brutta “fazenda”».
Walter De Stradis
- Scritto da Redazione
- Sabato, 26 Marzo 2022 09:39
Cari Contro-Lettori,
chissà se il presidente della Regione Basilicata, il generale NapoLucano dal core ‘ngrato (secondo l’opinione dell’ex assessore Leone, quella “vigente” al momento di scrivere, almeno) nel vedere la trista (non è un refuso) partita di ieri sera (giovedì – ndr), abbia anche lui notato che nelle file della nazionale macedone c’era un certo “Bardhi”.
Sicuramente lo hanno notato i tifosi lucani, visto che il nome non sembra evocare in loro chissà quali fortune, delizie o orizzonti ...“Rosa” (a proposito, per cortesia, qualcuno iscriva i “Fratelli” a un qualche corso accelerato di “interpretazione delle vignette”, visto che quelle “a favore” -dell'ex pupillo bardiano o di chiunque altro- non ci risulta esistano ancora!!! Cioè, perlomeno le nostre).
Ciò detto, è probabile che il Governatore Generale, da buon partenopeo acquisito (e visto che al proprio “core” non si può mentire), sia –persino lui!- sapientemente e tatticamente ricorso a un qualche gesto apotropaico, che di solito interessa le parti meno nobili del corpo umano, onde esorcizzare i possibili, nefasti effetti di un cognome tanto tristamente (e non è un refuso) simile al suo.
Nefasti effetti che, in pura tradizione “bardiana” (con o senza “h”), OVVIAMENTE ci sono stati, con quel gol al 90 minuto (segnato da un altro macedone) che ha mandato a casa gli azzurri, assieme a tutte le speranze e i sogni di gloria degli italiani calciofili (ma forse anche di tutti gli altri, perché di questi tempi le buone notizie sono sempre benaccette, da qualunque settore provengano!). Ma, come si diceva, mai una gioia.
E magari -continuiamo a immaginare- staccatosi dalla poltrona (quella di casa, che avete capito) il Generalissimo avrà minimizzato in animo suo la brutta novella e si sarà seduto al suo computer quantistico di ultima generazione, utile e necessario non già a elaborati calcoli di matematica applicata o grafici sulla teoria delle stringhe, bensì sulla più stringente questioncella della “nuova” (ennesima) giunta da (ric)comporre.
Essì che quando sarà annunciata –col probabile patto siglato col dito mignolo, come si faceva noi da bambini, con Fratelli d’Italia- qualche lucano particolarmente sboccato e maligno potrebbe anche pensare che certa politica cambia le sue pedine quasi con la stessa frequenza con cui un cittadino normale (di quelli puliti) si cambia le mutande. E, probabilmente, con questa iperbole satirica non andrebbe tanto lontano, visto che qui da noi, in Basilicata, la politica sembra essere soltanto qualcosa di “intimo”, “da per loro” e i fatti stanno lì a urlarlo forte: con la Pandemia in ripresa, gli effetti della guerra sul rincaro energetico, gli agricoltori in piazza, i poveri in fila alle Caritas, e i giovani (e meno giovani) lucani che si accalcano sul predellino del treno, Lorsignori pensavano soltanto alla partita, quella che più interessa (e che non è certo Italia-Macedonia), bensì il reiterato gioco del “Levati tu, che mi devo mettere io”.
E allora, amici, gustiamoci tutti l’ennesima “Macedonia” del nostro chef pluristellato (ben tre), e che non se ne parli più (si fa per dire).
Tanto siamo, noi e loro (ma più noi) alla frutta. Walter De Stradis
- Scritto da Redazione
- Sabato, 19 Marzo 2022 09:42
Cari Contro-Lettori,
per dare la cifra della sua “solitudine istituzionale” patita (specie durante la Pandemia) alla Sanità, l’ex assessore Leone -in Consiglio regionale- ha tirato metaforicamente in faccia al presidente della Regione Bardi -reo di averlo “scaricato”- una teglia di pasta al forno. Un gesto dunque “ideale” che corrisponde, a detta dell’incazzatissimo pediatra ex sindaco di Policoro, a un fatto reale, consumatosi nella domenica delle Palme del 2020, quando lui, solo soletto a lavorare nel suo Dipartimento, riceveva come unico conforto e sostentamento per l’appunto una pasta al forno cucinatagli dalla sorella del consigliere Coviello.
Involontariamente (o forse no), il buon Leone (diventato improvvisamente simpatico a tutti, risarcimento che a volte premia i “maltrattati”) ha dato però la misura dell’intera legislatura, dell’intera governance, che si riduce quindi a una pasta al forno in compagnia, o a una pasta al forno da solo (come avrebbe cantato Elio).
Oddio, non che l’ex assessore alla sanità non abbia tirato fuori cosucce concrete e imbarazzanti attinenti al suo settore -tant’è che a un certo punto il Generale non ha retto e ha battuto in ritirata strategica (abbandonando il Consiglio alla volta della sua stanzetta)- ma è altrettanto vero che in questi ultimi mesi (anni) ne abbiamo veramente viste di tutti i colori; a cominciare dagli ormai proverbiali, ma mai concretizzati, “basta, me ne vado” dell’ex (anche lui) assessore alle attività produttive (tanto che ormai, nel gergo comune, la locuzione “promesse di marinaio” sembra essere stata sostituita da “dimissioni di Cupparo”).
Ma su tutto questo, e cioè sul tira e molla della semplice “verifica” in giunta, diventata col passare dei giorni una baruffa “slapstick” a botte di unghiate, sputi e mozzichi, con tanto di capelli strappati (e infatti chi non ne aveva proprio è diventato subito assessore); su questo rinnovo dell’esecutivo regionale che ha innescato una crisi ancora peggiore di quella che l’ha preceduta (col rischio voto di sfiducia); sulle incredibili promozioni che hanno miracolato chi, da consigliere supplente, avendo magari passato la consiliatura a scrivere comunicati di giubilo per le azioni altrui (persino di altre amministrazioni!) e poco altro, ora si ritrova addirittura assessore; sulla quantità (e qualità) incredibile di malumori, mal di pancia e pure cattivi odori suscitati; su questi sordidi giri di roulette, che trasformano il Palazzo in un casinò, ma anche in un casino (cioè una baraonda); su tutto questo, dicevamo, campeggia UNA domanda: ma come diavolo ha fatto Bardi a ridursi-ci così? Come caspita ha fatto a dar vita a un pastrocchio del genere? Come cacchiarola è riuscito in una tale ciofeca politico-amministrativa?
La sua fortuna, come anche quella del neo Fdi Leone e simili (non facciamone ora dei romantici “ribelli”: sono amareggiati unicamente per aver perso la seggiola, vedi anche l’ex “semper fidelis” Gianni Rosa, che ora rimbrotta pure lui) è che i Lucani NON vanno a vedere (neppure in remoto) le sedute del Consiglio regionale. Ed è una fortuna per gli incassi del già pericolante cinema italiano, perché quelle sedute sono meglio dei film di Fantozzi. E sono gratis (si fa per dire, ovviamente).
Provare per credere. Alla prossima “comica”.
Walter De Stradis
- Scritto da Redazione
- Sabato, 12 Marzo 2022 09:01
Cari Contro-Lettori,
in questi giorni di celebrazioni del Genio pasoliniano, sia concesso anche a noi di citare il visionario poeta/regista, la cui capacità di guardare contemporaneamente al passato e al futuro è diventata leggendaria.
La “Mamma Potenza” del titolo è incarnata da questa vecchia foto (tratta dalla pagina Facebook “Potenza com’era”, ma di cui ignoriamo l’autore) che immaginiamo non sarebbe dispiaciuta al PPP dei primi film ambientati nelle borgate di Roma (tra cui il celeberrimo, per l’appunto, “Mamma Roma”, personaggio/città interpretato dalla più grande attrice della Storia, Anna Magnani).
Qui c’è una donna (probabilmente una madre) di mezza età, una busta della spesa, le caviglie e i polsi gonfi, il cemento opprimente e quasi minaccioso dei palazzoni, una lunga rampa che si profila all’orizzonte. Tutt’altro che una scalinata verso il Paradiso.
In Basilicata, afferma in una recente relazione la Consigliera regionale di parità, Ivana Pipponzi, solo il 36,7% delle donne ha un impiego (rispetto al 48% scarso riferibile all’intero Paese), un dato aggravato dalla pandemia che ha colpito fortemente l’occupazione femminile maggiormente interessata da contratti precari. Sono ancora stringenti, aggiunge, i casi di discriminazioni di genere sul posto di lavoro che vedono il divario di genere quale loro causa efficiente.
Senza contare disoccupazione giovanile e spopolamento in generale.
Mentre il Governatore “del cambiamento” (che ha manifestato atroci e inaudite difficoltà a “cambiare” la sua Giunta, figuriamoci il destino di tutto un Popolo), armeggiava col pallottoliere, con quelli della sua stessa coalizione che se lo palleggiavano (senza contare i cittadini rotti di…scatole), uno storico e attento commercialista del Capoluogo (ne leggete a pagina 5), lo impallinava, prendendo le mosse dalle incongruenze da lui stesso rilevate in un bando regionale dal consueto titolo roboante (“Avviso pubblico giovani competenze lucane in azienda per il rilancio del tessuto produttivo regionale”).
Al di là degli aspetti più propriamente tecnici dell’Avviso stesso (al momento di andare in stampa si è in attesa delle risposte/chiarimenti dalla Regione in merito), il buon commercialista rilanciava alcuni inquietanti interrogativi, più in… Generale: «A prescindere dalla illegittimità di cui sopra, ho necessità di capire, come l’Ente Regione ritiene poter trattenere i giovani laureati che continuamente emigrano dalla nostra Regione pur in presenza della Università in Basilicata? Cosa la politica riesce a fare per evitare tale fenomeno se i giovani dai 25 ai 35 anni hanno abbandonato questa Regione per assenza assoluta di prospettiva lavorativa?».
Ma alla fin fine, abituato a fare i conti, il Commercialista qualche risposta se la dava da solo: «In realtà, dall’ultimo bilancio demografico dell’ISTAT, la Regione Basilicata ha avuto lo spopolamento di quasi 3000 giovani. Il fenomeno, così come è stato in precedenza e così come è stato regolamentato oggi è senza scampo: tale modus operandi è privo d’utilità sul piano degli interessi della collettività ed evidenzia la mancanza d’interesse e/o di conoscenza delle esigenze di sviluppo economico a favore del territorio. Comunque, non è corretto da parte dell’Ente Regione togliere la speranza e l’entusiasmo a tanti giovani volenterosi della nostra Regione, che desiderano crearsi un avvenire stabile e sicuro per realizzare i loro sogni».
E scusate se è poco.
Walter De Stradis