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Cari Contro-Lettori,

giovedì scorso a Potenza si è celebrata una bella mattinata lucana, c’è poco da dire. All’inaugurazione della Piazza dei Comuni –così denominata per la presenza di 131 piastrelle che formano quasi un Gioco dell’Oca con immagini-simbolo di tutti i comuni lucani- erano presenti gran parte dei sindaci della Basilicata, invitati (tramite accorto -e anche acuto- garbo istituzionale) dal sindaco del capoluogo, Guarente, che in una botta sola ha fatto praticamente quel che magari ci si sarebbe aspettato dal governatore (napo)lucano Vito Bardi, che pure era lì presente, insieme ad altre autorità, politiche, civili e militari.

Essì, perché da lunga data, ormai, gran parte dei primi cittadini lucani lamentavano la pressoché totale assenza, anche fisica, del Generale e dei suoi assessori: algidi, autoreferenziali, irraggiungibili, quasi degli esseri elementali, ovvero presenti (da qualche parte), ma impalpabili, come l’aria e il fuoco. Non che uno o più incontri pubblici possano esaurire ed esaudire le richieste dei vari “front office” del cittadino lucano (e cioè i sindaci, sempre loro) -dal momento che è chiaro che si desidera incontrare e vedere Bardi sui territori non certo per prenderci ‘o cafè- ma c’è da scommettere che per non pochi dei primi cittadini presenti quel giorno a Parco Aurora a Potenza, era la prima volta che vedevano da vicino “Bardi il grigio”, come cominciano a chiamarlo coloro che sono fan della “Compagnia dell’Anello” di Tolkien. Tant’è che a un certo punto, l’assessore all’urbanistica e vice sindaco di Potenza, Antonio Vigilante, con la voce rotta dalla raucedine (e forse non solo), una volta agguantato il microfono ha detto, indicando la folta platea di fasce tricolori: «Presidente, se lei vuole essere ancora Generale, questi sono i suoi soldati». E anche se qualcuno fra i sindaci non ha gradito la metafora militare o militaresca (leggi intervista ad Angelo Lamboglia all’interno), il concetto era pressoché chiaro a tutti in Piazza dei Comuni. Ma forse, azzardiamo, ancora non sufficientemente cristallino per Bardi stesso, che quel giorno –a parte qualche salutino o stretta di mano- non si è certo “ammischiato” (come si dice nella sua Napoli) con chi era presente. Essì che, a un certo punto, ogni sindaco si era pure piazzato sulla sua piastrella, a favor di drone soprastante: un'occasione ghiotta per il Governatore per andare a salutarli tutti, uno per uno (come ha fatto Guarente, sempre lui), e magari farsi anche un civettuolo selfie, perché no. Ma non c’è stato nemmanco un “ciaone” circolare. Questi “guizzi” di garbo (e di acume) istituzionale, evidentemente al Generale sembrano mancare. Ha detto comunque che i sindaci li incontrerà tutti, e sui territori, in un’estate che si annuncia piena d’impegni. Confidiamo che sappia resistere al richiamo dell’azzurro mare di Posillipo.

Walter De Stradis            

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Cari Contro-Lettori,

 

come si suol dire, il calcio è assai spesso la metafora della vita. E se è comunque ingiusto estendere i comportamenti sportivi alla generalità della cultura di un popolo, non sembra tuttavia peregrino affermare che gli Inglesi, una volta di più, hanno dimostrato di non saper perdere. E il dato (al di là di comportamenti riprovevoli –tanto sul campo, quanto sugli spalti- quali i fischi al nostro inno nazionale, il rigurgito della medaglia del secondo posto e altre cosette ormai entrate, da tergo, nella Storia) è reso ancora più incontrovertibile e inappellabile dal fatto stesso che gli inventori del “fair play” –nella finale persa con l’Italia ai campionati europei di calcio- hanno soprattutto dimostrato di non saper vincere. Se una nazionale di quel calibro, infatti, pensa di poterla spuntare in un torneo del genere esclusivamente in forza di un qualche migliaio di cafonacci infoiati sugli spalti, e in virtù di un golletto segnato a inizio partita, applicando poi per tutto il resto del tempo il tanto vituperato (da loro) “catenaccio all’italiana”, vuol dire che ha ragione il nostro Bonucci: di pastasciutta ne devono mangiare ancora tanta.

Si diceva tuttavia del calcio come metafora della vita. Chissà se il buon Vito Bardi, presidente della regione Basilicata (noto per il suo innegabile aplomb all’inglese), che ha esultato sui social per la vittoria degli azzurri, ne ha tratto qualche indicazione, se non insegnamento, circa il suo percorso politico fra noi mortali (lucani). Chissà se ha capito che dopo averla spuntata (ormai un paio di anni fa) alle elezioni, bisogna dimostrare di saper anche vincere, cioè di mettere a frutto nell’interesse di tutti il risultato conseguito in cabina elettorale. Essì, perché se anche lui, come l’allenatore britannico Southgate, pensa di poter vivacchiare (politicamente parlando) per il tempo restante (in questo caso anni), in virtù di una qualche estemporanea zampata (sua o di qualche assessore, perché anche un orologio rotto va preciso due volte al giorno) per poi continuare a tirare “il catenaccio” fino al fischio finale senza praticamente mai farsi vedere (in attacco), beh, vuol dire che pure lui di pastasciutta ne deve mangiare ancora. Ma forse sembra averlo capito, visto che nell’intensa giornata di giovedì, dopo aver inaugurato il nuovo reparto di Reumatologia a Potenza, e aver incontrato (finalmente) alcuni sindaci lucani, si è concesso una rilassante cena in un noto ristorante del capoluogo –in compagnia del sindaco- non mancando di far notare il tutto su Facebook, con tanto di foto col titolare. A questo punto, non gli resta che cenare almeno in un altro centinaio di ristoranti (e comuni) lucani, e con uguale prontezza fotografica (per par condicio culinaria).

Come si dice, chi ben comincia…

Walter De Stradis

 

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Cari Contro-Lettori,

con questo caldo opprimente, viviamo tutti in una sorta di tempo sospeso, anzi, verrebbe dire in “tempi supplementari”, quando cioè ci si sente ben oltre il fischio finale, ma bisogna lo stesso continuare a tirare la carretta, stanchi e sudati.

Questa metafora estiva è solo parzialmente calcistica (domani gioca l’Italia in finale e speriamo almeno di prenderci questa soddisfazione), se pensiamo anche alla questione Acquedotto Lucano e a come Bardi sembra averla spuntata, dopo un estenuante “tuca tuca”, alla lotteria dei rigori.  

Ma poi di problemi me ne restano mille, canta la rediviva Orietta Berti (almeno lei -ci si consenta la battuta- sembra scongelata di fresco) in coppia con quel Fedez che da qualche tempo in qua ha deciso di fare l’opinion leader politico, ma non, ahinoi, di smettere di cantare (ci si ri-consenta la battuta), e infatti in Basilicata è così.  

«Riscontro segnalazioni ricevute in merito alla sospensione dei servizi di assistenza domiciliare a disabili e minori. La sospensione dell’erogazione dei predetti servizi dipenderebbe dalla riduzione delle somme assegnate ai Comuni dalla Regione».

Lo sostiene il Garante dell’Infanzia e dell’Adolescenza, Vincenzo Giuliano per il quale «è necessario, pur nella delicatezza e difficoltà del momento, fare tutto il possibile per continuare a fornire assistenza e supporto, domiciliare e non solo, alle persone con disabilità e alle loro famiglie».

«La sospensione dei servizi in favore dei minori con disabilità ad alta necessità di sostegno socio assistenziale – dice - compromette il percorso di sostegno ed inclusione avviato e aggrava le difficoltà delle famiglie che vengono private di strumenti di sostegno per contenere le gravi problematiche dei minori bisognosi». “Alla luce di tutto ciò – conclude - chiedo che si ricerchino soluzioni in grado di garantire la prosecuzione dei servizi di assistenza domiciliare ai disabili e minori attraverso l’individuazione dei fondi di bilancio necessari».

Senza contare l’intensa testimonianza concessaci (ne leggete a pagina 6) da Michele Quagliano, presidente neo eletto del comitato regionale della Croce Rossa Italiana, che ci racconta di avere ancora la pelle d’oca se pensa al lockdown,«quando in tanti ci chiamavano per avere mascherine e gel, e anche quando non riuscivamo a soddisfare le loro esigenze ci dicevano “Grazie perché almeno ci avete risposto al telefono”, poiché qualcuno chiamava solamente per avere conforto».

E qui torna in balla un vecchio discorso, in questa Terra c’è una Politica, o una classe dirigente se preferite, che “comunica” di continuo successi, ma che non comunica col cittadino e i suoi bisogni.

Menomale che ci sono Chiesa & company, va.

E forza azzurri.

Walter De Stradis

 

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Cari Contro-Lettori,

la foto che lo ritrae a torso nudo sul suo balcone a Matera, mentre osserva "dall'alto" i potenti del G20 che passano di sotto, ha fatto il giro del mondo.

Intervistato dagli amministratori della pagina Facebook “Viaggio a Matera” (video da cui è tratta l'immagine usata per la vignetta in prima pagina), il protagonista dello scatto, il professor Nicola, da uomo di Cultura qual è, si è interrogato sulla potenza e sulla invasività dei social, e sulla capacità/responsabilità di questi di sovvertire anche la scala di importanza e di valore delle notizie. Il prof, che si è palesato davanti ai potenti della Terra in abito semiadamitico, ammette di averlo fatto spontaneamente (cioè un po’ apposta e un po’ no), ma cionondimeno di essere rimasto sorpreso dal clamore suscitato dal suo gesto, che ha quasi oscurato la notizia sui contenuti del G20 stesso. Di più: il simpatico prof, per motivare sociologicamente la “viralità” dell’accaduto, ha tirato in ballo George Orwell (col suo romanzo profetico “1984”) e alcuni studi su società e comunicazione, ma poi se n’è uscito con una spiegazione umoristica da antologia: «…o forse, più semplicemente, piacciono le mie tette».

Geniale.

Sui social gli internauti si sono divisi: c’è chi elogia il prof leggendo (forse un po' forzatamente) nel suo affaccio un gesto di irriverenza e di disobbedienza politica da manuale, e chi invece lo accusa (probabilmente con un po' troppa severità) di aver assunto un atteggiamento indecoroso, specie in un contesto così “alto”. A dire del prof. stesso, il Generale Bardi, presidente della Regione Basilicata (visibile nella foto utilizzata nel nostro "montaggio", tratta da Sassilive.it), sarebbe di questa opinione: a differenza del sindaco e di Di Maio che, divertiti, lo hanno salutato con un gesto della mano, il Governatore napolucano lo avrebbe invece fulminato con un sguardo di disapprovazione (tipo De Niro in "Ti presento i miei").

Dal canto nostro, noi di Controsenso, giornale che fa un abbondante uso di satira, se fossimo stati nel gruppetto che è passato sotto il balcone del prof, saremmo stati fra quelli che lo hanno salutato divertiti (come Bennardi e Di Maio).

E, senza voler leggere di più di quel che c'è nella sua frase conclusiva, non possiamo comunque fare a meno di pensare a una involontaria metafora, su una Basilicata sempre disponibile coi Grandi, sempre prodiga con le sue risorse, sempre ospitale con la sua gente: una Terra bellissima e affascinante, le cui generose mammelle -tette se preferite- piacciono molto!

Eccome.

E allora, viene da citare (al contrario) la fiaba di Andersen, “I vestiti nuovi dell’imperatore”, quella in cui la bambina, bocca della verità, urla alla vista del corteo nobiliare: «Il Re è nudo!».

La domanda dunque diventa: è il nostro prof a essere “nudo” o i potenti (regionali e mondiali) a essere un po' troppo “vestiti”?

Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori,

si racconta che quando zi’ Vito Bochicchio si trovò per la prima volta davanti Emilio Colombo in quel di Stagliuozzo, rimase sorpreso e anche deluso, forse per la costituzione apparentemente fragile del giovane e all’epoca già famoso politico, di cui aveva tanto sentito parlare, e pertanto se ne uscì con un’esclamazione che ha fatto storia nella piccola frazione di Lagopesole (Avigliano, Potenza). Il senso della frase era più o meno il seguente: «Ma cosa vuoi che riesca a combinare un omino così?». Non è dato sapere se, negli anni successivi, il buon zì Vito –che era il più anziano di Stagliuozzo- abbia avuto il tempo di ricredersi (considerato il tenore della carriera politica dell’esponente DC), ma è certo che quel giorno degli anni Cinquanta del Ventesimo Secolo, lo statista lucano era caparbiamente giunto nella frazione aviglianese in groppa a un asinello, estemporaneo, ma efficace mezzo di locomozione, ancora utile in quegli anni a superare le asperità di un territorio lucano quasi del tutto privo di collegamenti degni di questo nome (atavica carenza a cui cercherà di sopperire poi con una certa decisione lo stesso Colombo).

Altri tempi. Specie se consideriamo che -a distanza di una settantina d’anni- oggi in alcuni comuni della Basilicata (a quanto pare quasi tutti), attendono ancora “la venuta” (messianica?) del neo (ma sono passati già due anni) Presidente della regione Basilicata, Vito Bardi. A rischio di sembrare ripetitivi, è questo il refrain delle interviste che stiamo raccogliendo con i sindaci lucani. Ma c’è di più. Come si dice, basta pescare nel mucchio. E così apprendiamo dalle parole della responsabile Caritas Marina Buoncristiano quanto segue: «abbiamo presentato il report povertà, il 21 maggio, al presidente Bardi e ai sindaci dei comuni… Il governatore ci ha ascoltato con attenzione, ha fatto un intervento di apertura dialogante, ma poi è andato via…». Senza contare il consigliere regionale d’opposizione, Luca Braia, che a proposito della seduta Consiliare sul tema del completamento del raccordo ferroviario Ferrandina-Matera-La Martella (aggiornata), considerato che Bardi era assente per motivi istituzionali (a quanto pare da Mattarella per un evento celebrativo), ha comunque sbottato: «Non possiamo continuare a consumare incontri con l’assenza di chi ci rappresenta e che ha il dovere di farci comprendere, politicamente, cosa intende fare». Insomma, che abbia la giustificazione scritta o meno, il Governatore pare essere sempre più un oggetto (misterioso) del desiderio (di amministratori e semplici cittadini). E, realisticamente, parlando, a questo punto sarà difficile vederlo raggiungere qualche sperduta, impervia e bisognosa contrada lucana a bordo del proverbiale ciucciariello (napoletano). E pensare che proprio lui, il 24 giugno scorso, in occasione dell’ottavo anniversario della morte di Colombo, ne riconosceva l’attaccamento alle “sue radici” e la “disponibilità al confronto, che sarebbe molto utile anche oggi”.

E se lo dice lui…  

Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori,

l’allarme lanciato il 16 giugno dalla Cgil è di quelli senza appello: bisogna scendere dalla branda, infilare i piedi negli scarponi, lavarsi la faccia con acqua ghiacciata, presentarsi all’adunata belli svegli, e iniziare subito a camminare. Nel senso di darsi da fare. Dal megafono una voce squilla quanto segue: «Povertà, in Basilicata quadro desolante: la regione torna a otto anni fa. Incremento del 7,6% tra il 2019 e il 2020 (dati Istat)». Ma cosa fanno i nostri “soldati”, ovvero quelli al comando del generale Bardi? Perlomeno, come commentano la notizia? Andiamo a dare un’occhiata sui siti istituzionali (giunta e consiglio regionale) e troviamo il nulla assoluto. Non una presa di posizione, non una presa di coscienza. Sia da parte della maggioranza, che dell’opposizione. Eppure “Il quadro complessivo della povertà, in tutte le sue sfaccettature, restituisce per la Basilicata un quadro desolante, persino in confronto con altre regioni meridionali. Iniziando dal concetto più immediato della povertà”. È quanto affermano il segretario generale Cgil Basilicata, Angelo Summa e il direttore scientifico del centro studi Ires Cgil, Ettore Achilli.

L’indicatore torna sui livelli del 2012, cancellando ben otto anni di faticosa riduzione.

Questi fatti. Ma di cosa parlano, invece, assessori e consiglieri regionali? Andiamo a leggere sui citati siti istituzionali, gli interventi intorno al 16 giugno: il consigliere leghista Zullino è contento perché il Difensore Civico, Fiordelisi ha riportato nella relazione annuale delle attività la Legge regionale da lui proposta. Bardi è poi in brodo di giuggiole, perché “La Basilicata è modello per la sperimentazione tecnologica”. Il capogruppo della Lega Aliandro si complimenta con il giovane rivellese che “ha partecipato al Criterium nazionale del settore giovanile del tiro a volo e si è aggiudicato l’oro nelle giovani speranze maschili”. I consiglieri pentastellati Leggieri, Perrino e Carlucci lamentano ritardi e pastoie nelle dinamiche di Consiglio

Si va insomma da questioni piuttosto serie ad altre meno pressanti, ma finora nessuno (ore 14 di venerdì 18) sembra avere preso di petto la notizia sulla povertà lucana, così come diffusa dalla CGIL, tantomeno il governatore Vito Bardi e il presidente del consiglio regionale Cicala, rapito –a quanto pare- dalle polemiche interne all’assise. Dicevamo, però che neanche dal centrosinistra sembra arrivare qualche segnale di vita. Sarà perché Summa e Achilli tirano in ballo anche loro. Il resto le leggerete, in dettaglio all’interno.

Verrebbe da concludere che in Basilicata, in barba al romanzo di HG Wells o ai film di Robert Zemeckis con Michel J Fox, la macchina del tempo è già una realtà. Purtroppo.

Ps. Partecipando a un incontro di Confindustria, Bardi ha dichiarato che gli imprenditori lucani hanno pagato a caro prezzo il costo della pandemia, ma che il nostro tessuto imprenditoriale è “sano”. Ha inoltre detto di aver profuso il massimo impegno per integrare, a volte anticipandoli, gli interventi statali di sostegno all’economia nella fase di emergenza, aiutando le fasce più fragili della società regionale. Ha poi parlato del piano strategico regionale che "resta un impegno fondamentale, che speriamo di poter portare a termine in tempi brevi ".

Fate piano, non vi affaticate troppo.

 

 

 

Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori,

da quando, per la rubrica “Indovina chi viene a Pranzo”, ci rechiamo sovente nei comuni lucani per incontrare i sindaci, capita altrettanto spesso che qualche vecchietto seduto fuori al bar o in piazza, come anche qualche negoziante in pausa sull’uscio della propria bottega, una volta appreso che siamo “di Potenza”, ci faccia un qualche cenno, chiosando: «… e salutatemi il generale Bardi!».

Non di rado inoltre -e le interviste pubblicate sul nostro giornale (e andate in onda in formato video su Lucania.tv) possono testimoniarlo- sono poi di volta in volta gli stessi primi cittadini a comunicarci –con una serie di locuzioni e di ragionamenti più articolati- sostanzialmente lo stesso concetto: «Il Presidente? Beato chi lo vede! Con la Regione si comunica poco e male». (e l’intervista di questo numero con il sindaco di Calvello, per dirne una, non differisce di molto)

Che dire –e buttiamola sull’ironia, và- quello di dover portare i saluti al Generale dev’essere il destino del vostro umile scrivente!

Proprio così.

Una decina d’anni fa, infatti, in occasione della pubblicazione di un romanzo scritto da me e dall’avvocato Piervito Bardi (cugino, nonché quasi omonimo, dell’attuale Governatore che all’epoca era ancora Generale della Guardia di Finanza di stanza a Napoli), si era nella città partenopea per presentare detto libro all’Associazione dei Lucani, o qualcosa del genere.

Per farla breve, prima e dopo la presentazione del romanzo, una signora del pubblico, molto anziana, si avvicinava al tavolo dei relatori e, rivolgendosi al sottoscritto, domandava se fossi veramente cugino del Generale Bardi. Io rispondevo che no, il cugino era l’altro coautore del libro, il signore distinto più in là, quello coi baffi.

Ma niente, la signora tornava puntualmente alla carica, chiedendomi ogni volta conferme sulla “mia” parentela con l’alto ufficiale, ricevendo in risposta puntuali smentite e le giuste indicazioni.

Alla fin fine, nel momento conclusivo del cosiddetto “firmacopie”, l’anziana donna mi si fece vicino un’ultima volta, mi fece i complimenti per il libro, non aggiunse altro, e si congedò.

Pensai: «Ha capito, finalmente!», ma in quella lei si voltò all’improvviso e ammonì: «…e non dimentichi di salutarmi il Generale Bardi, eh!?».

Il sottoscritto, stremato, non poté far altro che capitolare, chinare un pochino il capo e rispondere: «Non mancherò!».

Walter De Stradis

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IL RECOVERY PLAN E L' "APPETITO" DELLE CASTE

Cari Contro-Lettori,

al momento di andare in stampa, l’Ansa ci dice che non c’è ancora ufficialità sull’alleggerimento delle regole sui tavoli nei ristoranti, dopo un incontro tecnico e dal quale, in primo momento, era emersa l’indicazione di alzare a 8 il numero massimo di persone al tavolo al chiuso; fonti ministeriali, tuttavia, dopo un confronto con le Regioni, abbassano il limite a sei persone.

Sembrano invece non esserci limiti al numero di commensali (ma questo accade da sempre), quando a sedersi a tavola saranno i Potenti, di ogni grado, specie risma e provenienza. Al chiuso, all’aperto, sotto il gazebo, fra le fresche frasche, in cantina o in mansarda: quando se magna in allegria tutto va bene.

Certo è che con le ossa (rotte) di piccoli e grandi imprenditori, artisti dello spettacolo, precari, lavoratori a nero e tutti i vari tipi di “invisibili” del sistema, tutti masticati da questa Crisi pandemica, ce n’è ben donde per fare il brodo (di pollo).

Non scordiamoci mai che questo è il Paese in cui le cose accadono.

«L’attenzione delle caste è tutta concentrata sui soldi, pari a 240 miliardi di euro, messi a disposizione dell’ Italia dall’Europa; poco o niente viene considerato sulle altre questioni che sono strettamente collegate alla reale possibilità di poterne disporre» scrive sagacemente il nostro economista Nino D’Agostino nella sua rubrica a pagina 4, e aggiunge: «Tra l’approccio del premier Draghi e quello dei mestieranti della politica, che trova sponde poderose nelle regioni, corre un abisso. In particolare le regioni sono abituate da sempre a disporre di due cose:

1° di corposi trasferimenti dello Stato e dell’Europa, da trasformare in spesa corrente e/o in conto capitale da distribuire per consolidare feudi elettorali,

2° di un apparato burocratico che gestisca la spesa pubblica disponibile in funzione del tornaconto della oligarchia, al cui interno albergano gli stessi burocrati».

Ne consegue, sempre per rifarci al pezzo del buon D’Agostino (che vi suggerisco di leggere nella sua interezza): che «I mestieranti della politica non sanno che il recovery plan richiede azioni che dureranno almeno 5-6 anni, che ci sono 48 riforme specifiche, da approvare in un anno e mezzo, in aggiunta a quelle del fisco e giustizia, da fare, per ottenere il via libera della Ue ai finanziamenti (è sempre de Bortoli che parla). (…)La pressione su Draghi da parte delle caste per arraffare qualche cogestione di fondi è asfissiante, per fortuna l’ex presidente della Bce sta resistendo (…)Per dirne una, il piano europeo di ripresa e resilienza sarà l’occasione per portare l’Alta Velocità nel Mezzogiorno, un progetto strategico che riguarda come è noto anche la direttrice Battipaglia-Potenza-Taranto».

Meditate gente meditate, diceva Renzo Arbore.

Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori,

“scherza con i fanti, ma lascia stare i santi”, recita l’antico adagio.

E pertanto non ce ne voglia il Generale (che fante non è, casomai “finanziere”, ma sempre di militare trattasi) se affermiamo che in giro l’ironia, la satira, e anche il sarcasmo “generale” sono rivolti più che altro a lui. Insomma, non è certo colpa del nostrano San Gerardo se le preghiere che pur gli si indirizzano non si tramutano in realtà.

Viepiù c’è già chi sta pensando, dalle parti della Regione, di realizzare un “tempietto” interno con un’effige del Governatore Napo-Lucano, che da quelle parti “appare” sempre di meno: i suoi sodali la immaginano magari in cima a una rampa di scale, come la statua della mamma del Direttore nei film di Fantozzi, al cospetto della quale inginocchiarsi a ogni passaggio. Il simulacro –spiegano i ferventi Bardiani- servirà a testimoniare che Egli è sempre con noi, anche e soprattutto quando -come nel caso delle celebrazioni dei 50 anni della Regione Basilicata- Egli ci invia i suoi saluti e il suo discorso istituzionale a distanza, direttamente dal suo Suv presidenziale. D’altronde, puntualizzano, non si può certo dire che egli ci faccia mancare la sua voce: puntuale, ottimo e abbondante è infatti il rancio quotidiano di comunicati trionfalistici sulla gestione della Pandemia. Ed ecco allora che una statua del Generale in cima alle scale basta e avanza, magari con una cassetta votiva delle offerte sotto, che si sa che il bilancio regionale è sempre magro come un’acciuga.

Ma, e la questione povertà? (per dirne una). Il report della Caritas –come leggerete all’interno- parla di vere e proprie “ondate” di bisogni, che in qualche modo hanno viaggiato in parallelo con l'andamento stesso dell'emergenza sanitaria. Le conseguenze della pandemia hanno acuito le fragilità di un territorio già fortemente investito dalla crisi economica, si parla infatti di 2474 famiglie ascoltate e sostenute a vario titolo nel 2020, una molteplicità di storie e caratteristiche, difficilmente rapportabili alla situazione antecedente la pandemia.

Mah. Se il report è della Caritas “Diocesana” –dicono i “fanti” del generale- allora è materia dei santi.

E quindi, ancora una volta, come si dice a Potenza “Gn’hanna penzà San Gerard’”.

Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori,

vorranno perdonarci, i più accaniti fan del compianto Franco Battiato, se nella nostra vignetta-citazione abbiamo abbinato il titolo di una sua celebre canzone alla copertina di un suo disco precedente; ma non abbiamo potuto fare a meno (nel voler comunque ricordare e omaggiare alla nostra maniera il Maestro scomparso) di utilizzare la sua immagine simbolo più nota.

Chiariti gli aspetti iconografici, non sfuggirà ai più che «E ti vengo a cercare
Anche solo per vederti o parlare, perché ho bisogno della tua presenza»
, sembra essere la traduzione in musica di ciò che ci ha detto, fra i tanti (che sono sulla stessa lunghezza d’onda sonora) il sindaco di San Costantino Albanese, Renato Iannibelli: «Gli direi (A Bardi – ndr) di stare più vicino ai sindaci, di conoscere meglio i sindaci, di conoscere le nostre realtà, di stare in mezzo a noi. Chiedo a Bardi di stare insieme a noi, di capire cosa progettiamo per il futuro, quali sono le vocazioni dei nostri territori». E Iannibelli, sia detto per inciso, è uno di quelli (come leggerete a pagina 7) che pur manifesta “fiducia” e plauso all’operato di Bardi e della sua giunta. Ma basta andare un po’ indietro nella nostra “hit parade” delle interviste ai sindaci, per ritrovare alcuni ritornelli simili, che stanno diventando tormentoni pre-estivi:

«Vista la sua esperienza, gli consiglierei di farsi un giro paese per paese. Si parla tanto di “didattica a distanza”, ma io vorrei portare il Governatore presso alcune abitazioni a mille metri d’altezza, nelle aree rurali di Moliterno, dove già alle quattro del pomeriggio ci sono diversi problemi. Beh, lì sì che si percepisce che, per affrontare le questioni dei territori, non basta soltanto una comunicazione “da Potenza”».Musica e parole di Rubino, sindaco di Moliterno, appunto.

«Cosa chiedo: una maggiore presenza sul territorio da parte del Presidente. Ne approfitto per dire, e credo che non riguardi solo me, che non mi è per nulla piaciuta la firma di un accordo come questo (sul petrolio – ndr) con due anni di ritardo». Autore del brano? Il sindaco di Grumento, Imperatrice.

«(A Bardi chiederei) di girare di più nei territori, di avere un rapporto privilegiato coi sindaci. Io stesso gli ho scritto più volte per incontrarlo: sarà stata l’emergenza, ma non ho mai avuto il piacere. E non va bene. Un Governatore dovrebbe ricevere persino i cittadini. Più volte sono stato ricevuto dalla segreteria o da qualche suo delegato, ma un sindaco deve poter avere un rapporto diretto col Presidente». Alla voce, Christian Giordano, giovane primo cittadino di Vietri.

Potremmo continuare, ma il ritornello è sempre quello.

Il timore, tuttavia, per usare un’espressione locale, è che “s’sent u disc’, ma non se l’accatt’”. E cioè ascolta il disco, ma poi non se lo compra.

«I sindaci sono da sempre in prima linea ed è mia precisa volontà recepire le loro istanze e dare risposte - con i limiti delle ristrettezze finanziarie causa pandemia e debiti pregressi - a tutti i lucani», è il contro-canto di Bardi, che ha annunciato di volerli incontrare tutti (forse dopo aver letto certe “suonate” sul nostro giornale?).

C’è da sperare che questi incontri, se si terranno, saranno dei “duetti”, perché sempre e solo “La Voce del Padrone” alla fine stanca anche le orecchie più addomesticate.

Walter De Stradis

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