bardhi_macedonia.jpgCari Contro-Lettori,

chissà se il presidente della Regione Basilicata, il generale NapoLucano dal core ‘ngrato (secondo l’opinione dell’ex assessore Leone, quella “vigente” al momento di scrivere, almeno) nel vedere la trista (non è un refuso) partita di ieri sera (giovedì – ndr), abbia anche lui notato che nelle file della nazionale macedone c’era un certo “Bardhi”.
Sicuramente lo hanno notato i tifosi lucani, visto che il nome non sembra evocare in loro chissà quali fortune, delizie o orizzonti ...“Rosa” (a proposito, per cortesia, qualcuno iscriva i “Fratelli” a un qualche corso accelerato di “interpretazione delle vignette”, visto che quelle “a favore” -dell'ex pupillo bardiano o di chiunque altro- non ci risulta esistano ancora!!! Cioè, perlomeno le nostre).
Ciò detto, è probabile che il Governatore Generale, da buon partenopeo acquisito (e visto che al proprio “core” non si può mentire), sia –persino lui!- sapientemente e tatticamente ricorso a un qualche gesto apotropaico, che di solito interessa le parti meno nobili del corpo umano, onde esorcizzare i possibili, nefasti effetti di un cognome tanto tristamente (e non è un refuso) simile al suo.
Nefasti effetti che, in pura tradizione “bardiana” (con o senza “h”), OVVIAMENTE ci sono stati, con quel gol al 90 minuto (segnato da un altro macedone) che ha mandato a casa gli azzurri, assieme a tutte le speranze e i sogni di gloria degli italiani calciofili (ma forse anche di tutti gli altri, perché di questi tempi le buone notizie sono sempre benaccette, da qualunque settore provengano!). Ma, come si diceva, mai una gioia.
E magari -continuiamo a immaginare- staccatosi dalla poltrona (quella di casa, che avete capito) il Generalissimo avrà minimizzato in animo suo la brutta novella e si sarà seduto al suo computer quantistico di ultima generazione, utile e necessario non già a elaborati calcoli di matematica applicata o grafici sulla teoria delle stringhe, bensì sulla più stringente questioncella della “nuova” (ennesima) giunta da (ric)comporre.
Essì che quando sarà annunciata –col probabile patto siglato col dito mignolo, come si faceva noi da bambini, con Fratelli d’Italia- qualche lucano particolarmente sboccato e maligno potrebbe anche pensare che certa politica cambia le sue pedine quasi con la stessa frequenza con cui un cittadino normale (di quelli puliti) si cambia le mutande. E, probabilmente, con questa iperbole satirica non andrebbe tanto lontano, visto che qui da noi, in Basilicata, la politica sembra essere soltanto qualcosa di “intimo”, “da per loro” e i fatti stanno lì a urlarlo forte: con la Pandemia in ripresa, gli effetti della guerra sul rincaro energetico, gli agricoltori in piazza, i poveri in fila alle Caritas, e i giovani (e meno giovani) lucani che si accalcano sul predellino del treno, Lorsignori pensavano soltanto alla partita, quella che più interessa (e che non è certo Italia-Macedonia), bensì il reiterato gioco del “Levati tu, che mi devo mettere io”.
E allora, amici, gustiamoci tutti l’ennesima “Macedonia” del nostro chef pluristellato (ben tre), e che non se ne parli più (si fa per dire).
Tanto siamo, noi e loro (ma più noi) alla frutta. Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori,

per dare la cifra della sua “solitudine istituzionale” patita (specie durante la Pandemia) alla Sanità, l’ex assessore Leone -in Consiglio regionale- ha tirato metaforicamente in faccia al presidente della Regione Bardi -reo di averlo “scaricato”- una teglia di pasta al forno. Un gesto dunque “ideale” che corrisponde, a detta dell’incazzatissimo pediatra ex sindaco di Policoro, a un fatto reale, consumatosi nella domenica delle Palme del 2020, quando lui, solo soletto a lavorare nel suo Dipartimento, riceveva come unico conforto e sostentamento per l’appunto una pasta al forno cucinatagli dalla sorella del consigliere Coviello.

Involontariamente (o forse no), il buon Leone (diventato improvvisamente simpatico a tutti, risarcimento che a volte premia i “maltrattati”) ha dato però la misura dell’intera legislatura, dell’intera governance, che si riduce quindi a una pasta al forno in compagnia, o a una pasta al forno da solo (come avrebbe cantato Elio).

Oddio, non che l’ex assessore alla sanità non abbia tirato fuori cosucce concrete e imbarazzanti attinenti al suo settore -tant’è che a un certo punto il Generale non ha retto e ha battuto in ritirata strategica (abbandonando il Consiglio alla volta della sua stanzetta)- ma è altrettanto vero che in questi ultimi mesi (anni) ne abbiamo veramente viste di tutti i colori; a cominciare dagli ormai proverbiali, ma mai concretizzati, “basta, me ne vado” dell’ex (anche lui) assessore alle attività produttive (tanto che ormai, nel gergo comune, la locuzione “promesse di marinaio” sembra essere stata sostituita da “dimissioni di Cupparo”).

Ma su tutto questo, e cioè sul tira e molla della semplice “verifica” in giunta, diventata col passare dei giorni una baruffa “slapstick” a botte di unghiate, sputi e mozzichi, con tanto di capelli strappati (e infatti chi non ne aveva proprio è diventato subito assessore); su questo rinnovo dell’esecutivo regionale che ha innescato una crisi ancora peggiore di quella che l’ha preceduta (col rischio voto di sfiducia); sulle incredibili promozioni che hanno miracolato chi, da consigliere supplente, avendo magari passato la consiliatura a scrivere comunicati di giubilo per le azioni altrui (persino di altre amministrazioni!) e poco altro, ora si ritrova addirittura assessore; sulla quantità (e qualità) incredibile di malumori, mal di pancia e pure cattivi odori suscitati; su questi sordidi giri di roulette, che trasformano il Palazzo in un casinò, ma anche in un casino (cioè una baraonda); su tutto questo, dicevamo, campeggia UNA domanda: ma come diavolo ha fatto Bardi a ridursi-ci così? Come caspita ha fatto a dar vita a un pastrocchio del genere? Come cacchiarola è riuscito in una tale ciofeca politico-amministrativa?

La sua fortuna, come anche quella del neo Fdi Leone e simili (non facciamone ora dei romantici “ribelli”: sono amareggiati unicamente per aver perso la seggiola, vedi anche l’ex “semper fidelis” Gianni Rosa, che ora rimbrotta pure lui) è che i Lucani NON vanno a vedere (neppure in remoto) le sedute del Consiglio regionale. Ed è una fortuna per gli incassi del già pericolante cinema italiano, perché quelle sedute sono meglio dei film di Fantozzi. E sono gratis (si fa per dire, ovviamente).

Provare per credere. Alla prossima “comica”.

Walter De Stradis

 

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Cari Contro-Lettori,

in questi giorni di celebrazioni del Genio pasoliniano, sia concesso anche a noi di citare il visionario poeta/regista, la cui capacità di guardare contemporaneamente al passato e al futuro è diventata leggendaria.

La “Mamma Potenza” del titolo è incarnata da questa vecchia foto (tratta dalla pagina Facebook “Potenza com’era”, ma di cui ignoriamo l’autore) che immaginiamo non sarebbe dispiaciuta al PPP dei primi film ambientati nelle borgate di Roma (tra cui il celeberrimo, per l’appunto, “Mamma Roma”, personaggio/città interpretato dalla più grande attrice della Storia, Anna Magnani).

Qui c’è una donna (probabilmente una madre) di mezza età, una busta della spesa, le caviglie e i polsi gonfi, il cemento opprimente e quasi minaccioso dei palazzoni, una lunga rampa che si profila all’orizzonte. Tutt’altro che una scalinata verso il Paradiso.

In Basilicata, afferma in una recente relazione la Consigliera regionale di parità, Ivana Pipponzi, solo il 36,7% delle donne ha un impiego (rispetto al 48% scarso riferibile all’intero Paese), un dato aggravato dalla pandemia che ha colpito fortemente l’occupazione femminile maggiormente interessata da contratti precari. Sono ancora stringenti, aggiunge, i casi di discriminazioni di genere sul posto di lavoro che vedono il divario di genere quale loro causa efficiente.

Senza contare disoccupazione giovanile e spopolamento in generale.

Mentre il Governatore “del cambiamento” (che ha manifestato atroci e inaudite difficoltà a “cambiare” la sua Giunta, figuriamoci il destino di tutto un Popolo), armeggiava col pallottoliere, con quelli della sua stessa coalizione che se lo palleggiavano (senza contare i cittadini rotti di…scatole), uno storico e attento commercialista del Capoluogo (ne leggete a pagina 5), lo impallinava, prendendo le mosse dalle incongruenze da lui stesso rilevate in un bando regionale dal consueto titolo roboante (“Avviso pubblico giovani competenze lucane in azienda per il rilancio del tessuto produttivo regionale”).

Al di là degli aspetti più propriamente tecnici dell’Avviso stesso (al momento di andare in stampa si è in attesa delle risposte/chiarimenti dalla Regione in merito), il buon commercialista rilanciava alcuni inquietanti interrogativi, più in… Generale: «A prescindere dalla illegittimità di cui sopra, ho necessità di capire, come l’Ente Regione ritiene poter trattenere i giovani laureati che continuamente emigrano dalla nostra Regione pur in presenza della Università in Basilicata? Cosa la politica riesce a fare per evitare tale fenomeno se i giovani dai 25 ai 35 anni hanno abbandonato questa Regione per assenza assoluta di prospettiva lavorativa?».

Ma alla fin fine, abituato a fare i conti, il Commercialista qualche risposta se la dava da solo: «In realtà, dall’ultimo bilancio demografico dell’ISTAT, la Regione Basilicata ha avuto lo spopolamento di quasi 3000 giovani. Il fenomeno, così come è stato in precedenza e così come è stato regolamentato oggi è senza scampo: tale modus operandi è privo d’utilità sul piano degli interessi della collettività ed evidenzia la mancanza d’interesse e/o di conoscenza delle esigenze di sviluppo economico a favore del territorio. Comunque, non è corretto da parte dell’Ente Regione togliere la speranza e l’entusiasmo a tanti giovani volenterosi della nostra Regione, che desiderano crearsi un avvenire stabile e sicuro per realizzare i loro sogni».

E scusate se è poco.

Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori,

presso gli uffici della Regione Basilicata pare ci sia un grande ufficiale in pensione della Guardia di Finanza che gira febbrilmente, armato di retina da caccia alle farfalle, intonando una nenia, «Io cerco la Titina/La cerco e non la trovo/ Chissà dove sarà/La vo’ cercando tutto il giorno/L’annunzio ho messo sul giornal/Mi par vedere sempre intorno/Quel bel visino celestial».

Il bel visino celestiale è simbolicamente quello della giunta regionale che il presidente Napolucano Bardi si è perso per strada, sentendosi costretto ad azzerarla, in forza di questioni che hanno a che fare con postazioni di potere, ovvero assessorati e ruoli apicali, ma che nulla hanno a che vedere –naturalmente- coi bisogni REALI di questi splendidi Lucani che –seppur con le pezze sul proverbiale culo- si accalcano al Viviani o al parco Baden Powell di Potenza (così come in molti altri punti di raccolta sparsi in regione), per mandare sostegni concreti ai più sfortunati fratelli ucraini.

Il Generale, che pare d’un tratto essersi svegliato (ma quanto era “lungo” questo caffè alla napoletana?) ed essersi accorto degli “interessi di parte” (leggi Lega) che condizionano la politica, annuncia “sul giornal” che a ritrovare la Titina ci metterà in realtà poco; alcuni ritengono che non è escluso che addirittura in serata, e cioè ieri per chi legge, Egli riesca a ritrovare la sacra folgore politica e a ricompattare la tavola rotonda lassù nel castello dorato di Camelot.

Nel frattempo, tocca leggere i tristi comunicati di quei suoi valorosi cavalieri-delfini, quelli che lo “ringraziavano” ed esprimevano “soddisfazione” (e sembravano limitarsi praticamente a questo) a ogni piè sospinto, ora per questo ora per quello (ma cos’avranno mai avuto da ringraziare??? Ah, sì, domanda sciocca!), e che essendo magari anche supplenti, cioè entrati in Consiglio in sostituzione di chi poi è diventato assessore –e quindi adesso tecnicamente FUORI dall’Assemblea- lanciano disperatamente “segnali di vita (per citare Battiato - ndr) nei cortili, e nelle case all’imbrunire”.

"...E non ti scordar di me", aggiungono.

Infatti il bello sapete qual è? Secondo alcune indiscrezioni, qualcuno di loro rischierebbe di diventare pure assessore! Urrà, sembra di essere tornati ai tempi del “Drive-In” (d’altronde, come potrebbe essere diversamente, con “ quei bei baffetti da sparviero!”, per citare Gianfranco D'Angelo - ndr). Insomma, gira e rigira, come dice quel vecchio detto sull’ortolano (che sarebbe il cittadino)… e qui ci fermiamo. Ma non è il discorso dei nomi che ci appassiona, limitandoci in questa sede a fare satira, visto e considerato tra l’altro che qualcun altro parla di assessori “tecnici” (e anche qui qualche brivido viene, se si pensa a qualche raffinato stratega della cosa pubblica che ci fu paccottato da Bruxelles in grande stile ai tempi del centrosinistra) e/o di “ammucchiate!” con esponenti di altre coalizioni (per la serie, l’importante è partecipare, ma occhio a quando si spegne la luce).

Che dire, alla fine della Fiera, complimentoni, siete riusciti (tutti, dal Generale cannoniere ai suoi “fedeli” attendenti al pezzo) a mandare gambe all’aria l’esecutivo regionale.

Avanti col prossimo “risultato”!

«Ora vi dico i connotati/Porta i capelli alla bebè/Ha dei begli occhi trasognati/Di un bel colore BLEU MARIN».

Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori,

c’è da dire che alzarsi la mattina con le immagini del TG piene di guerra, e poi recarsi in redazione per scrivere delle “piccolezze” tutte lucane è davvero frustrante. Già, perché di fronte alla tragedia umana che si sta verificando in Ucraina, la sensazione d’impotenza porta a sminuire le occupazioni quotidiane, ma alla fin fine ci si rende conto che le suddette “piccolezze” si miniaturizzano (a propria convenienza) appunto nel silenzio, nel “campa cavallo” e nel “poi si vede”.

E dunque si spera che non sarà così, si spera cioè che su certi “sport” praticati qui in Basilicata si faccia reale chiarezza (nell’interesse di tutti) e si agisca (finalmente) di conseguenza.

Il recente “medagliere” lucano sembrerebbe infatti pieno di luccicanze; si va dai campioni olimpici di salto della fila, che si sarebbero distinti nell’impietosa staffetta del tampone descritta sulle pagine dei quotidiani (ma, al momento di andare in stampa, il dibattito politico sembra essersi già arenato, anche perché il Governatore -dopo aver difeso con una nota la sua personale posizione- in Consiglio non c’è andato, e non ha potuto rispondere alle domande, più generali, del Pd); al record imbattibile (si spera) di chi si sarebbe bellamente presentato nell’importante ufficio pubblico che dirige, pur essendo risultato positivo al covid (secondo un’indiscrezione de Il Quotidiano, l’interessato –che non l’ha confermata, né smentita- si sarebbe difeso affermando che non sapeva di essere positivo), ma anche in questo caso, al momento di andare in macchina, per quanto attiene alle decisioni di Chi di dovere, tutto tace; a chi ha poi eccelso nel lancio delle dimissioni, solo annunciate (ovviamente), dando origine a una crisi politica sulla lunga distanza; a chi si piazza sul podio nella disciplina del giro a vuoto, proprio perché quella stessa crisi (nella quale si sono poi sedimentate, l’una sull’altra, varie questioni politiche), non vuole o non riesce a risolverla (anche qui, nonostante gli annunci, tutto è fermo); a chi (ma è sempre lo stesso atleta), primeggia nella corsa a ostacoli (evitandoli) in quanto (come accennato) non si presenta in consiglio regionale per discutere (anche) di rincari energetici (e poi va a fare la faccia contrita coi camionisti che protestano in mezzo alla strada per motivazioni simili, e dice pure ovvietà al microfono del TGR).

Tutto questo, per limitarci al malcostume (sinonimo di maleducazione) politico (come si dice, malcostume, mezzo gaudio), senza contare poi le questioni di rilevanza penale (come i penosi dossieraggi in stile Hollywood noir anni 30 ipotizzati dalla magistratura, e altre fattispecie che si profilano all’orizzonte).

In tutto questo, fanno tenerezza tutti quei consiglieri, regionali o comunali, che si sperticano in comunicati stampa e/o mozioni sulla Pace (poiché è notorio che Putin tiene in altissima considerazione le opinioni dei politici lucani), consapevoli che –almeno in queste occasioni- conviene lanciare un messaggio di esistenza in vita (politica).

E amen.

Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori,

al momento di scrivere, sul portale istituzionale della Regione Basilicata (quello che dovrebbe dar conto ai cittadini delle azioni fatte e di quelle da porre in essere), sono due gli annunci che meritano di spendere una qualche riflessione: a) “Regione Basilicata, nuova giunta la prossima settimana”; b) “Verifica politica di maggioranza, la soddisfazione della Lega”

Leggiamo il primo: «A Potenza c’è stato un incontro costruttivo tra il Presidente della Regione Vito Bardi e i rappresentanti regionali dei partiti della coalizione, in seguito alla riunione tenutasi nei giorni scorsi a Roma. Sono state analizzate e armonizzate tutte le proposte programmatiche pervenute da Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia, intorno alle quali è stata registrata la massima sintonia tra tutte le forze politiche. La prossima settimana sarà convocata una conferenza stampa del Presidente della Regione per la presentazione della nuova Giunta». E leggiamo pure il secondo: «“All’esito dell’incontro odierno con il Presidente Bardi e i segretari di Fi e Fdi, ci diciamo soddisfatti dell’importante passo avanti compiuto. La massima condivisione rappresentata dagli alleati rispetto ai punti programmatici proposti dalla Lega e le loro proposte integrative, hanno consentito di addivenire ad un programma di fine mandato di coalizione, e non più di una sola parte. (…) Stiamo traghettando la verifica politica di maggioranza nella direzione giusta, ma adesso è il momento di chiudere subito, i Lucani non possono attendere oltre.” Così il Commissario della Lega Basilicata, Sen. Roberto Marti, il gruppo Consiliare Lega e la dirigenza regionale».

Visto che persino i salviniani riconoscono che i Lucani, perennemente e storicamente distratti al bivio (per citare Scotellaro), “non possono attendere oltre”, dovrebbero usarci la cortesia di spiegare a noi poveri imbecilli COSA diamine c’entrano il baratto, lo scambio, l’interscambio, la riconferma, l’aggiunta, la sottrazione, il leva-e-metti di postazioni di potere (compresi tutti i vari “non gioco più, me ne vado”, “il pallone è mio e lo gestisco io”, “se a loro hai dato uno a noi tocca due” etc.) con i reali INTERESSI e BISOGNI della gente che li ha votati; cosa cacchiarola ha a che fare la loro “soddisfazione” con la DISOCCUPAZIONE, la POVERTA’, l’EMIGRAZIONE GIOVANILE (e non solo), la CARENZA di infrastrutture e strutture. Cosa stracavolo interessa ai Lucani, cornuti e mazziati, della esultanza per “la verifica politica di maggioranza”, al pari dell’ “armonizzazione delle proposte (leggi RICHIESTE – NDR) pervenute da Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia”. Cos’ha che fare, insomma, questa estenuante, spietata e anche triste tarantella tutta politica (che da troppo tempo tiene in sospeso diverse questioni PRATICHE) con l’impegno preso (leggi PROMESSE), circa il rinnovamento, lo sviluppo, e il lavoro??? Cosa diavolo ce ne deve fregare, se uno (o più) partiti di maggioranza ha sputato una postazione in più (o in meno)??? Tutto cambia, insomma, perchè non cambi mai nulla. E perdonateci l'ingenuità.

Consoliamoci con lo splendido disegno dedicato ai lettori di Controsenso da parte del “Diaboliko” fumettista Giuseppe Palumbo: riscaldano il cuore i suoi Pasolini e Scotellaro, immersi in un ideale Mediterraneo, con Tricarico sullo sfondo.

E tanto siamo tutti, sempre, sulla “stessa barca”. In tutti i sensi.  

Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori,

mentre i consiglieri regionali della Lega giocavano a “Un, due, tre stella!” (guai a chi si muove) col presidente della giunta, il sempre più intirizzito Generale Napo-Lucano- i parlamentari con la stessa casacca -imitati, nelle loro città e paesi, da alcuni sindaci-si adopravano per il gioco delle belle statuine, che in quest’era di invasiva tecnologia e auto-spionaggio digitale si chiama “flash mob”.

Il motivo?

Protestare contro il caro bollette, che sta spingendo molti Italiani (e di conseguenza molti Lucani) sempre più ad augurarsi di ricevere una coltellata nel fegato, piuttosto che la prossima gabella energetica.

E pensare che, in tutto questo, c’è anche (ancora) chi -come quel conduttore fiorentino di una trasmissione televisiva di calcio, con la faccia da estroso, solleticato dal goliardico tifoso juventino del capoluogo lucano (l’ormai virale #AlfiodaPotenza)- rinfacciava come sia già un miracolo che qui a Potenza pure noi sia abbia “la luce in casa”.

A dispetto della rudezza dello scortese presentatore viola, il governo dal canto suo afferma di non dimenticare “famiglie e imprese in difficoltà" e, anzi, di star lavorando a un nuovo provvedimento (che potrebbe valere tra i 5 e i 7 miliardi) per calmierare gli aumenti di luce e gas “che hanno registrato un boom", come certifica l'Arera, “nonostante gli interventi messi in campo finora”.

Com’è noto infatti, il prezzo dell'energia elettrica –riferisce l’ANSA- nei primi tre mesi dell'anno è raddoppiato (+55%) e poco meno ha fatto il gas (+41,8%), creando problemi non solo alle attività produttive, ma anche ai sindaci (di qui la protesta), agli uffici pubblici, alle asl e agli ospedali.  

«In attesa di capire la portata dell’intervento che varerà il Consiglio dei Ministri -afferma la consigliera regionale, leghista anche lei, nonché responsabile del dipartimento energia, Dina Sileo - è utile che anche la Regione si adoperi per ristorare gli utenti che stanno soffrendo a causa di aumenti smisurati. A tal fine è opportuno, almeno per l’anno 2022, monetizzare il prima possibile i quantitativi di gas spettanti alla Regione. Per una nuova strategia energetica regionale, invece, è necessario approvare immediatamente la proposta di legge che istituisce le comunità energetiche. Una riforma che non può più attendere», conclude.

E gli atavicamente rassegnati Lucani, che invece sanno bene che “Il Paradiso può attendere” (per citare un vecchio film con Warren Beatty), in attesa che lì alla Regione finalmente si illuminino d’immenso, da tempo non nascondono le loro preoccupazioni per un’altra bolletta, quella dell’acqua.

Questa settimana, noi di Controsenso abbiamo avuto la possibilità di parlarne col nuovo amministratore unico (in carica dalla scorsa estate), il disponibile Ing. Andretta, che ha fatto il punto su patologie croniche (e storiche), prospettive, interventi attuati e da attuare (poco procrastinabili): «Oggi grazie al Pnrr –e in particolare attraverso lo strumento di finanziamento “React EU”- abbiamo la possibilità di attivare dei fondi per ridurre le perdite d’acqua. Abbiamo già richiesto un finanziamento del genere, e stiamo attendendo la risposta. Ciò che AL, Regione ed Egrib ora si aspettano è un finanziamento di circa 50milioni, per una prima tranche di lavori che avremo l’obbligo di terminare entro il 2023...».

Il resto lo leggerete nella consueta intervista “a pranzo”.

Ma una cosa la possiamo già fare tutti: evitare gli sprechi.

Walter De Stradis

 

 

 

 

 

sindlagopnrr.jpgCari Contro-Lettori,

«…L’appello va dunque lanciato anche alla Regione, che dovrebbe farsi da tramite per le esigenze dei comuni: in quell’Ente hanno meno vincoli, quindi potrebbero prendere del personale e trasferirlo ai comuni che hanno bisogno, in maniera quasi “diretta”. Ma è soprattutto il Governo che deve metterci in condizione di affrontare i tavoli del Pnrr, altrimenti vinceranno sempre il comuni del Nord, che il personale adeguato ce l’hanno eccome».

E’ questo l’appello lanciato, nel corso dell’intervista “a pranzo” che leggete a pagina sette, da Maria Di Lascio, sindaca di un importante comune della provincia di Potenza come Lagonegro.

Nelle more di suddetta richiesta, è dal fronte materano che –more solito (scusate il gioco di parole)- al momento di andare in stampa giungono notizie (semi) incoraggianti (?).

Il Presidente dell’Anci Basilicata, Andrea Bernardo, e il Presidente della Provincia di Matera, Piero Marrese, comunicano infatti che nei giorni scorsi è stato costituito un gruppo di lavoro di 5 professionisti esperti (di cui 3 ingegneri, 1 geometra e 1 avvocato), i quali avranno il compito di fornire supporto tecnico-amministrativo ai 31 Comuni della Provincia di Matera e alla stessa amministrazione provinciale nella gestione delle procedure complesse legate al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, al fine di accelerare l’attuazione dei progetti e degli investimenti, nonché migliorare i tempi di conclusione delle procedure arretrate.

La Cabina di Regia Regionale del PNRR, costituita da Regione-UPI-ANCI, aveva redatto il relativo “Piano Territoriale” e richiesto al governo oltre 100 esperti, auspicando l’arrivo di ulteriori professionisti; tuttavia sono 23 i professionisti finora assegnati: 9 alla Regione Basilicata; 9 ai Comuni capofila degli Ambiti socio-territoriali (AST), di cui una unità a ciascuno dei Comuni capofila; 5 unità alle Province, di cui 2 alla Provincia di Matera.

Sparti ricchezza (di personale) e dividi povertà?

Dalla Provincia di Potenza fanno intanto sapere che si seguirà un percorso similare a quello già avviato sul versante materano, ove la costituzione della task-force unitaria nasce dall’esigenze di formare un unico gruppo di lavoro interdisciplinare con professionalità eterogenee, che possa essere di maggiore ausilio per tutti gli Enti Locali e consentire una programmazione unitaria per l’intero Territorio provinciale.

L’Ufficio della citata task-force ha sede presso la Provincia di Matera, ma gli stessi professionisti potranno recarsi presso ciascun Comune se necessario. Già da due settimane, riferisce il comunicato, i 5 esperti sono al lavoro per supportare le Amministrazioni in alcuni Bandi del PNRR.

I Comuni e le Province, concludono i Presidenti di ANCI ed UPI, adesso sono maggiormente attrezzate per cogliere le importanti opportunità e le risorse finanziarie che derivano dal PNRR, seppure l’organizzazione dell’intera Pubblica Amministrazione ANDREBBE ULTERIORMENTE RAFFORZATA nei prossimi mesi (la partita è tutta qui, visto che anche il discorso pensionamenti e carenza di personale nei municipi è diventato endemico– ndr), al fine di consentire di effettuare quegli investimenti necessari allo sviluppo e alla coesione socio-economica dei nostri territori.

Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori,

mercoledì scorso, una volta attraversati i Calanchi e –a distanza di alcuni anni dall’ultima volta- raggiunta Aliano (provincia di Matera), subito ci sono riaffiorate alla mente le immagini del film di Francesco Rosi, cioè prima ancora di quelle evocate dal romanzo originale di Carlo Levi (ovviamente, parliamo di “Cristo si è fermato a Eboli”). Chi scrive appartiene alla progenie dei cine/tele-condizionati, e tant’è, nel passeggiare sotto la casa-confino (politico) dello scrittore e pittore, la memoria (fotografica) è andata subito a ri-cercare gli stessi muri, gli stessi vicoletti e le stesse finestrelle sfiorate dal pensoso Levi-Gian Maria Volontè del lungometraggio.

Per la verità, il film fu girato -nel 1979- non solamente nel paesino che fu teatro della vicenda storica, bensì anche nei vicini Craco e Guardia Perticara (con qualche puntatina anche in Puglia). Al regista serviva probabilmente uno scenario che meglio rendesse -ancor più della sola Aliano, evidentemente- lo straniamento che doveva aver colpito allora il torinese Levi, trovatosi all’improvviso al cospetto di un paesaggio malandato, quasi marcito, e alieno (e lo “spaccato” di Craco vecchia offerto nelle scene iniziali del film è davvero sconcertante), e di gente –inizialmente- imperscrutabile.

Col sindaco di Aliano, ospite della nostra rubrica di interviste “a pranzo”, abbiamo anche discusso delle polemiche circa la presunta obsolescenza dell’immaginario e del patrimonio “leviano”, visto e considerato che –dicono alcuni fra i critici del “levismo”- la Basilicata è ormai lanciatissima nella modernità, e non è più quella scalcagnata, disperata e rugginosa terra dei ricordi dello scrittore e pittore torinese, che vi aveva forzatamente soggiornato ormai più di ottant’anni fa.

Probabilmente, e non è ponziopilatismo, le contraddizioni che caratterizzano il modus vivendi (e operandi) di questa regione rendono davvero arduo prendere una netta e chirurgica posizione circa la reiterazione o riproposizione di una certa iconografia.

Limitiamoci infatti a osservare che se negli anni 30 del Ventesimo secolo, la nostra terra era “l’impoverished region” (per citare i titoli di testa in inglese della versione integrale e restaurata della Rialto Films), in cui si veniva “confinati”, cioè ove si veniva mandati per punizione (per ragioni politiche), oggi la Basilicata con tutti i suoi piccoli borghi, è una meta turistica ambita e promozionata (giustamente) come tale; un accogliente rifugio ove si viene dunque “per premio” (etero o auto-concesso che sia); un set naturale, storico e meraviglioso in cui le produzioni cinematografiche e televisive ormai fanno a gomiti, e non solo quelle didascaliche, documentaristiche o di denuncia (persino il muscolare James Bond ultima generazione è venuto a fare qui le sue ultime acrobatiche scorribande). Tuttavia, siamo ancora lungi dall’essere diventati, nei titoli di testa, una “enrichened region”.

Ma cosa ne è stato di quei paesi che offrirono le location a quel commovente, suggestivo, lunghissimo film di Rosi?

Dopo i fasti (?) di Matera (e dei suoi Sassi) –la quale, da quel “serraglio umano” che nel film aveva sconcertato la sorella di Levi (interpretata da Lea Massari), è diventata Capitale Europea della Cultura 2019- oggi tocca proprio ad Aliano (ri)proporsi come candidata a Capitale Italiana della Cultura 2024 (e per larga parte, in forza al lascito di Levi). Guardia Perticara, dal canto suo, ospita gli uffici di una grossa compagnia internazionale, la Total, impegnata nelle estrazioni petrolifere lì nei pressi. Fato diverso è toccato però a Craco vecchia, che da paese “fantasmagorico” che era ai tempi del film di Rosi è nel frattempo diventata in tutto e per tutto un paese “fantasma”, cioè abbandonato (ma quanto fascino, però).

Tuttavia gli “abbandoni” che affliggono e angustiano la nostra terra oggi sono ben altri.

Oggi i “confinati” lucani sono di due tipi.

I primi (intercambiabili con i secondi) sono i giovani (e non) lucani costretti (oggi come allora) all’esilio in altre regioni o all’estero per conclamata anemia di opportunità nella loro regione; i secondi (intercambiabili con i primi) sono tutti quelli che rimangono qui, confinati in casa loro, costretti a convivere da decenni con una folla di onnipotenti racco-mandati e racco-mandanti, incapaci e indolenti (ma non facciamo di tutta un’erba un fascio: ci sono pure gli incompetenti).

Satira a parte, che voi si appartenga alla prima o alla seconda categoria, sappiate che siete, in ogni caso, anche voi confinati “politici”.                         Walter De Stradis    

 

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Cari Contro-Lettori,

Pino (il nome è di fantasia) lavora come “tuttofare”, ovviamente senza contratto, per alcuni uffici privati della Città. Un tempo, una vita fa, era stato un “assunto” pure lui, ma poi la grossa azienda del Nord da cui dipendeva in qualità di operaio specializzato aveva chiuso i battenti e –dopo aver fatto un ciaone circolare a sindacati e istituzioni di sorta- aveva battuto anche la ritirata.

Passata dunque quell’età anagrafica che può rendere la propria persona “appetibile” per un nuovo, stabile posto di lavoro, Pino si era dovuto rimboccare le maniche sulle braccia non troppo lunghe, ma spesse. Dopotutto era solo l’ennesima volta nella sua vita, quell’esistenza sbocciata in una casetta di contrada coi mattoni esposti e la camera dei genitori (quella col lettone gonfio, ma duro) con un’ampia finestra sulla campagna multicolore.

Pino “ci ha famiglia”, ma non nel becero senso comune italiota, cioè quell’idioma consolatorio cui troppo spesso si ricorre in caso di “necessità”, e pertanto, come accennato, gira per alcuni uffici della Città facendo piccoli lavori: pulizie, lampadine da cambiare, risme di carta da comprare, piccoli guasti da riparare. Il fatto è che a lui non piacciono i sussidi, preferisce darsi da fare. Solo così, ci spiega, si sente “di esistere”. Ma in questo modo, il suo “stipendio” mensile (tutto sommato, nel senso matematico) in questi tempi di magra pandemica, alcune volte non ha raggiunto nemmeno i due zeri, nonostante il suo cellulare squillasse in continuazione, perché Pino è uno di quei tipi strani che sanno fare tutto e di cui non si può fare a meno. Pagarlo come si deve? Beh, nessuno è perfetto.

Pino ha due figli che vivono e lavorano a Chiasso, ove hanno trovato adeguato sbocco –facendo la strada più lunga, spesso l’unica, che rimane ai giovani Lucani- per le loro competenze e capacità. L’infaticabile padre ha voluto raggiungerli per il battesimo del suo primo nipotino svizzero, ma alle prime luci dell’alba (ma forse era ancora notte) del giorno prima, lui si trovava ancora con dei vecchi e pesanti faldoni fra le braccia, cioè roba da spostare in un vecchio e polveroso magazzino della ditta tal dei tali.

Pino, che con l’aria che tira non ha voluto prendere il treno, si è poi fatto prestare i sodi dal fratello per potersi pagare la benzina e raggiungere la Svizzera, dopo un viaggio interminabile e senza dormire, giusto qualche pipì e un panino lungo la strada. Le sigarette? Una spesa inutile che ha dovuto tagliare, da tempo.

Una volta a Chiasso, distrutto, ma felice, Pino ha finalmente riabbracciato i suoi figli e dato il primo bacio al nipotino, ma il giorno dopo è subito ripartito (ancora quell’alba), prima che ricominciasse a squillargli il telefonino a tutto spiano.

Ma in realtà non è di quel viaggio che aveva premura di raccontarci, bensì del ragionamento, e dell’idea, che man mano sta maturando, come un frutto “proibito”, ma succulento, nella sua testa. Alla tenera età di anni 64, l’indistruttibile Pino, ormai morto e rinato tante di quelle volte, sta meditando seriamente di raggiungere definitivamente i suoi figli, sì, lì in Svizzera, e di mandare al diavolo una volta per tutte questa Terra di politici incapaci, di eterni litiganti per le Poltrone (vecchi, ma anche e soprattutto nuovi) e di familismi soffocanti (in TUTTI i settori, nessuno escluso).

Dopo la fuga dei giovani talenti, ci sarà anche quella di molti dei loro, più attempati, genitori?

Stiamo freschi! E il Generale Inverno (lui no) non c’entra nulla con certi brividi.

Walter De Stradis

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