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Cari Contro-Lettori,
sono diverse settimane, ormai, che il discorso sulla “morte vivente” del centro storico di Potenza tiene prepotentemente banco sui giornali (online e cartacei) e nei commenti, sempre più orripilanti, di cittadini ed esercenti. Un discorso, per continuare sulla falsariga horror, che si abbina per sua natura alla Cultura-Zombie che si aggirerebbe dinoccolata e scorticata per i vicoli della parte vecchia della città. Ma, (s)fortunatamente, in questo caso, nessuno l’ha vista.
Ed è proprio qui il punto.
Sul sito web del Comune di Potenza, ove sono riportate le note stampa di sindaco e assessori (e quindi fonti primarie delle notizie rinvenienti dalla voce istituzionale), da molto più di un mese a questa parte (e cioè da febbraio), non c’è un solo commento ufficiale -che uno- sulla drammatica situazione del centro storico di Potenza. Se si fa eccezione della nota riguardante l’intitolazione (meritoria) a Ester Scardaccione del largo antistante gli ascensori di Via del Popolo, non si legge alcuna presa di posizione (rassicurazione, diniego, smentita o quel che vi pare) circa i gravi problemi citati in apertura. Non una parola dunque sugli ottanta negozi che hanno chiuso negli ultimi dieci anni in Centro, né sulle possibili soluzioni per provare almeno a ridestare il famoso morto vivente di cui sopra (a meno che non gli si voglia sparare in testa e buonanotte al secchio), e non una replica a quanti (quelli dell’opposizione, ma anche alcuni diretti interessati) hanno stigmatizzato le modalità dell’assegnazione delle sedi di proprietà del Comune alle associazioni no-profit.
Insomma, può certo esserci sfuggito qualcosa (non sul sito del Comune, però) e qualche sparuta risposta di alcuni esponenti del governo della città ha fatto pure capolino su qualche testata, ma è netta impressione di chi scrive che, “motu propriu”, di suo cioè, la giunta comunale preferisca adottare la politica del silenzio.
Ne è la dimostrazione plastica, a nostro avviso, l’UNICO comunicato stampa della giunta comunale riguardante il centro storico, comparso (il 6 marzo scorso) nella sezione “notizie” del Comune da una cinquantina di giorni a questa parte. Una nota ufficiale in cui l’assessore Di Noia annuncia, udite udite, che Potenza è diventata addirittura “una biblioteca a cielo aperto”. Caspiteronzola. Un risultato notevole, verrebbe da dire, se non fosse che –a leggere meglio la nota- tale epocale risultato si dovrebbe, secondo l’assessore, allo sbilenco scaffaletto in legno (dunque storto, a causa della morfologia del terreno), apposto al muro del Palazzo di Città, e dedicato al “book crossing”. Ci fermiamo qui con l’ironia perché continuare significherebbe sparare, anzi, bombardare sulla Croce Rossa. La miglior chiosa possibile è dunque quella posta dal cavalier Fanì, che pure aveva creduto nell’iniziativa, concedendo molte copie dei suoi libri, e che ora ne lamenta pubblicamente la sottrazione vandalica. Evento –ahinoi- pure spiccatamente prevedibile e che a leggere il comunicato citato, aveva appunto previsto persino l’assessore (invitando i cittadini utenti a “riportare” i libri presi), nell’unico guizzo di realismo amministrativo che pervade l’unica nota che il Comune ha inteso dedicare al centro storico in quasi due mesi (pista di ghiaccio a parte, ovviamente).
Così è, se vi pare.
Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori

a pagina 3 di questo numero di Controsenso leggerete l’intervento del decano dei commercialisti potentini, il ragionier Giancarlo Fusco, che –partendo dall’annosa questione del “desertificato” centro storico del Capoluogo - ha spaziato su altri argomenti che interessano la regione. “Con una nota” (come si diceva una volta nelle dediche e richieste sulle radio popolari locali): «Potenza è la città delle tre “P”: “Prima nomina”; “Puniti”; “Pensionati”».

Ad ascoltare le sue parole, mi è tornato alla memoria, sullo stile della madelaine di Proust, il profumo del tempo perduto di una giornata d’infanzia in compagnia di mio padre. Eravamo nei pressi di un cinema (non ricordo quale, ma non è da escludere che fosse una qualche sala che oggi non esiste più) e il sottoscritto osservava la locandina del film in programmazione. Si trattava di “Attenti a quei P2”, un lungometraggio del 1982 che oggi so dirvi realizzato dalla combriccola del Bagaglino: Pingitore alla regia, e gli indispensabili Pippo Franco e Bombolo tra i protagonisti, senza contare uno strepitoso Oreste Lionello (nella foto) in una versione apocrifa di Licio Gelli (capo della loggia massonica in quel periodo al centro delle cronache italiane). In breve, la locandina (che riportiamo in questa pagina a titolo esplicativo) raffigurava un numero imprecisato di persone e di professionisti (faccendieri, carabinieri, magistrati etc.), su cui campeggiava la scritta “Attenti a quei”. Non capivo, insomma, perché il titolo fosse incompleto. Fu mio padre a spingermi a osservare che la parola mancante, “P2”, era riportata in grande, a racchiudere tutti i personaggi raffigurati. Una cornice quasi invisibile, eppure gigantesca.

Tornando a oggi, curiosamente, parlando di un altro, ulteriore tipo di “desertificazione”, è stato poi un altro “decano” lucano, Pancrazio Toscano, educatore, saggista e sindaco socialista di Tricarico negli anni Ottanta (che abbiamo intervistato a pranzo), a uscirsene con parole del genere: «(nella sanità) poi c’è stata questa finzione di “rapidità, efficienza ed efficacia” (endiadi purtroppo insegnate nelle università PIDUISTE)».

Che dire, cari Contro-Lettori, il retrogusto di questa madelaine proustiana è dolce-amaro.

Visto e considerato che, per ua disgraziata proprietà taransitiva, ciò che si può dire del Capoluogo lo si può tranquillamente estendere all’intera regione, lasciamoci, una volta tanto (anche se sarebbe meglio dire “come sempre”) con un interrogativo: quante sono, ancora oggi, le “P” in vigore a Potenza (e in Basilicata)?

Solo le tre di cui parla Fusco?

O magari c'è da aggiungerne (almeno) un’altra?

Walter De Stradis    

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Cari Contro-Lettori,
il Capoluogo è una città piccola, e a volte, anche una piccola città.
Capita, pertanto, di incontrare in un bar l’autore di un video diventato virale, soltanto il giorno dopo la sua messa in circolo nelle arterie sempre in ipertensione del web. Il video in questione è quello del cinghialotto che, nottetempo, trotterella bel bello sul ponte Musmeci, alla conquista della Città. Sembra quasi di assistere alla passeggiata ancheggiante (ma la questione è assai più…pelosa) del Tony Manero interpretato da John Travolta, in una città, però, in cui la “febbre” (del malcontento) è solita salire tutti i giorni, e non solo il sabato sera. O, peggio, l’ungulato che procede a passo sbilenco verso le luci del Capoluogo può ricordare anche l’agghiacciante finale del vecchissimo “Zombi 2” di Lucio Fulci (sorta di seguito “abusivo” e allucinato del capolavoro di Romero), in cui i morti viventi giungono a New York, attraversando il ponte di Brooklyn. E’ anche questo l’inizio di un’invasione? La barista, residente in un comune cosiddetto “vicinore”, è assai più pragmatica: “nel mio paese è storia di tutti i giorni”. Dopotutto, viene da commentare, se in Basilicata non abbiamo "nemmanco" l’assessore all’agricoltura, qualcosa vorrà pur significare. Ma il “colpo di scena”, ce lo rivela proprio l’autore del video. Che fine ha fatto il cinghiale? Beh, a un certo punto ha preso e se n’è tornato da dove era veduto.
Ironia della sorte (tra l’altro, proprio nei giorni in cui gli assessori comunali Vigilante e D’Ottavio andavano dal Ministro per parlare del Ponte)? Un ripensamento dell’animale all’ultimo momento, dovuto alle scarse attrattive della nostra Potenza?
Sta di fatto che il cinghialotto potrebbe aver riflettuto, e, stante la “fama” delle strade e dei marciapiedi potentini, di conseguenza aver preferito ripiegare per la più vicina e sicura zona di campagna.
Già, perché Potenza è una piccola città, ma assai più spesso una città piccola.
Capita, pertanto, di passeggiare per via Mazzini (trafficatissima e pressoché centrale arteria cittadina), e assistere in diretta all’inciampo rovinoso (l’ennesimo) di un cittadino, che ruzzola fra le sparute mattonelle cariate e scomposte (dall'epoca di Gilgamesh). E capita di aver anche la possibilità di afferrare il telefonino e documentare l’incidente, perché nel frattempo, mentre lo sfortunato passante è ancora a terra, qualcuno interviene per aiutarlo (come si vede nella nostra foto). E anche qui c’è il colpo di scena: l’incidentato, si rialza e cerca di risistemare le mattonelle spostate dall’inciampo, chiedendo scusa ai presenti, manco fosse colpa sua! Poi si siede con dignità vittoriana su un muretto nei pressi, e si massaggia in solitaria la caviglia dolorante, dopo aver rassicurato gli astanti sulle sue condizioni.
Ironia sella sorte.

Cari Contro-Lettori,

il Capoluogo è una città piccola, e a volte, anche una piccola città.

Capita, pertanto, di incontrare in un bar l’autore di un video diventato virale, soltanto il giorno dopo la sua messa in circolo nelle arterie sempre in ipertensione del web. Il video in questione è quello del cinghialotto che, nottetempo, trotterella bel bello sul ponte Musmeci, alla conquista della Città. Sembra quasi di assistere alla passeggiata ancheggiante (ma la questione è assai più…pelosa) del Tony Manero interpretato da John Travolta, in una città, però, in cui la “febbre” (del malcontento) è solita salire tutti i giorni, e non solo il sabato sera. O, peggio, l’ungulato che procede a passo sbilenco verso le luci del Capoluogo può ricordare anche l’agghiacciante finale del vecchissimo “Zombi 2” di Lucio Fulci (sorta di seguito “abusivo” e allucinato del capolavoro di Romero), in cui i morti viventi giungono a New York, attraversando il ponte di Brooklyn. E’ anche questo l’inizio di un’invasione? La barista, residente in un comune cosiddetto “vicinore”, è assai più pragmatica: “nel mio paese è storia di tutti i giorni”. Dopotutto, viene da commentare, se in Basilicata non abbiamo "nemmanco" l’assessore all’agricoltura, qualcosa vorrà pur significare. Ma il “colpo di scena”, ce lo rivela proprio l’autore del video. Che fine ha fatto il cinghiale? Beh, a un certo punto ha preso e se n’è tornato da dove era veduto.

Ironia della sorte (tra l’altro, proprio nei giorni in cui gli assessori comunali Vigilante e D’Ottavio andavano dal Ministro per parlare del Ponte)? Un ripensamento dell’animale all’ultimo momento, dovuto alle scarse attrattive della nostra Potenza?

Sta di fatto che il cinghialotto potrebbe aver riflettuto, e, stante la “fama” delle strade e dei marciapiedi potentini, di conseguenza aver preferito ripiegare per la più vicina e sicura zona di campagna.

Già, perché Potenza è una piccola città, ma assai più spesso una città piccola.

Capita, pertanto, di passeggiare per via Mazzini (trafficatissima e pressoché centrale arteria cittadina), e assistere in diretta all’inciampo rovinoso (l’ennesimo) di un cittadino, che ruzzola fra le sparute mattonelle cariate e scomposte (dall'epoca di Gilgamesh). E capita di aver anche la possibilità di afferrare il telefonino e documentare l’incidente, perché nel frattempo, mentre lo sfortunato passante è ancora a terra, qualcuno interviene per aiutarlo (come si vede nella nostra foto). E anche qui c’è il colpo di scena: l’incidentato, si rialza e cerca di risistemare le mattonelle spostate dall’inciampo, chiedendo scusa ai presenti, manco fosse colpa sua! Poi si siede con dignità vittoriana su un muretto nei pressi, e si massaggia in solitaria la caviglia dolorante, dopo aver rassicurato gli astanti sulle sue condizioni.

Ironia sella sorte.

No di più, uno schiaffo morale e civico a chi -nel passato e nel presente- poco o nulla ha fatto (o magari lo farà troppo tardi) contro un degrado che ha fino a oggi causato la reiterazione di incidenti, che potevano essere anche più gravi di così.

Walter De Stradis

 

 

 

 

 

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Cari Contro-Lettori,

la lista della spesa è pronta.

I sindaci, assessori e consiglieri dei comuni di Potenza, Rapone, Tito, Picerno, Irsina, Tursi, Bella, Brindisi di Montagna, Venosa, Pietragalla e Grassano, in qualità di componenti del Direttivo dell’Associazione dei Comuni di Basilicata (ANCI), riunitosi nei giorni scorsi a Potenza, dopo un anno di incontri e confronti con gli organismi della Giunta e del Consiglio regionale, hanno formulato specifiche richieste economico-finanziarie, in vista della predisposizione degli atti di programmazione concernenti il triennio 2023/2025, in particolare della redazione del Bilancio Finanziario 2023/2025.

In soldoni, è proprio il caso di dirlo, si è trattato di chiedere alla Regione di stanziare risorse finanziarie. In estrema sintesi, i comuni lucani cosa chiedono?

Servizi socio-assistenziali alle persone: prevedere 15,8 milioni di euro per i servizi sociali relativamente all’anno 2022 e 21milioni di Euro per ciascuno degli anni 2023/2025: un incremento dovuto all’aumento esponenziale dei costi dei servizi e alla necessità di potenziarli. Prevedere in particolare le risorse necessarie per assunzioni del personale.

Fondo Unico Autonomie Locali (Legge regionale n. 23/2018): confermare lo stanziamento finanziario di 12milioni di euro, di cui 6,5milioni di euro in favore dei Comuni e 5,5milioni in favore delle Province.

Cittadini percettori dei programmi “Reddito Minimo di Inserimento” e “Tirocini di Inclusione Sociale”: prevedere uno stanziamento di ulteriori 8 milioni di euro per l’annualità 2023 e 16milioni per ciascuna dell’annualità 2024 e 2025, al fine di addivenire ad una proroga, nell’immediato, nonché porre in essere azioni volte all’ inserimento nel mondo del lavoro, anche attraverso le risorse del Fondo Sociale Europeo per il 2023/2027;

Operai Forestali: inserire le risorse finanziarie nel Bilancio 2023, sin da subito, così da consentire un tempestivo inizio dei cantieri forestali, in modo da salvaguardare il sistema idraulico-forestale di boschi, corsi d’acqua, fossi e canali, nonché prevedere un incremento di risorse per i successivi anni 2024/2025 in modo da aumentare le giornate lavorative e intraprendere il necessario turn over.

Trasporto Pubblico Locale: individuare risorse finanziare per incrementare il contributo forfettario in favore dei Comuni, considerati gli elevatissimi aumenti dei carburanti che non consentono ai gestori comunali dei servizi di rientrare nei costi e di conseguenza non consente ai Comuni di potere continuare a garantire i relativi servizi ai cittadini.

Caro energia: prevedere nel bilancio regionale 2023/2025 le risorse finanziarie adeguate per riconoscere il bonus gas anche agli Enti locali, onde evitare di dover aumentare i tributi locali e/o ridurre altri servizi utili alle popolazione lucane.

Acquedotto Lucano: allocare nel Bilancio 2023/2025 le risorse necessarie per salvare la Società che gestisce il servizio idrico integrato, così da evitare incrementi per le tariffe a carico di cittadini ed imprese, nonché salvaguardare i pagamenti spettanti ai fornitori.

Comuni in situazione di difficoltà finanziarie: prevedere uno stanziamento di almeno 6milioni di euro in favore dei Comuni impossibilitati a garantire i servizi essenziali ai propri cittadini.

Queste le richieste dei comuni, che – al di là delle cifre- sembrano fotografare in maniera nitida le emergenze dei piccoli e grandi borghi lucani. Seguiremo gli sviluppi.

Walter De Stradis

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La Cultura, che bella parola. Pensate che a Potenza, anche se magari se ne sono accorti in pochi, c’è “persino” un assessorato. Essì, perché la cultura, quella con la “c” minuscola, offre sempre l’occasione per presenziare alle occasioni più disparate, a volte consente anche –diciamocelo- di prendersi un quota parte di meriti che non sono neanche propri. Ma poi, fare in modo che ci sia Cultura, con la “C” maiuscola, e cioè Cultura appagante e pagante, democratica, aperta a tutti e a tutti facilitata, è una parola, con la p minuscola, nel senso che se ne parla moltissimo e basta. Una volta, quando l’Inter non vinceva neanche la Coppa del Nonno, girava una battuta: “I nerazzurri sulla carta sono fortissimi. Perciò dovranno ricoprire di giornali il manto di San Siro”. Ecco, forse ad alcuni Amministratori del Capoluogo che non decolla –che pur ha un numero invidiabile di strutture, enti, associazioni, e soprattutto occasioni, a disposizione- piacerebbe tappezzare, chessò, la desolatamente vuota Piazza Prefettura (Notte di Capodanno docet) di quotidiani e giornali che parlano della loro “forza”, in ambito Cultura. Ma, ahiloro, non è così. Eppure con la Cultura si mangia, è sicuro…ma allora perché non si fa di tutto, seriamente, affinché questo accada? Perché magari con la Cultura si mangia pure, ma non porta voti. Oppure sì? Viene in effetti da pensare che il tutto dipenda dall’osservatore, e se questi è un osservatore …“interessato”… o meno.

Il dibattito continua. (Wal. De S.)    

 

 

 

 

 

Cari Contro-Lettori,

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«Tu vuò fa l’Americano… ma sì nat’ in Italy», cantava Renato Carosone.

Erano quelli i tempi, anni Cinquanta del Secolo scorso, in cui anche Alberto Sordi, pasteggiando a maccaroni (e rifilando al gatto marmellata e mostarda), faceva il verso a quegli Italiani che erano abbacinati dal sogno americano. Pazienza se il Nando Moriconi medio era disoccupato, con le pezze al sedere e manco troppo fortunato: i miraggi irradiati dalla bandiera a stelle strisce potevano bastare, fungendo da pane e companatico per l’appetito delle illusioni, ma con buona pace di uno stomaco sotto vuoto.

Veniamo alla Potenza dei giorni nostri.

Sul sito istituzionale del Comune, nella sezione news, non c’è un comunicato-che-uno della giunta sulla triste vicenda del controverso Autovelox di varco d’Izzo (solo quello della consigliera Mary William, a mo’ di avanscoperta). Non una parola ufficiale, circostanziata, puntuale, dettagliata, del sindaco Guarente o dell’assessore al ramo, mentre –come ci racconta in maniera livida e drammatica il già sottosegretario Nicola Savino in questo numero- negli uffici comunali c’è la fila di gente disperata, anche giovani del circondario (linfa vitale della Città) che percepiscono poche centinaia di euro al mese, ma che ora sono chiamati a pagare multe salatissime non previste. Non una parola istituzionale –a parte quelle, nuovamente stizzose, riferite in qualche intervista- sulle decisioni del Giudice di Pace che sta accogliendo i ricorsi dei cittadini.

Non una riga, poi, sull’ormai famoso flop di Capodanno, che ha fatto ridere a crepapelle i cugini materani (giustamente) e imbestialire i fratelli potentini tartassati e autoveloxati, in cerca di sacrosante distrazioni.

Non una virgola (finora) sulla polemica innescata dall’opposizione in consiglio comunale, a proposito dei criteri “a-democratici” relativi all’assegnazione delle agognate sedi alle associazioni locali: eh sì, perché se pluripremiate e ben note realtà potentine si lamentano, mentre i marinai (avete letto bene) di Matera (!) vengono accontentati (pur nella legittimità, per carità), qualche domanda sul modus operandi qualcuno se la deve pur porre (ma su questo ci torneremo).

Insomma, non una lettera (dell’alfabeto) sulle ultime questioni oggetto di lamentele, controversie e polemiche, ma un ricco comunicato trionfale del sindaco in persona sull’incontro col console generale USA (con tanto di foto) non ce lo toglie nessuno!

Eggià, perché i Potentini (sempre di più) in fila alla Caritas sono in trepidante attesa di sapere cosa si sono detti -nel corso di un banale, telefonatissimo incontro di garbo protocollare (tenutosi infatti anche alla Regione)- il nostro Primo Cittadino coi baffetti alla Clark Gable e la diplomatica Americana; sono ebbri di felicità nell’apprendere che Mario Guarente “nel dirsi onorato della presenza di una così importante rappresentante della diplomazia americana”, ha con questa parlato di eventuali scambi economici e culturali; sono colmi di speranza e di fiducia nel futuro, nel leggere che si alimenterà “il gemellaggio con la città di Denver”.

Già, che culo, ragazzi. Cioccolate e gomma americana come se piovesse!

E…tutti i problemi citati?

Boys & girls, non siate ingenerosi, pensate a ballare e a cantare sotto la pioggia, anche voi come Gene Kelly, tanto qui a Potenza le pozzanghere e le voragini in cui saltellare felici non mancano, giusto?

Ok, Napulità, anzi, Putentì!

Walter De stradis

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Cari Contro-Lettori,

a leggere le notizie, e relativi commenti delle ultime ore, sembra proprio che Potenza sia una di quelle città che spinga l’automobilista che vi si appropinqua a inchiodare al suo cospetto.

Pur tuttavia, ahinoi, ciò non dipenderebbe dalla sfolgorante avvenenza urbanistico-architettonica del Capoluogo di regione, bensì da un Autovelox dispettoso, posto su una strada (la Basentana) a 4 corsie, con un limite di 70 km orari, a pochi metri dall’imbocco del centro urbano. Insomma, non una “Sindrome di Stendhal” (ovvero, come dice il dizionario, quel complesso di manifestazioni di disagio e sperdimento psichico conseguenti a una forte esperienza emozionale subita, sovente di fronte a un’opera d’arte), resa celebre da un film di Dario Argento, bensì una “Sindrome da Sgamato” (e cioè quel complesso di manifestazioni di disagio e sperdimento psichico conseguenti a una forte esperienza emozionale subita, di fronte all’improvvisa consapevolezza del rischio di una esosa multa non prevista), che sarebbe propugnata da quelli con la “febbre dell’Oro” nel nostro Comune dalle casse atavicamente arrugginite.

E’chiaro, e fuori di discussione, che i limiti di velocità vanno rispettati, che la sicurezza stradale è un bene primario, e che non è affatto detto che l’incidente (con lievi conseguenze, per fortuna) che c’è stato qualche giorno fa lì nei pressi, dipenda da un Autovelox scorto all’ultimo momento.

Ma è altresì vero, che il dibattuto fatto di cronaca ha acceso ancora una volta i riflettori su una questione che appare piuttosto controversa, se pensiamo che –a quanto denuncia l’Adoc- i ricorsi di alcuni automobilisti (incazzati come una bestia, per dirla alla Gioele Dix), sono stati accolti dal Giudice di Pace, in quanto l’apparecchio sarebbe –udite udite- addirittura non omologato.

E se le cose stanno così, da controversa, la questioncella diventa tragicomica, se consideriamo che il Comune con questa “genialata” avrebbe incassato in pochi mesi tre milioni di euro, ma ne avrebbe spesi (lo dice il consigliere provinciale Ferrone) 500mila per le notifiche. E ora come la mettiamo? 

Al momento si apprende di una "sospensione temporanea" , dovuta proprio ai lavori a seguito dell'incidente (lato sinistro del tratto citato).

Ma poi, cosa succederà?

«Questa è Potenza, portate pazienza» recita un’arguta scritta spray sul muro del sottopasso in Via Angilla Vecchia, viepiù che i cittadini devono sottopassare alle “trovate” di un’amministrazione che in campagna elettorale faceva fuoco e fiamme e che, rivelatasi una bagnarola col motore a scoppio, non avrebbe trovato di meglio da fare che infilare le mani in tasca ai cittadini, già di loro ungulati (termine zoologico) a più riprese dalle Belve della Crisi e del Rincaro.

Autovelox a parte, inoltre, in molti settori (basta dare un’occhiata al Centro) Potenza sembra “paralizzata”. E persino il solitamente pacato ex sindaco Fierro si è spinto a scrivere all’attuale Primo Cittadino, affinché si dia una mossa, perlomeno in ambito Cultura e sviluppo (viste anche le continue figuracce rimediate nei confronti di Matera). Nessuno vorrebbe (parlando sempre di Cultura) che il nostro buon Guarente finisse col diventare il quarto grande attore, dopo Boris Karloff, Lon Chaney Jr e Christopher Lee, a interpretare un celebre personaggio di Hollywood.

La Mummia.

Walter De Stradis

 

 

 

 

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Cari Contro-Lettori,
«Io SO cosa vuole la Città» ci dice Giuseppe Raffaele, allenatore del Potenza Calcio, nell’intervista a pranzo che trovate all’interno del giornale.
E, guarda caso, questo lo si legge a diverse righe di distanza (ci riferiamo al “rettangolo” della pagina), da una iniziale domanda sul sentirsi o meno responsabile, al pari di un sindaco, dell’umore dei cittadini.
E’ ovvio che il mister si esprime a livello calcistico (viepiù che la città in sé gli garba moltissimo, così com’è), ma è altrettanto chiaro che se quegli scaltri dei Latini coniarono il motto “panem et circenses”, evidentemente erano consapevoli –seppur nell’accezione negativa insita nella frase- che i “divertimenti” sono valvole di sfogo importanti per una società. E qui a Potenza (e più in generale in Basilicata), mancando sovente il “panem” (e non è un’esagerazione, basta misurare in lunghezza le code alla Caritas, se non si vogliono leggere i loro strazianti rapporti), i “circenses”, gli svaghi, se non s’è capito ancora negli uffici, possono rappresentare un piccolo, certo, ma necessario tonico per buttare giù i copiosi bocconi amari. Basti guardare all’esplosione di gioia popolare, senza precedenti, che ha accolto la prima “escursione” (e siamo a pochi giorni dalla seconda) di Topolino in Lucania.
Pertanto, se gli allenatori di calcio –com’è giusto che sia- pur non possedendo la bacchetta magica, almeno conoscono bene le aspettative della loro comunità (gli eventuali successi importanti di una squadra possono infatti estendere i loro benefici a tutta la città), sorprende che nel capoluogo di regione questo “meccanismo” non si sia ancora capito. Sempre confidando, sia detto, che non lo si ignori artatamente.
Inutile fare conferenze stampa e/o annunci sulle casette di Babbo Natale, se poi qui viene Al Di Meola, uno dei più grandi jazzisti al mondo, originario proprio di Potenza, e nessuno (a parte i privati) pensa di dargli una schifosissima targa ricordo della Città.
E’ inutile farsi venire l’ernia a forza di sprizzare gioia istituzionale per la Cultura, se poi il Festival DI POTENZA (lo ribadiamo) si vede costretto a riparare nel più ospitale borgo di Sasso di Castalda.
E’ inutile sloganeggiare risultati (caratteristica di questo governo cittadino), se poi, udite udite, la sera di CAPODANNO, in Piazza Prefettura c’è solo il “concerto” del vento che fischia, irriguardoso, tra i vuoti scavati nella delusione dei cittadini, ancora una volta trafitti, in mezzo a quei pali degni di Vlad l’Impalatore (appunto: che è poi in parte, sia detto per inciso, “l’antenato” del Dracula letterario, uno che succhia sangue e vitalità, alla gente, come è ben noto).
C’è chi dice che i soldi non c’erano, chi dice che c’erano, chi dice che c’erano, ma sono arrivati tardi, e chi dice che si è voluto risparmiare. Quando –IN OGNI CASO- semplicemente bastava coinvolgere associazioni e gruppi locali, per dirne una, ben desiderosi di chance e visibilità, che si sarebbero sicuramente esibiti GRATIS.
Ma, evidentemente, alcuni amministratori dovrebbero andare a scuola da certi allenatori di calcio, per imparare a usare il cuore, e non i piedi. Quelli li usano già.


Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori,

 

scriviamo all’indomani della scomparsa di Pelè, quando è ancora grande la commozione per la dipartita di un personaggio “larger than life”, come dicono gli Americani. Campione sportivo, politico, cantante: per chi scrive (all’epoca troppo giovane per ricordarne i fasti calcistici), O Rey era soprattutto una figura cinematografica, l’autore dell’indimenticabile goal in rovesciata nel finale di “Fuga per la Vittoria”, film del 1980 di John Houston. Ispirato a un fatto reale, era la storia di una squadra internazionale di calciatori/militari prigionieri dei nazisti che affrontava proprio la nazionale tedesca. La partita era truccatissima, ovviamente, ma i nostri eroi, pochi, male in arnese e inadeguati, capitanati dal grande attore inglese (anche se leggermente panciuto) Michael Caine, comunque giocavano meglio e pareggiavano i conti in extremis, proprio grazie al capolavoro del personaggio interpretato da Pelè, e a un rigore parato dal portiere Sylvester Stallone (che, da divo a stelle e strisce qual era, si racconta avesse addirittura preteso di segnare alla fine del film un goal su calcio d’angolo, ma qualcuno della produzione lo mandò giustamente a quel paese).

“Campione nello sport e nella vita”, si dice dunque in questi casi, viepiù che la scomparsa di gente famosa sovente contribuisce, motu proprio, al loro processo di beatificazione: molti di quelli che sui social oggi raffigurano il calciatore brasiliano in Paradiso, a braccetto con Santo Maradona, dimenticano che spesso, quando i due erano in vita, venivano anche contrapposti: il campione “pulito”, contro il campione “maledetto”.

Va da sé che l’esempio dei grandi sportivi va principalmente colto e coltivato, come un fiore raro, quando costoro sono in vita, e possono ancora camminare fra i giovani, insegnando loro il valore dei risultati ottenuti col sudore della fronte, e di tutte le altre parti del corpo, a dispetto dei facili e ingannevoli miraggi –per dirne una- di Tik Tok, Instagram e compagnia bella, o dei Grandi Fratelli e Sorelle ove al contrario prosperano l’imbecillità e gli astuti imbecilli milionari.

Ed è ancora più importante dare il giusto tributo, vale a dire strumenti, strutture, occasioni e possibilità di vita più agevoli, a quegli sportivi (e a tutte le persone che rappresentano) –come il campione internazionale di lancio del peso, l’atleta paralimpico rionerese Nicky Russo- che per dare esempio camminano anch’essi tra i giovani, ma con molte difficoltà in più, e sovente –nei casi più gravi- mediante bastoni e sedie a rotelle. Non si tratta di suscitare facili commozioni in chi legge: gente come Nicky (proprio come i prigionieri del film con Pelè e Stallone) combatte dalla mattina alla sera un partita truccata contro un avversario, la malattia, malvagio e pronto a tutto pur di vincere; ma non di rado anche contro l’aridità e l’ignoranza di chi li circonda, nel bel mezzo delle ben note difficoltà insite nel vivere in Lucania, e il palleggio spesso svogliato (per usare un termine sportivo) di chi amministra la vita pubblica. Nicky ha vinto campionati nazionali, il bronzo agli Europei ed ha ben figurato alle Olimpiadi (sia chiaro, senza guadagni) lanciando un peso proprio con la mano che gli funziona di meno, e facendo perno sulla gamba con la quale zoppica: le sue parole –che leggerete nell’intervista concessaci- sono la prova tangibile che coloro che danno lustro alla sport, alla propria terra e –più in generale- alle risorse insite in ogni uomo, vanno premiati quando sono in vita, per il bene di tutti, normodotati compresi. E il “premio” è la vita stessa, ovvero una vita il più possibile dignitosa, come dicono le leggi e i manuali. Sul serio.

Buon Anno.

Walter De Stradis

 

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Cari Contro-Lettori,

 

diciamocelo apertamente, i politici non sempre gradiscono gli interventi degli ecclesiastici in merito a questioni quali lavoro, povertà, (sotto)sviluppo. Chi scrive ha sovente visto occhi alzarsi al cielo, sopraccigli inarcarsi e bocche sbuffare, in occasione di pubblici incontri in cui uomini di chiesa hanno toccato quei nervi scoperti. La tendenza inconfessabile, nemmeno in confessionale probabilmente, è quella ad archiviare acidamente le parole di vescovi, o di semplici parroci di paese o di quartiere, come prediche e trite solfe che ogni tanto tocca sorbirsi (a Natale o a Pasqua); insomma, invasioni di campo da parte di chi praticherebbe soltanto la facile arte del parlare. Soprattutto nei vertici politici, tuttavia, questa s-valutazione di parole porta in realtà a una sotto-valutazione del reale. I dati delle varie Caritas parano chiaro: sempre più gente chiede un aiuto immediato. E lo fa rivolgendosi direttamente al prete, o al suo sindaco, ma certamente non al Presidente del Consiglio.

Chi ha fatto il militare sa bene che le carenze e i problemi della mensa li conosce il maresciallo addetto, e non il Capo di Stato Maggiore: senza ovviamente voler affibbiare o togliere gradi ad alcuno, il concetto rimane però quello della “vicinanza” alla realtà. E alle persone che la abitano.

Di conseguenza, prelati come Monsingor Ligorio (leggerete le sue parole nell’intervista rilasciata al nostro giornale), così come altri suoi colleghi che abbiamo incontrato in questi ultimi tempi, ben conoscono l’esistenza di una quinta stagione, che si aggiunge, qui in Basilicata, alle quattro “canoniche”. Una stagione il cui clima è sempre più rigido, e che coesiste con inverno, primavera, estate e autunno; e che è come una ulteriore “dimensione”, che si appone ad altezza, lunghezza, profondità e tempo.

E non ci vuole Einstein per capirlo. Si tratta della stagione del bisogno.

E’ un non tempo perenne, a causa del quale le migrazioni aumentano, le parole si perdono come il vento fra i rami secchi, e le braccia, insieme alle foglie, cadono.

Ma lo stesso non bisogna mai abbandonare la speranza, afferma Ligorio. E non a torto. Perché la stagione del bisogno SI PUO’ (e si deve) cancellare. Il tenue bagliore di certi piccoli progressi può iniziare a illuminare la strada. Ma occorre però anche un risveglio generale. E siamo tutti chiamati in causa.

Facciamoci questo regalo.

Buon Natale a tutti.

Walter De Stradis

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