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Ottobre è rosa, anche quest’anno il mese è dedicato alla prevenzione del tumore al seno. Il 23 e il 25 ottobre il San Carlo di Potenza apre le porte per controlli gratuiti, organizzando, una giornata di prevenzione e promozione della salute. Abbiamo quindi voluto dedicare questa pagina divulgativa alle donne, approfondendo due temi di interesse comune: Chirurgia oncologica ginecologica con la dr. ssa Maria Teresa Orlando, Procreazione Medicalmente Assistita con la dr. ssa Assunta Iuliano.

Dr. ssa Maria Teresa Orlando, dirigente medico UOC Ostetricia e Ginecologia

In tema di prevenzione, a che età consiglia di iniziare a fare i primi screening? Quali tipi sono a disposizione della popolazione femminile?

La prevenzione e la diagnosi precoce dei tumori   rientrano nei Livelli Essenziali di Assistenza, cioè tra le prestazioni essenziali che devono essere garantite a tutti i cittadini nel nostro Paese. Anticipare la diagnosi di un tumore permette di intervenire tempestivamente con maggiori probabilità di guarigione e migliorare la qualità della vita delle persone. I programmi di screening si rivolgono a tutti i cittadini residenti in Basilicata e appartenenti alle fasce di età previste per ciascuno screening.

In particolare, i programmi di screening oncologico femminile sono rivolti alla diagnosi precoce dei tumori della mammella, del colon retto e della cervice uterina:

screening per la diagnosi precoce dei tumori della mammella: le donne di età compresa fra 45 e 74 anni vengono invitate ad eseguire gratuitamente una mammografia ogni due anni.

screening per la prevenzione e la diagnosi precoce dei tumori del colon-retto: donne (e uomini) di età compresa fra i 50 ed i 74 anni vengono invitati ad eseguire un test per la ricerca del sangue occulto nelle feci ogni due anni.

screening per la prevenzione e la diagnosi precoce dei tumori del collo dell’utero: le donne di età compresa fra i 25 ed i 34 anni vengono invitate ad eseguire un Pap test ogni tre anni, le donne fra i 35 e i 65 anni vengono invitate ad eseguire un test HPV ogni cinque anni.

Fondamentale è la prevenzione attraverso la vaccinazione anti HPV erogata gratuitamente a tutte le ragazze e ragazzi nel corso del 12° anno di età. Nell’ambito di questi programmi la Regione invierà una comunicazione ad ogni donna compresa nella fascia di età dello screening, con relativa prenotazione e numero verde per eventuali comunicazioni. Collegandosi ai siti online della Regione Basilicata è altresì possibile ricavare tutte le informazioni necessarie per accedere ai programmi di prevenzione e screening.

È possibile riconoscere i sintomi, attraverso dei campanelli d’allarme?

La comparsa di perdite ematiche atipiche in età menopausale, perdite ematiche tra una mestruazione e la successiva, perdite ematiche a seguito di rapporti sessuali possono essere un campanello d’allarme di anomalie del corpo dell’utero e/o del collo dell’utero. Eseguire una visita ginecologica di controllo con ecografia ginecologica può facilitare il percorso diagnostico. L’autopalpazione di nodularità mammarie, retrazioni del capezzolo, secrezioni mammarie atipiche possono essere un campanello di allarme per la patologia mammaria. Eseguire una visita senologica favorirà la diagnosi precoce di eventuali patologie della mammella.

Quali sono i consigli pratici?

Adottare stili di vita favorevoli alla salute; Non fumare; Mantenere un adeguato peso corporeo (normopeso); Fare attività fisica; Evitare rapporti promiscui; Avere rapporti protetti con preservativo: sono le abitudini che possono essere adottate per ridurre alcuni dei fattori di rischio per le patologie oncologiche della sfera genitale femminile.

Quali sono i principali fattori di rischio?

L’inizio precoce dell’attività sessuale; Il numero elevato di partner; Avere rapporti con partner sessualmente ad alto rischio (es. partner con più partner sessuali o con una nota infezione da HPV); La storia di infezioni sessualmente trasmesse (es. Clamidia Trachomatis, Herpes genitale. . . ); La giovane età alla prima gravidanza (meno di 20 anni) e gravidanze multiple (tre o più nascite a termine): sono i principali fattori di rischio per il tumore del collo dell’utero correlati all’esposizione al Papilloma-virus.

Uno status socio-economico basso (probabilmente correlato con l’accesso limitato all’assistenza sanitaria e ai programmi di screening di tali categorie);L’ uso di contraccettivi orali;Il fumo di sigaretta;La genetica: sono i fattori di rischio non HPV relati associati ad un aumento del rischio di tumore del collo dell’utero.

In che maniera si interviene? Il San Carlo come risponde alle esigenze dell’utenza?

L’Unità Operativa di Ginecologia ed Ostetricia dell’Ospedale San Carlo di Potenza offre il servizio di Patologia Cervico Vaginale che permette di effettuare una diagnosi precisa delle patologie del tratto genitale inferiore, garantendo poi il percorso terapeutico più idoneo.

Nell’ ambulatorio vengono eseguiti:

- screening citologico cervicale mediante pap-test su richiesta del medico o ginecologo curante;

- test HPV-DNA che consente di identificare la presenza dei ceppi di papilloma virus che possono favorire lo sviluppo del tumore del collo dell’utero.

- colposcopia (la colposcopia consiste nel visionare a forte ingrandimento i genitali femminili (vulva, perineo, vagina, cervice uterina) servendosi di un particolare microscopio: il colposcopio)

- vulvoscopia.

Il Servizio di Patologia Cervico Vaginale dell’Ospedale San Carlo di Potenza è parte integrante del Programma di Screening Regionale garantendo settimanalmente approfondimenti di secondo livello.

Nelle donne con perdite ematiche atipiche l’esecuzione di un’ecografia transvaginale porta ad un miglioramento degli esiti importanti per la donna.

L’esecuzione di ecografia ginecologica (trans vaginale e/o addominale) è raccomandata in tutte le donne con perdite ematiche atipiche, sia in età fertile che in postmenopausa, perché consente una diagnosi differenziale, permette di identificare le pazienti ad alto rischio di carcinoma endometriale e contribuisce all’impostazione di un adeguato management.

Eseguire una ecografia transvaginale ed eventualmente transaddominale in tutti i casi di dolore pelvico (acuto e/o cronico) e/o nelle donne con massa annessiale (tubo-ovariche) è da raccomandare poiché consente una diagnosi differenziale e l’impostazione di un adeguato management, quindi un miglioramento degli esiti importanti per la vita della donna. Il servizio di Ecografia Ginecologica dell’Ospedale San Carlo di Potenza è costantemente garantito dai Medici della UOC di Ginecologia ed Ostetricia previa prenotazione attraverso il CUP Aziendale muniti di ricetta medica (visita ginecologica con/senza ecografia ginecologica).

 

Dr. ssa Assunta Iuliano, dirigente medico, staff di PMA, UOC Ostetricia e Ginecologia

Quando bisogna prendere in considerazione un percorso di procreazione medicalmente assistita e cosa prevede?

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), l’infertilità è “una vera e propria patologia” che interessa il 15-20% delle coppie. Si stima che 1 coppia su 6 al mondo abbia difficoltà nel concepire.

Secondo l’European Society of Human Reproduction and Embriology (ESHRE), la prevalenza dell’infertilità nelle donne europee, di età compresa tra i 20 e i 44 anni, è del 9%. Nella popolazione delle over 35 una donna su tre ha, quindi, problemi di infertilità. L’Istituto Superiore di Sanità stima che nel nostro paese più del 15% delle coppie in età fertile abbia problemi della sfera riproduttiva e che 45. 000 nuove coppie ogni anno incontrino difficoltà nel concepire. La risposta terapeutica a questo problema sanitario emergente è la Procreazione Medicalmente Assistita grazie alla quale ogni anno vengono al mondo 246. 000 bambini di cui 14. 000 soltanto in Italia. Secondo l’OMS e l’American Society for Reproductive Medicine (ASRM) l’infertilità è quella condizione che impedisce al nostro organismo di adempiere alle funzioni basilari della riproduzione dopo 12 mesi o più di rapporti sessuali non protetti, nella popolazione di donne di età inferiore ai 35 anni o dopo 6 mesi, nella popolazione di donne di età uguale o superiore ai 35 anni. La scelta della tecnica di Procreazione Medicalmente Assistita viene presa in relazione ai risultati dell’iter diagnostico che la coppia ha seguito per la definizione della diagnosi.

-Inseminazione intrauterina

È una tecnica di fecondazione in vivo, ambulatoriale, che prevede una stimolazione farmacologica moderata della follicologenesi. Consiste nell’ iniettare in cavità uterina gli spermatozoi capacitati del partner maschile mediante un apposito catetere. La metodica trova indicazione nelle coppie nelle quali sia stata fatta diagnosi di sterilità inspiegata, infertilità maschile di grado lieve moderato, endometriosi I-II stadio, patologie sessuali coitali, fallimento ripetuto di rapporti programmati.

-Fecondazione in Vitro e trasferimento dell’embrione in utero (FIVET)

È una tecnica di fecondazione in vitro che prevede la fertilizzazione “in provetta” dell’ovocita da parte dello spermatozoo. Trova indicazione nell’infertilità di origine tubo-peritoneale, nell’infertilità maschile di grado moderato non responsiva al trattamento medico e/o chirurgico, nell’endometriosi III-IV stadio, nel fallimento dell’iter terapeutico a bassa tecnologia.

-Iniezione intracitoplasmatica degli spermatozoi (ICSI)

È una tecnica di fecondazione che prevede l’iniezione dello spermatozoo direttamente nel citoplasma dell’ovocita. Trova indicazione nell’infertilità maschile di grado severo, nell’azoospermia ostruttiva o secretiva dopo aver prelevato gli spermatozoi mediante biopsia testicolare (TESE), nei casi di ridotta risposta alla stimolazione ovarica da parte della partner femminile.

Il percorso previsto per le tecniche di II livello (FIVET-ICSI) si articola nelle seguenti fasi:

Stimolazione ovarica controllata con gonadotropine: serve a reclutare un numero elevato di follicoli da fertilizzare con metodica FIVET o ICSI

Prelievo ovocitario: si esegue in sala operatoria in analgo-sedazione o anestesia generale; consiste nel recupero ovocitario sotto guida ecografica degli ovociti maturi, contenuti nei follicoli, mediante un apposito ago introdotto nella pelvi attraverso i fornici vaginali

Inseminazione degli ovociti

Coltura degli embrioni: prevede lo sviluppo degli embrioni in appositi terreni di coltura fino alla III (pre-embrioni) o V giornata (blastocisti)

Trasferimento embrionale: consiste nel trasferimento sotto guida ecografica dei pre-embrioni o delle blastocisti in cavità uterina mediante apposito catetere morbido o rigido.

Qual è l’età media di una donna che si rivolge a voi per un percorso di PMA?

Purtroppo, la donna giunge presso i centri di PMA in età riproduttiva avanzata. L’età media in Italia meridionale è 36 anni e l’accesso alle cure inizia mediamente con almeno 4 anni di ritardo rispetto alla diagnosi di infertilità.

Quali sono le probabilità?

Secondo i dati della Relazione Ministeriale del 2021 la probabilità di avere un ‘esito positivo è di circa il 27 % considerando una fascia di età compresa tra 18 e 45 anni. E quali fattori incidono? L’età della partner femminile è la principale variabile indipendente sugli esiti della PMA. Un’età della donna inferiore a 35 anni garantisce risultati migliori in termini di bimbo in braccio.

Quali consigli si sente di dare in tema di prevenzione?

Nel settore della Procreazione Medicalmente Assistita si parla molto poco di prevenzione ed attualmente nessuna società scientifica ha proposto ed individuato esami di screening. Sicuramente è fondamentale divulgare il concetto che la gravidanza va cercata spontaneamente prima del compimento del 35° anno di età della partner femminile. Pertanto, sarebbe auspicabile conoscere il proprio potenziale riproduttivo attraverso un semplice esame ecografico e valutazione ormonale. Sul versante maschile, sarebbe opportuno, così come fatto negli anni passati con la visita medica di leva, eseguire al compimento del 18° anno di età una valutazione andrologica associata a spermiogramma. Mai pensare che l’infertilità sia un problema esclusivamente femminile. L’infertilità è sempre un problema di coppia.

(a cura di Antonella Sabia)

 

 

 

 

pipponzi_intervista.jpgIl Giudice del Lavoro del Tribunale di Potenza ha riconosciuto i diritti di una lavoratrice dell’Ospedale San Carlo alla quale non era stato rinnovato il contratto di lavoro, adducendo l’incompatibilità tra lo stato di gravidanza e le prestazioni nei reparti Covid.

“Si è dovuti arrivare a chiedere l’intervento del magistrato – ha commentato la consigliera regionale di parità, Ivana Pipponzi - perché accertasse la condotta discriminatoria tenuta dall’Azienda ospedaliera nei confronti di una lavoratrice in maternità. La sentenza appena emessa segna una linea molto importante sul contrasto alle discriminazioni di genere sul posto di lavoro”.

La Consigliera, che ha seguito e sostenuto fin dal principio il procedimento della lavoratrice discriminata, ha affidato le ragioni del suo intervento in giudizio all’avvocato giuslavorista Salvatore Paolo Guarino. Nel giudizio è stato rilevato che altri lavoratori ai quali era stato prorogato il contratto a termine per prestare servizio nel reparto Covid erano stati invece assegnati ad altri reparti nei quali non sussisteva alcuna condizione di rischio, anche per la lavoratrice che, dunque, ”risultava palesemente discriminata rispetto ai colleghi solo in ragione del suo stato di maternità”.

“Accertata la condotta discriminatoria – ha evidenziato Pipponzi - il Giudice del Lavoro ha duramente sanzionato l'Ospedale San Carlo, condannandolo al risarcimento del danno in favore della lavoratrice, alla ricostruzione della sua posizione lavorativa e alla condanna alle spese di giudizio. Sempre maggiori sono i casi di lavoratrici discriminate sul posto di lavoro che si rivolgono al mio Ufficio per chiedere tutele – conclude la Consigliera - segno tangibile della acquisita consapevolezza di far valere i propri diritti”.

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di Walter De Stradis

Q

uest’anno sono 1.614 in meno gli studenti lucani tornati tra i banchi il 12 settembre scorso.

Oltre al numero degli iscritti, è calato anche quello delle classi, 15 in meno (4.080 quest’anno, 4.095 nel 2021), ma non si è registrato nessun accorpamento di istituti che restano 115 sul territorio lucano.

Nel dettaglio, sono 70.704 gli alunni dell’anno scolastico 2022/23, divisi tra Potenza (44.058 in 2.631 classi) e Matera (26.646 in 1.449 classi), a fronte dei 72.318 dell’anno scorso, quando già si registrò una riduzione di 1.617 unità.

A circa un mese dall’inizio dell’anno scolastico, ne abbiamo parlato con la dottoressa Claudia Datena, Direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale.

d: Come giustifica la sua esistenza?

r: Per rispondere bisogna certamente distinguere tra il piano umano e personale (cioè il bagaglio che ci portiamo dietro grazie alla famiglia d’origine e a quella che ci costruiamo successivamente), e il piano professionale ove il mio scopo principale è quello di rendermi utile alla mia comunità.

d: Il suo è un incarico non da poco, poiché si rivolge alla società odierna e a quella futura...

r: Certo, è un impegno importante, anche perché si lavora sul materiale umano, cercando di assicurare alle scuole tutto il supporto necessario perché possano assolvere al meglio al compito di formare le generazioni future.

d: Quali sono gli ambiti di intervento che riguardano il suo ufficio?

r: Anzitutto mi occupo della gestione di tutta la parte amministrativa, dalla definizione dell’organico dei docenti e del personale amministrativo di tutte le scuole, alla definizione delle graduatorie per l’immissione in ruolo e le supplenze annuali, dei trasferimenti e delle iscrizioni provvisorie. Ciò specialmente all’inizio di ogni anno scolastico. In seguito il mio ufficio si dedica al coordinamento degli esami di Stato, della vigilanza sugli istituti paritari e del supporto amministrativo e contabile a tutti gli istituti scolastici.

d: In una nota che, se non erro, è stata diramata dall’ufficio che lei rappresenta si parlava di circa milleseicentoquattordici studenti in meno rispetto all’anno precedente, dunque quindici classi in meno in tutta la Regione, ma nessun accorpamento.

r: E’ dal 2018 che non si aggiorna il Piano regionale di dimensionamento al quale stiamo lavorando insieme alla Regione e agli altri attori per una riorganizzazione della rete scolastica. Ciò ovviamente determina magari situazioni di frammentazione, con istituti che andrebbero invece accorpati. C’è poi di fondo il fenomeno dello spopolamento che riguarda un po’ tutta l’Italia e la nostra Regione in maniera particolare. Sono numeri che si fanno sentire particolarmente sia nella composizione delle classi sia nella numerosità di queste.

d: Perché questi ritardi sul Piano di dimensionamento scolastico?

r: Avrebbe dovuto essere aggiornato dopo tre anni, ma poi c’è stata anche la pandemia che ha costretto ad andare avanti con proroghe. Nel frattempo ci sono state novità circa le scuole sottodimensionate e dunque si è ritenuto di attendere un attimo per l’aggiornamento del Piano, che è di competenza della Regione.

d: A quando risale l’ultimo?

r: L’ultima versione del Piano di dimensionamento risale al 2018, anche se ci sono stati in questi anni dei piccoli aggiornamenti.

d: Mia madre è stata una maestra per tanti anni e, in passato, le è capitato di insegnare in sedi periferiche e di campagna che restituivano visivamente anche un’immagine poetica dell’insegnamento. Esistono ancora oggi scuole di campagna?

r: Scuole di campagna proprio non direi, scuole di prossimità in alcune frazioni di piccoli comuni sì, anche se i casi sono sempre più sporadici e si va verso l’accorpamento, poiché non si raggiunge il numero minimo di alunni.

d: Non credo rientri tra le vostre competenze il tema della sicurezza degli edifici scolastici...

r: No, quell’ambito attiene piuttosto agli enti proprietari e ad altre Istituzioni pubbliche presenti sul territorio. Il mio ufficio offre supporto, piuttosto, in ambito del coordinamento delle attività di sicurezza.

d: Quindi non le chiedo qual è la situazione in Basilicata?

r: Preferirei non dare delle risposte, poiché potrei essere solo parzialmente esaustiva.

d: La situazione legata al Covid, però, ha lasciato numerosi strascichi, si veda ad esempio il caso –forse quello più “leggero”- dei famosi banchi a rotelle. La scuola lucana secondo lei ha retto bene o ci sono state delle difficoltà?

r: Dopo una prima fase di disorientamento abbiamo ricevuto delle comunicazioni dirette e dettagliate da parte del Ministero della pubblica istruzione, cosa che ha permesso, come Ufficio scolastico regionale, di diramare quelle stesse indicazioni a tutti gli istituti scolastici. Devo dire che dopo un primo periodo di difficoltà numerosi problemi sono stati risolti, ad esempio in merito ai trasporti si sono costituiti dei tavoli prefettizi. Penso che le scuole abbiano fatto del loro meglio e che decisamente abbiano retto bene.

d: Lo sto chiedendo a tutti gli amministratori che mi è capitato di intervistare in questi ultimi anni. Qual è stato il suo momento più difficile durante la pandemia?

r: Fornire istruzioni alle scuole in relazione a problematiche che non ci era mai capitato di affrontare, specialmente nel caso specifico dei trasporti. Credo che l’elemento più stressante per le scuole sia stato il continuo stop and go. C’è stata una fase di confusione che ha pesato non poco sull’evoluzione delle scuole.

d: A tal proposito le polemiche sulla didattica a distanza sono state molteplici, specialmente da parte degli esperti che sostengono che la mancanza di socialità abbia pesato non poco, specialmente tra i più giovani.

r: Ho avuto più volte l’occasione di sottolineare che la DAD è stata uno strumento preziosissimo specialmente durante la fase acuta della pandemia, anche perché ha consentito di mantenere un legame vivo con la comunità scolastica. Sicuramente qualche effetto negativo lo ha avuto, specialmente nelle relazioni sociali, non a caso la DAD si presta poco all’istruzione dei più piccoli, ovvero alle scuole per l’infanzia e a quelle primarie.

d: Lei come vive la vigilia dell’avvio di un nuovo anno scolastico. Dorme, è serena?

r: (Sorride) Serena non direi. Ci sono numerosi adempimenti da portare a termine ed è sempre una fase molto intensa di operazioni che si susseguono in un periodo di tempo stringente.

d: Nel suo messaggio augurale ha fatto cenno anche ai genitori, chiedendo loro maggiore collaborazione. Un tempo la parola dell’insegnante era pari al Verbo, oggi invece i genitori sono sì sempre più esigenti, ma anche pronti a contestare...

r: Abbiamo assistito nel tempo a numerosi episodi di invadenza da parte delle famiglie sull’operato degli insegnati, ma ciò rischia di avere effetti negativi sulla stessa autorevolezza che il docente deve avere nell’ambito del processo formativo, pur nel rispetto dei ruoli e della necessaria collaborazione.

d: Dunque non sente di rivolgere un messaggio particolare ai genitori?

r: La scuola può e deve assicurare ai ragazzi il pieno successo formativo. I genitori devono riporre fiducia in noi e rispettare l’ambito di azione dei docenti.

d: Dall’altro lato si sente dire spesso che proprio i docenti sono costretti a sopportare episodi deprecabili da parte degli alunni. Lo testimoniano video diffusi copiosamente sui social o dai telegiornali. Forse, dunque, alcuni docenti ci stanno rinunciando... Secondo lei è davvero così? Cosa chiede invece ai prof?

r: Penso che, con le eccezioni del caso, i docenti svolgano al meglio i propri compiti. Certo è innegabile che ci siano delle difficoltà legate all’evoluzione della società. Un tempo addirittura c’erano delle regole legate all’abbigliamento da usare in classe. Be’, forse chiederei ai docenti di essere un po' più empatici, di cercare di capire un po’ qual è il mondo dei più giovani e cercare di immedesimarsi.

d: Potenza è una città piccola. Immagino le sia capitato di incontrare dei docenti fuori dall’ambito lavorativo. Quali sono le richieste più frequenti che le rivolgono?

r: Dialogo per lo più con i dirigenti, i quali lamentano un eccessivo carico di adempimenti amministrativi; aspetto che li costringe a dedicarsi molto di più a tali problematiche che sulla programmazione della didattica.

d: Se il presidente della Regione Bardi fosse un alunno, cosa avrebbe da dirgli? Rielaboro così una domanda tipica di questa rubrica di interviste a pranzo.

r: Chiedo un po’ di attenzione che, in verità, non è sempre mancata nei confronti della scuola. Il coordinamento tra tutte le articolazioni assicura il miglior servizio scolastico possibile. Un obiettivo da raggiungere tutti insieme.

d: Il libro che la rappresenta?

r: “Va’ dove di porta in cuore” di Susanna Tamaro.

d: La Canzone?

r: “Sally” di Vasco Rossi.

d: Il film?

r: “L’ultimo dei Mohicani”, ma non so in che modo possa rappresentarmi.

d: Se tra cent’anni dovessero scoprire una targa in suo onore, cosa le piacerebbe ci fosse scritto?

r: «Tramite l’ascolto è riuscita a soddisfare le esigenze della sua comunità».

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Con “Porte aperte a Tempa Rossa”,dal 19 ottobre al 10 novembre ritornano, dopo la sospensione dovuta alla pandemia, gli Open Days promossi da TotalEnergies EP Italia e dai partners della JV Tempa Rossa: Shell E&P Italia e Mitsui E&P Italia B. Saranno quattro giornate di apertura al pubblico del Centro Olio di Corleto Perticara per condividere con la comunità la conoscenza delle attività produttive svolte, oltre che le misure adottate per garantire massima sicurezza e tutela dell’ambiente.

Gli appuntamenti in programma sono quattro: mercoledì 19 e 26 ottobre, martedì 8 novembre e giovedì 10 novembre. Per partecipare è necessario prenotarsi, collegandosi al sito web www.it.total.com e cliccando sull’apposito link per scegliere una delle quattro date in calendario.

I cittadini partecipanti all’iniziativa saranno accompagnati da personale tecnico di TotalEnergiesche, durante le soste in alcuni punti di osservazione, forniranno risposte su ogni quesito o curiosità riguardanti processo produttivo, sicurezza e rispetto dell’ambiente.

Per ogni appuntamento la partenza è fissata alle ore 8:45 dal parcheggio dell’area Pip di Guardia Perticara, con servizio di navetta gratuito.

Prima della visita guidata sarà necessario sottoporsi a test antigenico rapido per il Covid 19 che sarà effettuato nel Centro Olio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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di Walter De Stradis

«I

     l 30 marzo 2017 l’Europa ha messo l’Italia sotto infrazione comunitaria per aver fatto due cose gravissime: aver trasferito il Corpo Forestale nell’Arma dei Carabinieri e aver annientato, di fatto, le polizie provinciali. Ma adesso il controllo sulle specie selvatiche e sulla fauna migratoria chi lo fa? Non lo fa più nessuno. L’Europa ci aveva dato due anni di tempo. Il tempo è scaduto, e noi, come Stato membro, non abbiamo ancora risposto su questo procedimento di infrazione, a proposito del potenziamento di quelle forze di Polizia. La conferenza Stato-Regioni, sempre in quel marzo del 2017, aveva stabilito che bisognava rimuovere gli ostacoli affinché le polizie provinciali ritornassero ai numeri precedenti alla riforma Delrio. Le posso dire che in cinque anni non è successo assolutamente niente. Speriamo che il nostro Legislatore prenda coscienza, ed eviti ulteriori infrazioni comunitarie».

La parole del colonnello dott. Pasquale Ricciardella, Comandante della Polizia Provinciale di Potenza, non lasciano spazio a interpretazioni. E pensare che è proprio da un ufficio come il suo che partono le denunce più importanti (spesso clamorose) sulle faccende attinenti all’inquinamento dalle nostre parti.

d: Colonnello, le competenze in capo alla Polizia Provinciale sono molte, e molto importanti, tuttavia il cittadino medio sembra ancora conoscervi poco…

r: …sì, paghiamo lo scotto di un Ente, quale è la Provincia in sé, che è stato a dir poco bistrattato, tant’è che il Legislatore voleva sopprimerlo del tutto, unitamente ai relativi corpi di Polizia (cosa che non è successa). Tuttavia, quella fase di transizione per noi è stata deleteria, stante l’obbligo di dimezzare il personale: eravamo 35 unità, oggi siamo rimasti in 9 (più 4 in ufficio).

d: Voi eravate la vecchia Polizia Ittico Venatoria…

r: Eravamo una polizia ambientale di prossimità che, oltre alla tutela degli animali e delle specie ittiche, si occupava anche dei corsi d’acqua. E quando facevamo questo lavoro, non c’era ancora l’emergenza sulla sovrappopolazione dei cinghiali che ci ritroviamo ora!

d: Ancora oggi, la vostra competenza precipua è quella ambientale.

r: Noi siamo essenzialmente una Polizia ambientale. Svolgiamo una serie di funzioni “proprie”, che sono quelle della Provincia. La tutela ambientale la pratichiamo attraverso i controlli su qualsiasi forma di inquinamento, sia di tipo preventivo, sia sul rispetto delle conformità. Siamo un organo di polizia giudiziaria specialistica. In provincia a occuparci di queste materie siamo noi, i Carabinieri Forestali e quelli del Noe.

d: La vostra attività è però un po’ particolare.

r: Certo, in quanto ci deriva da una competenza storica –sulle attività ittico e venatorie (facciamo parte del coordinamento regionale sulla peste suina e ci occupiamo del contenimento delle specie di caccia e di quelle protette)- che oggi ci è comunque delegata dalla Regione Basilicata (altra conseguenza della legge Delrio). Inoltre, essendo la Provincia l’ente titolato al rilascio delle autorizzazioni ambientali per gli stabilimenti industriali, noi Polizia- in collaborazione col dirigente dell’Ufficio Ambiente- abbiamo attivato una pianificazione di controlli che vanno di volta in volta a verificare la conformità al titolo autorizzativo (ad esempio sui camini che producono emissioni in atmosfera etc.).

d: Apprendo da un comunicato della Provincia che, per quanto riguarda gli stabilimenti industriali, ci sarebbero in corso 280 procedure di infrazione aperte, i cui esisti finali devono essere poi trasferiti all’autorità giudiziaria.

r: Non si tratta in realtà di “procedure di infrazione”, bensì di “procedimenti di bonifica”. Mi spiego, la legislazione nazionale affida alla Provincia i controlli sulle operazioni di bonifica. In provincia di Potenza ci sono delle realtà molto forti, diciamo, che vanno dagli sversamenti di petrolio della attività estrattive, al percolamento del deposito di carburante di un distributore di benzina. La Provincia ha dunque un compito importantissimo che è quello di individuare i responsabili dell’inquinamento; a ciò segue dunque un’ordinanza che obbliga costui alla bonifica. E naturalmente queste operazioni di bonifica vanno controllate. Lei immagini cosa comporta effettuare questa ricerca in un’area industriale. E’ un lavoro immane: prenda il sito, di interesse nazionale, di Tito, dove ci sono inquinamenti “storici” e aziende che hanno determinato l’inquinamento della falda acquifera e che sono andate via. Fare dunque anche una ricerca “storica” del responsabile non è semplice.

d: Quindi nella realtà parliamo di 280 bonifiche che non sarebbero state fatte?

r: Esatto. E’ un dramma, ma riguarda tutta l’Italia: sulle bonifiche, per forza di cose, si arriva notoriamente tardi, e poi, lei immagini, nella Provincia di Potenza ci sono solo tre unità che fanno questo (io e due tecnici)…Pensi alla questione Fenice, una questione che ho iniziato io stesso dal punto di vista penale, e che stiamo seguendo come Provincia di punto di vista amministrativo…

d: …certo viene da chiedersi come mai questioni così delicate (specie nella Basilicata del petrolio etc.) siano principalmente affidate a un piccolo corpo di Polizia che il Legislatore ha cercato pure di cancellare…

r: (sorride) Guardi, sono cose che attengono alla politica, e come ufficiale di polizia posso solo limitarmi a dirle che … “Se Sparta piange, Atene non ride”. In provincia di Potenza, tra noi, Carabinieri Forestali e del Noe, in tutto saremo poco più di una decina.

d: Anche il neo Presidente della Provincia, Giordano, che proprio oggi ha fatto il giuramento (mercoledì, ndr), ha parlato di “una difficoltà cronica di personale a disposizione”.

r: Esattamente. Sono trentasette anni che faccio questo lavoro, e ne ho visti passare di presidenti armati delle migliori intenzioni (e Giordano sicuramente lo è), ma il discorso cozza con una difficoltà oggettiva, ovvero i fondi destinati dallo Stato (che molto spesso invece di aumentare, ci vengono pure sottratti). La Provincia di Potenza stessa ha di recente bandito diciassette posti di lavoro, ma la Polizia provinciale non ne è interessata, perché ci sono altre esigenze che la volontà politica ha definito maggiori. E’ una questione di priorità, e quando la coperta è corta, da qualche parte bisogna pur tirarla.

d: Abbiamo parlato di inquinamento e di bonifiche fatte o non fatte, ma in generale, la situazione in provincia di Potenza è preoccupante o no?

r: Guardi, in tutti questi anni di attività (per molto tempo sono stato comandante del distaccamento che aveva competenza sull’area industriale di Melfi), ci siamo dovuti attrezzate, formare e abbiamo dovuto imparare. Si trattava di apprendere il più possibile su un apparato industriale moderno, nuovo e dinamico, e quindi capire e conoscere cos’è un “impianto complesso” o un “incidente rilevante”. Per fare un controllo in uno stabilimento, direttore, bisogna conoscere i processi produttivi. L’inquinamento trae origine proprio dai processi produttivi e dunque bisogna verificare se questi ultimi sono gestiti secondo norma. Faccio un esempio per i cittadini: se l’Eni faceva i controlli, come doveva, il petrolio nel Pertusillo non ci andava! Però mi faccia dire anche un’altra cosa: gli stabilimenti, quelli lucani, non sono secondi a nessuno.

d: In termini di sicurezza ambientale?

r: Sembrerà strano, ma come dicevo, l’industrializzazione lucana è recente, nuova, moderna. Le vecchie fabbriche non ci sono più, sono tutte dismesse (e infatti sono quelle, come accade ovunque, che danno problemi di bonifica). Ma oggi, dicevo, l’industria nella provincia di Potenza è nata con una mentalità nuova, ed è tecnologicamente avanzata (ci sono stabilimenti con certificazioni ambientali, ISO ed EMAS), ed è una cosa estremamente confortante, anche se noi non stiamo mai “tranquilli”: la perfezione non esiste e il nostro compito è proprio quello di raggiungere sempre il massimo (andiamo a controllare tanto al Centro Oli di Viggiano, quanto nella piccola carrozzeria che magari butta il barattolo di vernice nell’indifferenziato). A prescindere dunque dalle grosse multinazionali (petrolio e automotive), va dato atto all’imprenditoria lucana di tenerci davvero alla propria terra, e di avviare attività con criterio. In particolare, una gran bella realtà è quella dell’imprenditoria agricola e degli allevamenti (dotati tutti di biogas, bypassando così il problema dello smaltimento dei liquami e contribuendo al fabbisogno nazionale). Sono un vero fiore all’occhiello.

d: Tra l’altro la Polizia Provinciale di Potenza partecipa a un progetto del Ministero dell’ambiente per il quale vi è stato riconosciuto “l’alto valore di guida e di direzione, avendo dimostrato la qualità delle azioni messe in campo”.

r: Questa è una bella cosa. Come dicevo, noi siamo stati “costretti” a confrontarci e a formarci su una realtà di estrazioni petrolifere che non esiste altrove in Italia. Ci siamo dunque confrontati con forme di inquinamento “nuove”. Per dirne una: uno solo di quei 280 procedimenti di bonifica, ha comportato –da parte nostra- una relazione di circa 9 Gigabyte. Lei può solo immaginare cosa ci sia in 9 Giga di dati! Il progetto del Ministero dell’Ambiente si chiama “Mettiamoci in riga” e riguarda il coordinamento delle Province d’Italia proprio in merito ai procedimenti di bonifica. Il nostro lavoro, considerato dunque “best practice”, assorbirà buona parte di queste linee guida. Vorrei inoltre sottolineare la preziosa azione delle associazioni venatorie e ittiche, delle quali noi coordiniamo l’attività di vigilanza volontaria. Una potenzialità finora non sfruttata al massimo a causa di una normativa vetusta, ma è all’attenzione del Presidente Giordano un nuovo regolamento. La Regione, dal canto suo, dovrebbe attingere un po’ di finanziamenti per ristorare le spese di questo piccolo “esercito” di volontari, una risorsa molto importante.

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Nel corso dell’evento, che si è tenuto oggi a Potenza, la Compagnia ha incontrato le imprese con l’obiettivo di rafforzare il rapporto con i fornitori.

Circa 200 persone rappresentanti100 imprese, l’assessore regionale alle Attività Produttive, Alessandro Galella, i presidenti di Confindustria Basilicata, Francesco Somma e di Confapi Matera, Massimo De Salvo e il vicepresidente di Confapi Potenza,Pasquale Criscuolo hanno partecipato oggi al Supplier Day presso il Centro congressi del Park Hotel di Potenza, organizzato da TotalEnergies EP Italia insieme ai contitolari della Concessione Gorgoglione Shell E&P Italia e Mitsui E&P Italia B.

L’obiettivo del Supplier Day si inserisce nel quadro delle iniziative volte asupportarelacollaborazionetra la Società e le impresein Basilicata.

“La grande partecipazione di oggi al Supplier Day, che abbiamo registrato con piacere - ha dichiarato Dante Mazzoni, direttore Affari Istituzionali, Relazioni Esterne e CSR di TotalEnergies EP Italia- ci conferma di essere sul giusto percorso di dialogo con le imprese. Attraverso occasioni come questa, che prevedono un costruttivo confronto con i rappresentanti del tessuto produttivo e le autorità regionali,lavorando a stretto contatto,intendiamocreare le condizioni per innescare dinamiche di ulteriore crescita e sviluppo economico del territorio”.

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di Walter De Stradis

La Potenza “culturale”, dolosamente, è spesso l’ultima a sapere.

Ma il potentino (di origini pugliesi) Vito Lisi, probabilmente di certi ambiti non ne ha (più) bisogno, essendo da anni il cantante ufficiale degli Alunni del Sole, ed esibendosi principalmente –come conseguenza- in più ampi contesti extra-regionali.

Tuttavia, i potentini che seguono le -faticose e sofferte- traiettorie della musica “etnico-popolare” nostrana, riconoscono in lui anche il leader dei “Mercantinfiera” nonchè l’autore e interprete dell’inno della maschera popolare locale, Sarachella. E scusate se è poco.

d: Come giustifica la sua esistenza?

r: Involontariamente, tra tanti, ci sono anch’io. Ma ho accettato di buon grado questa mia presenza in ambito artistico, avendo anche contribuito un tantino a “svecchiare” la proposta musicale che da queste parti andava per la maggiore negli anni 60/70. Con il nostro primo gruppo, i “Sapdi…” (che significa “Stavamo appunto parlando di…”), portavamo infatti avanti un discorso rock che a Potenza –ove andavano di moda le cosette anni 60 alla Edoardo Vianello- ancora non si era sentito.

d: Ma per lei c’è stata poi anche una sorta di “svolta” etnico-popolare…

r:... all’incirca nel 1986, con un gruppo prodotto da De Blasiis, Quaratino etc., che si chiamava “Mercantinfiera”…

d: Quel primo ellepì (“Dove s’incurva il giorno” - ndr), infatti, recava proprio i testi di Giovanni De Blasiis.

Esatto, erano molto belli e suggestivi. Quel disco fu supportato anche dal batterista degli Equipe 84, che aveva una sala d’incisione a Milano, e facemmo una tournee con l’Abs (Associazione Basilicata Spettacolo) nelle varie piazze lucane.

d: Successivamente, come “Mercantinfiera”, ha fatto anche altri cd.

r: Sì, con l’Elcasound di Reggio Calabria e col grande e compianto Stefano Rubino che aveva le edizioni musicali Trifoglio a Roma. Lui produsse un bel disco, “Cielo di sotto”, che trattava le tematiche ricorrenti qui al Sud, quali la disoccupazione, l’emarginazione della donna, i ragazzi sempre in attesa…

d: Lei però aveva già collaborato anche col Genio di questo genere musicale, Antonio Infantino.

r: Già, nel 1978 –tramite il Folkstudio- avevamo fatto insieme una tournee in tutta Italia; ricordo che a Piazza Maggiore a Bologna c’erano dodicimila persone. Io suonavo la batteria, e c’erano tutti i Tarantolati, quelli originali. Piacenza, Torino, Taranto: Antonio era molto bravo, molto seguito, perché lui era un vero Genio della Musica. Forse è stato capito di meno proprio nella piazza di Potenza.

d: A Proposito di Potenza, lei aveva avuto modo di suonare anche con l’unico, vero cantante “folk” (anche per estrazione culturale), che la città abbia mai potuto vantare: Michele di Potenza.

r: Anche con lui facemmo delle piazze, fino gli anni Settanta. Lo accompagnammo noi “Sapdi…”, in quanto aveva bisogno di una band di supporto. Lui faceva musica folcloristica, più “da contrada”, ecco, ma era molto apprezzato, perché la gente con lui si divertiva parecchio. Michele sapeva lavorare bene sul palco, nel suo genere era molto professionale.

d: E poi, naturalmente, c’è la sua militanza, ormai di lunga data, negli Alunni del Sole, di cui è divenuto il vocalist ufficiale, dopo la scomparsa di Paolo Morelli.

r: Quest’estate abbiamo fatto diverse serate, soprattutto in Calabria.

d: Lei ha narrato questa bella storia nel suo libro (“In sella ad una moto verso gli Alunni del Sole”, Villani Editore – ndr), ma raccontiamo, brevemente, quella che è la realizzazione di un vero sogno: lei mandò una cassettina ai fratelli Morelli (Paolo era ancora vivo) con le sue versioni delle loro canzoni…

r: …sì, li conoscevo già dal ’70 e spesso mi invitavano a Roma, ai loro concerti, alle loro cene al ristorante. Avevano apprezzato la mia timbrica, quell’impasto vocale che era molto simile a quello del grande Paolo Morelli, un grande cantante, pianista e compositore. Le dico che tanti altri artisti, da Dalla a Ruggeri, frequentavano la sua casa romana e attingevano anche qualche idea. Rispetto ad altri, però, Paolo era un po’ schivo, era un vero artista, ma non amava esporsi troppo (sovente, dopo i concerti, si rifugiava in albergo).

d: E così, quando Paolo Morelli venne a mancare, fu reclutato lei…

r: Sì. Il fratello Bruno -che detiene il marchio “Alunni del Sole” ed è un grande chitarrista- mi chiamò per cantare e suonare il pianoforte (addirittura lo stesso di Paolo!) con loro, affrontando il pubblico con quelle stupende canzoni. Da allora abbiamo fatto tanti concerti.

d: E’ una grande responsabilità.

r: Ma anche un grande onore. Uno sogno che si è realizzato. In tutte le piazze, gremite, ci hanno sempre richiesto il bis, suonando ogni volta una mezzora in più, persino nel Napoletano, che è una piazza particolarmente esigente.

d: Lei si esibisce con questo gruppo di fama nazionale, e quindi più che altro al di fuori dei confini regionali, ma come artista di musica popolare ha battuto la nostra terra, al pari dei suoi altri colleghi lucani. In queste interviste chiedo sempre agli artisti nostrani quali siano i “problemi” del settore: Antonio Guastamacchia mi rispose dicendo che qui da noi spesso e volentieri, anche per poter suonare, bisogna essere raccomandati dalla politica (e che lui non si era mai voluto avvalere di questa scorciatoia).

r: L’affermazione di Guastamacchia non è troppo lontana dalla realtà. Il problema è che per poter portare avanti un discorso di musica etnico-popolare, lo devono prima “recepire” i politici, o quelli messi lì “a caso”, o i responsabili culturali. E non sono in grado: per loro va bene tutto quello che mandano gli impresari di fuori. Non hanno vocazione al sentimento o alle emozioni, ma puntano esclusivamente all’eccitamento, cioè a tutto ciò che possa eccitare il pubblico, a tutto ciò che fa mercato, e quindi il tutto si riduce a un mero discorso di lucro.

d: Forse in Basilicata ci si vergogna un po’ delle tradizioni.

r: E’ vero, ma ciò non accade in Puglia, in Campania, o nel Salento. Solo in Basilicata.

d: E perché?

r: Si tratta di retaggi storici. Forse si è cominciato tardi. Prendiamo Michele di Potenza: andava riscoperto prima, ma prima era “bandito”, andava molto di più nelle contrade, San Nicola di Pietragalla, Filiano, e secondo me non è stato mai davvero apprezzato a Potenza. Adesso stanno ricominciando a riscoprirlo, ma finora in effetti c’è stata questa vergogna a parlare delle origini, dei contadini…

d: Lo stesso Infantino, forse, ha avuto più fortuna –come autorevolezza culturale- fuori dalla regione.

r: Certamente. A Firenze, Piacenza, Bologna…la gente lo seguiva, era incuriosita, lo intervistavano. Rispetto a Michele di Potenza, lui era più d’elite, ma i ritmi si capivano, i ritmi di quelle terre, del materano, sempre assolate e secche, prive di pioggia. La sua musica era la colonna sonora della vita, della vita degli umili.

d: La domanda tormentone: perché in Salento sono riusciti a fare tesoro delle loro tradizioni musicali, creando un indotto turistico ed economico che fa spavento, e noi Lucani no?

r: Perché, come dicevo, da noi si è partiti molto in ritardo. Nel 1978 con Infantino andammo a suonare ad Amendolara in Calabria, a Mottola in Puglia, e ricordo che la sera, di ritorno dal lavoro, i contadini si mettevano a cantare e a ballare insieme a noi. Come dicevo, è questione di retaggio sociale: in quelle zone la gente è più felice, perché è più ricca, perché le loro terre producono di più; a Potenza, invece, c’è questa rassegnazione, questa mortificazione, proprio perché non c’è la stessa ricchezza di quelle altre terre. La gente di qua è dunque più restia al divertimento: quando coi Mercantinfiera suonavamo a Matera, le persone si incuriosivano e ci facevano domande, qui a Potenza si nascondono nei vicoli.

d: Quella musica ricorda loro la povertà.

r: Esattamente!!! E non vogliono ricordarla. Pensano, e sottolineo “pensano”, di aver avuto un’evoluzione sociale ed economica che ancora non hanno avuto, invece.

d: Se potesse prenderli sottobraccio, cosa direbbe al sindaco di Potenza, Guarente, e al Presidente della Regione, Bardi?

r: Di cambiare lavoro.

d: Che musica metterebbe come sottofondo a queste elezioni appena concluse? Un rock, una tarantella, una marcia funebre…

r: Un brano di Goran Bregović.

d: Musica balcanica?

r: Sì.

d: E come mai?

r: Perché lui porta avanti quelle tematiche…rivoluzionarie.

d: E come mai si adattano a queste elezioni?

r: Perché credo sia in corso una rivoluzione.

d: Il film che la rappresenta?

r: “Amarcord” di Fellini.

d: La canzone?

r: “C’è tempo”, di Ivano Fossati.

d: Il Libro?

r: “Il sospetto” di Alberto Moravia.

d: Mettiamo che fra cent’anni scoprano una targa a suo nome: in quale vicolo o scalinata di Potenza le piacerebbe fosse apposta, e quale epigrafe immagina?

r: «Forse la mia vita passa, ma non passa la vita del mio intelletto». Mi piacerebbe fosse apposta su un albero.

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di Walter De Stradis

 

 

 

 

La “pareidolia” è quel processo psichico che –sostanzialmente- ci spinge a vedere figure riconoscibili nella sagoma delle nuvole. L’artista multiforme Teli Volini, essendo nativa di Castelmezzano, in mezzo ai profili di quelle Dolomiti in cui è facile scorgere/immaginare volti di animali o persone, afferma che proprio la “pareidolia” (che è anche il titolo di un suo libro), sia una delle sue “Muse” ispiratrici.

d: Come giustifica la sua esistenza?

r: A parte gli affetti familiari, con la dedizione completa alla Musa, all’Arte.

d: A questo proposito, lei si definisce: “pittora, incisora, performer, land artista, body artista, social sculptor, poeta, saggista, docente e linguista, traduttrice, risemantizzatrice, portatrice di memoria, ricercatrice, mitoarcheologa, conferenziera, blogger, reporter, eco tuner, designer e interior designer, curatrice e operatrice culturale, presidente del Centro d’Arte e Cultura Delta di Potenza, dell’Impresa di Pace e della Casa delle Erbe di Potenza e Castelmezzano”. Non saranno un po’ troppe cose?

r: (Sorride). Per me sì. Difatti il mio corpo fisico mi manda continui segnali. Mi è venuta persino una tendinite per l’uso eccessivo del mouse: ci ho messo ventitré anni per scrivere questo libro (che contiene, tra l’altro, anche una settantina di miei disegni).

d: Sta parlando dell’ultimo “Glifi”, che sarà presentato sabato 24 settembre (oggi, per chi legge – ndr) al Polo Bibliotecario di Potenza, in via don Minozzi.

r: Esatto. Una ricerca “mito-archeologica”. Ha a che fare con la tecnica usata dalla studiosa Marija Gimbutas (a cui sono persino riuscita a far dedicare una rotonda, qui a Potenza). Lei ci ha offerto su un piatto d’argento le prove, archeologiche, inoppugnabili, sull’esistenza di civiltà pre-storiche, molto antiche, nelle quali regnava la pace.

d: Un mito atlantideo, in qualche modo.

r: Magari, chissà, ma quel mito non è confermato storicamente, mentre in questo caso ci sono dei reperti archeologici.

d: E cosa c’entra tutto questo con la Basilicata?

r: All’inizio degli anni Novanta, durante una passeggiata a Croccia-Cognato, sulle Piccole Dolomiti Lucane, nel parco di Gallipoli, scoprii l’esistenza di questi “segni”, incisi sulle antiche pietre delle mura lì attorno.

d: Risalenti a quando?

r: Li fanno risalire al IV° Secolo avanti Cristo. Ma non è vero. perché anche nella cultura “normale” ci sono delle grandi “fake”. Esplorando esplorando, invece, mi sentii di avvalorare l’ipotesi che fossero del IV° Millennio! Secondo la metodica della Gimbutas, ho fatto un raffronto con le antiche pietre, e non è possibile che quei glifi –che testimoniano l’esistenza di civiltà veramente ancestrali- siano del IV° Secolo. Gli studiosi si sono confusi con gli Osco-Sanniti (che certo di lì ci sono passati e hanno abitato).

d: Quale significato hanno questi “segni”?

r: Questa è la cosa incredibile, finora nessuno se l’era domandato: erano stati completamente ignorati.

d: Cioè lei mi sta dicendo che in Basilicata ci sono questo tipo di cose, e gli addetti istituzionali alla Cultura le “ignorano”? Non ci sono indicazioni di sorta?

r: Lì è “indicato” tutto, tranne questi glifi. Ci si scivola sopra, ma intanto non si cura il sito, e questi segni stanno sparendo, perché col tempo si coprono di ruggine, licheni e muffe.

d: Ma lei lo ha segnalato alla istituzioni?

r: No, perché sono stufa di litigare con le istituzioni. E poi ho preferito ultimare prima il libro, con lo studio di tutti i significati, altrimenti non sarei stata presa in considerazione.

d: Mi dice il significato di questi glifi?

r: Innanzitutto le dico quali sono i segni: il cerchio puntinato, il triangolo con la punta in giù e quello con la punta in su, la doppia x. Sono segni cha danno luogo a significati…

d: …esoterici?

r: No no no, proprio “realistici” e simbolici.

d: Tipo?

r: (Sorride) Adesso mi fa svelare…

d: Me ne dica uno.

r: Va bene. Il simbolo del triangolo (con la punta in giù), antichissimo, presente già presso i Sumeri, rappresenta il sesso femminile, e quindi la donna. Naturalmente, questa è solo una banalizzazione del mio lavoro (ho girato il mondo a fare raffronti).

d: All’uscita di questo libro, si aspetta una qualche reazione dell’archeologia ufficiale?

r: Me lo auguro, perché io le risposte da dare le conosco. Le mie motivazioni sono articolate, mentre loro non sono nemmeno stati capaci di vedere. O meglio, i glifi li hanno intravisti, ma li hanno lasciati lì.

d: Quindi lei afferma di aver realizzato una sorta di “scoop storico”: in Basilicata esisteva dunque una civiltà “ancestrale” praticamente sconosciuta…

r: …esatto, ben prima dei nostri cinquemila e pericolosissimi e guerrafondai secoli storici.

d: La caratteristica di questi popoli, diceva, era la propensione alle pace.

r: Erano pacifici. Se si consulta il sito della Gimbutas, per esempio, si apprende che a Matera, nell’antico sito di Serra d’Alto, non vi sono segni di “bellicità” (che di solito sono le armi).

d: Venendo alla Potenza di OGGI …si può vivere “di cultura” qui da noi?

r: Io trovo che vi sia un atteggiamento assolutamente deleterio. In Basilicata ci si dà la zappa sui piedi. Me lo dicevano anche a Milano, dove ho vissuto per venticinque anni, una volta trasferitami “in transumanza” per la disperazione. Tuttavia non ho mai voluto staccare con la mia terra d’origine, ma come “ringraziamento”, mi sono accorta che più progredivo con la mia arte (a Milano il Comune mi dava patrocini e anche soldi), qui in Basilicata non mi trasmettevano nemmeno i servizi in tv. E facevo cose importanti.

d: Come se lo spiega? Provincialismo? Invidia?

r: Sì, sì. Qui ci sono delle “lobby” e se non ne fai parte…per la verità, io ci sono anche entrata con gentilezza, ma ho riscontrato freddezza. Forse devi avere una qualche caratteristica particolare, forse un cognome, una cosa politica…o forse ti devi dare, devi dare le tue opere...Non so. Le mie sono ipotesi, per carità.

d: Esistono i “raccomandanti della Cultura”?

r: Credo proprio di sì. A me hanno fatto cose tremende. Ma io mi considero un’ape industriosa, che ha bisogno di creare alveari, e pensi che a Milano mi ci sono comprata una casa, vendendo i miei quadri. A un certo punto decisi di fare nella mia città, Potenza, delle istallazioni in difesa della Natura. Chiesi il permesso, spesi i MIEI soldi, e misi questi grandi pannelli (dietro i quali c’era un grande lavoro e anche delle conferenze) in giro per la Città; passa un signore, che qui va per la maggiore, e mi fa un articolo tremendo, dandomi pure della esibizionista. Eppure su quei pannelli non c’era certo una donna con una scollatura volgare, bensì me stessa, una persona che si accingeva a fare un tipo di comunicazione molto potente. Risposi per le rime. Perché anch’io so scrivere.

d: Per le sue istallazioni qui da noi non riceve mai aiuti economici?

r: Guardi, forse qualcosina me la diedero pure, non ricordo nemmeno più, ma ricordo bene le difficoltà che le ho descritto. Quando un servizio televisivo pubblico ti “boicotta”, la gente sa tutto della sagra del provolone, ma poco o nulla della tua attività artistica. E io invitavo partecipanti da tutto il Mondo.

d: Cosa direbbe, se potesse prenderlo sottobraccio, al sindaco di Potenza?

r: Di fare una scelta di qualità nell’arte. Molti sono, non dico banali, ma certo si limitano alla normalità. Io sono a-normale (sorride), faccio cose fuori dall’ordinario, che possono essere interessanti per la crescita della comunità. E’vero, il Comune di Potenza mi consentì di apporre la targa di Marija Gimbutas, ma io volevo fare anche il monumento alla “DONNA ignota”, e non è successo niente. Sarebbe stata una peculiarità a livello mondiale (dedicata alle donne “comuni” che fanno sacrifici). Non mi hanno risposto nemmeno, e sono stanca di stare lì a scrivere sempre. La Regione a volte mi ha patrocinato, ma anche loro devono tenere presente gli artisti che possono portare a una visibilità nazionale e anche internazionale. Il mio libro sui glifi potrebbe portare a una rivalutazione, anche economica, di quella zona.

d: Mettiamo che, fra cent’anni, scoprano un “glifo”, una qualche epigrafe, dedicata a lei: cosa le piacerebbe ci fosse scritto?

r: Intanto spero che nel frattempo le cose cambino, ma direi: «Fu un’artista ammirata ed amata. E faceva bene ciò in cui credeva».

A Corleto Perticara altre due giornate di formazione per le undici aziende che hanno aderito al programma di internazionalizzazione promosso dalla JV Tempa Rossa. A fine ottobre missione in Belgio.

 

Dopo l’appuntamento di giugno dedicato alla formazione su marketing e innovazione tecnologica, con la presentazione dei possibili contatti commerciali nei paesi target, proseguono le iniziative di Lucanica 2.0, il progetto promosso dalla JV Tempa Rossa - composta daTotalEnergies EP Italia, Shell E&P Italia e Mitsui E&P Italia B- in collaborazione con la società di consulenza Octagona, per supportare l’ingresso dei prodotti agroalimentari lucani nei mercati esteri. Si sono infatti tenute, nella piazzetta del Risorgimento Lucano del Comune di Corleto Perticara, altre due giornate di incontri, per definire i prossimi step progettuali per il lancio sul mercato internazionale e per organizzare una missione in Belgio di promozione dei prodotti e dell’enogastronomia localeper fine ottobre. Sono intervenuti, oltre ai rappresentanti delle undici aziende che hanno aderito a Lucanica 2.0, il responsabile Rapporti con il territorio, Ambrogio Laginestra e Maria Teresa Lapadula (Sviluppo sostenibile) per TotalEnergies, mentre per Octagona hanno partecipato la temporary export manager, Ester Temperato e il project manager, Brando Bruschi.

Nella prima giornata sono stati illustrati gli aggiornamenti su fasi negoziali e commerciali, con approfondimenti su made in Italy, comunicazione digitale e logistica. Gli imprenditori sono stati inoltre impegnati in simulazioni di trattative e di gestione di incontri in fiere internazionali. Il giorno successivo è stato dedicato a visite conoscitive in alcune aziende del progetto. Importante, è stata quindi la definizionedei dettagli per l’organizzazione, entro la fine ottobre, di una missione a Bruxelles, in Belgio, per partecipare ad un evento di promozione con ristoratori, chef, sommelier, importatori, distributori, giornalisti enogastronomici e food blogger. Della delegazione Lucanica 2.0 farà parte anche il cuoco emergente Francesco Lorusso, presentea Corleto alla prima delle due giornate di formazione e da poco premiato nel concorso ‘Emergentechef 2022’diWitaly presso Alma.

“Vogliamo accompagnare - ha detto Ambrogio Laginestra, di TotalEnergies EP Italia - le imprese di quest’area, così ricca di sapori e prodotti tipici, fuori dai confini italiani creando per loro nuove opportunità commerciali, dotandole degli strumenti necessari per competere sui mercati internazionali. Il nostro auspicio è che queste undici imprese possano fare da apripista per altre aziende del territorio facendo sì che il tessuto economico lucano sia sempre più votato all’export”.Lucanica_a_Corleto_presentazione_chef_Lorusso.jpg

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di Walter De Stradis

 

 

Professore di filosofia, fondatore dell’associazione Basilicata 1799, curatore di diversi volumi e promotore di iniziative socio-culturali di ampio respiro, Francesco Scaringi è -insieme a Giuseppe Bisceglia- ideatore, curatore e direttore del “Città delle 100 Scale Festival”.

Giunta alla sua 14esima edizione (avviatasi il 10 settembre scorso e che si concluderà il 29 novembre prossimo), la multiforme kermesse (teatro, danza, musica, dialoghi e approfondimenti), ormai di respiro internazionale, è uno degli eventi più attesi e seguiti del panorama artistico e culturale della regione.

d: Come giustifica la sua esistenza?

r: “Grazie a mamma e papà”, direbbe innanzitutto qualcuno. E poi la giustifico sperando che gli altri mi vogliano bene (un’esistenza vale se vale per gli altri). Sono inoltre consapevole di vivere all’interno di una società, e dunque cerco di dare anche delle risposte.

d: In che misura, facendo Cultura, ritiene di dare “risposte” alla società?

r: E’ una cosa molto complessa: sicuramente si colgono degli spunti dalla realtà, nello stesso tempo si danno delle risposte, ma si aprono anche delle possibilità. Non è detto che la Cultura debba dare risposte immediate, bensì anche a più lungo termine. E questo è l’elemento più affascinante nel fare Cultura, avere una prospettiva per il futuro.

d: In quattordici anni di questo Festival cosa crede di aver dato alla città? O alla regione...

r: Abbiamo chiamato il nostro Festival “delle cento scale”, non solo riferendoci alla “verticalità” di Potenza, ma anche perché le scale stesse aprono dei passaggi, delle relazioni, dei transiti e io penso che una delle cose fatte è stata dunque proprio “aprire” la città alla comunicazione, alle relazioni, con delle finestre anche sulle problematiche del capoluogo. Non è un caso che abbiamo anche spostato il Festival dai teatri all’interno della città vera e propria. E poi c’è stata sicuramente anche la valorizzazione di alcune professioni, innescando -attraverso varie proposte- processi culturali, non soltanto di intrattenimento. La nostra non è dunque solo una “rassegna” di spettacoli, bensì un qualcosa di molto più articolato, che costruisce una comunità, che a sua volta cerca di relazionarsi con l’intera città.

d: Noi potentini, forse perchè montanari, spesso ci chiediamo cosa ci sia “dietro” alcuni fatti e fenomeni. Cosa c’è “dietro” il Festival Città delle Cento Scale?

r: Ci sono due persone, io e Biscaglia, che avendo sempre lavorato nel sociale (ed essendo anche docenti e operatori culturali), hanno pensato di condensare alcune esperienze in un’attività che potesse essere gratificante per loro e per la città. Il nostro Festival si può dire che ha raggiunto una statura di livello europeo.

d: Ci si guadagna, anche?

r: No. Il mondo dello Spettacolo e della Cultura in genere è un mondo del precariato. Io sono fortunato, essendo uno stipendiato con un suo lavoro, e non è certo questa attività culturale -per me e il mio socio- la fonte di guadagno (al quale non si è mai puntato). Certo, per chi ci lavora (tecnici, operai e quant’altro), rappresenta anche una possibilità di guadagno, ma è sempre un mondo del precariato. Non c’è una prospettiva certa.

d: E quali sono i rapporti con la politica, che ha in carico lo sviluppo economico, ma anche culturale di una regione?

r: E’ sempre un rapporto difficile, quello con la politica. Specie se la Cultura vuol essere autonoma, in quanto la politica -che è anche dominio- tende appunto anche a dominare e a condizionare. Esistono però anche delle possibilità, che uno si deve giocare, puntando sulla proposta, la credibilità e sulla propria autonomia. Lavorando su questo, si riesce a ottenere una certa distanza dalla politica, che -attenzione- non è distacco, disinteresse, perché la politica è importante, ma si tratta di non entrare in quei meccanismi di vicinanza e di scambio. Ed ecco perché sono importanti le leggi e le normative a cui fare riferimento, per poter continuare a fare ciò che si fa.

d: A Potenza (e in regione) qual è la scalinata più impervia per il cittadino?

r: Come contesto c’è una crisi (acuita dalla Pandemia e dalla Guerra) che porta a un’incertezza generale, a livello economico, lavorativo, a livello di futuro. A Potenza, che è una città del Sud, certe problematiche si moltiplicano (è aumentata l’emigrazione). Io credo che qui da noi si debba riconquistare la dimensione della “provincialità”, ovvero la capacità di essere una piccola città in cui si potrebbe vivere molto meglio, ma in cui non ci si riesce.

d: Perchè?

r: Qui c’è una politica che ha un atteggiamento per molti versi “paternalistico”, ma priva di capacità progettuale. Si va per emergenze, la spesa pubblica è tutta sull’immediato. Questa città non la si “slancia” nel futuro, mentre oggi le città sono organismi che devono imparare ad apprendere. E un passaggio può essere la Cultura.

d: Spesso in queste interviste è stato detto che in città certi ambiti culturali sono “blindati”, poco “accessibili”, a causa del familismo, dei “cerchi magici” e del perseverare dei “soliti noti”. In particolare sembra che ci sia anche una certa “esterofilia”, una predilezione per chi viene da fuori o, comunque per quei lucani che si sano affermati altrove. Cosa ne pensa?

r: Innanzitutto è giusto non pensare a un “pubblico” unico, ma a più pubblici, e dunque esistono anche proposte culturali diverse, magari di un livello più alto, e anche -sì- delle nuove cose che vengono da fuori (e che in città prima non c’erano), e che come tali possono suscitare interesse. I “cerchi magici” a Potenza? Beh, qui esiste un “difetto”, quello di ritenere che alcuni possono fare “solo” una cosa. Non è così. Le cose vanno intrecciate. E poi esiste anche un “peccato”, che è quello della “auto-soddisfazione”.

d: E sarebbe?

r: Essere contenti di quello che si fa, pensando di aver fatto il massimo e di essere il centro del mondo. Occorre invece decentrarsi, capire di essere una piccola realtà. Questo porta a non accontentarsi del piccolo, guardando invece anche alle prospettive internazionali.

d: A proposito di “centro del mondo”, lei ha collaborato -tra i project leader- anche con Matera 2019. A conti fatti, la Capitale della Cultura è stata un’occasione persa o colta in pieno?

r: E’ stata un’occasione colta poco e poco sfruttata. Anche qui si è puntato molto sull’occasione, sugli eventi, e si è programmato poco. E’ come se tutte le energie fossero state spese per una “esplosione” che poi, in qualche modo, si è sgonfiata.

d: Se potesse prendere il presidente della Regione sottobraccio, cosa gli direbbe?

r: Gli direi subito “pensa ai giovani”. Da insegnante, vedo le loro difficoltà.

d: Come si pone lei, nella polemica sulle assunzioni, anch’esse “esterofile” fatte da Bardi nel suo staff? Essere lucani, per lavorare nei ruoli apicali di questa terra, è una conditio sine qua non?

r: In questi casi si corre il rischio di essere demagogici. Ci sono delle mansioni, degli atti di fiducia, che a mio avviso possono essere dati anche a persone di fuori (se io devo allestire una mostra particolare, occorre trovare chi abbia delle competenze, e anche magari delle relazioni internazionali). Se il lucano bravo c’è, deve essere tuttavia valorizzato: nel nostro Festival non definiamo come “lucani” gli artisti della regione, ma solo come “artisti” e basta. Mi spiego? D’altro canto, non si può chiedere una gestione amministrativa a una classe burocratica che in qualche modo ha sempre dimostrato incapacità, ma che all’improvviso deve essere anche capace. Non sto prendendo posizione, ma ragionando in valore assoluto: chi governa deve anche saper scegliere le qualità giuste per i progetti che vuol mettere in atto; i prescelti possono essere lucani e non, ma la direzione dev’essere quella del progresso, e non magari quella dell’amicizia o dell’appartenenza: il quel caso siamo in un’altra direzione, che ovviamente io contesto fortemente.

d: “Dire/Tacere” è il “concept” della 14 edizione del Festival Città delle Cento Scale. Perchè?

r: E’ un’idea, non un “tema”, che nasce dall’incontro che abbiamo fatto con Massimo Cacciari, nel quale si è citato il filosofo Ludwig Wittgenstein che ha scritto una frase molto bella «Di ciò di cui non si può dire, si deve tacere». Noi ne facciamo ovviamente un uso metaforico: specie nel caso della Guerra, noi stiamo assistendo a un parlare eccessivo, aggressivo, spesso volto a far tacere qualcun altro. In questo gioco di contrapposizione, viene fuori la necessità dell’ascolto.

d: Il libro che la rappresenta?

r: “L’uomo senza qualità” di Musil.

d: La canzone?

r: “San Lorenzo”, di De Gregori.

d: Il film?

r: “Morte a Venezia” di Visconti.

d: Mettiamo che far cent’anni scoprano una targa a suo nome su una delle famose “scale” di Potenza: cosa le piacerebbe ci fosse scritto?

r: «Di qui è passato un signore, che forse un po’ l’ha pensata, questa città».

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