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di Walter De Stradis

Quarantasette anni, occhi

chiarissimi e penetranti, il già

sindaco di Oppido, Rocco

Pallalardo, è da poco diventato

Presidente della provincia di

Potenza. La prassi ha infatti voluto che dopo

la decadenza di Guarino (non riconfermato

sindaco ad Albano), la carica sia passata a lui,

il suo vice, a metà giugno scorso, e fino a nuove

elezioni (da farsi entro 90 giorni). Si tratta

dunque di un periodo di “traghettamento”, ma

Pappalardo non vuole certo fare il semplice

“passacarte”.

d: Come giustifica la sua esistenza?

r: Sia nelle associazioni sia nelle istituzioni in cui

ho avuto la fortuna di lavorare, mi sono sempre

occupato delle necessità di una comunità.

Sono stato eletto alla Provincia che avevo

ventitré anni e nel 2001 fui eletto (nell’Ulivo)

come sindaco di Oppido. L’ho fatto per due

consiliature, e forse ero uno dei sindaci più

giovani, non solo della Basilicata, ma anche

d’Italia, anche se non ho mai approfondito.

d: Si sente uno dei “dinosauri” del Pd (e

del centrosinistra), anche se giovane

anagraficamente?

r: No, anche perché ho un carattere abbastanza

pacato.

d: Tuttavia questo “giovane” Pd di oggi, a

leggere le continue polemiche sui giornali,

sembra già mostrare scarsa tenuta.

r: E’ cambiata la politica. E non le nego che

qualche disagio in questa fase lo avverto anche

io, militando da tempo, avendo iniziato con

persone diverse, e avendo fatto la gavetta…le

feste dell’Unità, i famosi manifesti…cose che

oggi mancano e che fanno sì che forse si arrivi

un po’ impreparati. Oggi si vuole tutto e subito.

Quando chiesi io la prima volta la tessera del

Pds, il vecchio gruppo dirigente mi rispose:

“Ok grazie, le faremo sapere”. Anche una

semplice tessera di partito non era automatica:

era un modo per selezionare la classe dirigente.

d: Insomma, lei stesso che è stato un

giovanissimo sindaco, afferma però che

non sempre “gioventù” è sinonimo di

rinnovamento e stabilità...

r: …e non sempre avere qualche anno in più

significa essere “vecchio”. Sicuramente

“gioventù” –nella maggior parte dei casi- è

entusiasmo, ma oggi vedo troppo “tatticisimo”,

ed è ciò che mi mette un po’ a disagio. Il Pd, per

tornare realmente competitivo, dovrebbe stare

un po’ più sul territorio, ma non come presenza

“di facciata”. Il Pd non è rappresentato

soltanto dai segretari regionale e provinciale

e dal quadro dirigente, ma credo che vada

data voce, seria, ai militanti; anche questa

cosa di aver fatto le primarie aperte per

scegliere anche il segretario regionale…con

una tessera “fredda” fatta online (e magari

chissà anche a tua insaputa) fa perdere il senso

di appartenenza a un partito. Io non so quanti

segretari cittadini vengano effettivamente scelti

dai propri tesserati e ho sempre mal sopportato

l’intrusione in faccende localistiche; quando

nelle varie elezioni comunali costruivamo

faticosamente l’Ulivo, abbiamo ascoltato sì i

dirigenti regionali e provinciali, ma alla fine

non ci siamo mai fatti imporre nulla.

d: L’arrivo della nomina a Presidente della

Provincia –anche se “a tempo”- le ha

suscitato preoccupazioni particolari?

r: Preoccupazioni no, anche perché sono

nell’Ente praticamente da sempre. Certo, la

riforma Delrio –che ha cambiato tutto- fu una

cosa scellerata: lo dimostra il fatto che un

sindaco non rieletto –come Guarino- decada

immediatamente dal ruolo di Presidente e che

questo stesso ruolo passi –fino ad elezioni- al

vice presidente che tra l’altro sindaco non è. Il

lavoro non mi ha mai preoccupato.

d: Oggi, agli occhi del cittadino, un Ente come la

Provincia appare “svuotato” di competenze,

almeno rispetto a prima…

r: E’ stato svuotato di “alcune” competenze, ma

il grosso è rimasto. Tuttavia è vero, sì, quando

ultimamente sono stato rieletto consigliere

provinciale, alcuni miei concittadini mi hanno

detto: “Ma come, esistono ancora le Province?”

(sorride). Ancora oggi alcune persone credono

che siano state eliminate…

d: Sono stati eliminati molti approvvigionamenti

economici.

r: Quelli sì. E tenga conto anche che quando è

passata la notizia che la Provincia era un

ente “terminale”, è scattato il fuggi-fuggi fra

i dipendenti; molti dunque sono stati trasferiti

alla regione e l’Ente si è ritrovato svuotato

di risorse umane, molto qualificate, oltre ai

“tagli” subiti. Ma le competenze rimaste

sono grosse, soprattutto in materia di edilizia

scolastica e di viabilità.

d: La viabilità, appunto, il grande dramma

della Basilicata, che –stranamente- si acuisce

d’estate, coi lavori sempre in sospeso…

r: Per la manutenzione delle strade provinciali,

noi gestiamo mille euro a chilometro: su 2.800

chilometri, noi possiamo contare su 3 milioni di

euro l’anno. L’Anas- per le stesse manutenzioni

e per lo stesso chilometraggio- spende CENTO

volte tanto.

d: Con i cantieri spesso fermi…

r: Questo non lo posso dire io, ma in merito ai

fondi è una stortura grossa, anche perché

le responsabilità sulle strade sono le stesse.

Per questo mi sento di ringraziare l’Ufficio

tecnico provinciale, che si assume grossissime

responsabilità. I nostri ingegneri stanno

facendo salti mortali. Ultimamente abbiamo

intrapreso un’interlocuzione con la Regione

per cercare di tamponare questa emergenza,

che riguarda la sicurezza, principalmente.

Chiediamo sostegno dal punto di vista

finanziario. Le faccio un esempio: a marzo c’è

stata una frana sull’Oraziana…

d: L’assessore Merra ha detto che i soldi ve li

dà.

r: E io non ho motivo di credere il contrario, ma

ad oggi ancora….

d: …non ci sono gli atti ufficiali.

r: Lì si tratta di fare una paratia essendoci

di mezzo un dissesto (di cui si occupa il

Dipartimento regionale) e occorrono 890mila

euro: la Provincia ne ha messo sul piatto 400,

quelli che aveva, e ha chiesto un supplemento

di fondi per poter appaltare quei lavori. Al

tavolo della scorsa settimana sull’Oraziana,

a Venosa, l’assessore Merra ci ha annunciato

questo finanziamento di 45 milioni a valere su

una delibera Cipe, per il quinto lotto, da cui

stralciare le somme necessarie alla Provincia

per realizzare l’intervento e aprire quanto

prima quella strada di vitale importanza. Oltre

a questo, ci ha parlato di un ulteriore riparto di

14 milioni di euro tra le due Province, da cui

deriverebbero altri nove milioni per la nostra

viabilità provinciale. Mi aspetto che a giorni

ci vengano NOTIFICATI questi provvedimenti.

d: Al recente congresso della Uil lei ha parlato

molto di spopolamento e di mancanza di

infrastrutture.

r: La gente va via perché non trova lavoro,

perché nei comuni non trova le infrastrutture

e le opportunità atte a garantirgli un’adeguata

qualità della vita. I comuni dovrebbero

ragionare maggiormente in un’ottica di

“comprensorio”: non puoi pensare di avere

un Palazzetto dello sport in ciascun paese nel

raggio di pochi chilometri. Ma le comunità

possono ragionare insieme se sono ben

raggiungibili tra loro. Ricordo quando con

Oppido eravamo capofila dei PIOT, e in ambito

turismo credo sia stato l’unico momento in cui

–coi sindaci seduti a un tavolo- si è fatto un

UNICO cartello di eventi per la zona, evitando

sovrapposizioni. Basterebbe già fare qualcosa

del genere anche oggi. La qualità dell’offerta

a volte può anche “superare” il problema dei

collegamenti.

d: Specie nei momenti bui del Covid, girando

fra i comuni e parlando con alcuni sindaci,

abbiamo registrato un certo disagio a causa

della “distanza” che si avvertiva (o si avverte)

col palazzo regionale e col Presidente Bardi

in particolare. “Noi sindaci ci siamo aiutati

tra noi”, ha detto qualcuno di loro.

r: Io credo che sia interesse della Regione avere

un’interlocuzione stabile coi sindaci. Anzi, mi

meraviglio, mi chiedo come mai non siano

previsti uno o due appuntamenti annuali

(soprattutto in fase di predisposizione del

bilancio), un’assemblea, una Conferenza

Regione-Sindaci. Voglio dire: se la maggior

parte delle istanze locali riguarda la sanità,

i servizi, le infrastrutture etc., beh, quella è

già una traccia su cui la Regione potrebbe

lavorare, no?.

d: E cosa ne pensa della notizia sul già famoso

“bonus gas”?

r: Può essere un’operazione momentanea

(anche durante il Covid alcuni “bonus”

sono risultati utili). Ma se dai questo bonus

e tutta un’altra serie di servizi non funziona,

comportando esborsi in più per le famiglie,

beh, non hai risolto nulla. Ripeto, l’iniziativa

allevia sicuramente il caro-bollette, ma io

vedo difficoltà di programmare qualcosa di più

duraturo, magari (in linea di principio) come

l’eco-bonus (che pur va rivisto).

d: Dopo questi circa tre mesi da Presidente, per

cosa vorrà essere ricordato principalmente?

r: Non sono abituato a fare il passacarte, e FARO’

il Presidente fin quando sarò Presidente. Fra le

altre cose, con l’ing. Spera abbiamo lanciato

tre mesi fa una scommessa, quella del bando

Pnrr sui giardini storici. Scommessa vinta:

abbiamo ottenuto un ulteriore finanziamento

di un milione e sette (in aggiunta al milione e

due già programmato dal mio predecessore col

Comune di Potenza).

d: Una domanda veniale: in questi mesi

lei percepirà la regolare indennità da

Presidente, giusto?

r: Da consigliere provinciale (e anche da vice

presidente) non c’è nessun tipo di rimborso, se

non quello chilometrico per il va-e-vieni (nel

mio caso era di 18 euro di consumi effettivi).

Il Presidente della Provincia ha uno stipendio

equiparato a quella del sindaco del Capoluogo

di regione, ma la mia indennità da Presidente

sarà dimezzata, perché continuo a lavorare a

scuola come assistente amministrativo.

d: Il libro che la rappresenta?

r: “La fattoria degli animali” di Orwell.

d: E ne ha conosciuto molti, di “animali”, nella

“fattoria”?

r: (Sorride in silenzio).

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di Walter De Stradis

 

 

E’ stato il primo lucano a diventare cintura nera di ottavo Dan, ma soprattutto nel Capoluogo è un volto familiare per aver insegnato il Karate a centinaia e centinaia di allievi di tutte le classi sociali. Molti di questi erano “teste calde” e con lui hanno scoperto il valore dell’autodisciplina. Alcuni di loro sono diventati Dirigenti importanti, alcuni altri sono entrati pure in politica.

Al maestro Sandrino Caffaro –attualmente presidente di ASC Basilicata (Attività sportive confederate, Ente di promozione sportiva presente e attivo su tutto il territorio nazionale, attraverso una rete capillare di 104 Comitati Provinciali e Regionali)- abbiamo chiesto di raccontarci le gioie e i dolori della Potenza “sportiva”.

d: Come giustifica la sua esistenza?

r: Devo tutto ai miei genitori. Poco dopo che ci trasferimmo da San Costantino Albanese (che resta sempre nel mio cuore) a Potenza, iniziai un corso di Judo. Un volta si presentò anche un maestro di Karate, e decisi di dedicarmi a a questa disciplina (le lezioni erano a Eboli), a patto però che garantissi ai miei profitto negli studi. Da lì è iniziato tutto: posso dire di essere stato il pioniere del Karate in Basilicata.

d: Ormai sono diversi decenni che insegna questa disciplina nel Capoluogo e non si contano i suoi allievi. Sicuramente c’è stato anche qualche personaggio poi diventato illustre.

r: Più di uno! La maggior parte dei miei allievi sono diventati professionisti o comunque persone molto serene, che non hanno mai avuto problemi con la legge o con altre situazioni critiche.

d: Ci sono politici?

r: Politici, magistrati, medici, c’è stato anche un direttore generale dell’Agenzia delle Entrate. Tenga conto che la Basilicata, di suo, ha “sfornato” tantissime figure. Sono fiero di aver dato a tanta gente la possibilità di stare bene.

d: Invece nell’immaginario dell’uomo medio parole come “Karate” evocano –molto a sproposito- Bruce Lee e i calci in bocca...

r: No. Nella maniera più assoluta. Il Karate è un’arte, una disciplina di vita. Non è un gioco, come il calcio, la pallavolo o altri spot di squadra: è una cosa che ti dà stimoli di continuo (anche al di fuori delle esibizioni cioè); che ti fa avvertire i cambiamenti nel tuo corpo, ed è una cosa che ti porti sempre dietro. Io sono un ultrasessantenne, ma ancora oggi non mi dispiace confrontarmi con i trentenni. I valori sono quelli della convivenza civile, del rispetto del proprio corpo, della cura della qualità della vita. A me il Karate è tornato utile tante volte.

d: Cioè ha menato tanta gente?

r: No. Mi ha placato il nervosismo, mi ha aiutato a gestire le provocazioni. Alla violenza non si risponde mai con la violenza, perché non si sa come va a finire.

d: E secondo lei Potenza è una città che va d’accordo con la “cura della qualità della vita”?

r: Eh, potrebbe. Ma posso dirle che abbiamo fatto tanti sforzi, ma…alla fine, come si dice, “stavamo meglio quando stavamo peggio”! Potenza ha una grande “potenzialità” di strutture sportive: abbiamo palestre scolastiche, provinciali, comunali, statali, ma è la gestione il punto debole.

d: Si spieghi.

r: Tutti gli sport “di palestra” sono nati a Montereale, al famoso Palazzetto (che era del Coni e poi è passato al Comune). Lì riuscivano a convivere un certo tipo di discipline sportive (Karate, boxe etc.), ma tutte le amministrazioni che si sono succedute vi hanno voluto mettere mano in qualche modo, e il risultato è che la struttura è da anni sempre ferma al palo. Vedi poi il palazzetto Lavangone, una cattedrale nel deserto. Perché dico che prima “si stava meglio”? Perché queste strutture vengono gestite da regolamenti comunali o provinciali (un po’ vi abbiamo contribuito anche noi, perché qualche preside magari non ci voleva concedere l’uso), ma quei regolamenti stessi sono stati usati prettamente come strumento di consenso P-O-L-I-T-I-C-O! Invece di attribuire funzioni specifiche alle singole strutture, cioè destinando ciascuna a un certo tipo di disciplina, ci hanno costretti a una “guerra tra poveri”. Ci si ritrova tutti, cioè, a dover condividere strutture di 600 metri quadrati ove si può fare Karate, sì, ma anche Pallavolo o Pallacanestro…

d: …e questo penalizza gli sport minori…

r: Sì, ma “minori” tra virgolette, però! Ma a un certo punto la gente si è stancata di andare dall’assessore o dal preside di turno, e si è messa in proprio, dando vita a palestre private e consentendo finalmente a tantissima gente di fare sport.

d: Cosa voleva dire quando parlava di speculazione a fini politici?

r: Che per avere una certa struttura a un certo punto dovevi confrontarti col tale assessore, ma –ripeto- la criticità maggiore consiste nel non aver attribuito tipologie o finalità specifiche alle palestre. Senza contare che le politiche federali –a livello sportivo- hanno il sopravvento sulle politiche dello “sport per tutti” (messe in atto dagli enti di promozione): ecco perché sarebbe più opportuno, come si faceva un tempo, dare in gestione determinati spazi a federazioni o a enti/associazioni, le quali devono essere tuttavia esonerate (com’era un tempo) da custodia, pulizia, manutenzione etc. Oggi invece accade che questi oneri se li assumono sì le amministrazioni (dietro corresponsione di un canone), ma il servizio offerto non è certo eccellente, spingendo molti –come dicevo- a dirottarsi sul privato. Faccio un esempio: noi del Karate ci esercitiamo scalzi e col kimono bianco, il che rende necessari spazi puliti, ma puntualmente nella palestra dataci trovavamo qualcosa di rotto; poiché l’obbligo di segnalare è il nostro, io alla fine sono stato anche tacciato (da un preside) di essere un “rompiscatole”! Cioè di essere l’unico a denunciare.

d: Tutte queste difficoltà nella città “Capitale Europea dello Sport”?!

r: Al netto della Pandemia, posso dirle che –per quanto ci riguarda- abbiamo potuto utilizzare quel logo soltanto in due manifestazioni. Ma di questa “Capitale dello Sport”, di manifestazioni di questo genere insomma, beh, io non ne ricordo. Sa cosa rimpiango? I “Maggi potentini” di una volta, quando per un mese erano impegnate TUTTE le discipline sportive. Che cosa non abbiamo fatto! La marcia dello sport, manifestazioni a Montereale. Oggi, per fortuna, restano realtà come “Più sport”, con un ex assessore che riesce, nonostante le difficoltà, a far rivivere in parte queste cose.

d: Al sindaco Guarente, se potesse prenderlo sottobraccio, cosa direbbe?

r: Di essere più vicino al mondo dello sport. Ma non “a chiacchiere”. Ogni volta che lo invitiamo, non lo vediamo mai.

d: Potenza ha ospitato il Giro d’Italia, ma a margine del grande evento ci sono state polemiche sulle strutture e le opportunità che mancano per i “ciclo-pedoni” cittadini; senza contare la vicenda tragi-comica delle “rastrelliere” per biciclette poste a ridosso del Palazzo del consiglio comunale, e poi tolte –pare- per gli strepiti di qualche consigliere di maggioranza!

r: Il Giro d’Italia poteva essere un’occasione per dimostrare che è possibile cambiare volto alla città. L’effetto è durato in tutto una settimana, ma perlomeno ha dimostrato che le cose –se si vuole davvero- si possono fare. Io mi alzo la mattina presto per lavoro, e in giro vedo sempre gruppetti e grupponi di gente che cammina, corre o va in bicicletta. Quindi la voglia c’è.

d: Ma la città è pronta ad accoglierla?

r: No, e si DEVE adeguare. Il parco Fluviale può essere un esempio: pare che questa pista ciclabile arriverà fino al Pantano di Pignola, ma è una cosa turistica. In città, invece, certe indicazioni dovrebbero essere raccolte al massimo e trasformate in politiche attive.

d: A cosa, secondo lei, bisognerebbe dare un bel calcio in bocca?

r: Senz’altro alla burocrazia. Ce n’è troppa. C’è troppa gente messa lì, che di sport o attività sociali non capisce nulla. Qualcuno dice che la burocrazia è anche sinonimo di trasparenza, ma non è così, perché certe cose –se non le vivi (come invece accade ai promotori dello sport e del sociale)- non le puoi nemmeno gestire, né capirne le criticità. Il volontariato va dunque valorizzato, messo a sistema: lo abbiamo visto con la Pandemia, quel mondo si è rivelato un prezioso valore aggiunto.

d: A chi le piacerebbe dare qualche lezione di Karate?

r: Eh (ride). Agli amministratori. La lezione? Diventare più umani e meno burocrati. Se non mettiamo al centro la Persona, non andiamo da nessuna parte.

d: Il film, la canzone e il libro che la rappresentano?

r: Adoro i western, leggo moltissime riviste su caccia, sport e natura, nonché libri sul corpo umano. E mi piacciono moltissimo le canzoni napoletane.

d: La frase con cui –fra cent’anni- vorrebbe essere ricordato, magari affissa in una palestra?

r: “Un atleta, un maestro, che ha sempre cercato in tutti i modi di fare lo sport in sicurezza”

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di Walter De Stradis

 

 

 

Una delle (non moltissime, in realtà) istituzioni del calcio lucano è sicuramente lui, un Serbo, ex Jugoslavo, naturalizzato Potentino (parole sue): un distinto e magrissimo signore che corrisponde al nome di Ranko Lazic.

Cinquantanove anni, ex giocatore del Potenza (ma prima ancora nel Partizan Belgrado), allenatore a Villa D’Agri, Savoia, Lavello e Melfi, dopo sedici anni (!) in panchina al Francavilla, è passato dietro la scrivania (direttore generale) per volere e necessità dei Cupparo.

Alcuni lo definiscono il Boskov (per la saggezza e l’uso frequente di motti e proverbi) lucano, altri il Ferguson (per la longeva fedeltà alla sua attuale società calcistica) di Francavilla, ma lui sembra definirsi semplicemente uno con “la testa nel pallone”.

d: Come giustifica la sua esistenza?

r: Fa delle domande troppo difficili! Sono in ferie e mi volevo rilassare! (risate) Sono figlio di grandi lavoratori, di gente che ha fatto dei sacrifici e pertanto cerco di trasmettere questi valori nella mia famiglia (vivo per loro), rispettando e dando il massimo sul posto di lavoro.

d: Parlava di “grandi sacrifici”, infatti lei è Serbo, ma nato in Kosovo, in un momento particolarmente difficile (che continua ancora oggi).

r: Sono stato lì fino a sette anni, e poi -fino ai quattordici- ci tornavo l’estate per dare una mano a mio zio nell’agricoltura. Ho avuto un’infanzia bellissima, ma tornandovi via via notavo che le cose cambiavano: l’atteggiamento degli Albanesi-Kosovari si faceva sempre più duro nei nostri confronti, fino a quando siamo diventati minoranza etnica e siamo andati quasi tutti in Serbia.

d: Successivamente ha vissuto nella Jugoslavia del maresciallo Tito. A microfoni spenti mi diceva però che non sempre il diavolo è brutto come lo si dipinge.

r: Che dire. Io e la mia famiglia siamo cresciuti sotto il regime di Tito, ma non posso certo affermare che si stava male, no. Si stava anzi molto bene, con regole ben precise. Magari voi eravate informati diversamente: per proteggere il vostro modello di vita eravate indotti a pensare che Tito fosse un dittatore. Forse lo era anche, ma ripeto, noi vivevamo bene, e molti oggi lo rimpiangono. Ad esempio, Tito regalò alla mia famiglia un appartamento...

d: Suo padre era del partito?

r: Sì, ma nel partito non ci entrava chiunque, solo i migliori, quelli che si distinguevano nel lavoro, nello sport o nell’esercito. Ma in ogni caso non era una cosa opprimente, bensì -nei fatti, al di là dei divieti ufficiali- piuttosto tollerante. Ripeto, magari fuori dal Paese si diceva che in Jugoslavia si mangiavano i bambini, ma io non ho visto questo.

d: Oggi si definirebbe un comunista?

r: Venendo in Italia, questa cosa di essere democratico o comunista si è persa, perché ognuno fa e dice come gli pare. Ma neanche quando ero lì ero comunista, non mi interessava; mi chiesero di diventarlo perché ero un buon soldato, e mi diedero tre libri da leggere, ma la politica non mi interessava. Ero uno sportivo.

d: Immagino però che lei o la sua famiglia abbiate vissuto -direttamente o indirettamente- la guerra nei Balcani; oggi siamo alle prese col conflitto russo-ucraino... e prima diceva che in Italia arrivano solo un certo tipo di notizie.

r: All’epoca della guerra nei Balcani uscivano notizie che difendevano solo il vostro operato, ma parlando al telefono con chi era lì (io ero già andato via), beh, la musica era diversa. E’ chiaro, la guerra fa schifo, è sempre sbagliata e in guerra sbagliano tutti, però non me la sento di dare ragione a questa o a quella parte. La verità è che la responsabilità è dei leader, che decidono di portare in guerra la povera gente, per coltivare interessi politici particolari. E la povera gente muore. Odio la guerra: all’epoca della guerra nei Balcani io mi trovavo già qui e a causa dell’embargo non potevo nemmeno andare a trovare i miei genitori e i miei fratelli! Chi ha ragione oggi? Nè Putin né Zelesky ce l’hanno. A morire sono donne e bambini. Un domani se ne riparlerà, com’è successo con la Serbia e col Kosovo. Questa cosa non doveva proprio iniziare, e adesso è dura davvero. Speriamo finisca presto.

d: Cambiamo argomento e passiamo allo sport. Quando ha capito che il calcio sarebbe stato la sua vita?

r: Da sempre, già a otto anni. Ho giocato in squadre importanti, Ofik, Partizan... ma non ho avuto una grossa carriera come calciatore, anche se la sognavo. Non riuscii a sfondare (forse anche per colpa mia, scelsi l’Italia invece dell’America, ove invece si sono “sistemati” molti miei amici e hanno giocato pure nella nazionale Usa), e un giorno -per caso- mi proposero di fare l’allenatore a Villa D’Agri, e da quel momento in poi è iniziata questa mia attività.

d: E della sua carriera come allenatore si sente soddisfatto?

r: Non ho mai pensato a fare “carriera” (anche se ho pure il patentino da serie A), ma mi sono sempre legato molto alle persone e alle realtà che trovavo: sei anni a Villa D’Agri, quattro a Melfi e diciassette con la famiglia Cupparo a Francavilla. Se qualcuno rispetta Lazic, Lazic rispetta lui e non lo abbandona mai.

d: Anche il Potenza l’ha cercata. Sono stati approcci seri? E perché non sono mai andati in porto?

r: Sì, ci sono stati approcci seri, ma anche col Matera. Ripeto: Maglione a Melfi mi trattò benissimo, e pertanto rimasi lì, nonostante le offerte. Non so, magari è un mio difetto, ma sono fatto così: mi lego alle persone.

d: E perché oggi a Francavilla ha smesso di sedere in panchina e si è messo dietro una scrivania?

r: Guardi, anche quando ero l’allenatore del Francavilla, facevo già pure questo, in realtà facevo tutto (allenavo persino i bambini), ma sempre col massimo rispetto per chi mi era a fianco. I Cupparo negli ultimi anni hanno dovuto concentrarsi molto sulla loro azienda, e quindi oggi hanno delegato a me (essendo il loro uomo di fiducia) gli aspetti calcistici.

d: Lazic-allenatore è un capitolo definitivamente chiuso?

r: Finché resto a Francavilla sì. Poi non si sa mai, se costretto (dalle circostanze o dagli eventi: nel calcio può accadere di tutto) potrei tornare anche a fare il mister, che è la cosa che mi piace di più.

d: L’ultima stagione però è stata entusiasmante.

r: Siamo più completi, e io cerco di dare all’allenatore ciò che gli serve, lo proteggo. Ed è un aspetto sul quale io, da mister, non potevo contare.

d: Lei si divide fra Francavilla e Potenza, dove vive la sua famiglia. Lei dove si trova meglio?

r: Diciamo che sto più spesso a Francavilla, ove mi conoscono tutti, e viceversa, dai bambini di cinque anni agli anziani di cento! A Potenza ci vivo più che altro d’estate, ma anche qui ho molti amici, coi quali gioco a calcetto.

d: Sua moglie e i suoi figli sono Lucani, e ormai lo è anche lei: se potesse prendere Bardi sottobraccio, cosa gli direbbe?

r: Gli direi che io sono Serbo, ex Jugoslavo, naturalizzato Lucano e Potentino, e che quindi conosco tutti i problemi della regione, specie dei giovani. Gli direi che la Basilicata è bellissima, ma va sfruttata meglio. Non bisogna pensare solo alla Fiat o al petrolio, ma anche al turismo, alle infrastrutture. Pertanto direi a Bardi: lo so che è difficile -anche per lui- fare in cinque anni tutto ciò che non si è fatto in quaranta, ma i paesi sono rimasti vuoti e i giovani sono tutti fuori. Io ho due figli senza lavoro: non ci fate emigrare di nuovo in Lombardia! Fateci rimanere qui! Ecco, questo direi a Bardi, che stimo e rispetto, e lui sa cosa deve fare, ma gli chiederei di far rimanere qui i nostri figli e nipoti.

d: E a Macchia, neo presidente del Potenza, cosa si sente di dire? Che impressione si è fatto?

r: Caiata ha fatto cose incredibili col Potenza e bisogna fargli i complimenti. A Macchia va detto innanzitutto un “bravo” per il coraggio (fare calcio a Potenza non è facile), confidando che punti molto anche sui settori giovanili. Gli auguro un gran bene, sperando che non si limiti a fare calcio per due-tre anni, come spesso accade, bensì in un’ottica più duratura. A Francavilla c’è un progetto che va avanti da 25 anni, e se non fosse stato per i limiti invalicabili delle strutture (che non abbiamo), con questa società alle spalle avremmo potuto tranquillamente fare la Lega Pro! Potenza queste possibilità ce le ha, e auguro ai potentini che vengano sfruttate al massimo. Sono malati di calcio, quando mi è capitato di batterli, li ho visti piangere. Meritano molto: non deludeteli.

d: Mi dice il libro, il film e la canzone che la rappresentano?

r: Libri ne ho letti tanti, ricordo un direttore che mi costringeva e leggere “Guerra e pace”, che è di mille pagine, e io ci passavo i pomeriggi, mentre i miei amici dabbasso mi chiamavano per giocare a basket (da buoni Serbi)! Diciamo quindi che preferisco i libri sportivi, credo di averli letti tutti! (ride). Su film e canzoni non ho gusti particolari, la mia testa è troppo spesso “nel pallone” (risate).

d: Mettiamo che al campo di Francavilla, fra cent’anni, scoprano una targa a suo nome: cosa le piacerebbe ci fosse scritto?

r: Lei mi tocca a livello emotivo, e lì non mi deve toccare (sorride). Come dicevo, sono consapevole che non possiamo andare oltre la serie D, anche se avessimo vinto il campionato non ci saremmo iscritti, perché fare lo stadio con le regole imposte dalla Figc ci è impossibile. Uno stadio da cinquemila posti, per un paese di quattromila abitanti non mi sembra realizzabile, insomma. Come vorrei essere ricordato? Io cerco di dare tutto me stesso… a scrivere qualcosa magari ci penserà chi verrà dopo.

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di Walter De Stradis

 

 

 

Dallo scorso 1 febbraio, il Direttore della Biblioteca Nazionale di Potenza è il dott. Luigi Catalani.

Persona alla mano (nonostante l’aristocratica “r” arrotondata), è un vero appassionato (oltre che esperto qualificato) della materia. Tocca a lui dunque l’incarico di coordinare il Polo culturale integrato del territorio, inaugurato nel 2020 in attuazione del Protocollo d’Intesa sottoscritto nel 2017 da MiC, Regione Basilicata e Provincia di Potenza

d: Come giustifica la sua esistenza?

r: Domanda impegnativa... non credo sia possibile giustificare un’esistenza, parlando in generale. Credo sia un dono, pertanto cerco di meritarlo giorno dopo giorno sia in famiglia sia nella mia attività professionale.

d: La sua attività professionale riguarda senza dubbio il mondo dei libri. Come ne è entrato a far parte? C’è stato qualcuno che l’ha introdotta o è stato “rapito”?

r: Avevo già una passione da piccolo e, ben prima di questo incarico, ero già in mezzo ai libri, poiché stavo per concludere il mio dottorato di ricerca quando partecipai a uno degli ultimi concorsi per bibliotecari bandito in Basilicata, era il 2003 se non erro. Presi, dunque, servizio presso la Biblioteca provinciale di Potenza e ciò fino a sei anni fa, quando -con la riforma delle Provincie- il personale in forza alle stesse è passato in comando alla Regione Basilicata; anche se di fatto non è cambiato nulla, se non l’importante stipula di un protocollo d’intesa tra Ministero, Regione e Provincia per la nascita di un Polo culturale integrato del territorio. Ebbene, da un paio d’anni a questa sono operativo presso questo Polo, dapprima come bibliotecario alla Provinciale, poi come Direttore del Polo stesso.

d:...Tra l’altro lei dirige una Biblioteca all’interno di una cornice splendida, una sede ultramoderna. Ne parlammo in una precedente intervista anche con la direttrice che l’ha preceduta, la dottoressa Pilogallo. Oggi come procedono le attività, a seguito di una Pandemia che ha lasciato alle sue spalle numerosi strascichi, specialmente in ambito culturale?

r: A distanza di due anni da quella prima timida apertura -era il cinque luglio del 2020, quando potevamo far entrare in biblioteca solo cinque persone- direi che oggi, con la caduta dei principali vincoli legati alla Pandemia e pur rispettando le normative in vigore, posso certamente dire che la biblioteca lavora a pieno regime e la comunità è riuscita a riappropriarsene.

d: Le persone, dunque, nonostante le potenzialità della Rete, ancora tornano in Biblioteca a consultare fonti e documenti?

r: Certamente, e la cosa ci conforta. I primi a essere rientrati in biblioteca ovviamente sono stati gli studenti universitari, per la preparazione di esami o tesi di laurea, tuttavia c’è un’ampia presenza di persone che -fortunatamente- non possono fare a meno di leggere. Abbiamo immediatamente riattivato il servizio di prestito, oltre che organizzato numerose iniziative culturali, specialmente a favore delle scuole. Insomma, direi che chi scopre questo posto non può fare a meno di ritornarci.

d: In Basilicata ci sono molti editori, dunque immagino che le assi della biblioteca siano più che adeguatamente fornite. Estendo il discorso a un campo ben più ampio, secondo lei ci sono poi realmente tutti questi lettori?

r: I tassi di lettura non sono poi così lusinghieri, ha perfettamente ragione, tuttavia io e tutte le persone che lavorano intorno al Polo culturale partiamo da un punto di vista privilegiato: abbiamo la possibilità di raccogliere ed ospitare tutte le produzioni letterarie della nostra Regione, specialmente in virtù della norma sul deposito legale che ne permette la conservazione.

d: Come si spiega, a fronte dei numeri dei lettori non proprio confortanti, il fiorire al contrario di un ampio numero di editori e di produzioni culturali?

r: In effetti è un fenomeno su cui riflettere, anche se a noi fa particolarmente piacere questo fiorire di stimoli culturali, al punto da dedicare alle pubblicazioni made in Basilicata un’intera sezione. I libri locali vengono letti e consultati e, spesso, intorno a questi riusciamo a organizzare delle iniziative di più ampio respiro. È certamente vero, altresì, che uno degli altri deficit è legato alla scarsità di personale, poiché molte biblioteche sono sguarnite di bibliotecari. Potrei citare a mo’ di esempio il caso della Biblioteca provinciale di Matera, che non ha un bibliotecario già da qualche anno, o il nostro stesso Polo che dispone di un solo funzionario bibliotecario, che tra l’altro andrà in pensione il prossimo anno. Purtroppo è una situazione generalizzata che riguarda anche tutte le altre biblioteche d’Italia.

d: Vista la dipendenza dal Ministero della Cultura, dell’Università e della Ricerca, non si potrebbe pensare all’eventualità di farsi inviare dipendenti da altre sedi, come la Regione, in virtù del meccanismo della mobilità delle risorse?

r: In realtà ci sono dei concorsi per funzionari tecnici all’orizzonte, tuttavia questa ipotesi non si è ancora concretizzata (anche perché dovrebbero bandirsi a livello nazionale). Ci sarebbe la possibilità di arricchire il personale della Biblioteca Provinciale (gestita dalla Nazionale) confluito nei ruoli regionali, ma attualmente ridotto al lumicino; dunque, sì, anche attraverso la Regione ci potrebbe essere questa possibilità…

d:...Avete già fatto presente ufficialmente tale necessità, o meglio, questa richiesta?

r: Ci sono delle interlocuzioni in merito e, forse, potrebbe essere anche il momento giusto per ridefinire la policy non solo del Polo culturale di Potenza, ma anche quello di tutte le altre biblioteche della regione Basilicata. È vero, non sono moltissime, ma abbiamo tanti istituti ove è possibile usufruire di servizi di qualità; tuttavia è altrettanto vero che molte altre realtà chiudono i battenti quando l’unico bibliotecario presente se ne va in pensione.

d: Come se ne esce?

r: Non se ne può uscire se non attraverso un investimento, ma bisogna comprendere che un processo di sviluppo può e deve passare anche dalla cultura e dalla formazione permanente. Nel momento in cui si entra nel Polo integrato del territorio, si ha l’idea di cos’è una biblioteca oggi: non solo un luogo di tutela e conservazione, bensì un centro permanente di formazione. Ogni giorno ospitiamo tirocinanti universitari, scolaresche, dunque la biblioteca può diventare un volano di sviluppo economico.

d: Lei dice che bisogna far comprendere questo messaggio, dunque secondo lei non si è ancora capito?

r: Probabilmente non siamo stati bravi noi a lasciarlo passare, o a spiegarlo al meglio; quel che è certo è che insisteremo affinché venga compreso il ruolo strategico che una biblioteca può avere oggi nella società, specialmente in termini di sviluppo economico.

d: Non mi chiami malizioso se le propongo la stessa domanda che tempo addietro feci a chi l’ha preceduta, cioè alla dottoressa Pilogallo, quando confessò a questa testata che Bardi non era ancora andato a visitare il Polo culturale integrato...

r: Non abbiamo ancora avuto l’onore di averlo come ospite. In compenso sono venute a farci visita tante altre figure di spicco del panorama politico, sociale o religioso. Mi auguro che venga presto anche perché, insieme alla Provincia, la Regione è uno dei soggetti firmatari del Polo culturale integrato del territorio, unitamente al Ministero che lo sta gestendo al massimo delle sue potenzialità. A mio parere la Regione, infatti, potrebbe giocare un ruolo di primo piano nella messa a disposizione di personale da affiancare e formare.

d: Le notizie apparse qualche tempo fa nel rapporto tra Regione e Cultura sono state pressoché allarmanti (la mancata partecipazione alla Fiera del libro di Torino, la protesta della consigliera con delega alla Cultura). Insomma, si fa un gran parlare del binomio “Basilicata e Cultura”, ma secondo lei la politica ci crede davvero? O è diffusa la classica mentalità “ma sì, tanto i libri non portano da mangiare”?

r: È il settore che amo di più e del quale mi piace occuparmi a trecentosessanta gradi, affrontando tutte le complessità che ne derivano. Spesso si è abusato della parola cultura, svuotandola di ogni significato. La cultura è un investimento e in quanto tale va considerata. Non è possibile pensare di istituire una biblioteca senza pensare a professionisti che ci lavorino all’interno. Il ruolo strategico di una biblioteca deve essere tale non solo nell’ambito della cultura, ma anche e soprattutto in quello dell’innovazione, delle tecnologie e della formazione permanente. Penso alla digital literacy, ad esempio.

d: Qual è oggi il suo principale motivo di soddisfazione?

r: Be’, senza dubbio vedere i bambini mettere piede per la prima volta all’interno della biblioteca, leggere lo stupore attraverso i loro occhi... poi entrano nello spazio a loro dedicato e inizia la magia del primo contatto con un libro.

d: Su cosa deve puntare una biblioteca nazionale (in Italia non sono moltissime)?

r: La città deve essere consapevole dalla fortuna che ha ad avere a disposizione un posto come questo, che tra l’altro è anche pinacoteca, considerando la presenza di tutte le opere d’arte presenti. Per mezzo di tali sinergie, dunque, stiamo diventando uno degli snodi principali del confronto e della socializzazione, specialmente in merito a temi di ampia risonanza.

d:...Si può dire: “possiamo farcela solo se”…?

r: Se ogni attore coinvolto riesce a fare la sua parte, facendo però squadra e rete insieme agli altri. Siamo tra l’altro avvantaggiati in questo compito, essendo una piccola realtà, ma dobbiamo farlo. Faccio un esempio concreto. Grazie all’app SapereBas, attraverso un semplice click, è possibile fruire di tutto il patrimonio culturale della nostra Regione.

d: Se potesse prendere Bardi sotto braccio cosa gli direbbe?

r: Lo inviterei non solo a visitare il Polo, ma anche a riflettere sul ruolo innovativo che le biblioteche come la nostra possono e devono giocare in termine di sviluppo, poiché una volta compreso, è possibile pianificare tutta una serie di investimenti in questa direzione.

d: E al sindaco di Potenza?

r: Il sindaco frequenta spesso il nostro Polo. A lui chiederei di rilanciare la Biblioteca comunale dell’infanzia, che è in sofferenza, per permetterle di continuare la sua attività nonostante il prossimo pensionamento del suo bibliotecario.

d: Il film che la rappresenta?

r: “Un mondo perfetto” di Clint Eastwood.

d: Il libro?

r: “Pinocchio”, perché è il primo che ho letto tutto d’un fiato.

d: La canzone?

r: “Bad” degli U2.

d: Se tra cent’anni scoprissero una targa a suo nome su al Polo, cosa vorrebbe ci fosse scritto?

r: Nome, cognome e …”bibliotecario”, sperando che tra cent’anni non sia un lavoro estinto.

d: O vietato.

r: (Risate)

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di Walter De Stradis

 

 

 

 

Dopo due anni di assenza, torna anche il “Maggio di Accettura”, il più importante e seguito fra gli originalissimi “riti arborei” lucani. Il “clou” dell’atteso evento religioso-antropologico si consumerà proprio fra oggi (sabato) e martedì prossimo, dopo tutti i ben noti passaggi: l’esbosco dell’albero del Maggio, il taglio della Cima e il trasporto in paese, la processione di San Giuliano, l’innesto della Cima con il Maggio, e infine la celeberrima “scalata”.

Pietro Varvarito è il giovane vice-sindaco del borgo lucano della provincia di Matera che vive nel mezzo di due splendidi boschi (Montepiano e Gallipoli-Cognato), ma anch’egli ha una doppia anima, essendo anche il leader e cantante degli “Accipiter”, gruppo di musica popolare conosciuto e apprezzato in tutta la regione, nato proprio ad Accettura.

d: Come giustifica la sua esistenza?

r: Cercando di fare qualcosa di utile insieme agli amici e alle persone che mi circondano, a maggior ragione da quando ho deciso di rimanere nel nostro piccolo borgo. Ho vissuto per undici anni in Lazio, per una scelta precisa, ma poi il richiamo del paese –anche in virtù della musica, perché mio padre faceva quello- è stato troppo forte e sono tornato.

d: Cosa le mancava di Accettura, che non trovava altrove?

r: Recentemente abbiamo ospitato dei Milanesi, e per loro stare qui un solo giorno equivale a un’intera vacanza. C’è in paese un modo di far sentire bene le persone, che a volte sottovalutiamo noi stessi.

d: Tra l’altro, in base a un’indagine che pubblicammo qualche mese fa, qui si registra un importante numero di centenari e di quasi centenari.

r: Rimanendo qui nelle loro case, gli anziani accetturesi sono attorniati da un’attenzione e da un affetto (da parte dei vicini etc.) che probabilmente non troverebbero nelle strutture preposte e o magari raggiungendo i figli al Nord, impegnati in quelle vite frenetiche.

d: Lei ha accennato al fatto che suo padre, Francesco, fosse anch’egli interprete di musica popolare, essendo stato il leader de “I Maggiaoli”: la sua esperienza con gli Accipiter si può considerare una prosecuzione di quel discorso?

r: Mio padre in effetti mi ha lasciato un archivio immenso, di testi e musiche, che io in larga parte sto riprendendo e facendo nostre. Proprio qualche giorno fa è uscito il video del nostro brano intitolato “U iashkaridd”, che è poi il recipiente tipico da cui si beve alla festa di San Giuliano, uno strumento di condivisione.

d: Cosa c’è di peculiare nella tradizione accetturese (che è comunque solo una parte del vostro discorso musicale)?

r: C’è questo dialetto molto “chiuso”, a tratti incomprensibile, ma che conferisce ai testi una metrica e un carattere particolari, specie laddove modi di dire antichi trovano “applicazione” nella realtà odierna.

d: Le crea una qualche difficoltà essere il vise-sindaco, ma anche il cantante del gruppo folk (semplificando molto) del paese?

r: Non mi crea difficoltà, ma cerco di tenere separati i due discorsi.

d: Cioè quando suona in altri posti (ove non la conoscono), non dice di essere anche il vice-sindaco di Accettura.

r: Esatto (sorride).

d: Il maggio di Accettura è uno degli eventi religiosi e antropologici più attesi della Basilicata e del Sud…

r: …ti accorgi subito che è una festa diversa dalle altre. Si respira un attaccamento addirittura maniacale, pensi che c’è chi –fra coloro che vivono fuori- si organizza un anno prima per venire qui. E in paese, in quei giorni, tutti contribuiscono, in virtù dell’attaccamento alle tradizioni e a San Giuliano Martire stesso. Se incontri un Accetturese in una qualsivoglia parte del mondo, ti parlerà della Festa…

d: Da queste parti sono venuti antropologi ed etnomusicologi di fama internazionale: secondo lei la politica regionale ha saputo salvaguardare e promuovere il vostro evento, specie in tempi recenti di “maggiore esposizione”?

r: Come sa, Accettura è capofila nella rete dei Riti Arborei, che in Basilicata riguarda diversi comuni; purtroppo tutti gli altri non godono della complessità e del prestigio della nostra festa, mentre Accettura, come dicevamo, ne ha fatto la più seguita e la più studiata. Tuttavia, la politica guarda al “materiale”, ovvero l’aspetto economico, trascurando quello sociale e delle relazioni. Accettura è proprio nel cuore della Basilicata, lontanissima tanto da Potenza quanto da Matera: ciononostante l’allegria delle persone qui è tangibile. E non solo quando c’è festa.

d: E quindi la politica cosa dovrebbe/potrebbe fare?

r: Incentivare questo tipo di eventi, perché mentre il mondo va verso l’individualismo, queste occasioni riportano l’uomo in una dimensione di condivisione con gli altri e di contatto con la natura.

d: Con diversi altri suoi colleghi del mondo musicale lucano (ad esempio con la Krikka Reggae, la scorsa settimana) abbiamo spesso discusso sulle potenzialità di promozione, turistica e non solo, che possono vantare alcuni fra i gruppi regionali; potenzialità che –ci viene detto di volta in volta- sono poco sfruttate dalla politica regionale.

r: La Basilicata ha una varietà nella tradizione musicale, direi “geolocalizzata”, molto estesa; pertanto sognerei la creazione di un qualche organo regionale deputato a fare promozione, perché la maggiore difficoltà è uscire fuori, far conoscere la musica, ma anche tutto quello che c’è intorno.

d: Ma a parte questo, la politica è comunque attenta sulla questione, c’è la possibilità di ricevere –equamente- contributi e sostegni?

r: Al netto degli ultimi due anni di Pandemia in cui tutto è stato fermo, direi che anche prima non si è fatto abbastanza. Organizzare eventi locali ha un costo non indifferente. Tuttavia in passato i soldi a disposizione ci sono stati, mi chiedo perché non se ne siano visti gli utilizzi.

d: L’Accettura Folk Festival, evento estivo molto seguito, è stato sempre organizzato con le vostre sole risorse? Avete mai chiesto aiuto alla Regione?

r: Abbiamo fatto le classiche domande, ma non hanno avuto seguito. Non voglio lamentarmi, suggerirei soltanto di girare e rendersi conto di quello che si sta finanziando (e non), di dare un occhio alla qualità, insomma.

d: Dicevamo dei vostri testi dialettali, ma voi avete anche fatto molte canzoni in italiano, che denunciano i malcostumi della politica…

r: Sì, quando vogliamo dare le classiche “botte” scriviamo in Italiano. (sorride) Nella politica lucana io vedo una mancanza di visione, poiché si procede un paio di anni alla volta e poi si pensa

d: E l’ambiente musicale lucano? Si parla sempre di organizzare un grande Festival unitario, ma saltano sempre fuori il campanilismo, le rivalità…

r: Io credo che l’ambiente musicale lucano sia fortemente influenzato dalle varie situazioni politiche. E sì, i campanili ci sono.

d: L’Accettura Folk Festival poteva essere uno dei punti di partenza?

r: Ci abbiamo provato, abbiamo cercato di fare edizioni esclusivamente con gruppi lucani; si poteva sfruttare la situazione di Matera 2019, ma lì si è peccato parecchio, secondo me.

d: “Peccato”?

r: Se l’obiettivo era quello di far girare il nome di Matera, è stato raggiunto ampiamente. Il resto non lo so (sorride). Sul collegamento coi territori interni, anche dal punto di vista musicale, s’è persa una grande occasione. Cercare di forzare l’ingresso di tradizioni musicali che non hai nel tuo sangue, nel tuo Dna, non va bene. La musica tradizionale lucana non si è minimamente vista a Matera 2019. E’ un dato di fatto.

d: Se dovesse convincere un giovane a NON lasciare Accettura?

r: Beh, in generale trovo che a volte studiare fuori regione sia vista come una cosa “obbligata”, e che non sia una scelta meditata e ponderata. Direi pertanto di investire di più sulla nostra Università e che soprattutto le occasioni in loco bisogna crearsele, come stanno facendo diversi Accetturesi, soprattutto nel Terzo Settore.

d: Se potesse prendere Bardi sottobraccio, cosa gli direbbe?

r: Gli farei passare tre giorni qui, durante la Festa del Maggio, per fargli capire cosa significa nei nostri comuni essere davvero attaccati; e poi gliene farei passare altri tre, sempre qui, quando NON è festa.

d: Metaforicamente, cosa vorrebbe trovare in cima al Maggio, dopo la scalata tradizionale?

r: Vorrei trovare, fra dieci anni, le stesse persone che vivono ad Accettura OGGI. Sarebbe già un grande risultato. Nell’ultimo anno abbiamo perso sedici persone in tutto, a fronte di diciotto nascite: la situazione non è dunque drammatica come in passato, ma bisogna sperare che non peggiori.

d: Mi risulta anche che il costo delle case ad Accettura è molto alto.

r: Sì, perché anche chi vive fuori, e lascia qui una casa vuota, si SENTE sempre Accetturese, e questo anche in virtù della Festa. Pertanto non la venderà mai sottocosto.

d: In cosa Accettura potrebbe essere d’esempio per tutta la regione?

r: Innanzitutto direi che la politica regionale dovrà una volta per tutte scegliere fra gas/petrolio o la preservazione del patrimonio ambientale-naturalistico. Detto questo, Accettura è un paese nel bosco (in mezzo a due boschi, meglio), e qui il rapporto fra uomo e natura è forte, ed è sicuramente un concetto che va ripreso.

d: Il libro che la rappresenta?

r: “I fratelli Karamazov”.

d: La canzone?

r: “Time of your Life” dei Green Day.

d: Il film?

r: “La vita in un attimo”, un film spagnolo sulle esistenze che si intrecciano.

d: I prossimi impegni degli Accipiter?

r: Oltre ad aprire qui la Festa del Maggio, saremo a Balvano il 14, a Grumento a 18, a Possidente il 25. E siamo in fase di organizzazione dell’Accettura Folk festival.

 

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di Antonella Sabia

 

 

 

 

È trascorso quasi un mese dal passaggio della tappa del Giro d’Italia, che è stata sì una bella vetrina per la città di Potenza e per la sua provincia, ma come dice un vecchio proverbio, “Passato il Santo, passata la festa”. Che cosa vogliamo dire, la città si è fatta bella per il giorno di festa, ma a chi in bici va tutti i giorni cosa resta? Un argomento che Controsenso aveva già affrontato qualche settimana fa, con il consigliere pentastellato Falconeri, che aveva denunciato l’assenza di piste e segnaletica per i “ciclisti”, lo stesso infatti affermava di essere stato investito da un furgone. Abbiamo continuato a sentire voci sull’argomento, chiamando in causa un altro consigliere comunale, Francesco Giuzio (La Basilicata possibile) che da qualche mese ha scelto di muoversi in città sulle due ruote.

«Personalmente la vivo come una protesta, come una testimonianza che si può fare qualcosa per il bene della collettività, anche sacrificando la propria comodità. Il clima e la conformazione orografica del nostro territorio con tutti questi saliscendi sono bocconi duri da digerire, in più la scarsa manutenzione delle strade, l’assenza di qualsiasi pista ciclabile e la presenza di numerose barriere come i marciapiedi che finiscono a strapiombo senza passerelle, offrono continui pericoli. Insomma, è complicato muoversi in una città in cui la viabilità è pensata per le macchine che la fanno da padrone, tant’è che Potenza è una delle città con il più alto tasso di motorizzazione per abitante. Basti pensare a quante piazze sono state votate a parcheggi, proprio perché c’è necessità di potersi muovere e non rimanere chiusi in un ingorgo. Non c’è attenzione ai pedoni e chiaramente a tutti coloro che si muovono con mezzi alternativi, questo è un peccato però sono convinto che con un po’ di educazione, un po’ di sensibilizzazione, soprattutto con tanto buon esempio, quello che provo nel mio piccolo a dare, è possibile invertire un po’ la rotta.

d: Cosa ha lasciato in eredità il Giro d’Italia?

r: Il Giro in eredità lascia poco ai ciclisti e a chi si muove in bicicletta, se non l’amarezza di vedere una città così appassionata però poi anche così distante dalla pratica reale. Per fortuna in questo senso qualcosa sembra muoversi, da anni ci sono associazioni come Ciclostile per esempio, che sono molto attive e fanno eventi di sensibilizzazione per educare all’utilizzo di una mobilità diversa. Sarebbe bello che si intraprendessero delle azioni per ripensare la struttura della viabilità cittadina, intervenire dove le arterie si prestano certamente meglio per la predisposizione di piste ciclabili. Penso alla strada che dal Principe di Piemonte arriva fino a Santa Maria, che è tutta a senso unico e la strada è abbastanza larga, sacrificando qualche metro di parcheggio si potrebbe ricavare una pista; stessa cosa in Corso Matteotti per arrivare a chiudere l’anello per l’università e l’ospedale, che rappresenta la zona più frequentata dai giovani. Penso alla Fondovalle, dove il limite è 70/h, secondo me è inutile avere quattro corsie, una la si potrebbe lasciare per uso pedonale o ciclabile. Si tratta di un area da restituire alla città, il cui ruolo è congiungere diversi punti strategici fino al Parco del Basento, dove sono partiti i lavori per la pista ciclabile che porterà fino al Comune di Pignola, passando per il Pantano. Ciclostile, per esempio, aveva già proposto un programma di vie ciclabili all’amministrazione, ma purtroppo ancora non si è mosso niente. Speriamo che l'assessore Di Noia sia più sensibile al tema rispetto al suo predecessore, soprattutto abbia più coraggio nel fare delle scelte che magari nell’immediato possono sembrare o essere percepite come impopolari. L'obiettivo di un politico non è quello di farsi rieleggere, ma di lasciare un segno.

d: Si era parlato anche di “car sarin” e “bike sarin”, ma a che punto siamo?

r: Mi auguro di poterle vedere a settembre, ne parlavamo proprio al Sindaco ieri, a margine di un'interrogazione in Consiglio Comunale sulla riqualificazione di Piazza Zara, esempio lampante di aree sacrificate proprio per i parcheggi. Nell’ottica di restituirle alla cittadinanza, il sindaco diceva che grazie all’acquisto di monopattini e biciclette per il bike sharing, si pensava di installare in quella zona una sorta di piccola stazione, dove mettere rastrelliere per il fitto o nolo. Speriamo che per settembre, magari, gli alunni potranno muoversi e decidere di tornare a casa con la bicicletta elettrica presa in bike sharing dal Comune di Potenza. Sarebbe una bella esperienza, in tutte le città più grandi d'Europa, Berlino, Bruxelles, Roma, Milano ormai sono piene, forse ce ne sono anche troppi e mal regolamentati, però penso che noi siamo pronti per iniziare ad affacciarci a questo nuovo modello di trasporto.

d: Il Comune ha pensato al Piano Urbano della Mobilità Sostenibile, e i cittadini sono stati invitati a partecipare ad un questionario sulla mobilità del domani, lo ritiene uno strumento utile?

r: Il PUMS va bene, è apprezzabile, ma dobbiamo fare presto, a volte il meglio è nemico del bene, quindi bisogna nottetempo tracciare una pista ciclabile e poi lasciare che siano i cittadini a utilizzarla e man mano noi amministratori a migliorarla. Ripeto, bisogna avere coraggio, a Milano durante il covid hanno fatto le nuove piste ciclabili in centro città, e la gente la mattina dopo si è svegliata e le ha trovate sotto il naso, terminati i periodi di lockdown, le persone hanno utilizzato le nuove piste. Non è che possiamo sempre star a perdere tempo a menare il can per l’aia e lasciare che queste cose ammuffiscano, in questi casi la troppa riflessione non è una buona una buona consigliera.

 

 

 

 

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Visite agli impianti e formazione in aula, nell’ambito di un progetto che ha coinvolto75 giovani frequentanti due istituti di istruzione superiore a Corleto Perticara e a Stigliano.

 

Visite agli impianti e formazione in aula, nell’ambito di un progetto che ha coinvolto75 giovani frequentanti due istituti di istruzione superiore a Corleto Perticara e a Stigliano.

Si è concluso, con la visita agli impianti Tempa Rossa degli studenti dell’istituto d’istruzione superiore “F. Alderisio” di Stigliano, un progetto di Pcto (Percorso per le competenze trasversali e l’orientamento), ex‘alternanza scuola-lavoro’.

L’iniziativa è frutto della convenzione siglata da TotalEnergies EP Italia con due scuole del comprensorio della concessione Gorgoglione, quella di Stigliano e l’istituto tecnico dell’omnicomprensivo “16 agosto 1860” di Corleto Perticara.L’iniziativa, che rientra nella formazione on the job obbligatoria prevista dal Ministero dell’Istruzione per l’ultimo triennio della scuola superiore si è sviluppata attraverso sessioni di formazione in aula per un totale di 14 ore, focalizzate sul processo dell’impianto Tempa Rossa, gli impianti Seveso e la politica di sicurezza di TotalEnergies.Gli studenti coinvolti sono stati in tutto 75, di cui 25 della scuola di Stigliano e 50 dell’istituto di Corleto Perticara.

Otto ore, invece, sono state dedicate alle visite nel centro olioTempa Rossa, nel centro Gpl di Guardia Perticara e in un’area pozzo.

“Riteniamo fondamentale - ha detto Ambrogio Laginestra, responsabile del Dipartimento Relazioni con il territorio di TotalEnergies EP Italia- aiutare le giovani generazioni, che sono il futuro del territorio, a potenziare le loro competenze. I progetti di Pcto sono un metodo didattico innovativo che, attraverso l'esperienza pratica, aiutano gli studenti ad orientare il percorso di studio, a consolidare le conoscenze acquisite a scuola e a testare le attitudini sul campo. L’iniziativa, tra le attività che la compagnia sviluppa per il territorio,in linea con la politica di responsabilità sociale ha ottenuto un riscontro molto positivo da parte degli studenti, molto interessati grazie al coinvolgimento dei rappresentanti aziendali dei diversi dipartimenti e dei docenti delCentro di formazione internazionale TotalEnergies “Oleum” di Dunkerque, in Francia”.

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di Walter De Stradis

 

 

 

Sono ancora giovani, ma da vent’anni ormai hanno deciso di rimanere in Basilicata (pur avendo avuto proposte di “trasferimento” fuori regione), nonché di investire su se stessi, sulla collaborazione con altri noti artisti lucani (come il cabarettista Dino Paradiso e l'attore regista Rocco Papaleo), e soprattutto di comunicare le problematiche (ma anche le gioie) della loro terra con un mezzo poco comune, la musica reggae.

I bernaldesi Manuel Brando (al secolo Manuel Tataranno) e Big Simon (Simone Cammisa, fresco anche di un cd solista che ospita grandi artisti giamaicani), sono i frontmen (le voci) di uno dei pochi gruppi musicali conosciuti e apprezzati anche fuori regione, i Krikka Reggae.

D: Iniziamo con una domanda antipatica, ma che serve a tracciare dei contorni: voi nella vita fate solo questo?

R: Manuel: Sì. Il nostro è un lavoro che riguarda tutto ciò che è intorno alla musica, infatti siamo anche produttori e organizzatori di eventi. E’ una delle nostre “mission” fare ciò in cui crediamo “in loco”, e non magari a Milano, Roma…

Ma “Lei”, la Basilicata, vi ha ricambiato finora? Si può vivere di musica in Basilicata?

R: Manuel: Io intanto farei un distinguo: c’è il “popolo” lucano (che è la “conditio sine qua non” e che ci ha sempre supportato, basti vedere le piazze gremite ai nostri concerti)…e poi ci sono le istituzioni. Queste ultime hanno sempre risposto “a intermittenza”, ovvero senza una “visione” costante di quella che può essere la musica lucana in generale, che C’E’, è viva, vegeta e produce tante cose belle. Infatti la musica è anche un “prodotto” con delle potenzialità di promozione territoriale…

R: Simone: A differenza del “peperone crusco”, ad esempio, non c’è stata una vera volontà di sostenere i prodotti musicali e culturali.

D:Tuttavia a Potenza, città che ospita il “palazzo” della Regione, non manca chi sostiene che fra i gruppi che abbiano maggiormente beneficiato dei contributi pubblici vi siano proprio i Krikka Reggae.

R: Manuel: Questa cosa mi fa sorridere. I fondi erogati sono pubblici e chiunque può verificare: quando la nostra associazione culturale ha ricevuto quei sostegni, lo ha fatto partecipando a dei bandi pubblici (o meglio, l’unico bando regionale, quello dello spettacolo), accessibili a chiunque. Non ci sono mai state “corsie preferenziali” e tenga conto che qui parliamo di musica come professione, il che comporta concetti e impegni piuttosto seri, giornate Enpals, contributi versati…

D:Ricordo il video dell’inno “Lukania”.

R: Manuel: Esatto, quella fu un’operazione proprio di tipo “turistico”. E l’Apt, all’epoca guidata da Gianpiero Perri (se non erro), fu premiata alla Bit di Milano proprio per l’idea di promozione del territorio effettuata attraverso quella nostra canzone.

D:Il concetto, mi pare di capire, è che la politica regionale comunque sfrutta poco i gruppi lucani (soprattutto quelli conosciuti anche fuori regione), e la loro musica, come mezzo di promozione della Basilicata.

R: Manuel: Certamente sì. Abbiamo un esempio lampante qui vicino: i nostri cugini pugliesi, che hanno fatto della musica locale un grande strumento di promozione, arrivando poi a essere i numeri uno in fatto di presenze turistiche. L’investimento fatto da quelle parti –che tuttora continua- ha consentito ai gruppi musicali di fare il loro lavoro, garantendo però agli artisti tutto un sistema di promozione, notizie, uffici stampa, atto a diffondere la loro musica nel resto dell’Italia. Un volano di promozione turistica della regione.

R: Simone: Lì c’è stato tutto il lavoro di “Puglia Sounds”.

D:Quindi in Basilicata ci vorrebbe una “Music Film Commission”? O sarebbe un altro carrozzone?

R: Manuel: Beh, se dev’essere un “poltronificio”, meglio di no, ma per renderla funzionale basterebbe, come dicevo, seguire le buone pratiche fatte da altri, senza doversi inventare nulla.

R: Simone: E in Basilicata ci sarebbe terreno fertile, perché qui da noi le realtà musicali sono tantissime, ma avrebbero solo bisogno di sostegno, anche a favore del territorio.

R: Manuel: Pensi che produttori di dischi e di spettacoli di altre regioni vanno in Puglia perché c’è la possibilità, attraverso i sostegni pubblici, di produrre nuovi lavori con artisti del posto. E’ un discorso che conviene a tutti.

D:Tuttavia, uno lettore di Milano, leggendo queste righe potrebbe chiedersi: scusate, ma voi non siete lucani, di Bernalda, a pochi chilometri da Matera, Capitale della “CULTURA” 2019??? Come mai tutti questi problemi?

R: Manuel: Eh! Ce lo chiediamo anche noi (sorride). Non siamo politici e non ci sappiamo dare una risposta. Per lavoro seguo gli aspetti istituzionali, e so bene che nel 2020, l’anno successivo al grande evento materano, e con tutta la Pandemia in corso, la Regione Basilicata –unica in Italia- non ha dato alcun ristoro alle associazioni culturali e ai musicisti. Pensi che il primo bilancio del 2020 (fortunatamente poi le cose sono un pochino cambiate) per la Cultura aveva previsto “Zero”, e in effetti era una cosa che strideva con la regione della Capitale della Cultura.

D:Se ci riferiamo alle ultimissime, per la prima volta la Regione non ha partecipato alla Fiera de Libro di Torino, e la consigliera regionale con delega alla cultura, ha restituito il mandato al governatore Bardi, proprio a causa dell’irrisorietà dei soldi destinati al settore.

R: Manuel: Temo ci sia la convinzione che del contributo alla Cultura ne beneficia soltanto il destinatario; mentre per ogni euro speso per il settore – e i numeri di Matera 2019 ce lo confermano- se ne sviluppano venti per l’indotto (servizi, alberghi, ristoranti, etc).

R: Simone: Questa cosa o non si è capita, o non si vuole capire.

D:A proposito di Bernalda, il presidente Bardi ha reso noto di aver scritto a Francis Ford Coppola, originario di questo paese, per organizzare una mostra sui 50 anni de “Il Padrino”. Non si annuncia dunque un importante evento, ma solo l’aver scritto una lettera in merito. Un (triste) segno dei tempi?

R: Simone: Questa mi mancava. Ma Coppola gli ha risposto? (risate)

R: Manuel: (sorride) Dài, prendiamo per buono l’impegno, anche se questa mostra –che si vuol fare a Natale- arriverebbe comunque in ritardo per l’anniversario. Io dico però un’altra cosa: Coppola ha una proprietà-residenza qui da ormai dieci/quindici anni, ed è cittadino onorario di Benalda dagli anni Ottanta…

D:Quindi questa “parentela” con Coppola si poteva “sfruttare” meglio?

R: Manuel: Esattamente! Con l’attore Michele Russo, il vero “collante” di tutta la faccenda, c’erano in ballo tutta una serie di progetti, che sono rimasti sulla carta. La “presenza” di Coppola a Bernalda è una miniera d’oro culturale non sfruttata: da dieci anni a questa parte c’è stato un sensibile aumento turistico, con pullman pieni di gente che vogliono vedere la sua residenza.

D:Tra l’altro la figlia Sofia, stimatissima regista anche lei, si è sposata qui.

R: Simone: E io al matrimonio ci sono andato! La zia di mia nonna è la sorella del papà di Francis, insomma, “d’ l’ Copp’l”, come si dice qui. Non so a quale grado gliene vengo parente, ma mi arrivò una telefonata per partecipare a quel matrimonio così riservato.

D:E non ha chiesto a Coppola di musicare un suo film?

R: Simone: (Ride) Non mi sembrava il caso, mi sono fatto una foto e cose così.

Da quando c’è Coppola, a Bernalda il turismo è aumentato… e da quando ci sono i Krikka Reggae? (Io ho spesso presenziato alla “Reunion” estiva che fate a Mataponto, ospitando ogni anno decine di artisti reggae nazionali e non, e ho sempre visto un gran numero di gente…)

R: Manuel: Sì, siamo arrivati alla diciassettesima edizione, ma tenga conto che il “Metaponto Beach Festival” non riguarda solo la musica. Anche da prima dei Krikka, facevamo serate con migliaia di persone giù in spiaggia, già ai tempi del “Brigante Sound”.

D:La politica ha mai cercato di “veicolarvi”. Vi hanno mai chiesto di candidarvi?

R: Manuel: E’ pure successo, ma non ci interessa.

R: Simone: Per scelta non ci schieriamo.

R: Manuel: Facciamo politica con la musica.

D:Infatti avete fatto canzoni sul petrolio, sul nucleare…avete mai fatto incazzare nessuno?

R: Manuel: A Potenza abbiamo fatto arrabbiare Guarente. Quando ci fu il suo ballottaggio con Tramutoli (e fu una delle poche volte che abbiamo preso posizione), per indole meridionalista (c’era di mezzo comunque la Lega, eh), in un concerto cambiammo le strofe di “Lukania”, cantando “io vivo in Lucania che non è la Padania…per chi non la conosce e l’ha sempre denigrata” (la cantano assieme– ndr).

R: D:E come sapete che Guarente si è arrabbiato?

Manuel: Beh, ci arrivarono diversi messaggi sui social, in tanti ci attaccarono...Tanti invece ci dissero grazie.

D:Se poteste prendere Bardi sottobraccio, cosa gli direste?

R: Simone: <<MA TU, D' DOV' SI???>>.

R: Manuel: Detto questo (risate), gli ricorderei delle belle energie culturali, teatrali e musicali presenti in Basilicata, che HANNO bisogno di un sostegno, spiegandogli che si tratta di un sostegno che ritorna TUTTO indietro. Non si tratta di soldi di dare a qualche “privilegiato"; bensì, come dicevamo, di un investimento economico che dà risultati veri.

D:Un grande festival della Basilicata, tipo “Notte della Taranta”, secondo voi è possibile o piuttosto –come hanno sostenuto alcuni vostri colleghi- ci si scontrerebbe con le solite velleità campanilistiche? Oltre a questo, c’è chi sostiene che mancano le strade, gli alberghi…

R: Simone: Almeno, dovremmo iniziare a pensarci.

R: Manuel: Più che farlo in Basilicata, io lo immaginerei come un festival itinerante, in grandi città italiane, col supporto della Regione Basilicata, per portare il marchio culturale lucano in giro per l’Italia. Per dimostrare che qui C’E’ vita. Ciò che ci manca è proprio questo: farci conoscere. A pochi anni dalla fine di Matera 2019, a parte Matera stessa, si nota che l’attenzione sul resto della regione già sta scemando. La Fondazione, "Matera-BASILICATA" con la sua esperienza e il suo prestigio, andrebbe oggi messa a disposizione di tutti i comuni lucani e delle loro risorse turistiche, che ci sono eccome.

 

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di Walter De Stradis

 

 

 

 

 

In provincia di Potenza: Armento, Brindisi di Montagna, Calvera, Campomaggiore, Carbone, Castelluccio Superiore, Castelmezzano, Forenza, Gallicchio Ginestra, Guardia Perticara, Missanello, Noepoli, Ruvo del Monte, San Paolo Albanese, Sasso di Castalda, Teana, Trecchina, Trivigno.

In provincia di Matera: Accettura, Calciano, Cirigliano, Craco, Garaguso, Gorgoglione, Miglionico, Oliveto Lucano, Rotondella, San Giorgio Lucano, San Mauro Forte, Valsinni.

Il Segretario generale della FISAC-CGIL (Federazione Italiana Sindacale Lavoratori Assicurazione e Credito), Bruno Lorenzo, ci ha consegnato un foglio con tutti e trentatré (sì, avete letto bene) i comuni lucani privi (o recentemente privati) di sportelli bancari.

Dal 2014, sono ben quarantuno in meno, in tutta la regione.

D: A sentire le ultime sulla chiusura e il dislocamento di filiali in Basilicata, sembrerebbe trattarsi di un vero e proprio “tsunami”: è così davvero?

R: Purtroppo sì. La tendenza ormai è quella di diminuire sempre più la presenza degli sportelli bancari sul territorio. La Basilicata, storicamente, aveva due grandi aziende di credito: la Banca di Lucania e la Banca di Pescopagano, senza contare gli istituti di credito cooperativo, parte integrante del tessuto economico della nostra regione. Purtroppo abbiamo perso questa “identità”: l’ultimo istituto di credito locale -che tra l’altro era interregionale- era la Banca Popolare di Bari, ormai acquistata dal Mediocredito centrale. A seguito della riforma Renzi, le banche di credito cooperativo hanno poi perso la loro identità regionale, e quindi non abbiamo più un presidio locale a livello di direzione.

D: Come mai queste chiusure si registrano perlopiù al Sud?

R: Perché le banche sempre più investono nel Centro-Nord, che -ahimè- rappresenta il tessuto economico e sociale più forte, in barba a tutto ciò che sta succedendo nel Meridione, per di più in un momento delicato in cui arriveranno a pioggia i milioni del Pnrr: le aziende che avessero bisogno dell’erogazione del credito, rischierebbero o di rivolgersi alle direzioni del Nord o -pur rivolgendosi a uno sportello locale- che la loro richiesta venga comunque valutata al Nord.

D: Ma allora gli Italiani del Sud portano meno soldi nelle banche rispetto a quelli del Nord?

R: E’ l’esatto opposto. Tra l’altro, storicamente, i cittadini del Sud erano quelli che avevano una maggiore capacità di risparmio. E molto spesso si sono utilizzati questi “depositi” del Mezzogiorno per impiegarli al Nord, col paradosso che i tassi sono differenziati tra le due aree.

D: Pure.

R: Acquistare denaro al Sud ha un costo mediamente tra lo 0,10 e lo 0,20 più alto rispetto a chi acquista l’analoga cifra, e alle stesse condizioni, al Nord. Per le banche la convenienza è dunque avere comunque clienti al Sud, per fare raccolta di denaro, da impiegare successivamente al Nord, favorendo le aziende o i piccoli risparmiatori locali.

D: E’ una questione politica?

R: Sbagliata. E purtroppo negli anni non abbiamo avuto un grande aiuto dalla NOSTRA classe politica, a livello nazionale, regionale e comunale. Ricordiamoci che l’articolo 47 della Costituzione specifica che la politica ha anche il compito di presidiare l’erogazione e la disposizione del credito in Italia!

D: Si può fare una mappatura della situazione in Basilicata?

R: Ci sono ben trentatré comuni privi di sportelli bancari e di Atm: ventuno in provincia di Potenza e dodici in provincia di Matera. Ne consegue che per effettuare operazioni bancarie occorre recarsi nei comuni limitrofi, con grandi disagi soprattutto per i più anziani e le persone non autosufficienti. Le banche, dal canto loro, si nascondono dietro il dito della “digitalizzazione”: ma se per un “millennial” non è sicuramente un problema adoperarsi con l’ “home banking”, lo stesso non può dirsi per chi non ha le adeguate conoscenze tecnologiche.

D: Potenza, Matera, Brienza, Venosa, Oppido, Acerenza, Rotondella, Pisticci, Tito, Ruvo del Monte, Forenza, Trecchina, Gorgoglione…sono solo alcuni dei comuni, a leggere i vostri comunicati, che di recente sono stati interessati dalle chiusure…

R: Tra l’altro venerdì (ieri per       chi legge – ndr), chiuderanno altri due sportelli bancari di Bper, uno a Miglionico e uno a Gorgoglione e pensi che non sono in perdita, ma il contrario. Il problema è che le banche –come tutte le aziende private- quando vogliono diminuire i costi, la prima cosa che tagliano è il personale. E’ facile fare cassa tagliando le teste.

D: E in mezzo ci sono i cittadini.

R: Sì, ma anche i dipendenti, che nella migliore delle ipotesi sono poi costretti a farsi 30 chilometri per raggiungere il posto di lavoro…

D: Licenziamenti ce ne sono stati?

R: Fortunatamente no. Nel settore del credito abbiamo pi un Fondo privato che accompagna i lavoratori vicini alla pensione, fino alla soglia pensionistica. Ma non è un pozzo senza fondo e poi le aziende –per ogni due dipendenti che escono- ne assumono soltanto uno, e non sempre nella regione in cui avvengono gli esodi. In Basilicata, molto spesso, escono dei dipendenti e magari vengono sostituiti – al 50%- da persone assunte a Torino, Milano o Verona. Se il trend è questo, lo spopolamento della Basilicata continuerà ad aumentare.

D: Limitandoci alla sola Potenza, il bollettino delle chiusure di sportelli e Atm ci parla di zone come Gallitello, corso Garibaldi, Centro Storico, Ospedale San Carlo, viale Dante…cosa avrebbe potuto fare il sindaco e non ha fatto?

R: Quantomeno ci saremmo aspettati un coinvolgimento delle parti sociali, per studiare come frenare il fenomeno. E’ chiaro che un sindaco, come anche un governatore, non può usare la bacchetta magica dinanzi a un’azienda privata, ma perlomeno ci saremmo aspettati una presa di posizione, soprattutto quando si è paventata la chiusura della Banca Popolare di Bari (al momento dell’avvio delle procedure di dissesto); si rischiava di veder andar via dalla Basilicata centoquattro lavoratori, che significa centoquattro famiglie e chissà quanti studenti che avrebbero dovuto studiare altrove. Chiedemmo più volte un incontro a Guarente e a Bardi, ma non ci hanno nemmeno degnato di una risposta. Qualche partito politico è intervenuto, per la verità, ma a noi non interessa offrire occasioni alle forze politiche per farsi campagna elettorale, bensì trovare la soluzione al problema.

D: A microfoni spenti mi diceva che ci fu un sindaco, ad esempio, che PROVO’ a offrire un’alternativa alla chiusura…

R: Sì, certo, quello di Ruvo del Monte, che aveva offerto l’uso gratuito dei locali alla Banca Popolare di Bari, affinché si mantenesse il presidio. Ci provò anche quello di Gorgoglione, che attivò anche un consiglio comunale straordinario.

D: Lei dice: almeno ci hanno provato…

R: Ci saremmo aspettati lo stesso da parte del sindaco di Potenza, ma anche da parte del collega di Matera, anzi, a maggior ragione: lì la Bper è stata spogliata di vari presidi di direzione. E pensare che la Bper nasce dalla Banca Popolare del Materano e una volta c’era la direzione generale proprio a Matera… In altre regioni, come la Calabria (Crotone) e la Campania (Avellino), a fronte della notizia della chiusura e del trasferimento della direzione territoriale, c’è stata una specie di rivoluzione, e il pericolo è rientrato, ma solo perché sono intervenuti anche politici locali e nazionali. Qui certe cose, come dicevo, non accadono.

D: E perché qui in Basilicata ci sarebbe questo disinteresse?

R: Non saprei dire se è disinteresse o menefreghismo, mi lasci essere anche un pochino malizioso. Qui si parla del nostro futuro, dell’esistenza della Basilicata da qui a dieci anni, dell’arginare lo spopolamento…per evitare di diventare una costola della Puglia o della Campania. Quantomeno dovremmo provarci!

D: Lei ha già citato i fondi del Pnrr: come FISAC Cgil –insieme alle altre sigle- avete chiesto che se ne occupi direttamente Sviluppo Basilicata…

R: …perché sarebbe una scelta naturale, ma -anche qui- è quasi un anno che chiediamo un incontro all’amministratore delegato (anche per vedere come utilizzare questi soldi e come veicolare le banche affiliate sul territorio), ma finora non abbiamo avuto risposta. In generale direi che sul Pnrr ci vogliono innanzitutto controlli, poi evitare la realizzazione di nuove cattedrali nel deserto (non vorremo ritrovarci con una nuova Sinoro, o con incompiute come quelle rimaste nel Lazio dopo la pioggia dei soldi del Coni per i Mondiali).

D: Se potesse prendere Bardi sottobraccio cosa gli direbbe?

R: Di occuparsi con maggiore dedizione al problema Lavoro, in una regione col tasso di disoccupazione tra i più alti. Ripeto, nessuno ha la bacchetta magica, ma certo si può intervenire sulla infrastrutture (alcune opportunità le stiamo già perdendo, tipo l’alta velocità su Potenza), investire diversamente nelle aziende che cercano di fare assunzione e intervenire con incentivi –perchè no, anche sugli istituti bancari- per coloro che puntano sui giovani lucani.

D: E a Guarente cosa direbbe?

R: Certo un sindaco ha meno potere di un presidente della Regione, però gli chiederei di sederci tutti a un tavolo –con tutti gli esponenti della società civile, sindacati, politica, Camera di commercio etc.- e confrontarci FINALMENTE sulle problematiche del lavoro in città. I problemi non si risolvono a comunicati stampa.

D: Il libro che la rappresenta?

R: “Crypto” di Dan Brown.

D: La canzone?

R: Per una serie di motivi a cui sono legato... “Bella ciao”.

D: Il film?

R: “Roma città aperta”.

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«Sono tre anni che utilizzo la bicicletta a Potenza, a mio rischio e pericolo, tant’è che lo scorso febbraio, di domenica, sono stato investito da un furgone della frutta. Tuttora ho una costola incrinata e dunque posso dire che il ciclo-pedone qui non è minimamente tutelato».

E’ facile vederlo in Città inerpicarsi per salite e discese, a bordo della sua bicicletta e soprattutto bardato nella tenuta tecnica del “ciclista urbano”, caratterizzata anche da casco e piastra pettorale. Il già candidato sindaco, attualmente consigliere comunale per i Cinque Stelle, Marco Falconeri (nella foto), è infatti un noto propugnatore (e non è certo il solo) della ciclo-pedonalità potentina.

A lui abbiamo chiesto se la Potenza “del Giro d’Italia”, in tutti gli altri giorni, sia davvero o meno un Capolouogo “a misura di bicicletta” (e soprattutto dei suoi utilizzatori).

«Il passaggio del Giro d’Italia –afferma- è la cartina al tornasole di un governo cittadino che si fa bello con l’importante evento sportivo, ma che nulla ha fatto e fa per favorire la ciclo-pedonalità urbana. L’annunciata pista ciclabile Potenza-Pantano di Pignola, per esser chiari, è legata a una scelta di carattere turistico e di svago, che nulla ha che fare con la ciclo-pedonalità urbana, che invece punta –come in tutte le città europee- a deflazionare il traffico e a favorire una mobilità sostenibile».

Potenza dunque maglia nera della ciclo-pedonalità?

«Senz’altro. Io credo che il nostro sia l’unico capoluogo di regione privo di una pista ciclabile urbana, dentro la città, di un qualche tipo di segnaletica dedicata ai ciclo-pedoni, o anche di una semplice rastrelliera per poter parcheggiare le biciclette, sedi istituzionali comprese: io stesso sono costretto ad attaccare la mia alla ringhiera del palazzo delle commissioni, tramite un misero lucchetto. Come tutti gli utenti, non ho dunque la possibilità di parcheggiare in sicurezza la mia bici, non dico nei punti nevralgici della città, ma nemmeno nei pressi delle sedi istituzionali (che com’è noto, rappresentano il “benvenuto” per il cittadino).

La situazione è dunque paradossale per il consigliere comunale.

«Si fa il Giro d’Italia –ed è un bene- ma ciò avviene in una Città che invece fa delle politiche contrarie alla ciclo-pedonalità. E, ripeto, è una mentalità soprattutto di questa giunta che, nonostante le reiterate richieste del sottoscritto (che da consigliere comunale rappresenta comunque una parte della città), nulla ha fatto per implementare quantomeno gli strumenti di base, atti a consentire al ciclo-pedone di sentirsi perlomeno “accettato” e riconosciuto come utente della strada».

Finito il Giro d’Italia, dunque, ci ritroveremo punto e a capo con la totale assenza di politiche ciclo-pedonali?

«Già, ma un’altra cosa grave è che nel regolamento di sosta a pagamento della città questa giunta vorrebbe inserire il permesso per una terza auto a famiglia. Una cosa che io già tentato di contestare tramite un emendamento e che va a certificare ciò che già L’Istat ci dice, ovvero che Potenza è una delle città col più alto tasso di motorizzazione d’Italia, con una range che va dai 72 ai 77 veicoli per residente».  

Lunedì, tuttavia, Guarente presenterà il percorso di partecipazione per la definizione del Piano Urbano della Mobilità Sostenibile, proprio a margine del Giro.

«Come da mie interrogazioni -conclude Falconieri- Guarente sa bene che di Piano ce n'è già uno, il PUM, approvato nel 2008. In gran parte mai messo in atto. Con le parole e le promesse stiamo dunque a zero, qui in città abbiamo bisogno di fatti. E finora non ne abbiamo visti. Dove sono, infatti, il car sharing e il bike sharing elettrico? Non serve a nulla annunciare sempre nuove linee programmatiche, se poi non vengono messe in pratica, nel concreto. Da sottolineare inoltre l'ipocrisia dei tanti politici che in città non hanno mai usato la bicicletta e che oggi si dichiarano tutti ciclisti».».

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