sigillito_san_carlo_informa.jpg

 

 

 

 

Sette domande al dottor Angelo Raffaele Sigillito, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva

I

l Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva del San Carlo, il dr. Angelo Raffaele Sigillito, nel presentare le attività svolte dall’equipe, sottolinea l’importanza di aderire agli Screening del colon retto, proposti dalla Regione Basilicata, che tuttavia ancora oggi non trovano molto riscontro.

1) Di che cosa si occupa l’Endoscopia Digestiva?

È il fulcro dell’attività ospedaliera, in quanto si interessa delle patologie che afferiscono al tubo digerente, che è l’organo che comincia dalla bocca e finisce nell’ano. Tutto ciò che appartiene a questo tubo interessa la gastroenterologia, di cui l’endoscopia digestiva è la parte tecnica. Oggi è diventata materia principe della medicina perché alla Gastroenterologia afferiscono molte altre specialità tra le quali la Reumatologia, l’Oculistica, la Dermatologia, la Chirurgia e pertanto, è diventato snodo dell’attività ospedaliera.

2) Quando è bene sottoporsi ad una visita? C’è un’età in cui bisogna iniziare a preoccuparsi maggiormente?

Nella nostra pratica clinica oramai abbiamo pazienti che spaziano dall’età pediatrica all’età molto adulta, parliamo anche di novantenni, anzi, è la patologia che più di frequente riscontriamo, anche se capita piuttosto spesso ultimamente di avere a che fare con bambini di un anno o qualche mese. È una branca che affascina anche per questo motivo, perché ti dà modo di confrontarti con persone di tutte le età.

3) Di quali sintomi ci si deve preoccupare?

Ci sono dei sintomi considerati genericamente di allarme: da tenere in considerazione per primo è un sanguinamento, che può essere sia per via orale sia per via anale; un altro sintomo importante di allarme è l’anemizzazione, all’improvviso o con il tempo, ma anche un veloce dimagrimento. Poi ci sono anche sintomi un po’ meno specifici che comunque inducono a fare una visita gastroenterologica, legati a dolori di stomaco, mal di pancia. Non bisogna considerare la Gastroenterologia solo per la sua parte diagnostica, che è l’endoscopia, ma anche soprattutto dal punto di vista clinico. Di base comunque il primo confronto deve avvenire con il medico di medicina generale che deve fare un minimo di discrimine e decidere successivamente se indirizzare il paziente a visita specialistica e/o ad esame endoscopico.

4) Tra gli esami più conosciuti ci sono la colonscopia e la gastroscopia, molto spesso considerati troppo invasivi, motivo per cui la popolazione a volte è restia: ci sono dei modi per renderli meno fastidiosi?

Intanto questi non sono gli unici esami, fondamentalmente sono quelli più richiesti. In questa UOC eseguiamo una moltitudine di esami come l’endoscopia sulle vie biliari, il trattamento delle patologie biliari (RCP), e da sei mesi anche l’eco-endoscopia, che è ancora più selettiva per lo studio del pancreas e delle vie biliari; usiamo poi la ph-metria che ci fa capire se c’è più o meno reflusso gastroesofageo, ma anche l’impedenzometria. Tutti questi esami oggi vengono eseguiti, nella quasi totalità, in sedazione conscia, cioè i pazienti vengono sedati, devono essere accompagnati perché non possono andare via da soli. Durante l’esame si può avere una sensazione di fastidio, ma non di dolore, E dopo aver fatto l’esame non riscontrano grandi problemi.

5) Esistono invece delle tipologie di esame meno invasive ?

Probabilmente la ph-metria e la manometria ano-rettale lo sono un po’ meno, il concetto di invasività però va regolato al grado di invasività dell’esame stesso, perché si tratta in ogni caso di qualcosa che entra nel nostro organismo. Molto dipende anche dalla capacità di “compliant“ di una persona, un termine efficace che definisce la capacità del paziente di sopportare l’esame.

6) In medicina si parla sempre tanto di prevenzione, quali screening interessano questa UOC?

Come Azienda Ospedaliera San Carlo, e personalmente per 15 anni come responsabile iniziale, abbiamo portato avanti e lo stiamo facendo tuttora lo Screening del colon retto, che è FONDAMENTALE, innanzitutto perché coinvolge uomini e donne indistintamente. È uno screening di cui si parla poco, primo perché ha a che fare con le feci, quindi c’è una naturale non predisposizione all’esecuzione dei test, secondo perché prevede come esame di secondo livello la colonscopia. È un mito che va sfatato, perché si deve sapere che in una popolazione come la nostra, di quasi 600.000 abitanti, nella fascia di popolazione bersaglio, a rischio, cioè tra i 50 e i 70 anni, c’è un 4-7% di positivi, vale a dire persone che portano un cancro e non sanno di averlo. Per cui in generale bisogna aderire ai programmi di screening della Regione e tra questi, a quello del colon retto che ancora oggi trova poca adesione. Mi preme poi sottolineare che grazie a un lavoro di circa cinque anni, siamo diventati Centro di Riferimento regionale per il trattamento delle malattie infiammatorie croniche intestinali, come il Morbo di Crohn e la Rettocolite Ulcerosa. Sono patologie invalidanti che colpiscono in qualunque età; ne stiamo vedendo sempre di più in soggetti pediatrici e sono patologie che abbisognano di un controllo costante e continuo. Abbiamo “arruolato” circa 400 pazienti nel nostro ambulatorio, circa 80 sono già in terapia con farmaci biotecnologici di ultimissima generazione che rendono molto vicina la guarigione della sintomatologia e migliorano la qualità di vita degli stessi pazienti. Siamo inoltre anche riferimento regionale per quanto riguarda la celiachia, una patologia misconosciuta: sulla popolazione italiana (circa 60 milioni di abitanti), l' 1%, è positivo alla celiachia; molti non lo sanno e dopo aver effettuato i vari esami specifici, i pazienti (si tratta prevalentemente di giovani) rientrano in un percorso che è fondamentalmente alimentare: hanno bisogno di assistenza e di supporto psicologico.

7) Quali consigli può dare per prevenire l’insorgere di problemi gastrointestinali?

Oggi dobbiamo fare attenzione a tre aspetti della nostra quotidianità, lo dico da specialista che fa questa professione da ormai 42 anni: noi siamo fatti di geni, quindi la genetica non si può modificare. In una famiglia in cui c’è stato un cancro, indubbiamente c’è un’alta probabilità che possa ripresentarsi. Siamo fatti poi di ambiente e quindi siamo inseriti in un contesto in cui l’ambiente ha la sua funzione. Infine siamo fatti di alimenti, di ciò che mangiamo e purtroppo mangiamo male. Bisognerebbe ricominciare a mangiare come i nostri nonni, cioè i frutti della terra, diminuendo l’apporto di grassi insaturi come quelli provenienti dalla carne: attenzione, diminuire non eliminare, mangiare molta frutta e verdura e possibilmente condire con olio EVO. Molto utile è consumare soprattutto pesce azzurro che contiene Omega3, sostanze di aiuto e supporto alla prevenzione non solo soltanto dei problemi gastrointestinali, ma anche di quelli di tipo cardiologico.

a cura di Antonella Sabia