gialloverdiSALVINI

Se osserviamo i comportamenti del Governo gialloverde, specialmente in campagna elettorale che da noi è infinita, notiamo una assonanza col suddetto proverbio.

Per comprare consenso e dividerselo, giocando contemporaneamente le due parti nella commedia politica, cosa questa di cui erano maestri i democristiani, quella della maggioranza e quella della opposizione, si affidano ad una narrazione quasi surreale, convergente in un accordo di governo, l’ormai mitico “contratto”, che, se applicato effettivamente, porterebbe il Paese verso il baratro. Il contratto nasce da idee condivise dalle due forze politiche, quali l’uscita dall’euro, l’ostilità dei confronti delle istituzioni europee, sia intese come regole che come apparati, visioni singolari di democrazia, il rifiuto di tutto ciò che ordina l’economia (banche, mercati, ecc.). Chi deve parlare deve candidarsi, essere legittimato dal voto popolare, azzerando di fatto secoli di avanzamento sociale, partendo dall’Iluminismo. Tali concezioni si innestano in ciò che per millenni è stata la storia nazionale e spiegano i sovranismi, i localismi, gli egoismi territoriali più o meno vasti dell’Italia, resi più forti dalla crisi economica epocale che ha colpito il mondo occidentale dal 2007 e che tarda ad esaurirsi, specialmente nelle zone più deboli. In realtà, i comportamenti, le abitudini degli italiani risentono fortemente delle vicende storiche del Paese. Non sono modi di essere recenti. Sostiene di rappresentare gli italiani, avendo un consenso che quando raggiunge l’apice si attesta sul 20% dei aventi diritto al voto. La cosa sorprendente è che Salvini venga ritenuto dalla informazione soprattutto un leader carismatico, ragionando sui suoi successi elettorali, ignorandone la volatilità come è successo per altri politici e i contenuti reali della sua narrazione politica. Salvini non è uno statista, non pensa alle nuove generazioni, è un mediocre mestierante della politica che è bravo a sollecitare paure del diverso, odi e rancori nei confronti di che sta meglio. I mantra del “prima gli italiani “, “me ne frego”, sono segni di una visione fascistoide, nel senso indicato da Luciano Canfora, quanto anarcoide della società, che un despota vuole dirigere. Anche in questo scenario non c’è alcunché di nuovo. Ennio Flaiano buttava parole come macigni nello stagno della vita italiana che oggi sono profetiche: “ Vorrei soltanto che Dio, o chi ne fa le veci, tenga lontano da questo paese un sistema politico che ci costringa daccapo a credere , a obbedire e a combattere”. Chiamiamolo come vogliamo, fascismo, dittatura strisciante, dispotismo con parvenze democratiche, ma questa è la realtà. Il sistema agognato da Salvini prevede un modo di concepire l’ordine sociale gestito da una nuova quanto vecchia oligarchia sostenuta da una grande massa di ignoranti, nel senso letterale del termine, ossia di una moltitudine di gente che ignora i problemi, non ne sa valutare le soluzioni, ma affida al demiurgo di turno o, più in generale, alla provvidenza il compito di risolvere i suoi problemi. E’ a ben vedere la soluzione a cui aspirano tanti italiani che vogliono essere liberi di fare ciò che gli pare, ma che hanno bisogno di pifferai. Un ossimoro politico che solo noi italiani sappiamo concepire. In questo contesto non è prevista minimamente l’idea di mettere al centro dell’azione politica “l’uomo”, ma di concepirlo come suddito, al massimo cliente. Sull’altro versante del governo gialloverde, proliferano coloro che dicono e credono di poter “abolire la povertà” , ricorrendo al reddito di cittadinanza, ostacolando ogni proposta di sviluppo, con i no tav , no triv, no tap, ecc. Mi chiedo: Ma veramente si può rilanciare un grande Paese, partendo dal “vaffa-Day? Dai politici bambini, chiaramente incompetenti ? Da un comico che non fa più ridere, semmai piangere? Che credibilità ha un paese che sottoscrive impegni (vedi il fiscal compact messo financo nella Costituzione italiana) che poi non mantiene sistematicamente? Che Parlamento è quello che all’unanimità approva un ordine del giorno sui mini-bot che sono o moneta illegale o altro debito pubblico, una vera anticamera per uscire dall’Euro? Che Governo è quello che ha insediato un premier come “esecutore” dei desiderata del duo Salvini- Di Maio e non, come recita la Costituzione, un presidente del Consiglio che “dirige la politica generale del governo e ne è responsabile e mantiene la unità di indirizzo politico ed amministrativo , promuovendo e coordinando l’attività dei ministri”, delegittimandolo anche visivamente quando viene affiancato continuamente dai suddetti angeli custodi nelle manifestazioni pubbliche di sua competenza? Il più grande imbroglio dei gialloverdi è sostenere che sono il governo del cambiamento: Stanno, purtroppo,replicando alla grande politiche sempre attuate in Italia che prevedono misure assistenziali al Sud e ulteriori risorse pubbliche al Nord, con il famigerato regionalismo differenziato in base ad una irresponsabile politica economica che continua come prima più di prima a comprare il consenso facendo leva sulla spesa pubblica corrente.