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Cari Contro-Lettori,

per gli ambiti seggi in consiglio comunale, qui a Potenza, la tenzone (singolare, ma non certo per numeri), vedrà impegnati qualcosa come quattrocentonovanta candidati, che si contenderanno quella trentina di posti in Assemblea. Praticamente un concorso pubblico. Non a caso abbiamo usato il termine “posti”. A corroborare questa valutazione, che certo non vale per tutti, ma per molti sì, è apparso in settimana un articolo de Il Quotidiano, secondo il quale, dichiarazioni dei redditi alla mano, una fetta bella doppia dei candidati (in tutto cinque) a sindaco, come guadagni vanterebbe soltanto quelli derivanti dagli incarichi istituzionali finora ricoperti. Ecchallà, come dicono a Roma. E se il guiderdone politico, per uno che mira alla poltrona di Primo Cittadino, equivale a (unico) stipendio, figuriamoci per un (semplice) candidato. E a leggere in nomi in lizza c’è di tutto di più, ma veramente. E sono tanti, troppi, al punto che in villa Santa Maria raccontavano di quel tizio che si è candidato (probabilmente unico esemplare) onde poter più agilmente scansare le pressanti e incessanti richieste di voto che arrivano prevedibilmente da ogni dove. Anche perché, è ben noto, le elezioni comunali sono come le presentazioni dei libri, occasioni, cioè, nelle quali l’interessato scopre quanto è (già) “impegnata” la gente. Ti candidi? Sono già impegnato. Ah presenti il tuo libro? Sono già impegnato.

Eppure, come dicevamo in apertura, il problema grosso è proprio la disoccupazione.

E’ chiaro che l’uso della satira, come in questo caso, prevede inevitabilmente delle iperboli (la premessa, sottesa, è che non si deve mai generalizzare), ma pur in questa cornice, quando diciamo, titoliamo e scriviamo che dei programmi “non c’è manco l’ombra”, ci riferiamo alla latitanza (finora) di contenuti tali da appassionare i cittadini alla tenzone di cui sopra. Non siamo così fessi da mettere in dubbio che ogni singolo candidato abbia stilato un suo elenco, corto o lungo, di cose da fare e che lo abbia anche consegnato, depositato da qualche parte a disposizione di chi lo vorrà leggere, ma –almeno a noi- pare assai difficile, fino a questo momento, abbinare un volto a un’idea davvero caratterizzante. Ovviamente, moriamo dalla voglia di essere contraddetti. C’è tempo, e speriamo, per il bene della Città, che ciò accada presto e che soprattutto si concretizzi dopo in fatti. Gli alchimisti spesero le loro vite nel tentativo di trasformare i metalli vili in oro, c’è da sperare che gli eletti ci impieghi molto meno a trasformare, in questo piccolissimo angolo di mondo, le promesse in realtà.

Walter De Stradis