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Cari Contro-Lettori,

noi e gli altri giornali che -solo la settimana scorsa- avevano trattato lo stesso argomento, siamo stati -ahinoi- facili profeti. E il destino, come dicevano nei film sentimentali degli anni Trenta, è stato ancora una volta beffardo: la mattina di giovedì scorso, riunione del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica nel palazzo della Prefettura in Piazza Mario Pagano a Potenza; la sera dello stesso giovedì 17 aprile, a pochi metri dal medesimo Palazzo del Governo, rissa sotto i portici con accoltellamento (per fortuna lieve) di un sedicenne. Il tutto, se non si fosse capito, avveniva proprio il Giovedì Santo, giusto per dare una nota di “colore” alla notizia. Sui social, come palline da flipper, sono immediatamente rimbalzate accuse (alle istituzioni: scuola e forze dell’ordine), critiche paternalistiche (alle famiglie di oggi), rimbrotti piuttosto pepati (rivolti alla politica), consigli e perle di saggezza vari ed eventuali (circa i rimedi utili a riportare la serenità in Via Pretoria e in altre zone di Potenza). Il Capoluogo, per come stanno le cose, sembra afflitto e dolorante a causa di uno di quei torcicollo che sovente ti fregano a seguito di un inverno inoltrato (come questo); ma la derivante incapacità di muovere la testa come si dovrebbe (e di guardare in tutte le direzioni) è in questi casi clinici dovuta a un mix di con-cause: postura, stress, cattive abitudini e -spesso e volentieri- trascuratezza. Più o meno le stesse cose che hanno portato alla situazione in cui sembra sprofondare sempre più il Capoluogo (e non solo nella sua parte vecchia). I rilievi mossi sui social, probabilmente, colgono tutti nel segno (anche se magari solo in parte), il che deve necessariamente spingere tutti gli attori della vita sociale del Capoluogo (scuola, politica, forze dell’ordine, famiglie etc.) a una riflessione urgente e piuttosto seria. Una cosa, su tutte, va però percepita immediatamente: Potenza è cambiata. La sensazione di “immobilità” del Sud, descritta da Levi e altri, e che qui nel Capoluogo è stata sempre percepita tanto come un handicap quanto come un vantaggio, ci ha spesso spinto -tutti- a poltrire (a livello mentale) in una calda coperta, al riparo dai venti -anche nefasti- del cambiamento. Ripetiamo: il volto della città è mutato. I nostri giovani, sono mutati. E i social sono i maestri di cerimonia di questo globale sabba involutivo. Indietro ormai non si torna più. Bisogna prendere coscienza -tutti- che il torcicollo di Potenza è il frutto di un mix di vettori che continueranno a tornare e a tornare. La Potenza del “tanto qui non succede mai niente” è ormai suolo una foto-ricordo su Facebook. Meditate, gente, meditate.

Walter De Stradis