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Cari Contro-Lettori,

in un momento storico, locale e nazionale (ma anche internazionale) in cui il cinismo e le facce toste spopolano sul web e sulle strade, stringendo mani nelle vie, nelle piazze e nei mercati, in una inossidabile morsa d’ipocrisia, è COMMOVENTE –lasciatecelo dire- percepire la passione e le aspettative che ANCORA condiscono i discorsi politico-stradaioli dei nostri concittadini.

Questi scambi di battute, a volte salaci, a volte piccanti, a volte molto focalizzati –specie negli anziani, che ci paiono i più interessati- riscaldano i timpani, nel gelido disinteresse generale che sembra ormai ammantare ogni cosa.

Sarà banale (e forse lo è davvero), ma in certi discorsi minuti, consumati ai tavolini di un bar o con le mani intrecciate dietro la schiena in mezzo alla via principale, è infatti ancora possibile cogliere una certa qual poesia di strada, lontana dagli intrighi di Palazzo e dai compensi stellari, alla quale bisognerebbe forse ricominciare a prestare maggiore orecchio, cuore e polmoni.

Ed è forse per questo -fra il frastuono dei vari “levati tu, che mi devo mettere io”, che riecheggiano oggi in campagna elettorale, ma che finora hanno anche segnato a fuoco il decorso amministrativo tanto alla Regione quanto al Comune- che abbiamo deciso di ascoltare con attenzione quella stessa poesia di strada.

Quella del Cavalier Fanì, ad esempio, un omino piccolo e soffice, che, nei pressi della “dimenticata” Porta San Luca, in un ritaglio di scalinata nel centro storico di Potenza (poiché nessuno, ci dice, gli ha voluto concedere spazio e tempo nel “Palazzo”), allestisce la sua piccola mostra di foto e scritti: un’ulteriore occasione, in realtà, per protestare contro incuria, inciviltà e menefreghismo dei soliti, piccoli, duri, e di vario genere, che nicchiano della grossa su alcuni aspetti “in-decorosi” della Città.

Ma c’è anche il grido del poeta grassanese Carmine Donnola –un “urlo” arrivato anche a musicisti e registi di fama nazionale- che richiama i giovani (di Potenza e non solo) al loro dovere, ovvero quello di vivere la vita da giovani uomini del futuro, appunto, e non da precoci debosciati da vicolo e bottiglione.

“Per L’ETERNITÀ”, recita, infine, una scritta fatta col pennarello, aggiunta su quel cartello di un bagno delle scale mobili che da tempo immemore si annuncia “GUASTO”.

Anche quella è poesia, in una città e in una regione, a volte davvero arida.

E non per la siccità.

Walter De Stradis