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Cari Contro-Lettori,
nell’opinione comune, naturalmente, una fascia da Miss è assai meno autorevole di una fascia da sindaco (o di un altro politico), stante il diverso carico di “responsabilità” in capo all’una e all’altra. Entrambe, tuttavia, per loro natura sono rappresentative di un territorio e giocoforza debbono farsi anche veicolo dei valori ascrivibili a quella piccola o grande parte di pianeta, oltre che al pianeta stesso, particolare, quest’ultimo, che sarebbe alla base dell'odioso clichè –soprattutto nel cinema americano- che immortala l'avvenente vincitrice del concorso di turno mentre balbetta qualche frase di circostanza. Ma la storia ci insegna che le banalità propinate ai cittadini dal palco di un comizio, o dal tavolo di una conferenza stampa, o da una tribuna politica televisiva, spesso provengono da chi indossa -e assai spesso con maggiore disinvoltura e faccia tosta di una reginetta di bellezza- un tipo di fascia che si diceva appunto diversa. Già, perché a vedere i risultati raggiunti in certi capoluoghi di provincia (Quale? Ri-leggetevi la classifica dei sindaci del Sole 24 ore), le promesse sciorinate in campagna elettorale, a conti fatti, suonano più vuote e circostanziali di quella Miss Universo che nei film di Hollywood, per meritarsi il 6 politico dell’intelligenza, si augura “la Pace nel Mondo”.Ma qui, dall’altra parte dello schermo, siamo nella realtà. E la realtà della nostra città, ben al di là dei proclami e dei lavori pubblici di comodo (siamo a pochi mesi dalle elezioni, e alcune cose, già pronte, paiono ferme, in attesa di “inaugurazione” a orologeria? ma ci torneremo), grazie a Dio è anche quella dei giovani, belli fuori, e belli dentro. Diciamocelo una volta tanto: i nostri ragazzi non sono tutti come quel nugolo di imbecilli scalmanati che, specie d’estate, tengono in scacco le vie del Centro (e anche di alcune zone della periferia).
I nostri giovani sono anche quelli della manifestazione per Elisa Claps, i quali –come ricordava sullo scorso numero l’onorevole Savino- hanno materializzato un bell’esempio di serietà, compostezza ed efficacia.
I nostri giovani sono anche i bravi studenti del Liceo Scientifico “Galilei”, che da qualche tempo stanno dando vita a una serie di interviste a personaggi che le testate locali “vere” non sempre riescono a procacciarsi agilmente, dal protagonista della fiction su Elisa, a nientemeno che il Procuratore Capo di Potenza (ne leggete a pagina 4). E ciascuno di costoro non si è certo abbandonato a banalità di circostanza, quelle all’americana o da comizio nostrano, per intenderci.
Questi nostri giovani, sono ben rappresentati anche da ragazze come Aurora Laguardia, la diciottenne potentina che è stata il volto della nostra regione alle ultimissime fasi di Miss Italia, e che –nell’intervista “a pranzo” a pagina 7- si è fatta veicolo di significati importanti, tramite parole ponderate, ma dritte come un chiodo, e su argomenti –anch’essi non di circostanza- come la violenza sulle donne, il caso Claps, e la rassegnazione dei Lucani.
Viva la bella Potenza e viva la bella Basilicata.

Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori,

«ne ho viste io di cose, che voi umani non potreste immaginarvi».

E’ una frase che conoscono anche quelli che non hanno visto il film di fantascienza in cui è contenuta (“Blade Runner”, 1982, di Ridley Scott). La pronuncia, in punto di morte, un “replicante” (un uomo sintetico, ex combattente stellare, interpretato dal Rutger Hauer), ma le sue parole sono entrate nel linguaggio comune a significare meraviglia, stupore o anche delusione, per quanto a volte accade sotto i nostri occhi. E sotto i nostri occhi, ormai tempo fa, capitò la famosa delibera di giunta del Comune di Potenza (del 20/12/2022), tramite la quale alcuni locali municipali venivano assegnati ad altrettante associazioni senza scopo di lucro. Tutto giusto, per carità, ma non mancavamo di notare, con allegato stupore e meraviglia, che tra queste, a fronte di altre che lamentavano l’esclusione dall’elenco, figurava l’associazione “Marinai d’Italia”, e per di più facente capo a Matera. Si dirà: e capirai, anche se a Potenza (né tantomeno a Matera) c’è il mare, i locali comunali vuoti e in disuso, che il Municipio ha pure tentato di vendere, sono tanti e “si gettano”, meglio dunque darli in affitto a qualcuno. E anche questo è giusto. Tuttavia, una sorta di rigurgito alla Rutger Hauer fa capolino lo stesso, se è vero quel che ci ha raccontato la professoressa Rosalba Romano, presidente di un’associazione che si occupa di una fesseria come la prevenzione degli incidenti stradali mortali. La prof infatti afferma che, dopo un periodo di affitto, il locale della sua associazione di promozione sociale, lei ha dovuto comprarselo, di tasca sua. Il tutto, a seguito di sfratto del Comune. Anche questo è tutto regolare, nulla quaestio, per carità: il Municipio, come dicevamo poc’anzi, deve fare cassa. Ma il sindaco Guarente converrà con noi, o almeno lo crediamo, che il meccanismo generale pare un tantino da oliare, se i marinai d’Italia, in una città di montagna, beneficeranno (o potrebbero beneficiare, perché non sappiamo se hanno poi preso possesso del locale assegnato), di uffici e quant’altro, mentre l’Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada, nella persona del suo presidente, ha dovuto contrarre un prestito ventennale per comprare l’attuale “box” in piazza XVII Agosto (ne leggerete meglio a pagina 7). O, almeno, questo è il nostro punto di vista, anche se replicanti non siamo.

Specie se, sempre sotto i nostri occhi, a poche ore dalla Giornata mondiale del Ricordo delle Vittime della Strada (che domenica si svolgerà a Bella), capitano i dati diffusi dall’Istat, e secondo i quali: «Nel 2022 si sono verificati in Basilicata 914incidenti stradali, che hanno causato la morte di 46 persone e il ferimento di altre 1.355. L’anno 2022 è caratterizzato da una netta ripresa della mobilità e, come conseguenza, dell’incidentalità stradale. Rispetto al 2021diminuiscono leggermente gli incidenti (-0,4%),mentre aumentano i feriti (+1,7%) e ancor più le vittime (+27,8%), in linea con quanto avviene a livello nazionale dove, tuttavia, ad un aumento maggiore del numero di incidenti (+9,2%) e feriti (+9,2%) corrisponde una variazione più contenuta del numero delle vittime (+9,9%)».

C’è di che riflettere. E buona camicia a tutti.

Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori,

se dovessimo individuare un minimo comune denominatore a servizi presenti sul numero di questa settimana, potremmo dire che si tratta senz’altro della solitudine. E’ un male, un veleno, questo, che affligge l’uomo moderno in generale, e l’uomo potentino in particolare.

Tanto per cominciare, infatti, per il re salentino della pizzica (e big internazionale della world music) Antonio Castrignanò (che abbiamo intervistato ad Accettura), la “tarantola” dei tempi nostri (che non “morde” più soltanto le contadine) è appunto quel senso di abbandono tipico « della società moderna, che allontana l’individuo da se stesso; laddove invece il Tarantismo, per sua natura, era portato a “inglobare” l’individuo che stava soffrendo, a riportarlo alla “normalità” attraverso una ritualità, e ad accoglierlo nuovamente nella comunità. Questo è un insegnamento che il Tarantismo ci ha lasciato e di cui tutt’oggi si avverte l’esigenza, ovvero la socialità, lo stare insieme, rafforzare lo spirito dell’individuo».

All’atto pratico, e per stringere l’obiettivo sul capoluogo di regione, ciò si traduce anche nelle parole del viceparroco del “problematico” quartiere di Bucaletto, a detta del quale «La situazione povertà c’è, ma vi è anche il problema delle dipendenze. La solitudine è il problema più grande che poi sfocia anche nella dipendenza, più spesso legata all’alcool. (…) Le persone che realmente hanno bisogno dell’aiuto alimentare fortunatamente sono poche. Abbiamo 15 famiglie che aiutiamo. Ma il vero problema è la solitudine, perché qua si è soli e si sentono abbandonati. Bisognerebbe fare un po’ di rigenerazione urbana e sociale. Una delle cose che aiuterebbe il rione sarebbe quella di renderlo più attrattivo per le famiglie lucane come zona abitabile anche tramite l’intervento delle istituzioni. (…) La commistione tra cattiva politica e scarsa apertura mentale comporta ulteriore isolamento. (…)Ormai il quartiere è vuoto, ma questo impone che la politica si muova. Noi, il nostro, come supporto e sostegno, lo facciamo. A Bucaletto la chiesa è l’unica istituzione che promuove cultura, educazione e studio». E scusate se è poco. Sarà paradossale dirlo, ma coloro che a Potenza ritengono di essere stati lasciati soli, sono in buona compagnia. Si leggano anche le parole della prof.ssa Romano, dell’Associazione Familiari e Vittime della Strada: ««…dal 2002 ad oggi l’associazione ha ricevuto fondi per un totale di 3.800 euro, veramente pochi in 21 anni di attività dell’associazione (…)Raramente le istituzioni supportano e collaborano con l’associazione per fermare le stragi stradali, per non parlare dei fondi che di diritto dovrebbero essere stanziati per attività e servizi svolti dai volontari gratuitamente, che oltre al tempo messo a disposizione, sostengono economicamente l’associazione».

Che dire, sarebbe interessare sapere cosa pensano di tutto questo su al Comune. A parte i soliti rimbrotti, ovviamente.

Meditate, gente, meditate.

Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori,

“I giovani del mezzogiorno: L’incerta transizione all’età adulta”, è un interessante rapporto pubblicato dall’Istat il 12 ottobre scorso.

La condizione dei giovani italiani appare piuttosto fragile, a partire da una riduzione ormai strutturale della loro consistenza demografica. I giovani sono i veri protagonisti del cosiddetto “inverno demografico”: essi diminuiscono mentre la popolazione aumenta (+3,3% dal 2002 a oggi). È un fenomeno attivo fin dai “baby-boomers” (nati fra il 1956- ’65), ma che ha subito un’accelerazione a partire dai cosiddetti “millennials” (nati fra il 1981-‘95). Le preoccupazioni si accentuano nel caso dei giovani del Mezzogiorno, tema particolarmente complesso e attuale poiché associa più fattori di svantaggio, territoriale e generazionale, sottolineati dall’impianto operativo del PNRR. Su questo piano, le tendenze in atto sembrano prefigurare criticità accentuate, che si traducono in rischi strutturali, ossia di tenuta demografica per ampie aree del Mezzogiorno. Tuttavia, per ovvie ragioni storiche (roba di secoli), ciò che per gli altri è un raffreddore (e non lo è), per noi lucani è polmonite. Tutte le regioni meridionali, a eccezione di Abruzzo (17%) e soprattutto Sardegna (15,8%), presentano attualmente una componente giovanile più cospicua della media nazionale. Tuttavia, l’arretramento rispetto al 2002 è più forte in tutta la Ripartizione, con punte molto alte in Sardegna, Basilicata, Calabria, Molise e Puglia. La Campania ha il valore più elevato di 18-34enni (19,9%), seguita dalle altre regioni maggiori del Sud. Nel Centro-nord si distingue in positivo il caso del Trentino Alto Adige – in particolare la Provincia Autonoma di Bolzano/Bozen (19,2%) – la cui quota di popolazione giovanile risulta seconda soltanto alla Campania.

Se si fa riferimento ai contesti regionali maggiormente interessati dal “de-giovanimento” –come accennato Sardegna, Calabria, Basilicata, Molise, Puglia– si può osservare come il fenomeno segnali nessi visibili con i principali parametri di sviluppo socio-economico. Ne deriva che la popolazione giovanile tende a ridursi con intensità maggiore dove sono più carenti le opportunità occupazionali specifiche e dove è più bassa la ricchezza prodotta, e viceversa. Il Mezzogiorno d’Italia è – attualmente – una delle punte più avanzate di un fenomeno inedito, che vede una riduzione strutturale del peso dei giovani a un livello mai sperimentato in passato.

Al progressivo deterioramento della condizione occupazionale delle giovani generazioni di meridionali si associa anche un certo decadimento qualitativo del lavoro, per l’incremento dei lavori atipici o non standard, e di tutte le varie forme di precariato indotte dalle trasformazioni strutturali del mercato del lavoro e dall’andamento del ciclo economico. Infatti, accanto a una certa tendenza incrementale del lavoro subordinato rispetto a quello autonomo, si registra un aumento progressivo del lavoro atipico. Questo fenomeno è diffuso soprattutto nelle attuali generazioni di giovani del Mezzogiorno, dove la quota di lavoro giovanile atipico è particolarmente ampia e ormai del tutto prevalente; in particolare in Calabria (67%), Sardegna (66,8%), Basilicata (63,3%), Sicilia (60,3%).

Secondo ulteriori dati Istat nella nostra regione la soglia di povertà assoluta oscilla tra i 585 euro mensili di una famiglia composta da una sola persona over 75, ai 1.850 euro di un nucleo di cinque maggiorenni residenti nelle aree urbane. Stabili invece i dati sulla povertà relativa, che misura le disuguaglianze nella distribuzione della spesa per i consumi. In Basilicata si assiste a un lieve miglioramento: l'indice passa dal 19,9% al 19,1%. Più di un punto percentuale in meno rispetto alla media del Mezzogiorno che si attesta al 20,5%. Il bonus gas (che ci ha reso i meno cari d’Italia, da questo punto di vista) e l'effetto dei sostegni pubblici come il reddito di cittadinanza mitigano l'impatto dell'aumento dei prezzi.

Da tutto ciò emerge che il tassello giovanile è quello forse più importante sulla scacchiera. Sempre che le pedine non vengano prese per pedoni, e viceversa.

Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori,

la politica è morta a Potenza.

Ne danno il triste annuncio i cittadini/elettori, col capo chino, il lutto al braccio e le mani giunte, in processione:

al supermercato per fare la spesa, con i rincari che mordono e le tasche che languono; in fila alla Caritas, per gli indispensabili e un tempo mai neanche ipotizzati aiuti;

in coda nei pressi di uno sportello, per pagare le multe dell’Autovelox di varco d’Izzo o le quote delle mense scolastiche più alte (non in senso altimetrico) d’Italia;

in attesa, dietro la porta di un qualche Amministratore cittadino, aspettando di essere ricevuti per segnalare qualche problema rionale (e soprattutto di essere “ascoltati”, ma all’uopo si consiglia di munirsi di dispositivo Amplifon, da donare all’illustre interlocutore);

in un ingorgo stradale, chessò, dalle parti di Corso Garibadi o di Santa Maria, pregando, e bestemmiando, che i “benedetti” lavori pubblici (pur necessari, ma organizzati alla “canina”) si tolgano presto d’impaccio.

Le esequie si tengono tutti i giorni, per i vicoli del Centro, ove –anche con l’irrigidirsi delle temperature- certi giovinastri continuano morbidamente a fare il bello e cattivo tempo; per le vie dei rioni periferici, con l’illuminazione che marca visita; per le strade di “campagna”, tempestate di fossi, e spesso “condite” di spazzatura.

Le orazioni funebri si tengono poi in consiglio comunale, sempre che non salti il numero legale, ove la figura del Presidente si dà per irrimediabilmente deceduta (dichiarazione di morte presunta) e alcune questioni cruciali rimangono nel limbo dell’incertezza, altre nell’inferno delle eterne incompiute o nel buco nero dei soldi perduti (vedi Sport).

La politica a Potenza è morta e continuerà a morire ogniqualvolta un genitore, al bar, o all’edicola o dal tabaccaio, si lamenterà di non avere “Santi in Paradiso” che possano miracolare il figlio, laureato in ingegneria, che ora deve partire per Lecco, onde accettare un posto da usciere (testimonianza raccolta dallo scrivente). E meno male.

Una prece.

Walter De Stradis

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foto di Giuliano Brancati

 

 

Cari Contro-Lettori,

quel giorno, Giuliano, che sin da piccolo, da dietro i vetri, aveva testimoniato il tormento del padre di Elisa consumarsi per anni, in quel silenzioso e personalissimo avanti-e-indietro -dal tabacchino che gestiva, al palazzo di fronte- lo rincorse per salutarlo, poiché il signor Antonio aveva deciso di chiudere il suo esercizio.

Per il giovane potentino, residente a Montereale e aspirante film-maker, quello era -anche per lui, silenzioso e personalissimo- il segno di un’epoca che in qualche modo si chiudeva. E volle testimoniarlo con questa foto, quella di un uomo, Antonio, sempre lui, che attraversa un ponte, tornandosene a casa una volta per tutte, e portando via con sé le domande (e chissà, magari anche le risposte che si era dato), che con dignità stoica aveva custodito nel proprio tacere.

Oggi Giuliano, che di cognome fa Brancati, il film-maker lo fa di professione, e ha da poco rimesso mani (ma anche cuore, cervello e una discreta dose di attributi, leggi alla voce “coraggio”) al docu-film sul caso Claps (o meglio, “su Elisa Claps”, come tiene a precisare) che aveva già proiettato qui a Potenza nel 2016.

“Cruciverbaschemalibero – Elisa Claps segreto di Stato”, che torna visibile su internet il 17 ottobre, è dunque frutto del lavoro d’inchiesta e di ricerca durato oltre due anni, a cavallo tra il 2010 e il 2012; un progetto Hara produzioni, distribuito da Sofra Multimedia con le musiche originali di un artista lucano, Enrico Condelli.

Come ci spiega meglio a pagina 7, Giuliano ha inteso, con le sue interviste “stradali” e gli spezzoni di filmati (una sorta di rassegna stampa della memoria collettiva) cuciti insieme con l’ago della poesia e il filo dell’inchiesta, poggiare una mano sul ventre caldo (o meno) della sensibilità potentina. Il fine ultimo è quello di poterci guardare tutti in uno specchio e dare finalmente un volto a quell’immagine di noi stessi, non sempre a fuoco, che ci viene restituita. I suoi segmenti filmici, Giuliano (che in quella tabaccheria aveva comprato sia i quaderni di scuola sia le sigarette, mentre il signor Claps cercava di riempire le caselle di uno “schema libero” e complicatissimo, che andava ben oltre il numero della Settimana Enigmistica aperta sul suo bancone) li chiama “semi di verità”. Proprio come quei reperti, ci spiega, che in tempi più che sospetti, filtrati da una qualche “apertura” di quel maledetto Sottotetto, si sarebbero posati sul ventre di Elisa (ma forse su quello di tutti noi), che lì giaceva nel suo sonno eterno.

Così come eterno e incessante deve essere il cammino su quel simbolico ponte: pochi metri di congiunzione tra due luoghi che non sempre, però, paiono poi così vicini.

Verità e Giustizia.

Walter De Stradis

 

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Cari Contro-Lettori,
in ambito sanitario si definisce “Umanizzazione delle cure” quell’insieme delle buone pratiche utili e necessarie a vincolare gli operatori, a tutti i livelli, a un rapporto col paziente improntato a cordialità, rispetto, comprensione, empatia: insomma, tutto quanto rientra, o dovrebbe rientrare, nel concetto di “umano”. E va detto che (per fortuna), dove si doveva capire s’è capito che, pur nella baraonda di liste d’attesa, tetti di spesa, carenza di personale e quant’altro, l’approccio simpatetico con chi soffre o è sul punto di farlo è una componente importante del discorso. Perlomeno, sembra, da qualche tempo ci si sta lavorando. E allora, visto e considerato che, qui da noi, ultimamente sembra che gli “sportelli del cittadino” si tramutino più che altro in sportellate in faccia, perché non attivare anche in politica un percorso di “umanizzazione delle cure”, a vantaggio del paziente/elettore? Se ci limitiamo al solo comune Capoluogo, ad esempio, e ci si accinge a fare una lettura “comparata” delle missive che invadono le redazioni giornalistiche, ci si accorge che il minimo “comune” denominatore di proteste e segnalazioni è più che mai “l’indifferenza” applicata alle stesse. E’ utile, in questo senso, leggere un significativo passaggio dell’ultima lettera inviataci dai cittadini di via Parigi: «(…) Nel termine Comune si intende comprendere tutte le articolazioni, consiglio, giunta, commissioni e soprattutto Sindaco che, senza alcuna eccezione, non hanno dato attenzione ai molti solleciti che sono pervenuti, in diversi modi, di noi residenti. Facciamo salvo timidi e generici accenni di qualche consigliere a tempo perso… Anche quando, entrando nelle procedure più formali, abbiamo avanzato le nostre richieste su specifici interventi tramite Avvocato, abbiamo dovuto registrare dopo oltre un anno silenzio assoluto! Nemmeno un cenno come da presunta buona educazione istituzionale».
Questa la versione di quei residenti. Ma se veramente si comincia a non rispondere manco più agli avvocati, c’è di che avere il tremoliccio. Eppure sono circa cinquecento anni che in Politica varrebbe il detto “Parigi val bene una messa!”. Facile ironia a parte, il perché ci soffermiamo su un fatto minuto delle dinamiche cittadine è presto detto: siamo di fronte a un segno dei tempi. I mezzi e gli strumenti di comunicazione aumentano, al punto dall’essere diventati invasivi, eppure tutta questa voglia di comunicare non c’è. E comunicare non vuol dire trasfeire delle semplici comunicazioni dal punto A al punto B, bensì creare una “modifica” nel ricevente, spingerlo cioè a un sentimento, una riflessione o a un’azione. Tuttavia, “inutile suonare qui, non vi aprirà nessuno”, cantava il Molleggiato, e il motivetto di “Soli” (in questo caso i cittadini) sembra essere sempre più in alta rotazione a Radio Municipio. Certo, l'aver attivato un indirizzo PEC per le pratiche in ambito viabilità è una buona cosa (in realtà il minimo, con le tecnologie di oggi), ma resta da sperare che poi tutto non finisca nuovamente "alla parigina". Di qui la necessità di una, per la verità più ampia, “umanizzazione delle cure” (in cui rientra, ovviamente, quella “buona educazione istituzionale” della cui latitanza si dolgono i “Parigini” di Potenza), in politica, laddove lo scollamento tra il cittadino e le istituzioni rassomiglia sempre più alla faglia di Sant’Andrea. E siamo a pochi mesi dal Terremoto chiamato elezioni. E buona camicia a tutti.
Walter De Stradis

 

 

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Cari Contro-Lettori,

alcuni biologi hanno da sempre sostenuto che la gallina in realtà è il sistema che l’uovo usa per riprodurre se stesso. Se ci pensate è agghiacciante. Specie in una terra di “polli” (gli elettori), che vengono utilizzati dalle “uova” (d’oro) della politica soltanto come mezzo per perpetrare se stessa. Così com’è altrettanto agghiacciante, tanto per fare un esempio plastico, la vicenda del consiglio comunale di Potenza (l’ennesimo), che salta per mancanza del numero legale. E pensare che una settimana fa, in questa prima pagina, avevamo ironizzato sulla presenza di molti argomenti un po’ “naif” nell’ordine del giorno (a fronte di quelli davvero importanti del “carnet”), ma –da sciocchi quali notoriamente siamo- non avevamo preso in considerazione che il banco saltasse nuovamente, pur consci che con questo Comune (nel senso allargato del termine) la realtà molto spesso supera la fantasia. O è il contrario? E mentre la minoranza accusa la maggioranza, e la maggioranza accusa la minoranza, a nessuno viene in mente la più dignitosa delle parole possibili in questo macello (toh, “dimissioni”), e le faccende davvero importanti aspettano che Lorsignori si degnino di poggiare l’augusto popo’ sulle loro belle poltroncine. Sarà pure, come afferma qualcuno dell'opposizione, che questo tipo di "tattiche" della maggioranza (o di una sua parte) siano tecniche di "ricatto politico" ai danni dello stesso sindaco (a cui, evidentemente, manca il "polso" della situazione?), ma, allargando un tantino la visione, l'immobilismo (o latitanza) amministrativo di questa città guidata da Guarente tocca comunque tematiche cruciali, come leggerete all'interno. Intanto, il Comune di Potenza rende noto che il 2 ottobre 2023 inizia il Censimento permanente della popolazione e delle abitazioni, realizzato dall’Istat - Istituto Nazionale di Statistica e condotto dal Comune di Potenza, che terminerà il 22 dicembre 2023. Il Censimento si svolge su un campione di famiglie estratte casualmente.

Vien però da domandarsi (con tutto quello che la politica -da sempre, per la verità- combina, in lungo e in largo) per quanto ancora a Potenza, come nel resto della Basilicata, ci sarà gente da “censire”. Essì, perché in attesa di quello relativo a Potenza, è uscito, fresco fresco, il risultato del Censimento permanente della popolazione in Basilicata. E così apprendiamo cosucce del tipo: la popolazione legale in Basilicata, al 31 dicembre 2021 ammonta a 541.168 residenti, in calo dello 0,7% rispetto al 2020 (-3.962 individui) e del 6,4% rispetto al 2011; la riduzione più significativa si registra nella provincia di Potenza (-7,5%), mentre la provincia di Matera registra una più moderata diminuzione (-4,3%); il decremento rispetto al 2020 si deve alla dinamica naturale e ad un saldo migratorio totale entrambi negativi, non compensati da una correzione censuaria positiva; a livello provinciale, Potenza perde 2.874 residenti e registra anche il maggiore decremento relativo. Le perdite più consistenti si registrano a Potenza (-570), Lauria (-149) e Lavello (-111); in termini relativi, nei comuni di Missanello (-9.4%) e Cersosimo (-5,3%)

Pertanto, il capoluogo di regione è ancora una volta sugli scudi, ovviamente in negativo. E il motivo lo domandiamo (anche) al sindaco. In tutto questo, sempre il Comune di Potenza ci rammenta che partecipare al Censimento della popolazione e delle abitazioni è un obbligo di legge e il rifiuto, o il comportamento atto a impedire l’intervista, comporta sanzioni amministrative. Sa un po’ di beffa, se pensiamo che loro, i consiglieri, in consiglio comunale non ci vanno nemmeno. E non rischiano nulla. O sì? Ma l’elettore, ahinoi, oltre che pollo (o gallina, se preferite), purtroppo è anche smemorato.

Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori,

come già accennavamo qualche settimana fa, pare che l’ultima moda in voga nel Capoluogo sia quella di ricevere, nelle sacre stanze del potere politico, alti ufficiali militari. E farsi la foto, ovviamente. Tra Carabinieri, Guardia finanza, e persino la Marina, presso comune, provincia e quant’altro il traffico è stato intenso. Certo, ci sono stati arrivi e partenze negli alti ranghi, e in quei casi la visita/commiato istituzionale è d’obbligo, ma lo stesso si è ben capito che ai nostri politici piace posare con gente in uniforme, perché magari (credono loro) li tinge un po’ di quella autorevole cazzimma che colpisce sempre l’elettorato (e Salvini docet).

Sarà un caso, ma spetta al leghista Guarente (di solito avaro di comunicati) la medaglia di primo classificato in siffatta parata, con ben quattro strette di mano ad altrettanti ufficiali, immortalato in scatti fotografici che –pur fatti in occasioni diverse- ce lo regalano sempre nella stessa, identica, posa (e il montaggio in questa pagina ne è una, plastica, testimonianza!!!). Avranno dunque sicuramente buon gioco quelli dell’opposizione a tacciare di “immobilismo” l’attuale governo cittadino, ma, solo per curiosità, andiamo a dare un’occhiatina a ciò di cui si occupano, o meglio, occuperanno, tutti gli altri militi, noti e ignoti, della Cosa Pubblica, eletti dai civili, ovvero noi potentini. Andando dunque a spulciare il programma della seduta del Consiglio comunale del prossimo 27 settembre 2023, ci accorgiamo di alcune cosette. Tanto per cominciare, continua a -pochi mesi dalla fine della consiliatura!!!- l’incredibile e paradossale manfrina dell’elezione del Presidente del Consiglio Comunale stesso, nonché del Vice Presidente e del Consigliere segretario. Qualcuno dirà (e qualche consigliere l’ha pure affermato in intervista), “vabè, chissene, l’importante è che si affrontino i problemi CONCRETI della comunità cittadina”. Ok, allora vediamole, queste faccende “concrete” messe in calendario: -mozione avente a oggetto “La differenza un valore da difendere, l’odio un sentimento da contrastare”; -mozione avente a oggetto “Dante lingua italiana – comunale” (???); -mozione avente a oggetto “Introduzione di una retribuzione universale di base e il superamento del precariato”; -ordine del giorno avente a oggetto: “In Palestina serve azione diplomatica. di pace e di rispetto del diritto internazionale. Occorre fermare la violenza rimuovendone le cause e riconoscere lo Stato Palestina”. E qui è necessario un chiarimento: non si discute il valore intrinseco degli atti di indirizzo citati (tutti mossi dai banchi dell’opposizione) e degli argomenti toccati, né l’importanza di ribadirli, ma è pur lecito interrogarsi, prima o poi, visti anche i tempi risicati, circa l’effettiva incisività e riscontro che possano ottenere taluni argomenti (per loro stessa definizione “universali”) nell’ambito di una (piccola) assemblea comunale (di cui non si riesce ad eleggere manco il presidente, tra l’altro). Ma magari mi sbaglio io (la stessa mozione avente a oggetto “Conferimento cittadinanza onoraria Patrick George Zaki”, seppur lodevole in sé per sè, fa comunque seguito a una vera e propria FROTTA di iniziative simili, registrate sul suolo italiano).

Comunque, se andiamo avanti, ci accorgiamo che ci sono ben otto richieste, mosse da vari consiglieri, d’intitolazione di piazza, strada o parco a questo o quel personaggio (o a determinati temi); ventinove debiti fuori bilancio di cui riconoscerne la legittimità; diverse questioni di natura più smaccatamente tecnica o finanziaria; e anche qualche richiesta (ancora dell’opposizione) dall’afflato poetico indiscutibilmente pio, del tipo: “Adozione di modalità di assegnazione degli incarichi professionali che superino la mera logica del massimo ribasso mettendo al centro la qualità dei progetti e la loro capacità di migliorare la «bellezza» e qualità della vita della Città”. Amen.

Insomma, tra grandi speranze e aridi tecnicismi, le faccende “concrete” non paiono straripanti, se si eccettuano (di provenienza varia): “Istituzione comunità energetiche contro povertà energetica ed inquinamento”; “Piano Regolatore Illuminazione Comunale”; “pronto intervento sulle strade cittadine e rurali del Comune di Potenza”; “Immediata istituzione Osservatorio temporaneo prezzi”. E davvero poche altre.

Così è, se vi pare.

Walter De Stradis

 

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Cari Contro-Lettori,

in questi trent’anni, mi sono spesso interrogato sul cosa potesse significare, a livello personale, ma anche collettivo, la scomparsa (poi certificata come morte per omicidio) di Elisa. Man mano che gli anni passavano, che i capelli cadevano e che quella lanuggine chiara sulla faccia divenisse sempre più ispida e bianca, mi rendevo conto che quella storia stava contribuendo non poco alla mia formazione personale, ma anche a quella di una comunità. Cambiandoci tutti (o quasi) per sempre. I ragazzi come me, coetanei o quasi coetanei di Elisa all’epoca della sua scomparsa, sono passati infatti da una generalizzata, sbrigativa derubricazione della faccenda (l'“allontanamento volontario” o al massimo, il rapimento da parte di forze “esterne” e cioè la leggenda urbana sugli zingari, per intenderci), a una graduale, ma al tempo stesso repentina, consapevolezza che il torbido si alzava sempre più in città, raggiungendo alture fino a quel momento impensabili. Quando ci fu il ritrovamento, in quella drammatica, gotica “torre”, del corpo straziato della nostra concittadina, fu ormai solo una conferma inequivocabile di quella terribile sensazione palpabile e insistente, indefinibile, come un rumore sordo sempre in sottofondo, di tradimento e beffa che ormai graffiava con unghie sporche nello stomaco. All’inizio, la nostra ingenuità e pigrizia di ragazzi aveva consigliato di non crederci, era troppo crudele l’alternativa, ma la logica cominciò presto a urlarci dal profondo, non solo dalla testa, l’urgenza di svegliarci, il prima possibile. Perché l’aria, in città, era tutt’altro che dolce. Da qui la maturazione collettiva, che per ciascuno sicuramente significherà, con le ovvie sfumature, qualcosa di diverso, ma che per tutti è certamente diventata un grosso invito a non fidarsi più delle apparenze. D’altronde, nel corso dei secoli, alcuni teologi hanno sempre affermato che il più grosso successo del diavolo è l’averci convinto della sua inesistenza. A un certo punto, però, in città si è finalmente compreso che certe cravatte potevano essere dei cappi sempre pronti all’uso, certe penne dei pugnali, certe carezze degli schiaffi.

Il corpo di Elisa, rimasto per diciassette anni in quel sottotetto, versava in due dimensioni, lunghezza e larghezza, nei rapporti investigativi e negli articoli di giornale, e in una terza, la profondità, nei nostri cuori e nel sentire comune dei più. La quarta dimensione, il tempo, ha oggi consentito che la consapevolezza in città straripasse, che la perdita dell’innocenza che questa storia ci ha imposto si tramutasse in voglia di cambiamento, nella capacità, finalmente, di leggere tra le righe di testo, abbinando anche il giusto spessore a quelle parole che, incredibilmente e ostinatamente, sono pronunciate e vergate da coloro che attingono tuttora in quella bottiglietta colma di un nero che più nero non si può. In certi petti, già vecchi e induriti da decenni, il battito della consapevolezza già rumoreggiava da tempo, ma le loro bocche, aiutate dalle loro mani, hanno sempre e comunque preferito soffiare su quel fumo scuro, dritto dritto negli occhi di tutti gli altri.

Walter De Stradis  

ROSSIELLO Right-Top in posizione n°2

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