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Cari Contro-Lettori,

nei vicoli del centro storico di Potenza stanno accadendo delle piccole cose magiche. Non chiamiamoli miracoli, per carità, perché quelli spettano, di diritto, a San Gerardo; e/o perché qualche politicante locale, di quelli che, in separata sede, vanno tirando le orecchie a chi si espone sul nostro giornale, magari si arroga anche questa prerogativa tutta mistica.

No, semplicemente, dei piccoli uomini (solo per statura), stanno facendo accadere delle cose, piccole (ma solo per metratura), laddove da tempo non succede nulla (episodi di malamovida a parte, ovviamente).

Ed è così che Vincenzo Lauria e i sodali delle compagnie dialettali “Lu Uarniedd” e “La Risata”, si sono rimboccati le maniche, e con la forza delle loro braccia hanno voluto scacciare le nuvole, non solo meteorologiche, che si addensano sui tetti della parte vecchia, il cuore, della città. E hanno dato ri-dato vita a un “sottano” (messo a disposizione da un privato cittadino), allestendo una piccola macchina del tempo, che istantaneamente può riportare il visitatore a 80 anni fa, aprendo una finestra sulla Potenza di una volta, quando (come ci ha raccontato un membro della compagnia), ci si “assettava” fuori dall’uscio, si parlava e ci si dava (soprattutto) una mano. E questo accade in vico Santa Sofia: gli animatori dell’iniziativa sperano che il Comune, che finora si è fatto vedere per i saluti istituzionali, dia loro una concreta mano affinché questa piccola casa dei sogni (che ha già suscitato l’interesse di diversi turisti), non debba chiudere tra qualche settimana, come, ahimè, previsto.

A pochissimi metri di distanza, in vicolo Atella, solo qualche settimana prima il piccolo poeta Fanì aveva -di tasca sua e in un locale di sua proprietà- aperto un bagno pubblico, per offrire a tutti (turisti compresi) un’opportunità, semplice, basilare, ma che in centro storico, guarda un po’, è quasi del tutto assente. Spiace segnalare che qualche cittadino aduso alla lamentazione preventiva e continuata, abbia anche ironizzato (“ma chi glielo dà, il permesso?”) sulla provocazione (abbinata però a una soluzione concreta) del Cavalier Fanì.

Ma sta di fatto che da questi vicoli ci giunge, come un piccolo venticello benefico, una lezione di umiltà e di iniziativa personale, che si spera possa ingrandirsi, per aiutare a scacciare le nuvole del maltempo, del malcostume, della malamovida …e anche, perché no, della malapolitica.

Walter De Stradis

 

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Cari Contro-Lettori,

soltanto un anno fa, il Giro d’Italia passava per Potenza e il Capoluogo improvvisamente si riscopriva città a misura di bicicletta, ma anche di pedone, visto che il Comune, con mano insolitamente munifica, aveva rimesso a nuovo alcune strade cittadine. Guarda caso -dissero percossi e attoniti alcuni Potentini- si trattava proprio dei tratti di strada che sarebbero stati toccati dalla tappa ciclistica! Acciocché la comunale amministrazione tacciò di disfattismo e di disonestà intellettuale codesti critici, poiché essa aveva programmato da lunga pezza siffatti e ben altri lavori di ripristino, che ora brillavano ardimentosi sul nerissimo, ma lucido serpente d’asfalto che si crogiolava sotto il sole di un Capoluogo tutto vestito di rosa.

A distanza di un anno, in assenza delle tappe, ci si è dovuti accontentare delle toppe, e bisogna anche dire grazie, perché per veder comparire in centro storico quelle tristissime chiazze di bitume nero, atte a ricoprire i “vuoti” dei sanpietrini mancanti, anche questa volta si è dovuta attendere una fortuita e fortunata concomitanza, ovvero l’evento nazionale del 1 maggio, che ha visto riversarsi su Potenza (oltre a qualche tonnellata d’acqua) i big del sindacato e un buon numero d’iscritti.

Ma a ben guardare le segnalazioni dei cittadini sulla pagina Facebook “Potenza denuncia” (le cui foto sono pubblicate qui a fianco), l’ameno gesto di buttare una saccata di bitume laddove l’ammanco di asfalto o di pavimentazione si fa periglioso, sembra la regola al Comune di Potenza; oltre a quella naturalmente, di disseminare il tessuto cittadino di transenne un po’ alla carlona, come fossero spille arrugginite utili a tenere insieme i brandelli di un vestito che si fa ogni giorno più logoro. Senza contare le inaugurazioni pluri-istituzionali (vedi sottopasso di via Roma) che si rivelano un buco nell’acqua, piovana, manco il tempo di pubblicare le foto di rito con politici festanti, le strette di mano calorose, e i sorrisi istituzionali a 47 denti (in molti casi trattasi però di dentiere).

Ma occorre pensare positivo, la Festività del santo patrono si avvicina sempre più, e persino il meteo, forse, sembra aver desistito dal romperci l’anima (e non solo quella). Alla giunta Guarente, poi, resta un annetto per riguadagnare terreno (si spera privo di buche e rattoppi col catrame) e far ricredere il cittadino scontento. Perché se, sul tavolo regionale, Bardi col “bonus gas” ha comunque calato un asso che potrebbe rivelarsi decisivo, Guarente (o chi per lui) cosa potrà mettere sul piatto?

L’Autovelox?

Mah, a quel punto, forse sarà meglio la solita supercazzola.

Bitumata, ovviamente.

Walter De Stradis    

 

 

 

 

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Cari Contro-Lettori,

con l’incessante progredire della tecnologia, c’è da aspettarsi che in uno dei prossimi processi contro la criminalità, il testimone principale dell’accusa possa essere un…frigorifero.

Non è una battuta, ma una prospettiva realistica, se è vero come è vero –come ci hanno spiegato (nell’intervista a pranzo a pagina 7) due esponenti del Sindacato della Polizia (SILP CGIL)- che gli strumenti domestici di largo consumo (Alexa, Google, ma anche –per l’appunto- i frigidaire digitali di ultima generazione) in quanto ricettori e immagazzinatori di dati, possono rivelarsi fonti preziose, e inaspettate, di informazioni utili alle investigazioni.

Tuttavia, a quanto pare, le forze di polizia italiane (ma anche le Procure) non sembrerebbero tenere il passo (tecnologico) della criminalità organizzata, forse per questioni di carenze (ataviche) di budget e/o di attività di formazione (del personale). Non a caso, in un recente intervento tenutosi nel marzo scorso a Milano (all'auditorium Giovanni Testori nell'ambio dell'evento organizzato da WikiMafia 'La 'Ndrangheta nel mondo'), lo stesso procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, ha riferito che «le mafie si sono evolute, (…) sono in grado di farsi costruire da hacker delle piattaforme che utilizzano per comunicare. Noi usiamo Whatsapp o Telegram, loro hanno delle piattaforme che usano per comunicare nel mondo. Hanno dei telefoni particolari che durano quattro mesi, che costano migliaia di euro, e vengono utilizzati solo per quella piattaforma (…) E noi stiamo qui a discutere se le intercettazioni costano poco o troppo, se il mafioso parla o meno al telefono, se possiamo utilizzarle o meno per i reati che riguardano la pubblica amministrazione. Capite quanto è lontana la discussione degli addetti ai lavori rispetto alla realtà? Corruzione, concussione e peculato sono i reati che vanno gomito gomito con la politica e con la mafia".

Se a queste parole aggiungiamo quelle del procuratore antimafia di Potenza, Francesco Curcio (riportate nell'ultima relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia al Parlamento), secondo il quale «Le indagini svolte hanno posto in evidenza l'esistenza di un sistema mafioso endemico, capillare e pervasivo in tutta la regione Basilicata», allora meglio si comprende l’importanza di un evento come quello previsto per il 16 maggio a Potenza (al palazzo della Cultura), organizzato dal SILP CGIL e dall’ONIF (Osservatorio Nazionale Informatica Forense), in cui si formeranno gli addetti ai lavori, proprio in materia di “Tecniche avanzate e nuove sfide”, con riguardo alle “Indagini Digitali e Forensi”.

Il capoluogo di regione diverrà dunque per un giorno la “Capitale” di un certo tipo di –ormai indispensabili- approfondimenti, che si spera si tramutino presto anche in risorse concrete (strumentazione e personale formato), che al momento possono anche apparire “futuristiche”, ma che per certi furbacchioni sembrano già essere, invece, il pane quotidiano.

Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori,
in attesa del Decreto previsto proprio per il 1 Maggio, visto l’andazzo generale, c’è forse da aspettarsi che prima o poi qualcuno di quelli che comandano, così come accade –sempre di più e sempre più vergognosamente- col 25 aprile, manifesterà pubblicamente dei “dubbi” anche sulla Festa del Lavoro, ritenendola ingiusta, ingiustificata, inopportuna, una perdita di tempo, e magari tirando in ballo anche un certo qual revisionismo storico (che fa tanto “persona a-cculturata”).
Siamo ormai nel Paese in cui ci si pasce (almeno nominalmente) dei diritti sanguinosamente acquisiti (compresa la libertà di sparare ignobili puttanate), ma in cui ci si “dimentica” –a convenienza- di come li si è ottenuti. E così accadrà anche col Lavoro: dài e dài, qualcuno (che il “lavoro” ce l’ha, perché gliel’abbiamo dato noi), prima o poi con gran faccia tosta farà negazionismo anche su quest’altro principio fondante del nostro Paese.
E sapete qual è il bello? Che molti di noi (con o senza occupazione) gli crederanno.
D’altronde, se ben ci pensiamo, il Lavoro GIA’ adesso non è un diritto. Basti dare un’occhiata più approfondita alle carte di molte delle indagini eclatanti (e relative intercettazioni) che riguardano o hanno riguardato la nostra regione; è infatti molto spesso l’occupazione il perno sui cui ruotano, come pipistrelli in circolo, i giri di vite del malaffare e del malcostume, anche politico, e si va dai concorsi truccati, a discorsi sulle comparsate in Tv.
La via più breve, dunque. Ma è anche l’unica? E’ in realtà questa la domanda (dal punto di vista sociale) da un milione di dollari. La risposta è (anzi, deve essere) sempre e comunque no, ovviamente, ma qualche riflessione in più è comunque doveroso farla, specie se notiamo che, negli ultimi anni, gli aspetti più putridi del connubio Politica-Lavoro si sono cementificati, dato che la Politica stessa, da “mezzo” che era per affrontare la questione a livello di interesse generale, è (ancora più di prima) diventata “il fine”.
Banalità da quattro soldi? Forse, ma facciamoci due conti e chiediamoci quanti sono i nostri politici, a tutti i livelli, che prima di salire su un qualche scranno o su una qualche poltrona un Lavoro ce l’avevano già. Domanda più che lecita, considerato il numero sempre crescente di disoccupati che “scendono in campo” a ogni tornata elettorale, o quanto ci raccontano le cronache a proposito di sindaci (e qui in Basilicata ne sappiamo qualcosa) che prima di divenire tali dichiaravano reddito zero!
Sarebbe curioso, visto che in non pochi comuni lucani si è in campagna elettorale, conteggiare quante volte la parola “Lavoro” ricorrerà nei comizi di piazza e simili. Ma, a pensarci bene, sarebbe come contare i morti ammazzati nella saga cinematografica di “John Wick”. E pertanto, quello sì, dunque, sarebbe un esercizio inutile e una perdita di tempo.
O forse no?
Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori

l’affare si complica.

«Sul Pnrr in questi mesi abbiamo assistito a un dibattito in cui pareva che i comuni potessero creare ritardi. Ma i comuni non sono in ritardo e stanno facendo la loro parte per il paese». A dirlo all’Ansa è il presidente dell’Anci, Antonio Decaro, a margine della presentazione del programma ‘Motore Italia Transizione Energetica’ di Intesa Sanpaolo.  «I Comuni spenderanno 40 miliardi –aggiunge- che sono solo il 19% della cifra complessiva prevista dal Pnrr. C’è un altro 81% di cui non parla nessuno». Inoltre, secondo Decaro, «più del 56% delle risorse assegnate le abbiamo già avviate alle procedure di gara che tra un po’ si trasformeranno in opere pubbliche».

Le affermazioni di Decaro –a riprova che la faccenda è piuttosto ingarbugliata- sembrerebbero non collimare del tutto con uno studio della Svimez (su circa 600 comuni italiani), di cui ci dà conto a pagina 4 l’economista D’Agostino. «… emergono dati molto preoccupanti: più della metà ritengono le procedure del piano troppo complesse, pesano le carenze di organico degli enti locali, il ricorso a consulenze esterne da parte dei comuni è tutto da valutare, in rapporto ai desiderata dei comuni, il 40% delle amministrazioni ha una conoscenza parziale delle gare del Pnrr, nel Mezzogiorno per completare una opera sono necessari mediamente 3 anni contro un anno e mezzo richiesto nel Nord Ovest, i comuni più penalizzati sono quelli più piccoli, una circostanza che rende molto problematico il lavoro da fare in Basilicata, dove la larga maggioranza degli enti locali è notoriamente di piccole dimensioni; tra il 2008 ed il 2019, il personale amministrativo (per non parlare dei tecnici di programmazione in molti casi inesistenti) è calato del 20,9 % nel Centro nord e del 33, 5% nel Sud, a causa del blocco del turn over, in questo processo il personale sotto i 40 anni si è ridotto dal 22,5 al 10, 2 nel Centro Nord e dall’8, 2 al 4, 8 al Sud , il Mezzogiorno contava nel 2019 soltanto 21, 2% laureati in servizio a fronte del 28, 9 del resto del Paese».

Tutto ciò pare ottenere una conferma dalle parole di un operatore “sul campo”, ovvero un sindaco, in questo caso quello del Comune di Marsico Nuovo, in provincia di Potenza, che di gestione di fondi e procedure ne sa qualcosa (vedasi alla voce “royalties petrolifere”). A proposito delle tematiche toccate da D’Agostino, Massimo Macchia ha infatti affermato laconicamente «E’ follia. Gli adempimenti sono troppi, impensabili. Domani io mica posso assumere venti persone (…) Pochi anni fa avevamo 43 dipendenti, oggi ne abbiamo 13. E’ devastante. (…) In tutto il sistema dei bandi e delle gare, in generale, arrivano istanze, in tempi talmente stretti, e il più delle volte richiedono un livello di progettazione già elevato (quello di fattibilità). Altrimenti non ti finanziano! E io-sindaco con quali soldi faccio un bando definitivo? Prenda il bando della metanizzazione fatto dalla Regione: abbiamo un tecnico che ci lavora giorno e notte (perché il finanziamento non possiamo certo farcelo scappare). Ma noi abbiamo la fortuna delle royalties, e possiamo farlo, ma gli altri, che royalties non ne hanno?».

Prendete e leggetene tutti (“Intervista a pranzo” a pagina 7). Il dibattito è aperto.

Walter De Stradis

 

 

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Cari Contro-Lettori,

in Basilicata, la criminalità organizzata studia “da grande”. E in grande. La gente (i giovani, ma non solo), se ne va, quelli che restano (gli altri giovani, ma non solo) hanno difficoltà a trovare lavoro e/o ad arrivare a fine mese; nel frattempo, però, risorse pubbliche (e cioè soldi, tanti) continuano ad arrivare, a fiumi. Ricchezze, naturali e non, continuano a far salivare le voraci bocche di quegli insaziabili che osservano, studiano, fanno progetti, intessono relazioni, stilano grafici, elaborano con i loro computer e poi agiscono. Sono, il più delle volte, in giacca e cravatta. E siedono a una scrivania. E sono criminali. I criminali di nuova generazione.
Nella giornata del 12 aprile è stata pubblicata sul sito della Camera dei Deputati la Relazione semestrale della DIA presentata dal Ministro dell’Interno e relativa ai fenomeni di criminalità organizzata di tipo mafioso del I° semestre del 2022. L’analisi è realizzata sulla base delle evidenze investigative, giudiziarie e di prevenzione e documenta la tendenza, rilevata da diversi anni, circa il generale inabissamento dell’azione delle consorterie più strutturate, che hanno ormai raggiunto un più basso profilo di esposizione e, come tale, particolarmente insidioso proprio in ragione dell’apparente e meno evidente pericolosità.
“Le indagini svolte” hanno “posto in evidenza l’esistenza di un sistema mafioso endemico, capillare e pervasivo in tutta la regione Basilicata”: sono le parole del procuratore antimafia di Potenza, Francesco Curcio, riportate proprio nell’ultima relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia al Parlamento.
Il singolare panorama criminale della Basilicata, caratterizzato da sodalizi autoctoni e da manifestazioni mafiose provenienti dalle regioni confinanti, ‘ndrangheta, camorra e mafie pugliesi, ha portato all’istituzione della Sezione Operativa DIA a Potenza. Nel documento - in cui si fa riferimento dunque all’istituzione nel capoluogo lucano della Sezione operativa Dia con la presenza, il giorno dell’inaugurazione, il 7 marzo 2022, dell’allora Ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, - è sottolineato che, secondo Curcio, “attualmente la situazione criminale mafiosa colloca il Distretto di Potenza, quanto a grado di allarme che suscita il fenomeno, subito dopo quelli tradizionalmente afflitti dalla presenza delle mafie storiche”.
Dalla relazione inviata al Parlamento emerge poi che lo scenario della regione, segnato dalle difficoltà economiche in cui versano le imprese e dall’elevato tasso di disoccupazione tra la popolazione residente, rappresenta un fattore di seria vulnerabilità alle pressioni delle cosche mafiose delle regioni confinanti, molto interessate anche ai cospicui flussi di fondi pubblici investiti nel territorio.
Importante notare che i diversi sodalizi criminali, sebbene duramente ridimensionati e scompaginati nel tempo dalle congiunte attività delle Forze di Polizia e della Magistratura, si sono rivelati, al pari di altre realtà delinquenziali più progredite, particolarmente inclini a rigenerarsi con crescente attività di proselitismo e diversificazione delle attività illecite, evolvendo gradualmente verso formazioni a gestione imprenditoriale che incrementano i rischi d’infiltrazione nella pubblica amministrazione.
Maggiori approfondimenti a pagina 8.
Buona lettura,
Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori,

 

 

in questi ultimi giorni ventosi del Capoluogo, passeggiando per la Città., era facile imbattersi in un certo, grazioso, ombrellino azzurro a fiorellini gialli che, svolazzando di qua e di là, ha fatto “tappa” in diversi quartieri. Lo testimonia la foto nel riquadro, che abbiamo scattata quando –per l’ennesima volta- ce lo siamo ritrovati di fronte (in questo caso finito sotto un’auto, insieme ad altro pattume, dalle parti di Montereale).

Un simpatico e magico presagio della Pasqua imminente, in stile Mary Poppins?

O, più probabilmente, un tangibile segno dell’incuria (da parte dei cittadini) e della “distrazione” (da parte dell’Amministrazione pubblica), in stile Er Monnezza (con tutto il rispetto per Tomas Milian), che regnano sovrane dalle nostre parti? Chi lo sa. Noi, che notoriamente siamo d’animo nobile, vogliamo ostinatamente leggere in questo minuto fatto cittadino un poetico afflato dell’incipiente Primavera, augurandoci- e questa volta seriamente- che la Pasqua porti con sé effettivamente un tempo migliore, e non solo dal punto di vista meteorologico.

Essì, perché se è vero il detto “Pasqua con chi vuoi”, è altrettanto vero che chi ha in sorte le responsabilità comuni, necessariamente debba (dopo la gitarella del Lunedì dell’Angelo, ovvio), ritornare quanto prima nei ranghi e pensare a passare (perlomeno virtualmente) più tempo possibile con i “suoi”, ovvero con i Lucani tutti.

E non è certo un caso che nell’intervista doppia di Antonella Sabia agli arcivescovi di Potenza e Matera, i due uomini di chiesa abbiano a un certo punto (seppur ciascuno in separata sede), detto la stessa identica cosa, usando addirittura quasi le stesse parole: «È necessario un dialogo tra le varie istituzioni, a tutti i livelli, perché da soli non si ha la possibilità di affrontare una problematica del genere. Bisognerebbe quindi istituire un tavolo dove si possa far convergere le risposte da dare» (Ligorio); «E’ assurdo che ancora non si riesca a trovare una soluzione adeguata, con progetti mirati a favore delle nuove generazioni e per il bene della nostra Terra. A mio parere è necessario un tavolo di lavoro con tutte le istituzioni regionali, provinciali e comunali, abbassando le bandiere politiche» (Caiazzo). Naturalmente, sempre bene specificarlo, qui non si parla dei “tavoli” a cui è –ehm –abituata certa politica italiana (laddove il termine più corretto sarebbe stato forse “tavolate”). La domanda posta ai due alti prelati riguardava infatti la “sorpresa” che essi vorrebbero trovare nell’Uovo di Pasqua, e la risposta di entrambi ha riguardato, com’è intuibile, il lavoro. Il lavoro, dunque, per le “pecorelle” lucane, che a volte (e qui ci ripetiamo atrocemente), si comportano ahinoi da pecoroni.

Pensiamoci, mentre addentiamo l’agnello (!) al forno con patate.

E Auguri a tutti.

Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori,

"Il disavanzo di 15 milioni di euro sarà facilmente coperto. I conti della sanità sono sotto controllo". Lo dichiarano congiuntamente Basdi e Fanelli a margine di una settimana di polemiche e confusione, gran confusione.  

Le audizioni dei direttori generali dell’Azienda Ospedaliera San Carlo e dell’Azienda Sanitaria di Matera sono state poi un’occasione per analizzare la delicatissima situazione attuale e l'attività programmatoria in corso. Lo afferma la Presidente della Quarta Commissione del Consiglio regionale, Dina Sileo, che continua: "Rispetto all'Azienda Sanitaria di Matera è stato posto in essere un importante lavoro di rimessa a sistema di un'azienda che aveva una situazione gestionale affaticata. Abbiamo appreso con piacere che l'Asm è allineata al gruppo lavoro del Ministero della Salute per quanto riguarda il Pnrr. (…) L'Azienda Ospedaliera San Carlo ha attivato, tra gli altri, la nuova centrale di diagnostica avanzata, i percorsi di terapia del dolore e ha completo il rinnovamento delle diagnostiche radiologiche. Degno di nota l'ospedale a misura di bambino con chirurgia e ortopedia pediatrica, l'ampliamento dell'attività oculistica e otorinolaringoiatrica-implantologica, la rete oncologica con trattamenti chemioterapici". "Il settore sanitario, ancora duramente provato dai postumi pandemia, è chiamato - conclude Sileo, invitando comunque a evitare “il terrorismo mediatico”- ad affrontare nuove sfide, tra le quali il notevole incremento dei costi dell’energia".

“Per quanto riguarda il piano del fabbisogno del personale licenziato poche settimane fa – aveva detto Puliverenti in Commissione – abbiamo pianificato, nell’ambito dei concorsi unici, il numero e le qualifiche di cui abbiamo bisogno. L’azienda ha difficoltà di personale specialmente nell’area dei dirigenti amministrativi. Per l’Asm è fondamentale acquisire personale amministrativo. (…) Nel 2021 l’Asm ha assunto 111 unità a fronte di 126 andati in quiescenza, 93 sono nel ruolo sanitario. Nel 2022 assunti 103, pensionati 171 e nel 2023 a fronte di 64 assunzioni, i pensionamenti sono stati 28. I medici – ha detto - non ci sono, non rispondono agli avvisi e gli specializzandi non possono stare da soli. Per quanto riguarda la possibilità per i medici di lavorare fino a 72 anni, siamo disponibili ad accogliere richieste. (…) Per quanto riguarda il Crob ho attivato la piramide dei ricercatori. La Procedura del ministero per individuare il direttore scientifico è terminata. Ritengo che può diventare anche sede di università medicina che ora sta ad ingegneria”.

La commissione aveva anche audito il Direttore Generale dell’A.O.R. San Carlo, Giuseppe Spera, accompagnato dal direttore amministrativo Eufrasia Pesarini. “Abbiamo provato a mettere a sistema – aveva detto Spera – le strutture ospedaliere che con legge erano state trasferite a noi (…) Abbiamo ripensato il sistema delle liste d’attesa, utilizzando tutti i presidi che abbiamo a disposizione sul territorio. Stiamo lavorando inoltre per rendere visibile a chiunque, sul sito, quale è la prima data utile e quale è il presidio disponibile. Al 28 febbraio 2023 il 65 per cento delle prestazioni sono erogate entro i 60 giorni, un 15 per cento entro i 90 giorni.Tra le criticità evidenti quella legata alle prestazioni dell’oculistica per rinnovo patente. Già oggi abbiamo 89 medici che fanno solo attività ambulatoriale, il 27 per cento di tutti i medici. Il discoro della mobilità va visto complessivamente in un momento in cui le risorse umane non sono sufficienti. (…) La carenza principale riguarda gli Oss e gli infermieri spesso sono aggravati di compiti che non sono propri. Lo scorso anno abbiamo avuto un incremento di personale pari a 90. Abbiamo attuato l’indirizzo regionale di coprire il fabbisogno per il 50 per cento attraverso concorsi unici e l’altro su mobilità o stabilizzazioni. Il bando per mobilità si sta utilizzando con difficoltà perché le aziende non danno il nulla osta. Per quanto riguarda l’assunzione di personale amministrativo, abbiamo fatto la scelta di fornire giusto riconoscimento a chi ha lavorato nel tempo e abbiamo attuato progressioni verticali e questo ha saturato il fabbisogno”. Ulteriori particolari a pagina 9.

Walter De Stradis

 

 

 

 

 

Cari Contro-Lettori,

 

 

 

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a Potenza -per usare una metafora trita, ma efficace- ci stiamo stringendo tutti attorno al capezzale di un malato che, ahinoi, sembra terminale: il centro storico.

Apposta ai piedi del letto è da tempo ben visibile una targa di metallo, arrugginita, che reca la cartella clinica, parimenti ingiallita e incartapecorita. La “linea” della pressione sanguigna del paziente è da tempo (pare di scorgere una data iniziale riferibile al 1980, a margine del Sisma) in caduta libera, con alcuni, quasi impercettibili, segni di ripresa qua e là (in corrispondenza, probabilmente, dei recenti “Concertoni Rai” di Capodanno), ma che hanno poi lasciato il campo libero a una picchiata rossa vertiginosa. Il battito del “cuore” è insomma ai minimi storici. E fra gli esperti, in camice bianco e non solo, chiamati per un consulto, c’è già chi –di soppiatto e con aria scocciata- sfoglia l’elenco telefonico occhieggiando all’agenzia funebre più vicina.

I congiunti del paziente, qualche decina di migliaia (anch’essi in vistoso calo, a causa dello spopolamento) dal canto loro si aggirano per i corridoi di questo grande ospedale a cielo aperto, carichi di sensazioni e sentimenti contrastanti: c’è chi è preoccupato; chi non sa nulla o finge (probabilmente la maggior parte); e chi bellamente se ne frega proprio, convinto –come accade spesso in casi del genere- che certi drammi (la morte) non potranno mai verificarsi per davvero in casa sua, e che comunque le cause non sarebbero addebitabili a lui, ma tutt’al più a quegli altri parenti-serpenti, chiamati “politici”, che da anni mangiano e bevono alla sua tavola senza manco dire grazie.

Si diceva che al capezzale del centro storico ci sono gli esperti, ed è giusto che sia così. C’è chi dà la colpa ai giovani colleghi del presente, lamentando la distruzione del lavoro fatto in precedenza (il proprio); c’è chi la dà alla congiuntura storico-socio-economica; chi la dà ai cittadini pigri e “macchinisti”; chi la dà ai commercianti del posto; chi la dà, infine (ma l’elenco potrebbe essere molto più lungo), ai capricci dei residenti. Forse hanno ragione tutti. E forse nessuno.

Poi, naturalmente, quegli stessi esperti, ed è giusto che sia così, dopo le diagnosi, propongono le cure. Una confezione completa di “ri”: ri-creare parcheggi; ri-portare gli uffici pubblici in Centro; ri-vedere il sistema di trasporto pubblico urbano; ri-pristinare vecchi eventi, tradizioni o usanze; ri-pensare ai collegamenti con l’hinterland; ri-mettere il proprio mandato (chi ne ha ancora uno) ai cittadini…no, scusate, questo no, errore nostro. In ogni caso, quasi tutti sembrano d’accordo almeno su un punto, che in realtà appare piuttosto focale; non è una medicina, non è un tonico, non è una puntura e non è un intervento chirurgico: è la parola. Parlarsi. Tutti insieme. Tutti i parenti seduti allo stesso tavolo. Solo così si può INIZIARE a pensare a come salvare il moribondo, quel nostro amato “cuore” che ci guarda con gli occhi scavati e lucidi dal cuscino del suo letto d’ospedale.

Purtroppo, come dice argutamente il nuovo (ma già molto focalizzato) presidente provinciale di Confcommercio nell’intervista concessaci (leggetela), in questa terra così piccola, non ci si parla nemmeno. Quando basterebbe un fischio.

Che le orecchie, pertanto, ci fischino, a tutti.

Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori,
sono diverse settimane, ormai, che il discorso sulla “morte vivente” del centro storico di Potenza tiene prepotentemente banco sui giornali (online e cartacei) e nei commenti, sempre più orripilanti, di cittadini ed esercenti. Un discorso, per continuare sulla falsariga horror, che si abbina per sua natura alla Cultura-Zombie che si aggirerebbe dinoccolata e scorticata per i vicoli della parte vecchia della città. Ma, (s)fortunatamente, in questo caso, nessuno l’ha vista.
Ed è proprio qui il punto.
Sul sito web del Comune di Potenza, ove sono riportate le note stampa di sindaco e assessori (e quindi fonti primarie delle notizie rinvenienti dalla voce istituzionale), da molto più di un mese a questa parte (e cioè da febbraio), non c’è un solo commento ufficiale -che uno- sulla drammatica situazione del centro storico di Potenza. Se si fa eccezione della nota riguardante l’intitolazione (meritoria) a Ester Scardaccione del largo antistante gli ascensori di Via del Popolo, non si legge alcuna presa di posizione (rassicurazione, diniego, smentita o quel che vi pare) circa i gravi problemi citati in apertura. Non una parola dunque sugli ottanta negozi che hanno chiuso negli ultimi dieci anni in Centro, né sulle possibili soluzioni per provare almeno a ridestare il famoso morto vivente di cui sopra (a meno che non gli si voglia sparare in testa e buonanotte al secchio), e non una replica a quanti (quelli dell’opposizione, ma anche alcuni diretti interessati) hanno stigmatizzato le modalità dell’assegnazione delle sedi di proprietà del Comune alle associazioni no-profit.
Insomma, può certo esserci sfuggito qualcosa (non sul sito del Comune, però) e qualche sparuta risposta di alcuni esponenti del governo della città ha fatto pure capolino su qualche testata, ma è netta impressione di chi scrive che, “motu propriu”, di suo cioè, la giunta comunale preferisca adottare la politica del silenzio.
Ne è la dimostrazione plastica, a nostro avviso, l’UNICO comunicato stampa della giunta comunale riguardante il centro storico, comparso (il 6 marzo scorso) nella sezione “notizie” del Comune da una cinquantina di giorni a questa parte. Una nota ufficiale in cui l’assessore Di Noia annuncia, udite udite, che Potenza è diventata addirittura “una biblioteca a cielo aperto”. Caspiteronzola. Un risultato notevole, verrebbe da dire, se non fosse che –a leggere meglio la nota- tale epocale risultato si dovrebbe, secondo l’assessore, allo sbilenco scaffaletto in legno (dunque storto, a causa della morfologia del terreno), apposto al muro del Palazzo di Città, e dedicato al “book crossing”. Ci fermiamo qui con l’ironia perché continuare significherebbe sparare, anzi, bombardare sulla Croce Rossa. La miglior chiosa possibile è dunque quella posta dal cavalier Fanì, che pure aveva creduto nell’iniziativa, concedendo molte copie dei suoi libri, e che ora ne lamenta pubblicamente la sottrazione vandalica. Evento –ahinoi- pure spiccatamente prevedibile e che a leggere il comunicato citato, aveva appunto previsto persino l’assessore (invitando i cittadini utenti a “riportare” i libri presi), nell’unico guizzo di realismo amministrativo che pervade l’unica nota che il Comune ha inteso dedicare al centro storico in quasi due mesi (pista di ghiaccio a parte, ovviamente).
Così è, se vi pare.
Walter De Stradis

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