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Cari Contro-Lettori,

“I giovani del mezzogiorno: L’incerta transizione all’età adulta”, è un interessante rapporto pubblicato dall’Istat il 12 ottobre scorso.

La condizione dei giovani italiani appare piuttosto fragile, a partire da una riduzione ormai strutturale della loro consistenza demografica. I giovani sono i veri protagonisti del cosiddetto “inverno demografico”: essi diminuiscono mentre la popolazione aumenta (+3,3% dal 2002 a oggi). È un fenomeno attivo fin dai “baby-boomers” (nati fra il 1956- ’65), ma che ha subito un’accelerazione a partire dai cosiddetti “millennials” (nati fra il 1981-‘95). Le preoccupazioni si accentuano nel caso dei giovani del Mezzogiorno, tema particolarmente complesso e attuale poiché associa più fattori di svantaggio, territoriale e generazionale, sottolineati dall’impianto operativo del PNRR. Su questo piano, le tendenze in atto sembrano prefigurare criticità accentuate, che si traducono in rischi strutturali, ossia di tenuta demografica per ampie aree del Mezzogiorno. Tuttavia, per ovvie ragioni storiche (roba di secoli), ciò che per gli altri è un raffreddore (e non lo è), per noi lucani è polmonite. Tutte le regioni meridionali, a eccezione di Abruzzo (17%) e soprattutto Sardegna (15,8%), presentano attualmente una componente giovanile più cospicua della media nazionale. Tuttavia, l’arretramento rispetto al 2002 è più forte in tutta la Ripartizione, con punte molto alte in Sardegna, Basilicata, Calabria, Molise e Puglia. La Campania ha il valore più elevato di 18-34enni (19,9%), seguita dalle altre regioni maggiori del Sud. Nel Centro-nord si distingue in positivo il caso del Trentino Alto Adige – in particolare la Provincia Autonoma di Bolzano/Bozen (19,2%) – la cui quota di popolazione giovanile risulta seconda soltanto alla Campania.

Se si fa riferimento ai contesti regionali maggiormente interessati dal “de-giovanimento” –come accennato Sardegna, Calabria, Basilicata, Molise, Puglia– si può osservare come il fenomeno segnali nessi visibili con i principali parametri di sviluppo socio-economico. Ne deriva che la popolazione giovanile tende a ridursi con intensità maggiore dove sono più carenti le opportunità occupazionali specifiche e dove è più bassa la ricchezza prodotta, e viceversa. Il Mezzogiorno d’Italia è – attualmente – una delle punte più avanzate di un fenomeno inedito, che vede una riduzione strutturale del peso dei giovani a un livello mai sperimentato in passato.

Al progressivo deterioramento della condizione occupazionale delle giovani generazioni di meridionali si associa anche un certo decadimento qualitativo del lavoro, per l’incremento dei lavori atipici o non standard, e di tutte le varie forme di precariato indotte dalle trasformazioni strutturali del mercato del lavoro e dall’andamento del ciclo economico. Infatti, accanto a una certa tendenza incrementale del lavoro subordinato rispetto a quello autonomo, si registra un aumento progressivo del lavoro atipico. Questo fenomeno è diffuso soprattutto nelle attuali generazioni di giovani del Mezzogiorno, dove la quota di lavoro giovanile atipico è particolarmente ampia e ormai del tutto prevalente; in particolare in Calabria (67%), Sardegna (66,8%), Basilicata (63,3%), Sicilia (60,3%).

Secondo ulteriori dati Istat nella nostra regione la soglia di povertà assoluta oscilla tra i 585 euro mensili di una famiglia composta da una sola persona over 75, ai 1.850 euro di un nucleo di cinque maggiorenni residenti nelle aree urbane. Stabili invece i dati sulla povertà relativa, che misura le disuguaglianze nella distribuzione della spesa per i consumi. In Basilicata si assiste a un lieve miglioramento: l'indice passa dal 19,9% al 19,1%. Più di un punto percentuale in meno rispetto alla media del Mezzogiorno che si attesta al 20,5%. Il bonus gas (che ci ha reso i meno cari d’Italia, da questo punto di vista) e l'effetto dei sostegni pubblici come il reddito di cittadinanza mitigano l'impatto dell'aumento dei prezzi.

Da tutto ciò emerge che il tassello giovanile è quello forse più importante sulla scacchiera. Sempre che le pedine non vengano prese per pedoni, e viceversa.

Walter De Stradis