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Cari Contro-Lettori,
in ambito sanitario si definisce “Umanizzazione delle cure” quell’insieme delle buone pratiche utili e necessarie a vincolare gli operatori, a tutti i livelli, a un rapporto col paziente improntato a cordialità, rispetto, comprensione, empatia: insomma, tutto quanto rientra, o dovrebbe rientrare, nel concetto di “umano”. E va detto che (per fortuna), dove si doveva capire s’è capito che, pur nella baraonda di liste d’attesa, tetti di spesa, carenza di personale e quant’altro, l’approccio simpatetico con chi soffre o è sul punto di farlo è una componente importante del discorso. Perlomeno, sembra, da qualche tempo ci si sta lavorando. E allora, visto e considerato che, qui da noi, ultimamente sembra che gli “sportelli del cittadino” si tramutino più che altro in sportellate in faccia, perché non attivare anche in politica un percorso di “umanizzazione delle cure”, a vantaggio del paziente/elettore? Se ci limitiamo al solo comune Capoluogo, ad esempio, e ci si accinge a fare una lettura “comparata” delle missive che invadono le redazioni giornalistiche, ci si accorge che il minimo “comune” denominatore di proteste e segnalazioni è più che mai “l’indifferenza” applicata alle stesse. E’ utile, in questo senso, leggere un significativo passaggio dell’ultima lettera inviataci dai cittadini di via Parigi: «(…) Nel termine Comune si intende comprendere tutte le articolazioni, consiglio, giunta, commissioni e soprattutto Sindaco che, senza alcuna eccezione, non hanno dato attenzione ai molti solleciti che sono pervenuti, in diversi modi, di noi residenti. Facciamo salvo timidi e generici accenni di qualche consigliere a tempo perso… Anche quando, entrando nelle procedure più formali, abbiamo avanzato le nostre richieste su specifici interventi tramite Avvocato, abbiamo dovuto registrare dopo oltre un anno silenzio assoluto! Nemmeno un cenno come da presunta buona educazione istituzionale».
Questa la versione di quei residenti. Ma se veramente si comincia a non rispondere manco più agli avvocati, c’è di che avere il tremoliccio. Eppure sono circa cinquecento anni che in Politica varrebbe il detto “Parigi val bene una messa!”. Facile ironia a parte, il perché ci soffermiamo su un fatto minuto delle dinamiche cittadine è presto detto: siamo di fronte a un segno dei tempi. I mezzi e gli strumenti di comunicazione aumentano, al punto dall’essere diventati invasivi, eppure tutta questa voglia di comunicare non c’è. E comunicare non vuol dire trasfeire delle semplici comunicazioni dal punto A al punto B, bensì creare una “modifica” nel ricevente, spingerlo cioè a un sentimento, una riflessione o a un’azione. Tuttavia, “inutile suonare qui, non vi aprirà nessuno”, cantava il Molleggiato, e il motivetto di “Soli” (in questo caso i cittadini) sembra essere sempre più in alta rotazione a Radio Municipio. Certo, l'aver attivato un indirizzo PEC per le pratiche in ambito viabilità è una buona cosa (in realtà il minimo, con le tecnologie di oggi), ma resta da sperare che poi tutto non finisca nuovamente "alla parigina". Di qui la necessità di una, per la verità più ampia, “umanizzazione delle cure” (in cui rientra, ovviamente, quella “buona educazione istituzionale” della cui latitanza si dolgono i “Parigini” di Potenza), in politica, laddove lo scollamento tra il cittadino e le istituzioni rassomiglia sempre più alla faglia di Sant’Andrea. E siamo a pochi mesi dal Terremoto chiamato elezioni. E buona camicia a tutti.
Walter De Stradis