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Cari Contro-Lettori,

«Basilicata, il voto punisce il “sistema” dell’ex governatore Pittella».

E’ questo il titolo di un articolo (25 marzo del 2019), apparso sul portale del quotidiano economico nazionale “Il Sole 24Ore”, che viene colto a mo’ di esempio, in un bacino di titolazioni similari verosimilmente più ampio.

Allo stesso modo è verosimile ritenere che il tenore della notizia sia riferibile ai guai giudiziari di Marcello Pittella, che era principale “protagonista” dell’inchiesta denominata dai media “Sanitopoli”: «Malgrado l’elezione in consiglio regionale con 8.803 voti (il più votato), è lui, Marcello Pittella, presidente dem uscente della Regione Basilicata, il grande sconfitto di queste elezioni. LUI E IL SUO SISTEMA DI POTERE». (Il maiuscolo è nostro – ndr)

Oggi (in realtà mercoledì) Marcello Pittella –che illo tempore era stato posto ai domiciliari con gran clamore- è stato assolto in primo grado nell’ambito di quella stessa inchiesta.

E’ ovvio e naturale che –ad assoluzione ottenuta- in molti si siano riscoperti amici, simpatizzanti e sostenitori dell’ex governatore: si tratta, dopotutto, di uno degli sport più praticati in Italia, “il salto sul carro del vincitore” (o “dell’assolto”, che dir si voglia); ma è inevitabile, e altresì doveroso, che alcune riflessioni (di natura politica e non) vadano fatte “asetticamente”, ovvero senza agili “parteggiamenti” di sorta e pietismi di comodo.

E’ chiaro persino a mio nipote che –come l’articolo del “Sole” sembra sintetizzare in poche righe- il corso politico di questa regione sia improvvisamente cambiato, anche a seguito e in virtù (non ce lo nascondiamo) di una poderosa inchiesta giudiziaria, diventata anche mediatica (è fisiologico, vista la corposità della notizia), che allo stato attuale (ci riferiamo sempre a Pittella) si è sgonfiata piuttosto e anzichenò. Sia detto che l’alternanza (specie dopo alcuni decenni di monocolore e viste anche le non poche ciofeche politiche che vi abbiamo raccontato per anni) non è di per sé un male, anzi, il contrario, ma con l’assoluzione pittelliana, per Bardi e soci vien clamorosamente meno anche l’ultimo degli alibi (il famoso “stia zitto proprio lei che…”) che è più volte rimbalzato, seppur in accorto “politichese”, nelle stanze del consiglio regionale, e se la memoria non ci inganna anche per bocca dello stesso Generale. Il significato, squisitamente politico di questa cosa è dunque lapalissiano: la maggioranza di centrodestra, che non potrà più sminuire le proprie incompiute e incertezze gratificandosi di paragoni con un “delittuoso” centrosinistra (perchè le sentenze vanno rispettate, anche quando magari non piacciono), ha finito il blocchetto delle giustificazioni di papà … e ora sotto a studiare. Anzi, a lavorare, visto che si è “studiato” un po’ troppo (vedasi Piano strategico licenziato dopo due anni, invece che dopo sei mesi). Dovranno insomma “giustificare” ai lucani, come mai hanno fatto finora, la loro esistenza politica e la loro presenza su quelle comode poltrone, e meritarsi il lauto guiderdone. Nell’interesse di tutti, insomma, dovranno dimostrare oltre ogni ragionevole dubbio (come si sente dire nei film processuali americani) che sono lì perché ci sanno fare (ce lo auguriamo tutti), e non semplicemente perché un generale della Finanza è stato eletto anche a seguito dell’arresto del leader politico (poi assolto) della parte rivale.

Ultimissima considerazione: siamo di fronte a una sentenza di primo grado, ma prima o poi una seria riflessione sui meccanismi del sistema penale italiano, così come concepito, andrà pur fatta. Perché quando uno –che è stato arrestato e poi assolto- afferma sommessamente di “non portare rancore”, è chiaro che lo fa mordendosi una mano. Nel frattempo, buon Natale a tutti.

Walter De Stradis