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di Walter De Stradis

 

 

 

Spiritosa, con la testa inchiodata sulle spalle, riflessiva. Giovanissima (diciotto anni), "Miss Sorriso" e dunque "Miss Basilicata +" finalista (ovvero tra le prime venti) a Miss Italia, la potentina Aurora Laguardia pare molto focalizzata su ciò che si aspetta da se stessa, dai suoi coetanei e dalla sua terra.

d - Come giustifica la sua esistenza?

r - Credo che tutti abbiamo uno scopo nella vita, il mio è quello di diventare attrice, anzi, direi che è la mia essenza. E’ il motivo per cui mi sveglio ogni giorno e trovo la forza di vedere la bellezza nella vita.

d - E lei cosa sta facendo di concreto affinché questo accada?

r - Studio recitazione da teatro, da quando ero piccolina. Dopo la scuola mi piacerebbe entrare in un’accademia di cinema, ma nel frattempo studio anche le lingue e mi piace molto recitare in inglese. Mi preparo anche monologhi, perché adoro anche scrivere, prendere un’emozione qui, metterne un’altra qua.

d - In questo suo viaggio verso la realizzazione (le auguriamo) di un sogno, che ruolo riveste l’aver partecipato a Miss Italia?

r - Un inizio, una formazione, l’avvio di un percorso utile ad approcciarsi al mondo del lavoro, tramite persone che ogni giorno ti dicono ciò che devi fare. E’ anche un abituarsi a obbedire e a fare le cose con calma.

d - Sembra stia parlando di una caserma!

r - (sorride) E’ una cosa che mi ha aiutato a seguire le regole, in maniera positiva, ad avere una routine, perché io sono una a cui piace fare un pochino di testa sua. Questa esperienza mi ha dato inoltre la possibilità di incontrare ragazze da tutte le regioni d’Italia (e non è una cosa scontata), ed è molto bello, molto formativo. E vorrei aggiungere che, oltre all’approccio del lavoro, mi ha dato anche molta autostima. Sì.

d - Una Miss che ha bisogno di autostima, sulle prime potrebbe sembrare una contraddizione.

r - Mi rendo conto. Il punto è che io ho sempre avuto molta stima per il mio carattere, la mia personalità e il mio modo di pensare (ed è tuttora così), anzi, credo che l’autostima debba partire proprio da questo, ancor prima del lato estetico: piacersi per come si affronta la vita ogni giorno. Pertanto, avevo sempre puntato su questo, lasciando andare un pochino l’ambito estetico. E invece, con Miss Italia, ho capito che potevo amarmi anche per quello, e apprezzarmi, anche. Non è vero, quindi, che le Miss si piacciono in primo luogo per ciò che appare sullo specchio. L’autostima estetica cerco di costruirla ogni giorno.

d - A microfoni spenti, banalmente, riconosco di averle fatto anch’io la solita domanda: “immagino che adesso debba stare sempre a dieta”. A quel punto lei mi ha brevemente accennato che in passato ha avuto qualche problema di natura alimentare.

r - Già, in questo mio percorso è una domanda che mi sono sentita rivolgere tantissime volte, ed è uno stereotipo che va un pochino abbattuto. E, sì, ho sofferto di disturbi alimentari, dal primo al quarto anno delle superiori, e non me ne vergogno a parlarne, perché non è nato da un mio “capriccio” (anche se non oserei mai chiamarlo così), bensì dal bullismo che mi facevano gli altri da piccolina. Ero un pochino più in carne, e a un certo punto dissi “basta”, e iniziai a cambiare; ma per volere degli altri, non per me stessa, e questa è la cosa più deleteria che potessi fare. Mi ha tolto tanto, addirittura un pezzo di adolescenza. Pertanto, quando ho iniziato il percorso di Miss Italia, cosa che mi avrebbe obbligato a un confronto con i corpi di altre ragazze, anche più magre di me, mi sono trovata di fronte a un bivio: mettermi a dieta, onde assomigliare il più possibile alle altre, o fare la cosa più giusta (per me e per tutti gli altri) e cioè essere d’esempio per quelle ragazze che riescono a essere il massimo che possono essere, attraverso le loro normali, e sane, abitudini quotidiane. Oggi direi che c’è una cultura molto brutta riguardo alla nutrizione, all’alimentazione...

d -...quando la sia abbina a un certo discorso estetico...

r -...esattamente. Credo sia responsabilità anche dei social.

d - Proprio su Facebook lei ha pubblicato una sua poesia, dedicata alla Basilicata, in cui si legge di una terra che “vive nascosta”, “senza mai porsi in prima fila”. Lei però ci è andata, in prima fila, a rappresentare la Basilicata.

r - Sì, le finaliste a Miss Italia erano quaranta, due per ogni regione; da quaranta siamo poi passate a venti, e alla fine ero proprio io a rappresentare la Basilicata.

d - Ma perché la sua terra, invece, non si pone mai in prima fila?

 

 

 

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r - Eh, bella domanda. Credo che la ragione principale sia una bassa autostima.

d - I Lucani sono un popolo di rassegnati, come spesso si legge?

r - Sì, sono rassegnati. Crediamo di non poter mai arrivare in alto...

d -...e da cosa dipende, dalle delusioni della politica, da decenni di sofferenza...

r -...dalla sofferenza sicuramente, ma anche dal fatto che non siamo troppo ambiziosi.

d - Proseguo: “La mia terra che urla, ma in alto le orecchie son tappate”.

r - Noi urliamo, ma non ci ascoltano.

d - Chi?

r - Beh...mmm, purtroppo, il Paese. Molte volte non ci ascolta.

d - “La mia terra è poesia (…) ma non viene studiata”. Negli ultimi anni tante telecamere si sono accese sulla Basilicata, quale aspetto lei ritiene non sia stato studiato a sufficienza?

r - I giovani. Sì, quando mi chiedono quale sia l’aspetto più bello della mia regione, io rispondo sempre “i giovani”. Ritengo che noi giovani lucani siamo in possesso di una mentalità che in altre regioni non c’è. Abbiamo un’anima molto poetica, ma allo stesso tempo sappiamo che dobbiamo lavorare molto più degli altri, per arrivare in alto, perché qui non ci sono le opportunità sotto casa. Faccio l’esempio di mio fratello: studia medicina, al test d’ingresso si è classificato tra i primi in Italia, e questo perché si è esercitato su quei test sin dal primo anno delle superiori!

d - Lei scrive anche che “noi Lucani non contiamo”, perché “tanto vince il più forte”. E’ una visione anche realistica, ma forse, anche la sua, un pochino rassegnata.

r - Io non ho una visione rassegnata, quella frase era molto retorica, perché è quello che scatta nella mentalità di noi Lucani quando siamo messi di fronte a una sfida: “Tanto non contiamo nulla, quindi che partecipiamo a fare?”.

d - Lei poi aggiunge, riferendosi ancora alla sua terra, “voglio portarti in alto (…) senza omertà”. Sempre sulla sua pagina Facebook lei ha scritto anche delle cose sul caso Claps: ritiene ci sia stata omertà?

r - La vicenda la conoscevo, ovviamente, già prima delle serie tv, come tutti, essendo cresciuta con le interviste e quant’altro. Sì, C’E’ stata omertà, ed è stata quella a uccidere Elisa, due volte: lei e la sua famiglia. E ciò che mi fa più male è che molte persone che manifestano oggi, sono state zitte ieri.

d - Quindi in questo c’è stata anche un po’ di ipocrisia?

r - Sì, ma sono stata comunque felicissima delle manifestazioni, perché evidentemente la comunità, a un certo punto, ha capito che doveva unirsi e stare al fianco della famiglia Claps. Alla manifestazione degli studenti non ho potuto partecipare, essendo impegnata con Miss Italia, ma posso dire che è stata anche una mia idea, nel senso che -prima ancora della fiction- l’avevo sottoposta, scrivendogli, a un mio amico che è rappresentante d’istituto. Naturalmente, non so se sia stata proprio la mia idea a generare quella manifestazione. Non potendo parteciparvi, come dicevo, andai in bagno e mentre le altre si truccavano e si preparavano, io la seguivo tramite telefonino, e alla fine mi è colato il trucco! (sorride)

d - A proposito di femminicidio, il 25 novembre (oggi, per chi legge), si tiene la Giornata contro la violenza sulle donne, a pochi giorni dalla morte della povera Giulia. La sorella, di fronte alle telecamere, ha parlato di una società ancora troppo “patriarcale”. Mi interessa il parere di una giovane come lei: i suoi coetanei di Potenza, alcuni di loro, le hanno mai dato l’impressione di essere talvolta aggressivi o comunque di sottostimare la donna in quanto tale?

r - Non parlerei di aggressività, bensì di un “patriarcato” molto velato, nascosto, nella mia generazione. Riconosco che siamo messi molto meglio rispetto al passato, ma ritengo che ci sia comunque un “patriarcato” molto nascosto, perché credo esista un certo senso di “superiorità” rispetto alla donna. Questo sì, qualche volta l’ho respirato anch’io. Ma i ragazzi, tante volte, non se ne rendono nemmeno conto, lo danno quasi per una cosa scontata.

d - Da cosa occorre cominciare?

r - Ecco. Alla base di tutto c’è la scuola. E’ vero, è un compito anche della famiglia, ma la scuola, in quanto istituzione, deve formare, educare alla parità.

d - E questo accade o no?

r - Nel mio caso accade, perché ho la fortuna di avere professori molto bravi e attenti. Ma, in generale, se quelli sono i risultati, penso che c’è bisogno ancora di una forte educazione, rivolta non solo alla parità, ma anche al non odiare.

d - Se potesse prendere sottobraccio il presidente della Regione, cosa gli direbbe?

r - A rischio di ripetermi: di fare più cose per i giovani.

d - Il film, il libro e la canzone che la rappresentano?

r - “Forrest Gump”; “Le metamorfosi” di Ovidio; “Titanium” di Sia & David Guetta.

d - Di solito a questo punto chiedo, “Fra cent’anni cosa vorrebbe fosse scritto sulla sua lapide?”, ma lei è così giovane... cercherò di riformulare, non so, parlando di targhe...

r - (sorride)...no no, è più semplice la domanda originale, scongiuri permettendo.

d - E dunque?

r - “Ad Aurora Laguardia, che, attraverso il suo talento, è riuscita a dare una mano agli altri”.