- Redazione
- Sabato, 14 Novembre 2020 08:47
Cari Contro-Lettori,
pur nel dovere di cronaca, ci sono delle foto che non si possono mostrare. E non stiamo parlando di qualcosa che può avere a che fare –chessò- con qualche politico ammandrillato, colto in flagrante nell’alberguccio con l’amica (Rimborsopoli insegna) o di qualche scatto indecente o raccapricciante. L’istantanea in questione –colta, ma non pubblicabile- riguarda un giovane studente lucano, con tanto di zaino in spalla, che raccoglie/esamina/misura vestiti depositati/gettati di fianco a un apposito contenitore di indumenti e tessuti usati, posto accanto agli altri cassonetti nei pressi di una scuola. A pochi metri di distanza dagli altri colleghi.
Essendo la persona di spalle, la mano è istintivamente corsa al cellulare per immortalare un fatto emblematico, ahinoi riassuntivo del delicato momento che sta attraversando il Paese e la nostra regione in particolare; ma la foto, si diceva, non è pubblicabile, per inderogabile rispetto a quello stesso studente che potrebbe comunque riconoscersi (ma ci risulta che non sia il solo), anche se un certo qual senso di “pudore” non dovrebbe cogliere certo lui, dignitoso e coraggioso, bensì papaveri ben più alti che –a tutti i livelli- stanno decidendo del suo destino. Con risultati, quelli sì, da cassonetto.
La cosa fa il paio con la notizia –che pubblichiamo a pagina 6- del “Muro della Gentilezza”, presente a Potenza a Montereale, ove appunto sono appesi abiti, all’aperto, che sono a disposizione di chiunque ne abbia bisogno. E ci dicono gli ideatori dell’iniziativa che spesso trovano detto muro vuoto, pur in tempi di Pandemia, quando la gente è molto più guardinga.
Che dire. S’é scritto tanto –forse mai abbastanza- sulle sofferenze, economiche e sociali, a cui sono doppiamente, triplamente sottoposti i cittadini ai tempi del Covid, che sono anche i tempi degli esercizi chiusi, della gente che non spende (perché è in difficoltà), della moneta che non circola, dei tamponi che ritardano, dei tracciamenti che non funzionano, degli indici di contagio che salgono, dei politici che annunciano, ma non quagliano, dei lacchè, portaborse, portavoce o portabandiera che guadagnano degli spropositi (e che non fanno neanche finta di lanciare qualche segnale in senso inverso), delle figuracce su dati e tamponi (ma il nostro assessore smentisce), dell’impreparazione dilagante che non è più soltanto una sceneggiata napoletana, ma una tragedia greca. E in tutto questo, qui in Basilicata, il Bardissimo, con coriacea nonchalance, fa appello al “senso di responsabilità dei lucani” per superare una situazione che in un battito di ciglia ci ha portati dal giallo all’arancione. Siamo al parossismo, con retrogusto di fregatura. E pensare che in giro ci sarebbe pure chi –come sostiene il dottor Maroscia a pagina 7- “gufa” contro la Facoltà lucana di medicina.
Per questa settimana può bastare. Forse.
Walter De Stradis