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Cari Contro-Lettori,

i casi della vita. Allo scrivente è capitato, nell’arco di un paio di giorni, di intervistare due personaggi diversissimi tra loro.

Il primo è Marco Giusti, noto critico cinematografico, creatore di “Blob” e “Stracult”, il quale –a proposito della commediola nostrana degli anni Settanta (i film con la Fenech e Alvaro Vitali)- ha detto che «Quei film hanno comunque fatto CRESCERE gli Italiani» (l’intervista la trovate su Cinecorriere.it e la leggerete prossimamente anche su queste pagine).

Il secondo è il potentino Donato Pessolano, coordinatore regionale di “Basilicata in Azione” (e già segretario cittadino del Pd), a detta del quale la crisi innescatasi in Regione è “infantile” e la giunta –sempre politicamente parlando- è metaforicamente come un «pilota-bambino che non arriva ai pedali della Ferrari che gli è stata data (la Regione). Un pilota che non è CRESCIUTO abbastanza».

Il contrasto insito in queste due diverse dichiarazioni raccolte a distanza di poche ore l’una dall’altra, ha fatto scaturire la fantasiosa vignetta di questa prima pagina, ricca di suggestioni cinematografiche (relative a quel periodo storico del cinema italiano), e incentrata sui “capricci” (per mutuare sempre un termine riferibile all’infanzia, questa volta usato da Summa della Cgil) e i bisticci della maggioranza in Regione.

Pur con tutti i richiami satirici possibili, tuttavia, viene da dire che la situazione poltico-amministrativa-sociale in Basilicata non è un film di Mariano Laurenti degli anni Settanta, anche perché quei lungometraggi incassavano molto e rappresentavano un vero e proprio filone d’oro del nostro cinema (seppur non elevatissimo a livello accademico); mentre oggi, qui in Basilicata (ma anche a livello nazionale, piuttosto e anzichenò), tocca assistere al solito “teleromanzo” in bianco e nero, povero di mezzi, stile anni Sessanta della Rai, di quelli lunghissimi e pallidissimi, in cui si ripete sempre la stessa solfa.

Essì, perché Bardi, Cupparo, Vizziello e soci, in campagna elettorale (vinta), avevano puntato vigorosamente il dito anche contro (e giustamente) i dissidi, i dispetti e i colpetti che si davano a tutta forza quelli del centrosinistra tra di loro, inficiandone l’efficacia politico-amministrativa e obnubilando nelle loro menti un semplice concetto chiamato cittadini.

E adesso? E adesso, si può dire –come da premesse- che stiamo assistendo all’ennesima puntata de “Il Segno del Comando” (che pur Sessant’anni fa era un prodotto d’avanguardia), con gli stessi dialoghi oggi stucchevoli, con gli stessi tempi morti, con identica assenza di colori e con le stesse musiche stagnanti. Soprattutto, con gli stessi colpi (bassi?) di scena. Per la serie: "Il lupo perde il pelo, ma non il vizio".

Risultato? I Lucani sono stanchi e annoiati a morte: con l’arrivo della giunta del Generale, pensavano di godersi lo spettacolo di un moderno “Law & Order” in salsa lucana, ovvero un serial incalzante, ritmato ed efficace, e invece si sono ritrovati con una sfocata replica di un tiepidissimo “Tenente Sheridan”.

Ah, e in tutto questo “rallenty” televisivo, naturalmente, ci sarebbe la questione Covid.

Ma sono dettagli sfocati.

Walter De Stradis

 

 

 

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Cari Contro-Lettori,

mentre scriviamo, in Basilicata finora sono state somministrate 10.489 dosi del vaccino anti-covid, il 60,8% delle 17.265 consegnate (dati di ieri mattina, per voi che state leggendo –ndr), rispetto alla media nazionale del 83,8%. Il dato in percentuale, riportato sul sito del Governo (https://www.governo.it/it/cscovid19/report-vaccini/), pone dunque la Basilicata al penultimo posto tra le regioni italiane. Se confrontato con quello degli ultimi giorni (la vaccinazione su tutto il territorio italiano è iniziata il 31 dicembre), il nostro trend sembra più o meno, stabile. Complice, ovviamente, il taglio alle forniture del vaccino stesso (deciso a livello centrale), ancora una volta all’insegna della logica “dell’ortolano” (e del relativo “citrulo”) che i Lucani conoscono –ahinoi- bene.

La marcia “sul” virus sembra quindi proseguire a rilento, nel mentre una grossa fetta della patata bollente il sistema regionale sembra intenzionata a scaricarla nelle già spellate mani dei comuni. E dei sindaci. A fronte della seconda fase della campagna di vaccinazione (quella attinente agli anziani ultrasettantacinquenni), si farà in ogni paese un “punto vaccinale”. Ai comuni sono stati inviati quindi già gli elenchi degli anziani in questione (ma non tutti paiono completi –essendoci di mezzo la questione “scelta medica”- e occorrerà integrarli con quelli degli uffici anagrafe dei municipi); una delle grane consisterebbe inoltre nella compilazione del documento del “consenso informato”, tra l’altro s-doppiato per i due tipi di vaccino (Pfizer e Moderna: dalla Regione pare che il consiglio sia di far mettere una “x” su entrambi e poi si vede). Soprattutto c’è bisogno di tempi certi: i sindaci dei nostri comuni rischiano di essere (comprensibilmente) “accerchiati” (come il Generale Custer con gli Indiani, nella battaglia campale di Little Big Horn) da agguerrite tribù di compaesani attempati, in epica e sacrosanta cerca di informazioni sul loro turno. Urge quindi un calendario delle vaccinazioni e –chiedono alla Regione alcuni sindaci- anche un pieno coinvolgimento dei medici (tramite un protocollo d’intesa), non solo nella compilazione dei dati sul consenso e nelle informazioni da girare ai propri assistiti, ma anche nella altre fasi della somministrazione dei vaccini stessi.

Nel frattempo, nell’intervista che leggerete a pagina 3, il Presidente dell’Ordine dei Medici di Potenza (nella foto, ritratto mentre si vaccina), afferma: «Per quanto ci riguarda, in questi giorni invierò una comunicazione alla Regione, ai direttori generali e sanitari, di comune accordo con il Presidente degli Infermieri, per dare la nostra disponibilità, gratuitamente, per la buona riuscita del piano di vaccinazione di massa. Se saremo interpellati, daremo il nostro contributo per velocizzare il processo. Siamo fortemente sensibili rispetto all’argomento, e in sinergia vogliamo combattere ed essere d’aiuto».

Sempre che (ed è un “sempre che” abbastanza grosso) questi benedetti vaccini arrivino puntuali e bastino alla bisogna.

Buona lettura.

Walter De Stradis

 

 

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-aggiornamento-

 

 

“Nessuna discrezionalità da parte di sindaci, medici o chiunque altro, ma un Piano vaccinale contro il Covid-19, condiviso con le aziende sanitarie e già presentato all’Anci, capace di guidarci nella seconda fase di somministrazione delle dosi. Fase che interesserà le persone di età avanzata dai 75 anni, quelle tra i 60 e i 74 anni con almeno una comorbilità e coloro che, anche se al di sotto dei 60 anni, presentano una comorbilità certificata da una esenzione per patologia o invalidità civile”.

È quanto dichiara l’assessore alla Salute della Regione Basilicata, Rocco Leone, replicando al comunicato stampa sul tema vaccini anti-covid inviato nei giorni scorsi dal presidente dell’Anci, Salvatore Adduce.

“Le tre categorie individuate nel Piano ‘Implementazione della strategia vaccinale - Fase 2 anno 2021’, redatto dal direttore generale del Dipartimento Politiche della persona, Ernesto Esposito, di concerto con le aziende sanitarie, potranno essere sottoposte a vaccinazione senza alcun ordine di priorità, anche se il Dipartimento – prosegue Leone – raccomanda di procedere a cominciare dalla popolazione anziana.

Tuttavia, la novità di questo novello piano vaccinale, di cui vado particolarmente fiero, riguarda il fatto che preveda l’istituzione di un punto vaccinale per ciascuno dei 131 Comuni della Basilicata, utilizzando gli spazi ambulatoriali presenti sul territorio o altri luoghi idonei individuati d’intesa con i sindaci.

Per le città di Potenza e Matera, nonché per i Comuni con popolazione superiore ai 10 mila abitanti, sono previsti più punti vaccinali con una previsione giornaliera di almeno 72 somministrazioni per singola squadra.

Avere immaginato la presenza di un punto vaccinale in ogni Comune, oltre ad essere un modo per evitare lunghe attese alle persone anziane e possibili assembramenti, rappresenta un segno evidente di vicinanza e di attenzione politica che questo governo regionale intende manifestare alle piccole comunità della nostra regione.

Cosa che non è sfuggita neanche al presidente dell’Anci Salvatore Adduce, il quale nel proporsi a nome dei sindaci quale soggetto attivo di questa campagna vaccinale, ha sottolineato che il confronto iniziato con il Dipartimento Politiche della persona è sicuramente positivo e fruttuoso.

Noi raccogliamo questo anelito, e facciamo giustizia di ogni minimo vagito polemico che purtroppo mai manca per ogni iniziativa portata avanti e ribadiamo – conclude l’assessore – la nostra granitica volontà di procedere in questa campagna di profilassi primaria che non ha esempi simili nel presente e nel recente passato”.

fonte: https://www.regione.basilicata.it/giunta/site/giunta/detail.jsp?sec=100133&otype=1012&id=3071957&value=regione

 

 

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Cari Contro-Lettori,

le voci, più o meno autorevoli, di un legame della Monna Lisa di Leonardo con la nostra regione, pare traggano origine (se la memoria non ci inganna: le precisazioni sono beneaccette) da un romanzo di uno scrittore russo (Merezkowskij), di inizio Novecento. Secondo questa teoria la Gioconda sarebbe sepolta a Lagonegro, in provincia di Potenza.

Ci è sembrato pertanto opportuno ospitare in questa nostra prima pagina un’illustrazione del geniale Danilo Vignola da Genzano, virtuoso dell’ukulele che il Mondo ci invidia e sagace (nonché metaforico e “multistrato”) illustratore.

Il perché è presto detto: il buon Leonardo Da Vinci che pettina i capelli all’enigmatica dama “lucana”, resa ancora più enigmatica dalla mascherina anti-Covid che le nasconde il celeberrimo sorrisetto, è a nostro avviso (cioè si tratta di una mera interpretazione personale) un’immagine sintetica, emblematica del momento vissuto dalla nostra Terra.

Una regione di geni veri (e ce ne sono, ma molto spesso se ne vanno) e di geni presunti o autodefinitisi tali, quelli che ad andarsene non ci pensano proprio (anzi, già annunciano ricandidature), che non trovano di meglio (e qui ci tocca saccheggiare Bersani) che passare il tempo “a pettinar le bambole”, specie in questa disastrosa situazione generata dalla Pandemia.

E certo l’ultima trovata di un altro geniale personaggio, questa volta a livello nazionale, non agevola la trista (per usare una declinazione più arcaica) situazione che ci accomuna al resto del mondo. E così, di fronte all’ennesima crisi di governo, i nostri rappresentanti istituzionali di più alto rango (ma verrebbe da dire “di alto ragno”, alla Enrico Montesano) ora magari penseranno -più che altro, chissà- alla sorte che toccherà alla loro seggiola, a prescindere che siano ministri, sottosegretari o meno. E a prescindere da tante altre cose, tipo l’attuale ambaradan socio-economico-sanitario.

E vai così.

L’importante è pettinare quella bambola stanca, ammutolita dalla mascherina, ma non solo.  

Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori,

facciamo un esperimento. Proviamo a trattare la questione scorie radioattive tagliando e incollando gli interventi di diversi politici lucani, senza citarli. Tanto sono più o meno tutti uguali.

Sogin Spa ha reso pubblica la nota tecnica relativa ai siti idonei per lo stoccaggio delle scorie nucleari di bassa e media intensità. Un elenco di 67 potenziali siti con determinate caratteristiche diffusi su tutto il territorio nazionale, e che ora vedranno un momento di aperto dibattito pubblico. Purtroppo constatiamo che tra i siti individuati, ce n’è una moltitudine in Basilicata.

Con il nulla osta governativo alla pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi), predisposta dalla Sogin, è stato quindi svelato l’ insensato inserimento tra gli eventuali siti di diversi Comuni lucani, ubicati nel Bradano o nell’area murgiana, tra cui addirittura la città di Matera, Capitale Europea della Cultura 2019. In virtù della normativa varata nel 2010 la pubblicazione della Carta delle aree potenzialmente idonee dovrà essere sottoposta al parere dei cittadini e siamo certi che i lucani esprimeranno in maniera convinta il loro dissenso. (Ciò che è accaduto) non è assolutamente accettabile poiché la nostra regione e il nostro territorio hanno già dato e continuano a dare tanto, essendo coinvolti da decenni sia nello stoccaggio di scorie nucleari, anche ad altissima attività, sia nelle estrazioni petrolifere. Riproporre ora l’indigesta ‘ciliegina sui pozzi’ dello stoccaggio nazionale delle scorie radioattive significa condannare alla desertificazione la nostra meravigliosa terra, da sempre vocata ad azioni di sviluppo incentrate sulla valorizzazione dell’agricoltura, del turismo e della cultura. Le aree della Basilicata indicate come possibili sedi di un deposito di scorie radioattive sono “a bassa idoneità” e quindi da escludersi in vista della valutazione definitiva.

Non si tratta di essere affetti dalla sindrome nimby (not in my back yard) bensì di valutare le conseguenze che potrebbero derivare dall’indicazione dell’area di Matera quale possibile sede unica dei rifiuti nucleari sparsi oggi in una ventina di depositi locali, rispetto alla stessa qualificazione di Matera patrimonio mondiale dell’umanità e allo straordinario paesaggio culturale di cui è espressione la Citta dei Sassi. Mai come in questo momento, come fu per la mobilitazione di Scanzano 17 anni fa, abbiamo bisogno di unità e prospettive comuni per la nostra terra.

Fin qui il nostro raffazzonato, seppur condivisibile, “editoriale”, ottenuto copiando e incollando qua e là. Cosa si vuol dimostrare? Che lo spauracchio (e speriamo rimanga tale!) del deposito delle scorie nucleari in Basilicata, che periodicamente torna a insidiarci, offre contestualmente il destro a tutti i nostri rappresentanti –di qualsivoglia appartenenza- per schierarsi contro una minaccia seria e concreta, e quindi di fare una volta tanto tutti insieme la parte dei buoni, di coloro che mostrano il petto contro il nemico, di quelli che non si piegano e non si spezzano, dei “Capitan Basilicata”, insomma. E ce n’è ben donde, viene da dire (ripetiamo, prima o poi questa spada di Damocle sempre in bilico sulle nostre teste dovrà essere seppellita, quella sì, una volta per tutte), ma è curioso come i nostri referenti istituzionali facciano continuo riferimento alla valorosa “Marcia dei centomila di Scanzano”, manco fosse stato un exploit politico (cioè loro) e non già delle gente comune (com’è stato).

Cari politici, riponete la penna e tirate fuori la tigna.

Della questione “deposito unico” se ne parla da anni, e ogni volta siamo punto e accapo.

C’è qualche virgola che forse ci è sfuggita?

Walter De Stradis

 

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Cari Contro-Lettori,

 

congediamoci da questo 2020 davvero escrementizio, con qualche ironica nota di “colore”.

Alcuni anni fa, a un concerto di Capodanno (o forse era di Ferragosto? Boh, fa lo stesso) tenutosi in piazza, Federico Zampaglione, il cantante dei Tiromancino, band fino a quel momento protagonista di un’esibizione assai apprezzata, ebbe la sciagurata idea di complicarsi la vita, decidendosi a salutare finalmente la città ospitante. «Ciao, Potenza!» urlacchiò il vocalist, tutto splendido-splendente dal palco, ma sbiancò a vista d’occhio quando la reazione del pubblico si rivelò piuttosto violenta, condita com’era da fantasiosi epiteti e cortesi omaggi ai suoi cari non più in vita. Zampaglione si voltò con fare interrogativo verso i musicisti e i tecnici alle sue spalle, e fu così che apprese la portata dell’arcano enigma: il luogo del concerto era (se ben ricordiamo anche questo) Avigliano, importante comune limitrofo del capoluogo lucano. A quel punto il cantante, con tutta evidenza ancora non completamente conscio dell’ “incidente diplomatico” in cui era incappato, cercò rovinosamente di spiegare: «Scusate, ma il nostro navigatore non ci dà “Avigliano”, ci dà solo “Potenza”!». Peggio che andar di notte. La pioggia di maleparole divenne un tornado. Il gruppo recuperò in zona Cesarini con l’omaggio di un brano inedito, suonato per la prima volta in quella piazza (almeno così dissero loro)

Tale simpatico episodio (che immaginiamo sarebbe accaduto in qualsiasi paese d’Italia) è tornato alle mente di chi scrive allorquando, nel corso della tradizionale conferenza stampa di fine anno, il governatore napo-lucano Vito Bardi è inciampato sul nome dell’ospedale di Matera: «…come si chiama… Maria delle Grazie…». Risolino degli astanti. Il Presidente poi finalmente si è corretto («Madonna delle Grazie!»), ma –a frittata ormai fatta- ci ha ficcato dentro anche il guscio delle uova («Scusate, mi hanno scritto male…»), puntando fisicamente il dito verso il responsabile stampa (il quale, pochi istanti dopo, spingeva silenziosamente verso il vicino assessore alla sanità un foglio -ipotizziamo- forse contenente il discorso di Bardi e a dimostrazione della propria innocenza: il video è visibile sul nostro canale Youtube all’indirizzo https://youtu.be/gPOS6EcMLow).

Fortuna per Bardi che la cosa si è verificata a Potenza e non a Matera (avrebbe suscitato una reazione “all’aviglianese”?).

Pur trattandosi di una gaffe, nemmeno troppo diversa da alcune altre a cui questo governo regionale (nel senso ampio del termine) ci ha abituati (e non solo a voce), il siparietto tragi-comico ci ha fatto sorridere amaro. E non solo a noi. Qualcuno potrebbe certo obiettarci che la nostra ironia è fine a se stessa e serve davvero a poco. E sapete qual è il dramma? Avrebbe ragione. Perché qui la faccenda è proprio SERIA.

E buon anno a tutti.

Walter De Stradis

 

 

 

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Cari Contro-Lettori,

nonostante tutti i divieti di toccarsi che ci sono, viviamo sempre più in una società in cui i baci di Giuda schioccano a profusione, siglando tradimenti che sono celebrati ai danni dei semplici cittadini, accompagnati con pacche consolatorie sulle spalle e da gomitate acuminate nelle costole, che non sono quindi quelle di saluto che “vigono” adesso.

Lo stesso Babbo Natale è in difficoltà, con mascherina e conseguenti occhiali appannati, confida (e con lui tutti i bambini del Mondo) che non sbagli indirizzo nel consegnare i regali. Ma anche gli adulti sono in ansia. Perché mai come in questo momento, è il nostro futuro a trovarsi sotto l’albero. L’anno che si affaccia sull’uscio di casa si spera sia quello di una vera Rinascita, non solo propiziata dalla sconfitta del virus, ma anche e soprattutto rinvigorita da una nuova ripartenza economica, sociale, culturale e soprattutto mentale. Ci si augura tutti che il 2021 sia il primo passo di una risalita verso orizzonti più sereni: non c’è da farsi illusioni, se tutto andrà bene, e il SE è ahinoi particolarmente minaccioso, si tratterà di inerpicarci su una scalinata longa longa, come quella della canzone di Roberto Murolo, e pertanto stretta e anche parecchio sgarrupatella. Ma almeno una prospettiva c’è. Anche perché, «Addó' se ne pò ghí Chi è stanco 'e chiágnere?».

Buon Natale, di cuore, a tutti.

Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori,

“da grandi poteri derivano grandi responsabilità”: con questo “motto”, il celeberrimo Stan Lee ha fatto la fortuna dei suoi supereroi, editi dalla Marvel, che a distanza di quasi sessant’anni ci ritroviamo più che mai dappertutto, al cinema, alla tv, sui piatti di plastica, sulla carta igienica.

“Facciamo un po’ quel che cacchio ci pare”: con quest’altro motto, i politici italiani –specie quelli dotati di “superpoteri”- impipandosene un tantino delle derivanti “responsabilità”, hanno fatto la fortuna loro e dei loro accoliti, da più di sett’antanni a questa parte. E anche loro ce li ritroviamo dappertutto: negli enti, negli uffici, sulle carte…ufficiali.

E in Basilicata?

Il Consiglio regionale, in apertura dell’ultima seduta, ha respinto (con 11 voti contrari di Fi, Lega, Idea, Bp, e Fdi e 6 favorevoli di Iv, M5s, Pd e Pl) la risoluzione relativa al Piano nazionale di ripresa e resilienza proposta dai consiglieri del centro sinistra Cifarelli e Pittella (Pd), Trerotola (Pl), Polese e Braia (Iv). Con il documento si invitava il Presidente della Giunta regionale “ad istituire una Cabina di Regia costituita dai rappresentanti dei gruppi politici presenti in Consiglio, dell’Anci e delle organizzazioni datoriali e sindacali al fine di condividere l’insieme delle iniziative da intraprendere per meglio implementare il Piano; ad intraprendere tutte le iniziative possibili al fine di scongiurare l’iniqua distribuzione delle risorse proposta dal Governo nazionale con la destinazione del solo 34% del fondo alle regioni meridionali”.

Quanto accaduto in Consiglio (ove è stata approvata a maggioranza comunque l’istituzione di una Commissione speciale “Recovery Fund”) ha spinto il capogruppo del Pd, Roberto Cifarelli, a sbottare: “Trovo davvero paradossale votare contro, senza neanche spiegarne le ragioni, queste semplici proposte. (…) Al Presidente Bardi abbiamo chiesto di favorire la massima partecipazione dei soggetti sociali al confronto sui temi del Recovery Fund. E’ evidente che per Bardi e il centrodestra lucano la partecipazione è solo propaganda”.

Appare invece tutto sommato contento il vicepresidente del Consiglio, Polese (Italia Viva), per il quale, l’istituzione della Commissione speciale (che lo vede tra i promotori) è un’occasione «per aprirsi al confronto non solo con tutte le forze politiche presenti in Consiglio, ma anche e soprattutto al territorio e a tutti i mondi economici e sociali della nostra regione».

Insomma, in questo –epocale- “Ultimo Tango”, la Regione dice “Io ballo da sola”?

“Chi vivrà, vedrà”, mai come in questo caso, è il “motto”.

Ma chissà cosa ne pensa il signor Tedosio, uno dei titolari di uno storico ristorante del centro potentino, che –lacrime agli occhi- ne annuncia la chiusura dopo “soli” cinquantacinque anni di attività, a causa della Crisi da Covid. Mentre si cerca di chiudere “la stalla”, tanti, troppi buoi sono purtroppo già scappati. E anche questi sono dappertutto.

E tanti auguri a tutti.

Walter De Stradis

 

 

 

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Cari Contro-Lettori,

secondo un antico adagio popolare, il vero Potente è il Papa, il Re e colui che non tiene Niente. I Politici nostrani, che nullatenenti certo non sono (almeno DOPO che sono entrati in Politica) tuttavia conoscono bene la reale portata di tale motto, considerato che il loro ruolo (di Potere) è assai più agevole quanto soldi a disposizione non ce ne sono o sono pochi, quando, cioè, possono lamentarsi delle anemie di cassa, sventolando al Popolo arrabbiato quei conti in rosso che non dipendono dalla loro volontà, ma da certe malevoli congiunture astrali e/o dalle avarizie del governo nazionale.

Il vero problema pertanto, è quando i soldi ci sono o sono in arrivo.

Ma quando i fondi europei tornano indietro (perché non utilizzati) –tanto per dirne una- è una sconfitta “tecnica” o “politica”?

Lo abbiamo chiesto alla Dirigente dell’Ufficio Cultura della Regione Basilicata, Patrizia Minardi (leggetene a pagina 7). «Mmm, penso di entrambi –ci ha risposto- Perché il tempo non è una variabile indipendente, e spesso non si impiega correttamente per programmare politicamente, ovvero stabilizzando delle cose che hanno funzionato e aprendo al nuovo. Dall’altro lato, tecnicamente, bisogna anche essere “in linea” con l’approvazione dei bilanci: sappiamo che oggi quelli regionali sono “per cassa”, per cui gli impegni e le liquidazioni sono da “cavalcare” nei tempi giusti».

Amen.

Qualunque cosa tutto ciò voglia comportare all’atto pratico, ci lasciamo con ciò che invece afferma il nostro economista Nino D’Agostino (grazie, mi hai risparmiato un editoriale) a pagina 4: «Mai nessun governo italiano ha potuto disporre, per il momento solo potenzialmente, di una montagna di soldi come quelli messi sul tavolo dalla Ue per fronteggiare la crisi socioeconomica causata dal covid-19 (…) C ’è comunque un affollamento da parte dei possibili destinatari nel richiedere spezzoni consistenti di risorse del tesorone, siamo al solito assalto alla diligenza, con la predisposizione di proposte raffazzonate, generiche, senza le necessarie interdipendenze tra istituzioni, stakeholder e territori. In questo scenario, parlare di un Sud federato, per incidere efficacemente in un disegno nazionale è una pia illusione. Le Regioni meridionali stanno andando in ordine sparso. (…) La nostra Giunta regionale nel definire il recovery plan ha fatto diligentemente il suo compitino, limitandosi a fornire il solito elenco di interventi giustapposti».

Insomma, se i Rokes cantavano "Bisogna saper PERDERE", i Bardes dovranno imparare a cantare e pure presto, "Bisogna saper SPENDERE".

Così è, se vi pare.

Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori,

in Inghilterra, Usa e in tutti gli altri paesi di lingua anglofona, “Dad” significa “Papà”, il sostantivo maschile più dolce al mondo. In Italia, da qualche tempo sta a indicare la “Didattica a distanza”, che in Basilicata si protrarrà –in attesa di ulteriori decisioni di Bardi e della Giunta, che ci stanno “lavorando”- fino all’otto dicembre. I bambini lucani avranno quindi più tempo per scrivere la famosa letterina da inviare a Babbo Natale (o al loro Papà, a seconda del cinismo del piccolo). Agli adulti lucani, invece, non basterebbe il famoso rotolo da “mille piani di morbidezza” per compilare la lista di richieste da inoltrare a Babbo/Nonno Bardi o al folletto Conte (sempre a seconda del cinismo di ciascuno).

Sta di fatto, che qui, fra chi (fortuna sua) trova il tempo e la forza per criticare il volto (!!!) del pupazzo natalizio in centro storico, chi suggerisce (neanche troppo velatamente) ai genitori dei propri studenti di fare acquisti sulle piattaforme online per aiutare la scuola (con buona pace dei negozianti locali che si fanno il … mazzo tanto), chi (in Regione) sopprime la Commissione permanente per l’Impiego (dimenticandosi di mandare almeno un whatsapp ai sindacati), le cose stanno messe malamente. Ce lo conferma la Caritas Diocesana di Potenza-Muro Lucano- Marsico Nuovo, a proposito della povertà dilagante: sono 1159 le famiglie prese in carico (745 sono state accolte dai centri d’ascolto della città di Potenza, 414 da quelli degli altri comuni del territorio diocesano), nel periodo che va da luglio a ottobre. La fascia più colpita è quella in cui rientrano le piccole imprese quali bar, ristoranti, ma vi sono anche i fotografi, i fiorai, i rivenditori di bomboniere. A questi, si sono aggiunti i nuclei con soggetti che fruiscono della cassa integrazione; fino a prima dell’emergenza queste persone/famiglie non si erano mai rivolte alla rete delle Caritas (270 in tutto, vale a dire + 23,29%!!!) e ciò induce ad affermare che il volto delle povertà (altro che “volto di Babbo Natale”!) è in continua evoluzione. Con il protrarsi dell’emergenza sanitaria, avvisano dalla Caritas, questi dati cresceranno, e per questo sarebbe ora di interventi che «abbiano un riverbero sostanziale sul tessuto socio-economico». Tradotto: non basta dare risposte immediate di tipo assistenziale (leggi a pagina 4), ma sarebbe necessario strutturare percorsi emancipativi e ri-programmare le azioni di sviluppo.

E buona letterina a tutti.

Walter De Stradis

(La foto centrale è tratta dalla pagina Facebook della Caritas)

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Cari Contro-Lettori,

in un periodo in cui a “fioccare” dovrebbero essere le letterine a Babbo Natale vergate dai piccoli, sui giornali nevicano missive di adulti e genitori che lamentano, denunciano, segnalano, chiedono e propogono situazioni, fatti e atti relativi all'emergenza epidemiologica. Le logiche intrinseche agli eventi umani stessi vogliono -e ne siamo coscienti- che è sempre un errore “di calcolo” estrapolare per forza, con logica induttiva, conclusioni e assiomi generali da eventi minuti e perticolari; ma è altrettanto vero, che se si procedesse a una sorta di somma algebrica delle vive voci dei cittadini “X” (ovvero di quelli “comuni”), ne uscirebbe fuori un coro potente, vibrante, e anche piuttosto incazzato. Ed è ulteriormente vero che non possono essere sempre e solo i numeri (sempre che vengano “conteggiati”, comunicati, diffusi e trasferiti nella maniera corretta, ehm) a scattare la fotografia di una situazione. Fateci caso, a seconda di chi li analizza e li commenta, gli stessi indicatori e/o situazioni (vale per il lavoro, come per l'economia e persino per il Covid), possono avere una valenza positiva o negativa: basterebbe confrontare gli ultimi comunicati dei sindacati (sempre in ambito Covid) con quelli dell'assessore Leone o di altri deputati a usare la Voce (“del Padrone?”) istituzionale. E allora? E allora sono lettere come quelle della Mamma “X” lucana che ci ha scritto questa settimana a doverci/doverLI spingere a delle riflessioni finalmente “concrete”. Eh sì, perchè al di là del bailamme di cifre, grafici, documenti, botta(e) e risposta, è difficile che non ci/si/vi smuova dentro qualcosa, a leggere frasi del tipo «...noi fantomatici positivi ufficiosi ci controlliamo a vicenda la notte, assicurandoci di respirare e contando i giorni che ci separano da un tampone negativo… ovviamente “ufficiale”!».

Siamo a ridosso del periodo di Natale, ma ormai i Lucani non credono più alla Befana.

Walter De Stradis 

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