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Cari Contro-Lettori,

non serve ricorrere alla fisica quantistica, ma solo al buon senso, per capire che nell’infinitamente piccolo si nascondono i misteri dell’infinitamente grande. E non occorre rifarsi a poeti e filosofi per constatare che “il diavolo è nei dettagli”.

Basta farsi un giro a Ginestra, comune di poco più di settecento abitanti in provincia di Potenza.

Noto ai più per essere il paese di origine del fotoreporter di guerra Raffaele Ciriello (scomparso sul lavoro) e per essere uno degli avamposti della tradizione arbereshe lucana, è un piccolo-grande condensato delle tematiche cogenti del pianeta Basilicata.

In settimana ci siamo recati in loco per intervistare il sindaco, anzi, la sindaca, una donna minuta, volitiva, ma visibilmente affaticata, che –come ci raccontano ancor prima di entrare nel suo ufficio- ormai “abita” nella casa comunale.

Una piccola scrivania, una finestra: le mani di Fiorella Pompa si muovono (si agitano?) nel mentre ci illustra subito le difficoltà del suo piccolo gruppo di lucani (perlopiù anziani e molti di questi soli) al tempo del Covid. C’è bisogno di un punto vaccinale in paese. Lo chiederà all’Asp. Poco prima di accendere telecamere e registratori, afferma di volersi lamentare duramente per alcuni disservizi, di carattere regionale, che sono il “corpus” delle sue preoccupazioni attuali. Tuttavia, una volta avviata l’intervista vera e propria, forse per non gettare ulteriore benzina sul fuoco, pare voler misurare le parole. Ma bastano quei rapidi concetti espressi, affinché noi, che siamo dall’altra parte della sua scrivania, colma di responsabilità, ci si tocchi lo stesso la fronte: «Le Ordinanze di Bardi e della Regione -ci dice- noi le leggiamo sui giornali».

Fuori da quella finestra –anche a causa dell’isolamento precauzionale di alcuni anziani, già in qualche modo “isolati” in tutti gli altri giorni- le strade del paese sono vuote e tira il vento.

In una sala attigua, un collega giornalista ci fa notare foto vecchie di decenni appese sul muro, in bianco e nero, in cui campeggiano affollati incontri pubblici con Colombo, in visita al paese. La gente sembrava contenta e onorata.

Il “tocco”, il passaggio (quasi messianico) della politica che conta, è dunque qualcosa di molto ambito.

Un qualcosa che ancora oggi, per quanto dovuto, e per quanto clamorosamente necessario in questi “tempi di guerra”, rimane una “concessione”.

Non concessa, a quanto pare.

I tempi della Dc sono passati, ma il “Vangelo” della politica lucana, oggi più che mai, è questo: gli ultimi saranno… gli ultimi.

Walter De Stradis

 

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Cari Contro-Lettori,

 

la foto di prima pagina (uno scatto fulmineo di Rocco Esposito) suggerisce quello che gli Americani chiamano un “What If?”, ovvero “Cosa Sarebbe successo se”, che è poi l’etichetta adoperata solitamente in racconti del fantastico utopico, o distopico, a seconda delle inclinazioni. L’uomo elegante a destra (e dove se no?) è il giovane sindaco di Potenza, Mario Guarente, eletto un paio d’anni fa battendo sul filo del rasoio l’uomo a sinistra (anche lui al posto giusto), il prof. Valerio Tramutoli.

Cosa si dicevano i due? Si parlava del più e del meno, ci spiega il sindaco, considerata la dialettica cordiale che c’è con l’opposizione. In ogni caso la “location” era, sabato scorso, nei pressi del teatro Stabile, in attesa dell’inizio della conferenza stampa con regista e cast de “La Notte più lunga dell’anno”, il primo importante film girato a Potenza e soprattutto ambientato nel capoluogo. Sia detto per inciso che tanto i giornalisti quanto gli amministratori si sono dovuti sottoporre al tampone per potervi partecipare, salvo poi assistere alla tranquilla fumatina (o impipata?) sul palco del pur grande Alessandro Haber, che di suo è ormai un personaggio letterario e va bene così. Amenità a parte, si diceva, coloro i quali hanno assistito al breve incontro tra i due candidati a sindaco del 2019 non hanno potuto evitare di domandarsi: cosa sarebbe successo se a vincere fosse stato il Prof? Magari, viene da rispondere, tanto per cominciare, in un’occasione del genere ci sarebbe stata una inversione di look (anche se è lecito credere che mai e poi mai avremmo visto un Mario Guarente col colbacco tipo Casatchok). In realtà, in quei brevi istanti, non c’è stato il tempo mentale per fare una valutazione seria dell’operato politico del candidato vincente, paragonato a quello –solo immaginabile- del collega perdente, tuttavia la mente è corsa, inaspettatamente, alle polemiche innescatesi quando, alla vigilia del ballottaggio, c’era chi -inconsapevolmente o meno- aveva suggerito una rilassante giornata al mare. Tempi belli di una volta, quando una giornata di sole, o una ricorrenza –toh, come quella pasquale- era l’occasione per mettere il naso fuori da questo capoluogo spesso opprimente, al di là di chi sieda o non sieda a Palazzo di Città. Quando magari postavi su Facebook una foto della gita, e l’amico Astronik commentava «Uagliò, ma vai semb frechenn?». Sì, bellissimi tempi di una volta. Ed ecco che l’istantanea di Tramutoli che confabula serenamente con Guarente – perdonateci questo interminabile flusso di coscienza- si rivela quasi una foto tipo “Reagan & Gorbaciov” (in sottofondo c’è “Russians” di Sting), che è una icona pop Anni 80 ormai scevra di significati politici, ma carica –incredibile, ma vero- di valenza nostalgica. Ma nel nostro caso non sono passati manco due anni! Ed è questo lo stramaledetto “potere” dell’ancor più maledetto Covid. Un grillo parlante velenoso che ti dice: attento, pochissimo tempo fa forse eri anche felice (c’erano la Pasqua, il sole e Astronik), e non lo sapevi.

Facciamone tesoro, per le prossime volte. Sia coma sia, Buona Pasqua a tutti.  

Walter De Stradis    

 

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Cari Contro-Lettori,

giovedì 25 marzo scorso, com’è noto, si è celebrato in tutto il Paese il “Dantedì”, ovvero la giornata dedicata e intitolata al Sommo Poeta.

In quell’occasione, nel corso della seguita (?) trasmissione di Paolo Mieli su Rai Tre, s’è parlato diffusamente anche di Cangrande Della Scala, che fu Mecenate di Dante Alighieri.

Soltanto tre giorni prima, il buon assessore alla sanità della Regione Basilicata, il dottor Rocco Leone, altrimenti detto “Leongrande Della Giunta”, aveva pensato bene di celebrare, a suo modo, una sorta di “Bardedì”, ovvero una giornata devoluta alla salvaguardia del suo Presidente, il governatore Vito Bardi. Il perché di cotanto impegno e afflato poetico volto alla tutela dell’imperitura memoria del generale napo-lucano è presto detto: quest’ultimo era da poco risultato ultimo in un certo sondaggio nazionale relativo al gradimento riscosso dai presidenti di regione, in riferimento alla gestione della Pandemia. Per la verità, già qualche giorno prima, come un sol uomo, l’intera giunta, compatta e ardimentosa come i famosi “300” di Leonida atti a respingere l’avanzata dell’oceanico esercito persiano, si erano stretti a testuggine intorno al loro valoroso condottiero bersagliato dalle avvelenate lance dei giornali (che avevano fatto notare, non senza una punta di sarcasmo, la debacle sondaggistica). Ma poi, il nostro Leongrande Della Giunta, ha tirato fuori l’arma finale, e ha catapultato sulla stampa (o perlomeno, su alcune testate giornalistiche, dice lui), i suoi colpi migliori (ricorrendo anche a metafore “pittoriche”, se non proprio pittoresche): «Qualcuno aveva timore che l’attuale governo non volesse cambiare il colore alla cornice ma ritingere per intero il quadro. Montava una strategia politica avallata da qualche testata giornalistica a cui non interessano i fatti o le idee, ma le insinuazioni, i formalismi, i cavilli, che diventano occasioni per attaccare le persone (…) Il bersaglio principale è diventato Vito Bardi, e pur non avendo recitato alcun atto scenografico di presenzialismo, egli è diventato bersaglio mobile.» Non pago, l’impavido Leongrande ha quindi dichiarato il suo amor cortese per il generoso (l’ha pur sempre nominato assessore) Signore: «È il caso di rimarcare che Vito Bardi è un giovane di 70 anni, elegante e dal fascino antico, austero, come lo è chi ripudia la necessità del superfluo. Profondamente disinteressato per parte propria, ma appassionato alla Basilicata e al popolo lucano e sovrintende con maniacale scrupolo agli interessi della cosa pubblica».

Che dire, secondo Leongrande, che evidentemente ha le idee chiare, il Generale Bardi è un settuagenario, però giovane, anzi no, col fascino “antico”. E poi, la prosa dell’assessore è rimarchevole (o si tratta di poesia?): pertanto, perché non istituire ufficialmente, dal 22 marzo prossimo, il “Bardedì”? Mi rendo conto che rassomiglia a un “martedì” pronunciato da qualcuno raffreddato o affetto da sinusite, ma perlomeno ci consentirà di ricordare per sempre le tragicomiche, picaresche, irresistibili venture di questa “Armata Brancaleone”, anche un poco tenera nella sua goffaggine e ingenuità, in cui sovente si trasforma la giunta Bardi.

Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori,

molti di voi ricorderanno un comunicato stampa della Regione, pubblicato il 18 aprile dello scorso anno, che recitava così «I lucani promuovono il presidente Bardi e la giunta regionale. Lo rilevano i risultati di un sondaggio dell’Istituto demoscopico Noto realizzato ad aprile. La Regione viene promossa nei settori della Sanità e dei Servizi Sociali, mentre viene confermata la soddisfazione per quanto messo in campo per incentivare Turismo e Cultura. (…) Rispondendo sulla capacità di gestione dell’epidemia da parte delle istituzioni, i cittadini della Basilicata confermano una maggiore fiducia nel governo regionale piuttosto che in quello nazionale».

Si trattava del famoso (o famigerato) sondaggio che la Regione stava pagando di tasca sua (cioè nostra) e a proposito del quale divamparono le polemiche, che ne mettevano in dubbio l’utilità, l’opportunità, il tempismo, l’economicità e non ultima la “verginità” politica dell’operazione.

Basti leggere ciò che scrivevano i consiglieri pentastellati Leggieri, Perrino e Carlucci nell’ottobre successivo.

A distanza di circa un anno, le agenzie stampa e i quotidiani danno notizia che il colore del cavallo sembra essere cambiato, dato che «E’ il lucano Vito Bardi il governatore meno apprezzato dai suoi cittadini. E’quanto emerge da un sondaggio (esteso a tutti il territorio nazionale – ndr) realizzato nei giorni scorsi da Swg, per cui soltanto 29 lucani su 100 considerebbero l’operato di Bardi «molto» o «abbastanza efficace». (…) Un dato che secondo gli analisti di Swg rappresenta il giudizio sulla gestione dell’emergenza covid 19 nelle rispettive regioni».

E anche se i sodali della Giunta non ci stanno, rivendicando il “premio di consolazione” per l’ultimo classificato, come alle gare dell’Oratorio («La strumentalità è palese –affermano- quando in alcuni giornali si omette di scrivere le conclusioni di Swg secondo le quali “i presidenti Christian Solinas (Sardegna) e Vito Bardi (Basilicata) sono comunque in crescita di consensi” limitandosi solo ai dati del sondaggio»), e per quanto sappia di tappo, tuttavia sarebbe improprio ritenere che questo amaro calice derivi il suo gusto acidulo soltanto dal diverso “rubinetto” utilizzato.

Più in generale, il “cambiamento” tanto propagandato l’hanno saggiato in pochi privilegiati, a cominciare dai vari campani e simili che hanno trovato lavoro (e che lavoro) in Basilicata, per dirne una.

Mentre i Lucani languono.

Un sorso alla volta.

Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori,

 

esattamente novant’anni fa (l’11 marzo 1931, ed è strano che non se ne sia parlato), scompariva il regista Friedrich Murnau, noto soprattutto per aver diretto l’immortale (è proprio il caso di dirlo) capolavoro dell’espressionismo tedesco “Nosferatu”, film muto ispirato al “Dracula” di Bram Stoker, e che l’anno prossimo compirà cent’anni. Dicevamo che è strano che la ricorrenza sia stata toccato poco o nulla dai media, soprattutto perché il film del regista tedesco narra sostanzialmente di un’epidemia (il Conte Orlok porta in città non solo il vampirismo, ma anche la peste) e -fra le miriadi di letture fornite dai critici- c’è chi ritiene che il film probabilmente annunci/denunci/ incarni l'ingiustificata paura del “diverso”, maturata a quei tempi di cambiamenti politico-sociali, nei confronti di colui che viene da una terra lontana e misteriosa ed è visto come portatore di morte. Difficile non pensare alle inquietudini sociali e internazionali relative soprattutto alle prime fasi dell’odierna Pandemia, in cui tra l’altro si è parlato con insistenza di una relazione tra Covid e pipistrelli! (Lo stesso romanzo originale dello scrittore irlandese Stoker da alcuni è fatto rientrare nel novero dell’ “Imperial Gothic”, ovvero di quella narrativa Vittoriana di fine ‘800 che affrontava, in parte paventandole, le conseguenze di quelle che oggi chiameremmo “globalizzazione”).

Pertanto, il discorso sembra oggi meta-narrativo, ma la questione pandemia – al di qua dello schermo- specie in questo momento in cui le sale cinematografiche sono chiuse, non è facilmente risolvibile -come nei vecchi film e romanzi dell’orrore- con una punta d‘aglio e un paletto di frassino. Contro gli annessi e connessi del virus (l’unico, vero “invasore”) ci vorrebbe invece una punta d’orgoglio in più e pure qualche “paletto” (da mettere, all’occorrenza, in prossimità dell’“esuberanza” inconcludente di alcuni dei nostri rappresentanti, specie se locali: leggi all'interno l'interessante intervento di Nino D'Agostino). Intanto, mentre andiamo in stampa, si annuncia una Pasqua in totale zona “rossa”, mentre dilaga l’emorragia economica, una chiazza di sangue vivo che si allarga sempre più sul nostro tappeto sociale, in un contesto di “anemie” amministrative e di politici esangui, evanescenti come spettri o come la nebbia in cui sapeva mutarsi il conte Dracula/Orlok (specie quando si tratta di favellare su alcune polemicucce, vedi concorsi Arpab ed altre amenità del genere).

Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori,

 

nella regione del Bardopardo è oggi più che mai vero che tutto cambia, purché non cambi mai niente.

Sabato scorso ci siamo recati al bivio di Calle, fra Grassano e Tricarico –provincia di Matera- per incontrare le autrici di un nuovo libro su Michele Mulieri, già fra i protagonisti di “Contadini del Sud” di Rocco Scotellaro. La sua è la storia di un uomo che negli anni 50 del ventesimo secolo ingaggiò una singolar tenzone con la pubblica amministrazione e la politica, affinchè gli fosse concesso di istallare –con tutti i crismi- una pompa di benzina (e relativi servizi) in quella che, di lì a poco, lui stesso –piuttosto indispettito- autoproclamò “Repubblica autonoma dei Piani Sottani”. Questa versione lucana di “Davide contro Golia”, quella di un lucano che non ne voleva sapere di essere un pupazzo di stracci (un “muppet”) manovrato dai potenti, è tutto sommato a lieto fine (il bar e la stazione di Mulieri sono ancora lì), ma dicevamo però essere emblematica dello stato delle cose che, per molti versi, ristagna nei fatti della nostra regione. Tanto per cominciare, il bivio di Calle –se si guardano le immagini di alcuni documentari con Mulieri degli anni Settanta- in cinquant’anni è rimasto del tutto identico. E questo può anche avere un valore poetico e nostalgico. Ciò che invece sembra ammantato di una significato metaforico, esistenziale o satirico (decidete voi) è che la stazione di servizio per la quale il Presidente dei Piani Sottani si era dato tanto da fare (anche nell’interesse degli abitanti del posto) si chiamava (e si chiama) “RISTORO dell’Anno Santo”. A distanza di sette decenni, la battaglia di Mulieri per evitare ai propri figli il beffardo destino dell’emigrazione e per poter dare concretezza ai suoi progetti di impresa, simbolicamente sembra oggi essersi estesa a tutti i gestori di bar, ristoranti e molte altre attività, ai quali –ahiloro e ahinoi- non resta che sperare nell’arrivo dell’agognato “RISTORO”. Certo, c’è anche chi -in una regione che paga ancora una volto lo scotto della sua “piccolezza” nei confronti dei tanti “Golia” (il marchio di “zona rossa” inflittoci è chiaramente derivativo anche della nostra scarsa densità territoriale)- afferma che è sempre meglio ricevere un pur piccolo “ristoro”, piuttosto che tenere un negozio aperto in un posto in cui la gente non può uscire di casa. Contraddizioni del Sistema? Ma lì, dal loggione, di questo “Muppet Show” genrerale, le “stelle che stanno a guardare” che dicono? Beh, sono in “bambola” anche loro.

In tanto noi cittadini siamo tutti di pezza. A pezzi. E con le pezze al culo.

Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori,

non sappiamo se i consiglieri d’opposizione si passano l’un l’altro i comunicati stampa, come quando al Liceo c’era il compito d’Italiano, e sotto gli occhi di qualche indulgente professore ci si confrontava sui propri scritti, poco prima della consegna.

Sta di fatto che abbiamo rilevato che la parola più gettonata in settimana è stata “immobilismo”.  

«Duole denunciare, ancora una volta, la preoccupante situazione di immobilismo in cui versa il Consiglio regionale. La massima Assise lucana sembra essere ormai diventata una sorta di ‘arena’ nella quale una rissosa maggioranza si ritrova solo per ‘regolare’ i propri conti: che non tornano mai. (…) A questo clima da ‘guerra fredda’ si aggiunge il riposizionamento ‘strategico’ di alcuni consiglieri di maggioranza verificatisi in questi ultimi giorni. Quella di Bardi è una maggioranza ‘fluida’ che fino ad ora ha prodotto assai poco di concreto nell’interesse dei lucani».

Lo sostiene il consigliere regionale (un po’ “new age”) del M5s, Gianni Perrino che aggiunge: «Si ritorni a lavorare sugli scranni consiliari di Via Verrastro. Che gli scontri interni ai partiti della maggioranza smettano di avere un effetto paralizzante dell’attività del Consiglio regionale».

A pochi giorni di distanza, il termine “immobilismo” torna nelle parole di un altro consigliere d’opposizione, pure lui materano, Luca Braia, capogruppo di Italia Viva, il quale –da buon ex assessore all’agricoltura (per la serie “Tiemb bell ‘e na vota”) si avvale anche di alcune metafore podoliche.

«L’immobilismo in questa nostra regione Basilicata ha raggiunto livelli imbarazzanti che nulla hanno a che fare con la pandemia. E’ una vera e propria infinita crisi politica, per altro già scritta nel codice genetico di questa maggioranza nata con il governo regionale di centrodestra, con le ‘transumanze’ dei consiglieri da un partito all’altro, come tradizionalmente fanno le più note -per altro maldestramente dimenticate -podoliche lucane».

«Dopo la ‘transumanza’ –conclude- spero che consiglieri e governo, se giunti a destinazione, abbiano anche trovato il pascolo dove rifocillarsi, in maniera tale che possano riprendere lucidità e, finalmente, cominciare a lavorare per la Basilicata. Altrimenti, di questo passo, il rischio è quello di andare al “macello” e con loro tutta la nostra comunità».

Nel frattempo, fra chi parla del consiglio regionale come di un’ “arena” di tori infuriati e chi evoca immagini di mansuete e poco reattive vacche che mestamente se ne vanno al macello, il Presidente Bardi, nel felicitarsi della «nomina a sottosegretario all’editoria del senatore Giuseppe Moles», si/ci/gli augura di «saper fare», «nell’interesse della Nazione, anche quello della Basilicata».

Per la serie: “Peppiniè, pensaci tu, intanto io preparo ‘o cafè”.

Walter De Stradis

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CARI CONTRO-LETTORI,

 

 

chissà perché, con questa maggioranza regionale, le allusioni alle illusioni e agli illusionisti (ci si perdoni il “gioco” di parole) vengono facili.

L’ultimo, in ordine di tempo, a utilizzare un siffatto tipo di metafore è stato il consigliere regionale di opposizione (“Prospettive Lucane”) Trerotola, a detta del quale «l’apoteosi è stata raggiunta con l’atteggiamento poco istituzionale del Presidente del Consiglio Cicala (Lega – ndr), il quale si è trasformato in un novello Mago Silvan che compare o scompare, o meglio presiede o non presiede i lavori consiliari, a seconda degli occasionali argomenti posti all’ordine del giorno».

Nel frattempo, siòre e e siòri, esibendosi nel mirabolante salto mortale (della quaglia, della cavallina o di quello che preferite voi), alcuni consiglieri regionali sono “volati” dalle parti di Fratelli d’Italia, in ultimo l’ormai ex capogruppo Leghista Coviello (seguito a ruota da Mecca, sindaco di Avigliano), il quale, soltanto un paio di mesi fa, dichiarava a Controsenso: «Nel mio caso il calcolo politico non c'è mai stato, avendo sempre fatto scelte controtendenza: sono sempre stato una persona di centrodestra quando la Regione era in mano alla sinistra. Per quanto riguarda la Lega, mi ha colpito la vicinanza alla gente, che era ciò che mancava nella politica nazionale e lucana». A proposito dell’ “aria da rimpasto” che già si respirava a metà dicembre scorso, aggiungeva: «E' vero che, da cittadini, si apprende che un po' di difficoltà ci sono in merito a una identità di vedute della maggioranza. Ma questo dipende dal fatto che siamo una classe dirigente nuova, che necessita di un periodo fisiologico di ambientamento». In conclusione dell’intervista a pranzo, tuttavia chiosava: « In politica non c'è mai riconoscenza. L'ho imparato a mie spese. E quindi oggi alzo i gomiti, come fanno i centravanti, per difendermi». E così, oltre ad alzare i gomiti, il Nostro ha alzato pure i tacchi e ha lasciato la Lega di Salvini. Motivo? Coviello afferma di non aver gradito le scelte politiche a livello nazionale (leggi ammucchiata Draghi).

Ovvio che gli equilibri, vuoi o non vuoi, in giunta regionale cambieranno, visto che –oplà, et voilà- Fdi in pochi giorni è passato da uno a ben quattro consiglieri regionali, ben potendo ora calare un poker sul tavolo (un po' meno) 'verde' della Regione. Il cittadino medio, magari anche quello che aveva creduto alla grande illusione bardiano-salviniana, visto che anche al Comune di Potenza, i “Fratelli” d’Italia quando possono qualche colpetto, alto o basso, se lo danno (leggi all’interno vicenda Basento), teme intanto che in politica si giochi sempre a rubamazzo, laddove il “mazzo” ce lo mettono sempre loro, ovvero i lucani.

Sim-sala-bim, ready voilà, questo governo regionale ce la farà?

Buona lettura,

Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori,

“Desertificazione di idee e di visione, che rischia di far scivolare la regione in una condizione di povertà e di contrapposizione sociale. È questo il pauroso vaticinio del segretario generale Cgil Basilicata, Angelo Summa.

La visione del nostro futuro, così come prefigurata dal sindacalista lucano, è da scenario post-apocalittico. Uno di quelli in cui il deserto di idee diventa desolazione fisica, terra consumata e abbandonata. Un po' come nel finale del famoso film 'Il Pianeta delle scimmie'- (più volte richiamato su queste pagine), nella versione originale di Shaffner del 1968. Il protagonista (interpretato da Charlton Heston), un astronauta americano dalla consueta mascella quadrata, per tutte le due ore del film crede di essere approdato per sbaglio su un pianeta alieno in cui sono le scimmie (i “primati”) a governare, e l’essere uomo –in una sorta di contrapposizione sociale portata alle estreme conseguenze- è ridotto alla stregua di un animale selvatico. Salvo scoprire, nel celeberrimo finale in cui l’americano si trova di fronte a una Statua della Libertà diroccata e sommersa da mare e sabbia, che quel Pianeta altri non è che la –devastata anni addietro- Terra del futuro. Al buon astronauta mascellone non resta quindi che inginocchiarsi disperato ai piedi del gigantesco, ma triste simulacro del passato, simbolo del rovinoso futuro in cui è naufragato.

Che vuoi farci, Charlton, sono scherzi dei viaggi nello Spazio-Tempo.

«Non è il Tempo dell’inerzia – continua Summa - Questo è il Tempo della ricostruzione per tutto il Paese, stretto tra emergenza sanitaria, sociale, economica e finanziaria, e soprattutto per la Basilicata, ferma al palo, la cui mancata capacità politica di coagulare le forze sociali e produttive rischia di innescare un processo di autoavvitamento dettato da una interpretazione padronale e personalistica delle istituzioni».

Per il segretario generale della Cgil Basilicata, evidentemente poco incline a prestar fede agli sventolati “primati” lucani (nel senso di traguardi) «serve costruire, programmare, riformare e rilanciare lo sviluppo investendo sulle tante potenzialità esistenti: il patrimonio culturale, l’automotive, l’energia e la sostenibilità ambientale, intervenendo sui bisogni sociali sempre più sottaciuti, il lavoro, il welfare, la salute, l’istruzione, i trasporti. Serve unità e confronto per ridare futuro al lavoro e ai giovani».

Chissà cosa ne penserebbe il direttore del Polo Bibliotecario di Potenza, struttura nuovissima e avveniristica (quasi da “fantascienza”), che -pur se dipendente del MiBACT- non ha avuto ancora il piacere di incontrare il Presidente della Regione, Bardi, per parlare di cosucce quali lo sviluppo dell’indotto culturale lucano (di cui tutti parlano, ma di cui molti se ne fregano) e di problemini quali l’assenza, a breve, di un responsabile della contabilità per l’importante struttura, potentina e lucana.

E scusate se è poco.

Buoni primati a tutti.

Walter De Stradis

 

 

 

 

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Cari Contro-Lettori,

prosegue, giorno per giorno, fra alti e bassi, (meno) luci e (più) ombre, la marcia contro il Virus. «Chiarezza sui vaccini, chiediamo che qualcuno ponga fine a questo indegno spettacolo delle illusioni. Esattamente come per la campagna antinfluenzale, la Regione l’ha fatta grossa un’altra volta». A dirlo sono i segretari di Uilp Fnp e Spi, Carmine Vaccaro, Vincenzo Zuardi, Angelo Vaccaro, secondo i quali «La popolazione anziana non va illusa, gli anziani non sono bambini. E invece a fine gennaio la Regione ha addirittura annunciato di essere nelle condizioni di avviare la fase due abbassando la fascia d’età da coinvolgere nella fase due vaccinazione. Non come nel resto d’Italia rivolta agli ultraottantenni, bensì agli over 75. Salvo poi tornare indietro sui suoi passi per la carenza di dosi. Carenza che sta interessando tutto il mondo. Come Basilicata ci siamo riadeguati alla linea nazionale, così come sancito in Conferenza stato regioni dal ministro Speranza e dal commissario Arcuri. Si torna agli over 80. Ma qualcuno lo ha comunicato ai cittadini? A tutte quelle persone che avevano sperato di ricevere il vaccino nel breve tempo e che adesso vedranno slittare a chissà quando l’inoculazione. Leone ed Esposito su questo ancora una volta non si smentiscono. Lasciando il fardello addosso ai medici. E anche ai sindaci». «Chiediamo che si renda noto il Piano vaccinale – proseguono i Segretari- che venga avviata una campagna informativa per sensibilizzare i cittadini». Nel frattempo l’Aned (Associazione Nazionale Emodializzati Dialisi e Trapianto) lucana comunica la raccolta, a livello nazionale, delle prime 15.000 firme per supportare l’appello lanciato una settimana fa al ministro della salute Roberto Speranza, ai vertici dell’Istituto Superiore di Sanità, al CTS, ad AIFA e allo stesso Commissario Domenico Arcuri: «Il nostro auspicio è che le persone più fragili, trapiantati e dializzati, possano entrare già in questa fase nel protocollo di priorità insieme agli over 80 e al personale sanitario. (…) In Basilicata sono presenti 12 centri dialisi, di cui 2 privati, circa 400 dializzati e oltre 200 trapiantati d’organo. Abbiamo raccolto oltre 700 adesioni a cui hanno aderito tutto il personale sanitario di area nefrologica, l’ordine degli infermieri della provincia di Matera e numerosi pazienti e sostenitori comuni. (…)Siamo consapevoli che in questo momento esiste una carenza di dosi sull’intero territorio nazionale e proprio per questo la programmazione è essenziale».

Insomma, qualora non fosse ancora palese a chi tiene il cerino in mano, la chiarezza –ai tempi della ditta Pandemia & Panico- è uno dei valori principali.

In quest’ottica, abbiamo incontrato il direttore generale del più importante ospedale regionale, il San Carlo di Potenza, per conoscerlo più da vicino, ma anche e soprattutto per parlare di Covid, di rapporti con la politica e –in primis- col cittadino.

Buona lettura.

Walter De Stradis

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