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Cari Contro-Lettori,

i casi della vita. Allo scrivente è capitato, nell’arco di un paio di giorni, di intervistare due personaggi diversissimi tra loro.

Il primo è Marco Giusti, noto critico cinematografico, creatore di “Blob” e “Stracult”, il quale –a proposito della commediola nostrana degli anni Settanta (i film con la Fenech e Alvaro Vitali)- ha detto che «Quei film hanno comunque fatto CRESCERE gli Italiani» (l’intervista la trovate su Cinecorriere.it e la leggerete prossimamente anche su queste pagine).

Il secondo è il potentino Donato Pessolano, coordinatore regionale di “Basilicata in Azione” (e già segretario cittadino del Pd), a detta del quale la crisi innescatasi in Regione è “infantile” e la giunta –sempre politicamente parlando- è metaforicamente come un «pilota-bambino che non arriva ai pedali della Ferrari che gli è stata data (la Regione). Un pilota che non è CRESCIUTO abbastanza».

Il contrasto insito in queste due diverse dichiarazioni raccolte a distanza di poche ore l’una dall’altra, ha fatto scaturire la fantasiosa vignetta di questa prima pagina, ricca di suggestioni cinematografiche (relative a quel periodo storico del cinema italiano), e incentrata sui “capricci” (per mutuare sempre un termine riferibile all’infanzia, questa volta usato da Summa della Cgil) e i bisticci della maggioranza in Regione.

Pur con tutti i richiami satirici possibili, tuttavia, viene da dire che la situazione poltico-amministrativa-sociale in Basilicata non è un film di Mariano Laurenti degli anni Settanta, anche perché quei lungometraggi incassavano molto e rappresentavano un vero e proprio filone d’oro del nostro cinema (seppur non elevatissimo a livello accademico); mentre oggi, qui in Basilicata (ma anche a livello nazionale, piuttosto e anzichenò), tocca assistere al solito “teleromanzo” in bianco e nero, povero di mezzi, stile anni Sessanta della Rai, di quelli lunghissimi e pallidissimi, in cui si ripete sempre la stessa solfa.

Essì, perché Bardi, Cupparo, Vizziello e soci, in campagna elettorale (vinta), avevano puntato vigorosamente il dito anche contro (e giustamente) i dissidi, i dispetti e i colpetti che si davano a tutta forza quelli del centrosinistra tra di loro, inficiandone l’efficacia politico-amministrativa e obnubilando nelle loro menti un semplice concetto chiamato cittadini.

E adesso? E adesso, si può dire –come da premesse- che stiamo assistendo all’ennesima puntata de “Il Segno del Comando” (che pur Sessant’anni fa era un prodotto d’avanguardia), con gli stessi dialoghi oggi stucchevoli, con gli stessi tempi morti, con identica assenza di colori e con le stesse musiche stagnanti. Soprattutto, con gli stessi colpi (bassi?) di scena. Per la serie: "Il lupo perde il pelo, ma non il vizio".

Risultato? I Lucani sono stanchi e annoiati a morte: con l’arrivo della giunta del Generale, pensavano di godersi lo spettacolo di un moderno “Law & Order” in salsa lucana, ovvero un serial incalzante, ritmato ed efficace, e invece si sono ritrovati con una sfocata replica di un tiepidissimo “Tenente Sheridan”.

Ah, e in tutto questo “rallenty” televisivo, naturalmente, ci sarebbe la questione Covid.

Ma sono dettagli sfocati.

Walter De Stradis