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di Antonella Sabia

 

 

 

 

Dopo qualche settimana dedicata alle festività natalizie, ai bilanci di fine anno e ai buoni propositi per il 2024, torniamo a dare voce ai giovani studenti del Liceo Galilei di Potenza, impegnati nel progetto “Galilei in Radio” su Spotify. Questa settimana riprendiamo alcune domande di Giulio Pedota all’attrice Anna Ferruzzo, che ha avuto onere e onore di vestire i panni di mamma Filomena, probabilmente uno dei ruoli più complessi, forti e profondi della fiction Rai “Per Elisa – Il caso Claps”.

G - È stato uno dei ruoli più difficili, rimasto nelle nostre memorie e nei nostri occhi, un volto minato dal dolore, che lei ha saputo interpretare magistralmente.

A - Non so se è il ruolo che è arrivato di più, ma sicuramente mi ha emozionato sin dal momento in cui mi hanno proposto di fare il provino. Conoscevo la storia di Elisa dalla televisione, dagli interventi che Filomena e Gildo di frequente facevano a Chi l’ha visto, alla disperata ricerca della verità. Questa figura di madre mi commuoveva ed emozionava ogni volta, una donna piena di forza e dignità, ma anche di ostinata saggezza, che ho potuto constatare dopo averla conosciuta e diventando sua amica.

G -Con la famiglia Claps è rimasto quindi un rapporto di amicizia anche dopo il set?

A - Assolutamente si. Filomena sul set venne una sola volta, mentre Gildo era più frequente. Dopo la messa in onda mi ha chiamata, una telefonata piena di affetto e riconoscenza: ci era grata per aver restituito dignità alla loro storia. Poi è nato questo rapporto, e lei mi ha più volte chiamata per sapere come stanno i miei genitori a Taranto. È una donna molto materna e accogliente.

G - Cosa ha portato a casa di questa fiction?

A - Per un'attrice quando si interpretano ruoli così complessi, soprattutto quando sono ispirati a personaggi realmente esistiti e che ancora vivono, l'esperienza emozionale è doppia. Si ha la paura di non essere all'altezza della situazione perché bisogna restituire dignità a una storia così importante, poi per regalare verità al personaggio, bisogna continuamente attingere alle proprie esperienze e alla propria verità emotiva, che non sarà mai dolorosa quanto quella di Filomena. Quando si è concluso questo percorso ho avvertito un vuoto, perché sul set le giornate vengono riempite dalla sensazione di fare una cosa importante. (…) Di Filomena volevo rappresentare lo spirito combattivo nella ricerca della verità, nonostante il dolore, riprenderne il timbro di voce, ma mai farne una fotocopia.

G - Fino a qualche mese fa la città di Potenza è stata silente, spesso omertosa nei confronti di una famiglia che meritava più affetto per tutto quanto accaduto. Questa pagina è stata riaperta solo grazie a un cambio generazionale, cioè grazie a dei giovani che nel 1993 non erano neanche nei meandri del pensiero dei loro genitori. Che effetto fa essere riconosciuta come “la madre di Elisa”?

A - È una bella responsabilità, mi fa solo piacere se qualcuno ricorderà la figura di Filomena attraverso il mio viso, anche se lei ha un volto talmente importante, forte, con occhi profondi e un volto scavato nel marmo. La presa di coscienza della città di Potenza rispetto a tutta la vicenda dei Claps passa soprattutto attraverso la vostra generazione che ha una marcia in più rispetto anche alla mia, quando alcuni temi erano pressoché sconosciuti, penso al femminicidio, ma anche alla legislazione assurda che allora non permetteva a nessuno di andare a denunciare la scomparsa di un caro, se non erano passate le 48 ore. La partecipazione della vostra generazione è un momento di grande speranza, anche per tutti quelli che attraverso la televisione hanno aperto il cuore, e con una certa libertà mentale hanno compreso che finalmente doveva essere riaperta quella pagina e letta con occhi giusti. (…) Devo dire che in questo caso mi sono piaciuta, nel senso che credo di essere stata credibile e mi sono emozionata nel rivedermi, cosa che non capita spesso.

G - Ha utilizzato l'aggettivo “credibile” parlando del ruolo interpretato, in questa lunga storia che dura da 30 anni forse è proprio la credibilità a essere mancata in alcune istituzioni, Chiesa e Stato: il vostro cast, ma anche Pablo Trincia con il podcast, è come se avesse dato uno schiaffo morale proprio a chi in questi trent’anni anni si è girato dall’altra parte.

A - Abbiamo tirato fuori la verità da una fiction, sovvertendo un po' i ruoli, è una delle più grandi soddisfazioni per noi tutti. Dove non ha voluto o potuto la Chiesa o la Magistratura o le Istituzioni, è arrivata una presa di coscienza attraverso una storia rappresentata dalla televisione, un prodotto di alto livello che ci ha visti coinvolti, e la presenza di Gildo sul set ci ha sempre confortati, avendo il suo appoggio e una visione corretta delle cose.

G – Il suo è un Curriculum molto denso, una lunga carriera cinematografica, tanti ruoli televisivi, passando per il teatro.

A - Sono sempre stata timida e ho fatto molto teatro perché credevo che per fare cinema e televisione ci volesse un carattere molto più arrembante e non riservato come sono io. Per passare da teatro a piccolo/grande schermo è stata necessaria tanta di volontà oltre al caso, e una giusta dose di talento. Poi ti capita un ruolo come quello di Filomena, che cancella tutte le preferenze fino a quel momento, mi riempie di bei ricordi e di emozioni belle.

G - Un consiglio a tutti gli studenti: che cosa il teatro potrebbe regalare a un giovane e cosa il teatro invece ha regalato a lei?

A - Per me il teatro è stata la cura, ero di una timidezza quasi patologica, ho scoperto il teatro proprio grazie alla scuola, al liceo, perché la mia insegnante mi aveva eletta lettrice ufficiale di Dante ad alta voce. Mi faceva tanti complimenti e disse che dovevo andare a teatro, ma venendo da una famiglia molto umile non potevo, fu proprio lei a regalarmi un abbonamento, e da quel giorno la mia vita è cambiata. Da lì è cominciata la mia risalita, sono partita dai laboratori teatrali che mi hanno fatto scoprire qual era la forma di comunicazione che mi mancava. Per me il teatro dovrebbe essere imposto a scuola, una materia di studio proprio perché i laboratori teatrali sono prima di tutto una cura per l'anima, ogni laboratorio è prima di tutto un mezzo di condivisionesoprattutto in questi tempi dove ognuno di noi è preso dal proprio cellulare.

Auguro quindi a tutti gli studenti di trovare insegnanti illuminati, dare loro credito e fiducia. Proprio come la mia insegnante, che mi ha aiutato a credere in un sogno, e io ho studiato tanto per riuscire a realizzarlo. Mi raccomando ragazzi, a testa alta sempre!