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Cari Contro-Lettori,

alcune pagine più avanti, leggerete le parole di don Peppino Filardi, stimato parroco di Accettura, noto in regione anche come esperto di musica e tradizioni locali. «A livello popolare –affermala cultura e la fede sono strettamente collegate. Viene fuori qualcosa di grosso e importante. Per esempio, contro la peste c’era il canto di San Rocco; per una famiglia che aveva subito il lutto, per gli orfani, venne fuori il racconto di San Nicola di Bari che aiutò tre orfanelle a sposarsi. L’animo popolare si quindi è “creato” dei Patroni a seconda delle necessità della sua esistenza». Il sacerdote ha indubbiamente ragione. Non ci si consideri “blasfemi”, però, se “trasliamo” il discorso dai meravigliosi canti all’organetto e alla zampogna lucani, alle questioni più terra-terra: ovvero quelle politiche. E’ indubbio, infatti, che al di là di ciò che succede o può succedere a livello nazionale, i “santi protettori” lucani paiono piuttosto ben aggrappati al calendario (di scendere non ne hanno alcuna voglia), e anche per loro ci sono dei canti o cantici –che dir si voglia- che l’animo popolare si è creato nei decenni. Secondo la Procura di Potenza, ad esempio (ci sia consentito il piglio satirico), chi voleva fare strada nella Sanità doveva intonare un inno a San Marcello, e si potrebbero fare decine e decine di esempi come questo, anche al di là delle fattispecie di reato ipotizzate dai magistrati, basandosi invece sulle nenie, i canti funebri e anche nei rimbrotti “a dispetto” fi schiettati o accennati da alcuni, molti lucani. “Nessun pasto è gratis”, scrive infatti l’economista D’Agostino, riferendosi ai decenni di potere monocolore (o quasi) che hanno caratterizzato la nostra terra. A completare il coro, ci sono poi le dichiarazioni di altri due uomini di chiesa intervistati su questo numero. Afferma don Dino Lasalvia, bibliotecario della Diocesi di Potenza: «Come parrocchie facciamo la spesa a intere famiglie affinché permettano ai fi gli di studiare», e il vescovo, Monsignor Ligorio, aggiunge in un altro articolo: «Sebbene possa apparire paradossale, non è emergente quella del “cibo” (la povertà – ndr), ma la fattispecie culturale. Ora più che mai, è indispensabile invertire la rotta, perché nessuno soggiaccia alla logica della elemosina». Tradotto: in questa fase pre-elettorale, in cui gli schieramenti non sono ancora chiari (al momento in cui scriviamo, tanto il Pd quanto FI sono ancora in attesa di decidere i nomi) e i Lucani non sanno ancora a quale santo VOTAR-si, c’è da augurarsi che un concetto ricominci a farsi strada. Per usare ancora le parole di don Lasalvia, “Emancipazione”.

Walter De Stradis