basentini_giovani.jpgdi Antonella Sabia

 

 

Quando accadono gravi fatti di cronaca che coinvolgono in prima persona ragazzi giovani e giovanissimi, come quelli degli ultimi giorni sia a livello locale sia nazionale, sovente si è portati ad affrontare l’argomento con leggerezza. Ne abbiamo parlato a più ampio spettro con la Dottoressa Assunta Basentini, psicologa forense e Giudice Onorario presso il Tribunale per i Minorenni di Potenza.

D: Alla luce dei recenti fatti di cronaca, cosa sta succedendo ai giovani di oggi?

R: I ragazzi di oggi stanno vivendo un disagio in una fase di espansione, che per diverso tempo è stato negato e sottovalutato. Un disagio di tipo emotivo, educativo, affettivo e adattativo, dovuto alla non interiorizzazione delle norme e delle regole che rappresentano i contenuti principali del processo educativo. La violenza è sempre esistita, colpisce però la frequenza e la recrudescenza di alcune condotte.

D: Può dipendere dal fatto che oggi i ragazzi bruciano le tappe?

R: Il processo di adultizzazione di molti bambini e ragazzi comporta una condizione di disadattamento e disagio visibile nei comportamenti degli stessi. Questi ragazzi presentano una maturità di facciata, che non coincide con un processo di crescita interiore. Ci sono delle fasi di crescita e adattamento che vanno vissute, vanno condivise con gli adulti, mentre oggi, sia per l’uso dei social sia per tutta una serie di stimoli eccessivi, è come se avessero perso il controllo della realtà, e con loro anche chi gli sta affianco, come genitori e scuola. Senza demonizzare l’uso del cellulare, ciò che serve a bambini e ragazzi è un’attenzione e una cura mirata nei confronti delle loro esigenze evolutive, per canalizzare le risorse e le energie positive. La nostra società oggi presenta aspetti preoccupanti di degrado sociale ed etico che bisogna contrastare anche con sani percorsi educativi.

D: Ammesso che esistano delle colpe, a chi andrebbero attribuite?

R: Non possiamo parlare di colpe. Tanti ragazzi crescono con modelli e copioni non adeguati dal punto di vista sociale, affettivo ed emotivo. Dobbiamo dunque parlare di responsabilità degli adulti. Senza generalizzare, ci sono talvolta degli atteggiamenti di rinuncia da parte delle figure di riferimento, rispetto al controllo di una libertà talvolta estrema dei ragazzi. Il processo educativo e di crescita di un ragazzo, è un po’ come la costruzione di una casa: se abbiamo lavorato per realizzare delle basi solide, non ci sarà il rischio che l’edificio crolli o riporti notevoli danni. Molti ragazzi si ritrovano adulti senza aver vissuto tutte le tappe principali, scivolando da quello che era il gruppo sano di riferimento, gli amici, a quello che diventa il branco, con tutto ciò che ne consegue.

D: Emergono sempre nuove forme di devianza minorile, odio razziale, discriminazione sessuale e mercificazione della donna: come si possono contrastare?

R: Bisogna riempire la crescita dei bambini e dei ragazzi con contenuti e valori. Torniamo a quanto detto prima, quelli che oggi vengono definiti soggetti devianti in modo conclamato dalle istituzioni per le condotte messe in atto, quasi sempre sono ragazzi che non hanno avuto modelli di riferimento educativi ed affettivi adeguati sia nel contesto sociale sia in quello familiare. Sono stati bambini invisibili o difficili, e ovviamente da adulti sviluppano forme di disadattamento estremo, con condotte gravi, anche di rilevanza anche penale.

D: I “NO” che fanno crescere: oggi si dicono ancora?

R: Se ne dicono pochi. Il processo educativo dovrebbe essere contenitivo, con un equilibrio tra SI e NO. In molte famiglie, c’è stato un atteggiamento di resa, con la tendenza a giustificarsi rispetto ad all’inadeguatezza educativa dietro frasi come “Sono gli amici”,“Tanto succede a scuola”, “Escono tutti perché non mio figlio?”. Il problema non è uscire, ma come e con quali modalità.

D: Come si arriva a chiedere aiuto?

R: Non è semplice, innanzitutto la famiglia dovrebbe riuscire a cogliere questi segnali di sofferenza, perché ci sono. Spesso i genitori dicono “Non avevamo capito”, “Non ci eravamo accorti di nulla”, in realtà non è così. Se c’è la giusta attenzione, si possono cogliere questi segnali. È difficile che un bambino e un ragazzo da solo possa chiedere aiuto quando vive le prime difficoltà rispetto ad una libertà estrema, soprattutto se è proiettato in un gruppo negativo. L’abbiamo visto proprio nei fatti di cronaca di questi giorni, alcune situazioni si sviluppano in contesti in cui c’è una condizione di abbandono etico, materiale e sociale.

D: Rispetto al passato, oggi si parla anche molto di depressione, senso di insoddisfazione.

R: Il disagio che può vivere un ragazzo, può prendere strade diverse, esattamente come accade con la sofferenza degli adulti, si può trasformare e sviluppare in un quadro clinico complesso di ansia e depressione che ha bisogno evidentemente di una diagnosi e un trattamento. È importante il ruolo della scuola e della famiglia per segnalare una situazione di disagio. Devono essere i servizi specialistici ad intervenire per la diagnosi e la presa in cura. C’è un aumento di disturbi depressivi che coincide evidentemente con tante altre situazioni negative, con l’uso di alcol e droghe. I dati dell’Osservatorio Nazionale dell’Adolescenza evidenziano che l’81% degli adolescenti afferma di bere alcolici: un dato che andrebbe analizzato, approfondito nonché interpretato, un segnale di forte disagio e di anormalità dal punto di vista del comportamento individuale e sociale.

D: L’emergenza sanitaria e il lockdown ci hanno costretti a cambiare le nostre vite, in particolare i ragazzi hanno perso alcuni punti di riferimento.Cosa si porteranno dietro?

R: Questa situazione è stata una rivoluzione nella vita di tutti, bambini, ragazzi e anche adulti. Sicuramente i ragazzi sono stati i più penalizzati perché è venuta meno una serie di riferimenti importanti della socializzazione e del loro bisogno di stare non solo a scuola, ma di relazionarsi con i compagni e altri adulti di riferimento. C’è stata, e permane tutt’ora, una condizione di sofferenza che va accolta da parte dei ragazzi. Per fortuna, pur essendo la fascia di popolazione più sensibile, sono anche quelli più dotati di capacità di resistenza, hanno una resilienza che li porta più facilmente a riproporsi e accettare la realtà modificandosi, in senso anche positivo. Ci sono state però delle situazioni di disagio, la pandemia ha tolto ai ragazzi delle sicurezze e ha bloccato attese e aspettative. Bisogna augurarsi pian piano che la situazione si normalizzi.