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di Walter De Stradis

 

 

 

 

Quest’anno, in tema di festeggiamenti del santo Patrono (e di relativa Parata dei Turchi) ci saranno pure state diverse polemiche sul personaggio di “Civuddina” (o meglio, su chi doveva interpretarlo), ma –da otto anni- il volto di “Sarachella” (o “Sarachedda”) è indiscutibilmente quello di Valentino Dapoto, classe 1975, di professione panettiere, attore vernacolare per passione. Sarà infatti ancora lui, con l’inconfondibile coppola da commedia dell’arte di casa nostra, a cavalcare la “Iaccara” (condotta dai “Portatori” della stessa), il 29 maggio prossimo, nei panni della maschera ufficiale della Città di Potenza. E scusate se è poco.

d - Valentino, per chi non lo sapesse, chi era Sarachella?

r - Un giovane molto giocoso della Potenza di una volta, sempre con la battuta pronta. Uno che non la mandava mai a dire, ma il lavoro non faceva per lui. Di conseguenza, mangiava poco, quando poteva. Il nome “Sarachella” deriva dal fatto che mangiava sempre le “sarache”, le alici. E le portava sempre con sé. Un personaggio mitico.

d - Mitico, sì, perché fin qui abbiamo parlato delle ricostruzioni che hanno fatto scrittori e studiosi (in primis Lucio Tufano), sul personaggio reale che ha ispirato la maschera popolare.

r - Sì, infatti.

d - Lei da quanto tempo lo interpreta e perché?

r - Sono “Sarachella” da sette7otto anni. Tutto iniziò perché Tonino Centola (che quell’anno curava l’edizione della Parata), mi aveva visto a teatro (faccio parte della compagnia dialettale di Gigino La Bella) e -forse perché gli ero piaciuto- mi propose di fare il personaggio. Io accettai subito.

d - Anche se, a microfoni spenti, mi diceva che lei all’epoca non sapeva chi fosse Sarachella.

r - Infatti. Non lo sapevo, Poi, chiaramente, mi hanno spiegato tutto. E poi, man mano che lo interpreti…

d - …un po’ ci diventi.

r - Sì! Infatti, per strada, molti non mi chiamano Valentino, ma mi salutano con un “Uè, Sarachè!”. A Carnevale molti bambini si vestono da Sarachella, essendo diventata la maschera ufficiale di Potenza, e quando mi incontrano, mi riconoscono e vogliono farmi partecipe di questa cosa. E ti fa sentire orgoglioso di quel che stai facendo.

d - La sua vita un po’ è cambiata.

r - Ma sì, sinceramente sì. Oramai mi identificano con il personaggio. Mi fa piacere. E poi lo faccio per la mia Città; è bello far parte di una manifestazione che si aspetta per tutto l’anno.

d - Come funziona l’operazione “iaccara”?

r - La “iaccara” è un cero votivo, un fascio di canne che si porta a spalla. Io, durante la Parata, ci sto sopra (cosa non facilissima), mentre viene condotta dai “Portatori della Iaccara”. Io li sfotto un po’, ma so che fanno una fatica enorme: è lunga all’incirca dodici metri e pesa circa dieci quintali. La preparazione inizia a gennaio/febbraio, con la raccolta delle canne (di solito ci chiamano gli amici e ci dicono di andare nei loro campi) e la pulitura. Poi man mano si costruisce.

d - Con l’Associazione i “Portatori della Iaccara” quest’anno avete deciso di organizzare molti eventi nella piazza della Torre Guevara. Ci saranno mostre e altre iniziative.

r - E’ stata una scelta azzeccatissima, perché si tratta di ridare valore al Centro della città, avvalendosi di una risorsa che è stata “liberata” e che è giusto utilizzare. In questo modo si allunga tutto il tragitto della festa, fino alla Torre. La “Iaccara” dovremmo “salirla” in Centro questo sabato (oggi, per chi legge – ndr) e l’accensione avverrà, come sempre, davanti al Comune, in Piazza Matteotti, al termine della Parata dei Turchi.

d - La preparazione della festa di San Gerardo quest’anno è stata caratterizzata dalle polemiche sul personaggio del “Gran Turco”. Inizialmente si era parlato della sostituzione del figurante che da anni lo interpreta, poi -più recentemente- si è scoperto che i “Civuddina” quest’anno saranno due, visto che nella Parata è stata introdotta una figura molto simile, il “Visir”. Lei cose ne pensa?

r - Il mio parere personale è che “Civuddina”, uno è. Un altro “Civuddina”? La vedo sbagliata come idea, ma non sta a me decidere.

d - Ma se un domani venisse qualcuno a dirle, “Guarda, dobbiamo accontentare anche un altro che ci tiene a fare Sarachella”…

r - A quel punto sarei io a farmi da parte, tranquillamente, perché metterci due “Sarachella” sarebbe fare un Carnevale.

d - Tra l’altro lei di lavoro fa il panettiere, una cosa molto legata a Sarachella.

r - Legatissima! La leggenda vuole che lui –che viveva in uno di quei “sottani” di una volta - si riscaldasse nei pressi di un forno del Centro.

d - Cosa le piace di più della sua città?

r - Innanzitutto, ci tengo a premettere che sono tifosissimo del Potenza.

d - Quindi quest’anno è un po’ deluso?

r - No, affatto! E’ andata benissimo, ben oltre le aspettative iniziali. Per quanto riguarda la città in sé, si vive bene, si mangia bene, si sta tranquilli. Solamente, la città la pubblicizzerei un po’ di più, cercherei di far venire più turisti. Ripeto: dobbiamo valorizzare di più la Torre, adesso che ce l’abbiamo.

d - Quindi va tutto bene?

r - Sì, trovo sbagliato lamentarsi. Certo, ci sarà sempre chi la vuole cotta e chi la vuole cruda…

d - Ma se “Sarachella” potesse dire qualcosa al sindaco, o al governatore…

r - Gli direi: date, ma veramente, più spazio, al centro storico. Fatelo vivere! Non lo chiudete! I giovani vogliono vivere e il Centro è l’anima della città. Fate più iniziative.

d - Il Centro lo vede anche lei morente?

r - Sì, lo vedo in difficoltà, e anche i negozi chiudono, porca miseria. E’ un peccato! Il centro storico DEVE essere il cuore pulsante della città! Quando ero piccolo io, l’obiettivo era sempre andare “Sopa Putenz”. E quindi, “Sopa Putenz’ ‘anna viv!”.

d - Vogliamo fare un invito ai Potentini per queste festività patronali?

r - E’ anche inutile farlo, perché i potentini –specie negli ultimi anni- hanno sempre dimostrato attaccamento alla Parata. Da quando sfilo io, ho visto ogni anno sempre più gente, soprattutto dopo il Covid, quando c’era paura di uscire. E io ho visto una rinascita, vedo bella gente ed è una cosa stupenda.

d - Ma quando la Parata finisce, cosa succede?

r - Arrivati davanti al Comune, a evento finito, ci liberiamo. Ahhh! Perché portare la “iaccara” è una cosa pesante, ma c’è la gioia di avercela fatta, un altro anno ancora.