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di Walter De Stradis

 

 

 

 

Sessantun anni, originario di Brienza (Pz), Francesco “Franco” Carbone, prima dell’incarico di Direttore Provinciale della Coldiretti della provincia Potenza aveva diretto Coldiretti Enna dal 1999 al 2001, l’interprovinciale Coldiretti Ragusa e Siracusa fino al 2007 e l’interprovinciale Taranto e Brindisi.

d: Come giustifica la sua esistenza?

r: Con lo sperare che mi venga riconosciuta la passione e l’onestà che infondo in un’attività che esercito quotidianamente. Ho sempre lavorato in Coldiretti, facendo tutti i “passaggi”, frequentando anche altre regioni (Sicilia, Puglia): dal ruolo di responsabile della singola sezione comunale, alla “zona organizzativa”, fino alla direzione, provinciale e inter-provinciale.

d: A proposito delle altre regioni in cui ha lavorato, conferma che la situazione lucana è sempre comunque “peculiare”? E se sì, perché?

r: Credo che forse l’orografia peculiare della Basilicata –regione non semplice, ma bellissima- condizioni giudizi, comportamenti e anche le nostre reazioni. Dal punto di vista agricolo ritengo tuttavia che la Basilicata abbia grandi potenzialità: tutte le agricolture che l’Italia può rappresentare, in piccolo, da noi ci sono. Il “mosaico” agricolo della nostra regione incarna tutto ciò che la produzione di cibo può garantire. Ci sono margini di crescita e sviluppo importanti.

d: C’è un qualche aspetto dell’agricoltura nostrana di cui non si parla a dovere secondo lei?

r: Forse abbiamo delle eccellenze e non ne siamo orgogliosi Probabile. Ritengo che a causa di ragionamenti che nulla hanno a che fare col settore, alcune produzioni siano trascurate o del tutto abbandonate.

d: Qualche esempio?

r: Prenda il pecorino di Filiano, o altre produzioni tipiche: sono sempre considerate “di nicchia”, e come tali restano. Eppure hanno delle potenzialità enormi. Col pecorino poi sta accadendo qualcosa di assurdo: le richieste sono tante, ma gli allevamenti stanno diminuendo sensibilmente.

d: Eppure il presidente Bardi, faccio una battuta, è proprio di Filiano.

r: Sì, ma non dipende da lui o dagli ultimi due/tre anni. E’ storia vecchia. Credo che si siano trascurati dei settori, a volte, anche per non “toccare” quei concetti che governano alcuni momenti. Prenda i disciplinari di produzione che stanno dietro ai prodotti a denominazione o identificazione, nati decenni fa: non sarebbe sbagliato fermarsi ogni tanto e pensare a una loro “manutenzione”. Il mondo cambia, cambia il territorio, cambiano le persone sul territorio e riflettere non è mai sbagliato. …Insomma, se la nostra terra è a rischio spopolamento vuol dire che un problema c’è. Probabilmente la Basilicata è stata condizionata nel momento in cui l’agricoltura era soprattutto “quantità” e non “qualità”; oggi il settore è spostato di più sulla “qualità” e dietro il cibo c’è cultura. Di conseguenza il cibo stesso oggi potrebbe diventare veicolo di conoscenza, di diversi aspetti della nostra regione.

d: Ma se un prodotto buono e sano come il pecorino di Filiano, o altri, sono in calo nella loro stessa regione…dov’è che si è rotto il meccanismo?

r: Sono in calo le produzioni, di latte, non di formaggi (anche se è una conseguenza). Dobbiamo metterci in testa che sviluppo vuol dire fare sistema, invece noi oggi viviamo ciò che accade lungo le varie filiere (vedi latte), ove la catena del valore spesso non è distribuita in modo corretto. Prima si sono fatti chiudere gli allevamenti, e oggi “inseguiamo” il latte, che non c’è più come una volta. Se il latte è sottopagato, l’allevatore può resistere fino a un certo punto, dopodiché sarà costretto a fare una scelta.

d: Non a caso voi avevate chiesto un tavolo di filiera alla presenza dell’assessore Fanelli.

r: Si è fatto, ma si è rivelato un po’ inutile, perché non tutte le parti convocate si sono presentate: con eccezione delle parti agricole e di Confesercenti, non c’erano Confindustria, Confcommercio… i rappresentanti della distribuzione organizzata (forse non si sentivano chiamati in causa, ma trovo comunque sbagliato non accettare un invito).

d: Oggi è martedì e ancora non si sa chi sarà il nuovo assessore regionale al ramo, ma che giudizio dà del giovane Fanelli?

r: Questi quindici giorni di “attesa”, me lo lasci dire, sono un peccato per la Basilicata: la crisi in giunta c’era da tempo, e forse –anche per il momento di difficoltà che attraversiamo- andava ricomposta prima. Venendo a Fanelli, che si è trovato a gestire la delega forse più importante (sono 20mila le imprese agricole iscritte alla Camera di Commercio) –dopo una prima fase di “apprendistato”- ha avuto la capacità di ascoltare. Tuttavia, la condivisione di un progetto o di un’idea, al momento di essere messa in pratica…beh, c’era qualcosa che la bloccava; non per colpa dell’assessore, ma forse anche degli uffici, di chi ci lavora, nel Dipartimento. Forse, chissà, abbiamo pure pressato poco noi. Sui Piani di Sviluppo Rurale, che governano un po’ la finanza alle imprese agricole, Fanelli è stato molto attento (con l’ausilio nostro e degli uffici); su altre questioni, invece, legate appunto a norme o leggi (che non bisognava toccare o ammodernare), purtroppo non è stato altrettanto. Ci sono troppe situazioni rimaste ferme: una su tutte, gli usi civici. Siamo spesso arrivati al 99% del percorso di revisione, ma sull’ultimo miglio si blocca sempre tutto. Senza contare la fauna selvaggia, il problema cinghiali…

d: …e la famosa idea di creare un’industria di carne di cinghiale?

r: Tutto si può fare, ma poi bisogna strutturare un mercato, una linea commerciale.

d: Abbiamo fatto cenno prima al fatto che anche questa “impasse” in Regione non aiuta.

r: Pensi a quei cinque giorni di fermo per l’elezione del Presidente della Repubblica, e immaginiamo cosa possono essere per la Basilicata quindici giorni, o addirittura un mese, di blocco amministrativo. In questo momento noi stiamo vivendo la crisi della zootecnia, della produzione di latte: abbiamo coinvolto il Prefetto, ma con la Regione non abbiamo un interlocutore. Oggi stesso scriveremo a Bardi e alla sua giunta per capire cosa possiamo fare. A una crisi di questo tipo non si risponde col solo assessore al ramo, ma con un’azione di sistema.

d: Al cuore del problema oggi ci sono i costi dell’energia. Con la conseguenza che i compensi riconosciuti agli agricoltori e agli allevatori non riescono neanche a coprire i costi di produzione, e le imprese agricole si ritrovano costrette a vendere sottocosto.

r: Lavorano a perdere. Circa il comparto zootecnico da latte, oggi sotto i riflettori, noi abbiamo fatto diverse proposte. A livello nazionale, credo che i primi segnali comincino a intravvedersi: Patuanelli proprio oggi ha annunciato di aver “sbloccato” tutto ciò che riguarda le bio-energie, con la proroga del bio-gas per il 2022. Il costo della bolletta così si ridimensiona e c’è anche una buona riposta sull’ambiente. Ci sono inoltre delle risorse stanziate sulla crisi-Covid, che però da almeno un annetto giacciono nell’alveo della burocrazia e che dovrebbero andare quanto prima agli agricoltori. E’ utile riconvocare il tavolo di filiera (che a settembre aveva stanziato quei famosi 4 centesimi, che però oggi non sono più attuali). C’è inoltre, fortunatamente, la legge sulle pratiche sleali che potrebbe darci una mano, che però ha bisogno di sei mesi (che scadono a maggio/giugno) per essere operativa. L’Ismea (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare - ndr) ha fornito un dato ufficiale: al di sotto dei 46 centesimi, il latte bovino, significa produrlo al di sotto dei costi di produzioni; consideri che oggi il prezzo medio del latte in Basilicata è di 40/42. Ergo, da sei mesi si sta producendo sottocosto, per non parlare del latte di pecora, eh, che oggi è mediamente al 20% al di sotto del prezzo nazionale! Pertanto, ciò che abbiamo chiesto alla Regione è anche un contributo ai trasporti: oggi raccogliere il latte di pecora, o bovino che sia, comporta dei costi elevati, dovuti sempre all’orografia della nostra regione. E sul prezzo del latte di pecora i trasporti incidono anche del 15%. Se vogliamo conservare sul territorio gli allevamenti, bisogna rendersi conto di “dove” viviamo.

d: Vogliamo dare un breve giudizio politico sugli assessori all’agricoltura che si sono succeduti negli ultimi anni?

r: Ognuno di loro ha provato a dare il proprio contributo, sempre nell’interesse di chi rappresentava. Braia, appena insediatosi, chiese A NOI “responsabilità”, nelle scelte e nelle proposte; noi non ci siamo mai tirati indietro, ma poi vi fu un momento di incomprensione. Il giudizio sulla persona e sul politico rimane ottimo, anche se, certo, non approviamo alcune scelte fatte. Nessuno di noi agisce per partito preso o per ragionamenti politici. E ritengo che forse il momento peggiore sia stato quando abbiamo gestito la fase di allestimento del Piano di Sviluppo Rurale…

d: Con Ottati…

r: …quando c’era un assessore le cui competenze, anche europee, hanno un po’ condizionato il dialogo. Spesso cioè si è vestito di autorità al punto tale di non accettare considerazioni diverse dai suoi pareri, che nei fatti erano comunque quelli di uno che aveva vissuto trent’anni a Bruxelles, e non in Basilicata.

d: E Benedetto, imprenditore e assessore?

r: Aveva semplicemente voglia di fare. Da imprenditore ha provato a fare anche l’assessore, ma la politica è cosa diversa dall’impresa. In realtà è stato troppo poco, per poter esprimere in giudizio politico vero. Come imprenditore è rimasto uno molto importante per la regione, col quale collaboriamo tuttora, perché ha idee e voglia di fare sviluppo.

d: Se potesse prendere Bardi sottobraccio cosa gli direbbe?

r: Che non c’è più tempo da perdere. Noi siamo prossimi alla nuova programmazione e se non si migliora lo scenario (fatto di imprese, ma anche di regole e di burocrazia che DEVE funzionare), ci troveremo di nuovo in difficoltà. Noi abbiamo fatto due manifestazioni per sbloccare le pratiche di pagamento ferme presso UECA (l’Ufficio Erogazioni Comunitarie in Agricoltura, struttura regionale – ndr), e parliamo di ventimila pagamenti bloccati, da anni. Siamo di fronte a un cambio epocale, e non si può non tenere conto di fattori quali clima, ambiente, infrastrutture, collegamenti telematici (che sono una necessità impellente)…

d: Ma Bardi ha detto che adesso arriva la Fibra.

r: Speriamo.