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di Walter De Stradis

 

 

Non gli abbiamo chiesto qual è la canzone preferita, ma Padre Vitale Dartizio, il “parroco di Potenza”, sembra un “Inno alla Gioia” che cammina su due gambe. Lo abbiamo incontrato lunedì scorso alla chiesa di Santa Maria (di cui è stato parroco, così come a San Michele), mentre era intento a rispondere alle numerose chiamate al suo minuscolo cellulare “vintage”. Il 27 aprile scorso, infatti, il piccolo frate francescano (cittadino onorario di Potenza dal 2013) compiva 98 anni: non appena scorto il quotidiano sotto il nostro braccio, ci ha chiesto di poterlo sfogliare, per vedere se c’era un trafiletto sul suo compleanno. Naturalmente c’era, perché padre Vitale –che vanta anche un curriculum da speaker radiofonico- è da settant’anni uno dei personaggi più amati del capoluogo.  

D: Padre, innanzitutto, tanti auguri.

R: Grazie! Mi stanno chiamando tante persone…

D: Torniamo alle origini…

R: Certo. Lei sa chi è Carlo Levi?

D: Direi di sì.

R: Bene. Io sono di Grassano, il paese in cui fu confinato.

D: E quando ha capito che nella sua vita sarebbe diventato frate?

R: Io sono ottavo figlio di genitori contadini. Lo erano tutti in famiglia, anche i miei fratelli, ma a me non piaceva. A me piaceva studiare, anche perché avevo bravi insegnanti che mi incitavano a farlo. Avevo buona memoria per gli avvenimenti e sapevo cantare. Una maestra infatti mi aveva detto: impara a cantare, che prima o poi organizzeremo qualcosa. E così fu. A Grassano fu inaugurato il campo sportivo, e io fui scelto per cantare e recitare una poesia. Quando venne il Federale (allora c’era il Fascismo), scelse alcuni tra i più bravi, da tutti i paesi limitrofi, per andare un mese in ferie a Fondi. Successivamente andai in collegio… deve sapere che mia madre aveva fatto un voto su di me, perché appena nato avevo rischiato di morire (mia nonna mi aveva fatto il bagnetto nell’acqua bollente). Mia mamma aveva invocato Sant’Antonio, io mi ero salvato e a tre anni mi vestirono come il santo.

D: Ma a che punto decise di indossare il saio?

R: Guardi, a quei tempi nei paesi non c’erano le scuole, a parte le elementari. Toccava andare o a Potenza o a Matera: ma i soldi chi te li dava? Un giorno venne a scuola Padre Raffaele Pontrandolfi, parroco di San Michele, e ci chiese: chi vuol venire fra i fratini? Si trattava di andare a Pietrafitta, vicino Cosenza. Io, che ero in quarta elementare, alzai subito la mano, ma dovetti aspettare la fine della quinta per andare da loro. E non ne uscii più.

D: Lei ha vissuto i tempi della Guerra. Molti sostengono che l’emergenza del virus è essa stessa una guerra mondiale…

R: All’epoca la guerra la causarono tutti quei “gerarchi”: Hitler, Mussolini, Stalin. Ci rovinarono. Usciti dalla guerra, non avevamo più nulla. Poi ci fu il Piano Marshall e l’intesa fra due cattolici, il francese Schumann e il tedesco Adenauer, che capirono l’importanza di una comune politica europea. Il nostro Presidente del Consiglio, De Gasperi, chiese aiuti agli Americani, ma con molta dignità. Oggi ci ritroviamo in una situazione gravissima, e a chiedere fondi all’Unione Europea.

D: E quindi per lei cosa significa?

R: Che laddove c’è una sola persona a comandare, come nella Cina focolaio del virus, non si può mai sapere cosa succede. Esattamente come un tempo. E ora il virus si è sparso ovunque. L’Italia si ritrova in ginocchio, ma anche questa volta c’è stato qualcuno di buon cuore che ha premuto sull’Unione Europea. Menomale. E speriamo che possiamo andare avanti. In effetti, la situazione è simile a quella del Dopo Guerra. All’epoca la gente aveva bisogno di soldi per mangiare, oggi le fabbriche necessitano di sostegno per riaprire.

D: Cosa deve insegnarci tutto ciò?

R: Che nella necessità, noi ci rivolgiamo alle persone più comprensive e che bisogna pregare il Signore. Noi sacerdoti, tutti quanti, lo abbiamo fatto intensamente, anche se reclusi, e abbiamo continuato a celebrare la Messa, seppure solo su Internet. Io stesso, tutte le domeniche, ho celebrato per la mia Rettoria ("Dell'Amore": comprende diverse contrade di Potenza - ndr), da qui, da Santa Maria. Anche il Papa ha celebrato la messa da solo, chiedendo perdono per tutti noi. Quando si diffonde un grosso male come questo, ci sono divisioni e contrasti.

D: Ritiene che Dio voglia mettere l’Umanità alla prova?

R: Non posso conoscere il pensiero di Dio. So solo che questo è un momento drammatico. Io ho sofferto. E so che per me, in effetti, è stata una grande prova, perché mai –e dico mai- avrei pensato di non poter celebrare la messa con i fedeli. Mi manca moltissimo il contatto con loro, anche se mi telefonano in tanti. E sa perché? Perché Dio è Amore, e quando si ama si vuol stare con le persone.

D: C’è poi la faccenda dei funerali e delle relative restrizioni…

R: Il Governo è stato troppo chiuso. Io non ho condiviso e perciò domenica scorsa ho celebrato una messa –sempre in diretta Internet- per tutte le persone che sono state portate al cimitero senza una benedizione. E ho chiesto a tutti i fedeli della Rettoria di pregare per loro.

D: Come vede il nostro immediato futuro?

R: Ritorneremo. Ma, attenzione, c’è gente che considera la libertà libertinaggio. Cristo è stato crocifisso ed è morto, ma poi è risorto per giudicare tutti gli uomini. E noi, tutti, saremo giudicati sul fatto di aver amato il prossimo o meno. Tutte le persone riflessive da questa esperienza usciranno migliori. Chi non ama, invece, non vuol sacrificarsi per nessuno.

D: Se potesse prendere sotto braccio il Presidente della Regione, o in generale ci governa, cosa gli direbbe?

R: Aprite le chiese, così come aprite le fabbriche. Ovviamente, con le stesse regole sulle distanze: basta stabilire i modi. E consideriamo un’altra cosa: la Basilicata non ha tutti i contagiati della Lombardia. Se saremo più buoni, ci rispetteremo di più e se osserveremo le norme, si riapriranno anche le chiese. Noi Lucani, rispetto a quelli del Nord, abbiamo forse più rispetto delle persone. Per decenni, prima dell’intervento della Democrazia Cristiana, ci hanno chiamato “Terroni”. E adesso, ci risiamo…

D: Si riferisce alle parole di Feltri?

R: E' proprio quel tipo di mentalità! Non mi meraviglia. Non ho mai avuto stima di lui.

D: Chiudiamo con un messaggio ai Lucani, in vista della Fase 2.

R: Ritorniamo a come eravamo stati educati: ad amare Dio e il prossimo. Torniamo a essere una comunità di fede, di speranza e di amore. Sappiamoci comprendere l’un l’altro, perché con l’Amore si vince tutto.

L'intervista si conclude qui, ma prima di congedarci, Padre Vitale, tenerissimo, dice: “Senta, visto che è il mio compleanno, non è che quel giornale me lo regala?".