pranzoFAVALE

Li invidiano, li criticano, li amano, e (in pochi) li imitano. In ogni caso, da ventidue anni a questa parte, gran parte della “festa” di San Gerardo a Potenza, si deve a loro. Gennaro Favale, avvocato giuslavorista, è il presidente dei Portatori del Santo.

Come giustifica la sua esistenza?
Il senso della vita coincide, senza alcun dubbio, con la famiglia e con i valori che mi sono stati trasmessi dai miei genitori. Si tratta di principi e di ideali che spero di trasferire nel tempo anche ai miei figli.


Durante la conferenza stampa di presentazione degli eventi organizzati dall’associazione culturale “I Portatori del Santo” connessi alla festività del Santo Patrono, si è parlato a lungo del tentativo di “preservare le tradizioni”, ma qual è il senso di un recupero non prettamente “archeologico”?
Tramandare valori e ideali di generazione in generazione, di famiglia in famiglia, è già di per sé una tradizione. Si tratta di un elemento identitario del territorio e delle persone che appartengono a una determinata realtà. Tramandare la storia significa viverla e parlarne, favorendo un confronto con la realtà di tutti i giorni e con le evoluzioni che essa stessa comporta.


...quanto c’entra, dunque, il discorso “nostalgia”?
Non credo si tratti di nostalgia. Noi cerchiamo sempre di apportare un elemento di modernità a ciò che facciamo, non ci limitiamo a vederle come cose da museo, altrimenti tutto ciò sarebbe considerato un semplice ricordo del passato. Solo attraverso un linguaggio comune è stato possibile avvicinare le nuove generazioni.


Dunque voi ritenete di aver cambiato in qualche modo Potenza?
Sicuramente sì, specialmente dal punto di vista della considerazione che i potentini hanno della loro città. Ventidue anni fa, ossia quando ancora si discuteva del fare qualcosa per Potenza, molti ci prendevano per pazzi, sostenendo che la città fosse brutta e cupa. Se oggi, invece, si parla di bene comune e tutti si dicono innamorati della città bisogna valutare, anzitutto, fi no a che punto è vera questa affermazione, e poi ribadire che forse un contributo al risveglio di questo nuovo sentimento della comunità è opera nostra.


Secondo lei è vero che il potentino si appassiona alle tradizioni e, di conseguenza, alla città solo durante la festività di San Gerardo?
Be’, se anche solo attraverso la festa si riescono a trasmettere gli elementi culturali di un tempo è già una vittoria. Le stesse tarantelle di una volta (che magari nel resto dell’anno, in effetti, comprendo che possono suonare decontestualizzate), specie i contenuti di quei testi, sono un modo allegro per raccontare delle cantine del centro storico, della masseria Scafarelli …del modo di mangiare e delle abitudini del potentino durante la festa. Bisognerebbe prendere spunto –e mi riferisco alla classe politica in generale- dai cittadini che fanno qualcosa di concreto per la città e apprendere, fino in fondo, il concetto di bene comune, che si persegue senza niente in cambio. E con ciò mi riferisco non solo alla classe politica, ma anche agli stessi cittadini che si professano, come dicevo, innamorati della propria città. Io sostengo, infatti, che ci sia una specifica differenza tra i cittadini che fanno qualcosa per la città senza aspettarsi nulla in cambio, se non dei benefici comuni, e il bene pubblico portato avanti dalle Istituzioni e dai politici poiché, nel secondo caso, si raggiungono sì degli obiettivi condivisi, ma anche un interesse proprio.


A questo proposito, alcuni però sostengono che l’ex presidente dell’associazione, Galella, si sia avvalso della visibilità derivante dai Portatori del Santo per intraprendere poi la sua esperienza politica.
Come sono solito dire: la storia la fanno le persone. Se un domani dovessi diventare Presidente del Consiglio o Presidente della Repubblica (ride, ndr) è ovvio che le persone della città mi abbinerebbero subito ai Portatori del Santo, alla mia professione di avvocato o, più semplicemente, all’essere un padre di famiglia. È automatico, anche se l’importante è cercare di non mischiare mai le due cose poiché, altrimenti, diventerebbe una mera strumentalizzazione, dunque una sorta di peccato capitale. Non è un caso se Alessandro, da quando ha deciso di intraprendere il suo percorso in politica, non svolge alcun ruolo di rappresentanza all’interno dell’associazione.


A lei la politica attiva non interessa?
Mi interessa quotidianamente, ma non in forma attiva. Nella vita non si esclude niente, ma per il momento ritengo che la vera politica sia quella fatta dai cittadini e che quest’ultima sia ben distante dalla quella istituzionalizzata portata avanti dai partiti. Gli esempi dettati dalla vita quotidiana mostrano che, quando i cittadini si rimboccano le maniche, riescono sicuramente meglio di loro.


La festività di San Gerardo quest’anno coincide con le elezioni al Comune di Potenza. Senza citare la fonte, secondo lei qual è la stronzata più grande che ha ascoltato, da semplice cittadino, in questa campagna elettorale?
(Ride – ndr) Mi trattengo un po’ nel dare una risposta, anche perché qualsiasi cosa potrebbe essere strumentalizzata in questo momento. Ho seguito con attenzione questa campagna elettorale e di cose ne ho sentite davvero tante, ma non una in particolare. Ripeto: il bene comune e l’amore per questa città non devono certo essere uno slogan propagandistico. Se vedo persone che pubblicano post sui social o interventi di altra natura ove si parla di eventi che, fino ad ora, abbiamo organizzato noi dell’associazione, mi verrebbe da dire che non c’era certo bisogno di una candidatura alle comunali o di diventare sindaco per contribuire concretamente al bene della città. Insomma, se si vuole davvero bene a Potenza, se magari si vuole riempire Piazza Prefettura (come noi), perché non si è fatto prima? Non c’è bisogno di diventare politici per farlo. Noi dell’associazione, in fondo, siamo semplici cittadini. Si dà quasi per scontato che si organizzi il Potenza Folk Festival o le iniziative nella Villa del Prefetto, ma è bene ricordare che noi non siamo né il Comune né un’Agenzia di Promozione Turistica del Sud né una società di servizi.


In questi anni avete mai pensato che forse la cittadinanza riponeva troppe aspettative in voi?
Il sentimento di rendere qualcosa alla città e ai cittadini ci ha portato, negli anni, ad ampliare in maniera esponenziale tutte le iniziative. Il riscontro che abbiamo è fatto proprio dai cittadini normali e, probabilmente, anche da coloro che ricoprono un "ruolo" durante l’anno e che, per l’occasione, si spogliano un po’ del carico per lasciare spazio all’euforia della festa. Il piccolo universo di collaborazione che si viene a creare, probabilmente non avverrà mai in ambito istituzionale.


Tutto ciò non vi è mai pesato?
Mai! Magari solo per il tempo sottratto alla famiglia o alla propria attività lavorativa, anche perché spesso significa rimetterci dal punto di vista economico. Il nostro web designer, ad esempio, in questo periodo cura la nostra grafi ca e non lo fa per altri, rinunciando ad altri lavori.


Dopo tutto l’impegno profuso, qual è il momento esatto in cui vi sentite paghi per ciò che è stato fatto?
Sentire da amici architetti che hanno studiato e aperto studi professionali fuori e che lavorano in altre città dire ai propri genitori che qualcosa, nella Villa del Prefetto, è stato fatto da loro è già un motivo di soddisfazione. Vedere poi le persone vivere dei momenti di serenità e di gioia, abbandonando tutte le tensioni quotidiane e i protagonismi che spesso animano questa città, è davvero un bello spettacolo. Ed è parecchio rilassante.


Cos’è, invece, che la fa incazzare in quei giorni?
Tutti gli aspetti burocratici, anche perché è diventato veramente difficile organizzare degli eventi, tra autorizzazioni, piani di sicurezza, impostazioni logistiche dei bidoni, grandezza del palco, prove antisismiche e disposizioni delle recinzioni, insomma, è davvero dura! Bisogna considerare anche un altro fattore, e cioè che c’è sempre qualcuno che cerca di appropriarsi di cose che non gli appartengono, anche se questo è un altro discorso...


Avete mai espulso qualcuno dall’associazione?
Ricordo un paio di episodi di persone che avevano intrapreso una raccolta fondi non autorizzata, falsificando addirittura delle ricevute. In fondo l’organizzazione dell’associazione è semplice, anche perché la festa di San Gerardo continuerà ad esserci anche senza di noi, non abbiamo certo la pretesa di essere gli unici titolari dell’organizzazione degli eventi cittadini, dunque non togliamo a nessuno la possibilità di associarsi e di partecipare.


Non andate, dunque, a spulciare i curricula e gli alberi genealogici degli associati? Ad esempio quello di un materano che vive a Potenza?
No, ma in quest’ultimo caso forse è un po’ più difficile. Guai a chi ci tocca una sana rivalità sportiva (risate – ndr).


Il pranzo dei Portatori è riservato, da qualche anno, agli associati e ai loro invitati, e ciò deriva da alcuni episodi pregressi. Vi siete mai sentiti attaccati o limitati?
Negli anni precedenti ci sono state diverse polemiche, ma trasmettere valori e sani principi non equivale certo ad assumere il ruolo di moralizzatori. L’abuso di alcool è una piaga reale, ma il Pranzo dei Portatori non deve essere certo il pretesto per evidenziare il problema, anche perché durante un qualsiasi sabato sera dell’anno si vedono comunque ragazzi con delle bottiglie in mano. Abbiamo cercato, dunque, di organizzare al meglio questa manifestazione, anche se non nego che vietarla ai minori di diciotto anni è comunque una piccola sconfitta, un impedimento a chi ha la voglia di partecipare e di divertirsi. Io vado al pranzo con mio figlio e mia moglie e lo vivo in assoluta serenità.


Anche in conferenza stampa si è parlato a lungo del tentativo di esportare oltre i confini la cosiddetta “potentinità”. Secondo lei cos’è? Cioè, spesso se ne parla come se essere “potentini” fosse già un “valore” di per sé. Che contenuto dare, invece, a questa parola?
È un periodo in cui viviamo un sorta di abuso delle identificazioni. Non so se l’essere potentino si possa riassumere in un solo termine, né conosco bene il significato di parole come potentinità. Probabilmente è un modo di dimostrare l’appartenenza alla terra che ci ha donato la vita e credo che il Potenza Folk Festival si inserisce proprio in quest’ottica, anche perché le culture degli altri paesi, mischiandosi con la nostra, finiscono con il valorizzarla. La musica è la massima espressione della condivisione delle idee e può unire i popoli, come le cornamuse dei Clan Wallace, un gruppo che abbiamo invitato qualche anno fa, e le nostre zampogne. Loro stessi rimasero positivamente scioccati da queste similitudini che non conoscevano.


Salvini ha citato i Turchi in un suo discorso elettorale qui a Potenza. C’è stato chi si è indignato. Lei cosa ne pensa? I Turchi non si toccano?
E’ così. Dico che non si può entrare a gamba tesa in una realtà storica che, forse, non si conosce fino in fondo. Forse era meglio fare altri riferimenti, magari a qualche giocatore del Potenza calcio nato al Nord, come Boninsegna. Sarebbe stato più elegante.


Che miracolo si aspetta da San Gerardo?
Che il tempo regga, la serie B e che i cittadini possano vivere e godersi la festa in assoluta serenità.


Il film che la rappresenta?
“Le ali della libertà”.


La canzone?

Be’, visto che Finardi sarà nostro ospite qui a Potenza, le dico il titolo di una delle sue canzoni più belle: “Un uomo”.


Il libro?
“Il cuore di una stella”, il libro scritto da mio padre, Biagio.


Se tra cent’anni dovessero affiggere una targa dedicata a Gennaro Favale, presidente dei Portatori del Santo, cosa le piacerebbe che ci fosse scritto?
«Cittadino LIBERO... (ma veramente!)».