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Già eletta consigliera comunale cinque anni fa, nella lista del candidato sindaco Petrone, Bianca Andretta, funzionaria Unibas, appena si siede ha il tipico fiato corto delle indaffaratissime mamme di oggi: è lei la candidata sindaca di Potenza della coalizione di centrosinistra. Compirà quarantaquattro anni due giorni dopo le elezioni.

Come giustifica la sua esistenza?
Aspetterei la fine del mio percorso di vita per poter dare una risposta un po’ più certa. Al momento il senso della mia vita è rappresentato dai miei figli.

 

Non mi dica che anche lei, così come Bianca Berlinguer, si arrabbia se la chiamano “Bianchina”?
È un appellativo che concedo solamente a Lovallo, il consigliere comunale, che mi chiama proprio così, in riferimento a Bianca Berlinguer. (sorride, ndr)

 

Lovallo, l’escluso eccellente del Pd?
Non saprei dirle, davvero. Ho avuto modo di ascoltare entrambe le versioni, ma non sono entrata direttamente in queste dinamiche, anche perché non sono mie, bensì interne ad un partito.

 

Sui giornali comunque si legge: la Andretta è la candidata sindaca del centro sinistra “unito”. Secondo lei si può parlare realmente di unità?
Credo che la scelta della mia candidatura possa rappresentare oggi una vera svolta. Io provengo dal mondo del civismo e dell’associazionismo, ho avuto modo di portare a termine la mia esperienza politica in questi ultimi cinque anni e, pertanto, considero la mia candidatura come un elemento reale di cambiamento. L’unità per me vuol dire condivisione di principi, di valori e di idee.

 

Perché uno degli slogan della campagna elettorale è “Tu la conosci Bianca?”
In realtà abbiamo voluto un po’ giocare, anche perché in questi cinque anni ho mantenuto un profilo particolarmente basso, dunque la mia scarsa comunicatività verso l’esterno avrebbe potuto penalizzarmi. Non sono mai stata attiva sui social, né ho esternalizzato tutto il lavoro portato avanti negli ultimi cinque anni da consigliere comunale. “Tu la conosci Bianca” è solo l’incipit di una comunicazione volta a declinare chi sono realmente e qual è la mia idea di città.

 

E allora chi è realmente Bianca?
La mia idea di città si snoda attraverso cinque macro temi: l’inclusione, la rigenerazione, la sostenibilità, la condivisione e il coraggio.

 

Analizziamo insieme ognuno di questi temi, partendo proprio dal coraggio. È stata spesso definita una “deluchiana”, ma vuol lasciare comunque intendere che alla precedente amministrazione è mancato il coraggio?
Mi hanno etichettata così, anche se a me le etichette non piacciono per niente. Io sono semplicemente Bianca, con le mie idee e la mia autonomia. Con Dario De Luca ho costruito un ottimo rapporto in questi ultimi anni e abbiamo collaborato insieme in un periodo di difficoltà, provando a costruire un percorso in grado di restituire, a chi si troverà a gestirla, una città più sana e dalla quale poter ripartire. Il coraggio si declina in tante cose, specialmente dal non aver paura di abbracciare i cambiamenti. Siamo in presenza di una città che ha un bisogno disperato di ritrovare la propria identità ed è questo il momento in cui ciò può avvenire. Potenza è da sempre considerata come sede di importanti servizi e forse ancora oggi lo è, tuttavia il mondo sta cambiando e dobbiamo cercare di metterci in pari, dunque avere coraggio vuol dire anche trasformare Potenza da semplice città di servizi a città di servizi avanzati.

 

Già. Come farlo?
Puntando sulle nuove tecnologie e sui nuovi investimenti, come gli Open Data e l’amministrazione digitalizzata. Si tratta di investimenti che non costano molto e sui quali conviene puntare oggi, tramite fondi europei. Avere una città smart equivale a potenziare il novero di servizi a favore dei nostri cittadini. Una città che funziona non solo crea economia, ma anche lavoro e investimenti di natura pubblica e privata. Nel momento in cui si riesce a creare la base di una città digitalizzata potremmo attrarre, di conseguenza, tutte le agende che lavorano sulle nuove tecnologie e così Potenza diventerebbe un hub, cioè un laboratorio capace di esportare i suoi servizi in un ambito più grande, ossia quello regionale. La telemedicina, ad esempio, sta facendo dei passi da gigante, dunque in un territorio come il nostro, ove la presenza degli anziani è elevata e l’hinterland ha difficoltà a comunicare, si possono solo immaginare gli effetti positivi scaturenti dall’essere monitorati tra le proprie mura domestiche, migliorando sensibilmente la qualità di vita delle persone. Le aziende che investono in digitale non hanno bisogno di infrastrutture, dunque gli effetti positivi rimarrebbero nella città creando un indotto fatto di forza lavoro specializzata e non, ed è da qui si può rilanciare tutto il tessuto economico.

 

Veniamo all’inclusione.

Includere significa non lasciare indietro nessuno, creando un sistema di Welfare basato sulla rete. Con l’ultimo Pon Inclusione abbiamo inaugurato un progetto capace di creare una rete tra i vari attori del terzo settore tramite le porte sociali dislocate sul territorio cittadino. Dobbiamo pensare, dunque, ad istituzionalizzare tale sistema di Welfare, anche se la parola inclusione si rivolge a tutta la vita della nostra città, e ciò vuol dire anche non lasciare indietro le periferie o le contrade e pensare di più alla loro qualità di vita.

 

La città sembra essere divisa tra il partito dello stadio e il partito dell’area Cip Zoo e, quindi, del parco.
Contrapporre due progetti sentiti dalla città mi sembra un po’ come banalizzare un problema ben più ampio. Lo dico subito: io sono stata una delle firmatarie per la realizzazione del parco e, allo stesso tempo, sono una persona che ha fatto vita da stadio per molti anni, dunque conosco bene entrambe le sensibilità. Al momento non li percepisco come i problemi principali della città e non dobbiamo continuare a commettere l’errore di ragionare per settori. Sull’area della Cip Zoo va fatto un discorso ampio e serio, cosa che è già avvenuta nel caso del Parco Fluviale. Bisogna aprire un dibattito concreto con la comunità, anche perché quella zona è piena di capannoni abbandonati e necessita di un’opportuna riqualificazione, ma bisogna decidere tutti insieme. Il problema dello stadio non lo avremo certo tra cinque anni, quando verosimilmente si arriverà alla costruzione di un nuovo plesso sportivo, ma adesso, in virtù degli importanti risultati raggiunti dal Potenza Calcio.

 

Mi incuriosisce il concetto di Rigenerazione?
Si riferisce in maniera specifica ad una nuova politica urbanistica, vista la difficoltà di offrire servizi ad un territorio così vasto. La sostenibilità non è solo quella relativa ai costi, ma anche a un territorio che si sta estendendo troppo, dunque sostengo che nella nuova pianificazione sia opportuno valorizzare tutti gli edifici abbandonati e il patrimonio immobiliare già esistente.

 

...Ciò vorrebbe dire riportare gli uffici nel centro storico?
Il problema del centro storico va visto nel suo contesto globale, che poi è fatto di tre elementi fondamentali: quello infrastrutturale, dell’accessibilità e della residenzialità e commercialità. Dal punto di vista infrastrutturale è necessario immaginare un nuovo centro storico in un sistema capace di coniugare il verde e l’aspetto storico-monumentale. Dobbiamo immaginare e tracciare una passeggiata che conduca dalla Torre Guevara, restituendole la dignità che merita, alla Villa del Prefetto e al Parco di Montereale. Bisogna riportare nel centro storico tutti gli uffici comunali, anche perché sono quelli che creano realmente l’utenza. L’errore che è stato commesso, a mio avviso, è stato proprio quello di trasferire nell’ex palazzo dell’Inam degli uffici sub-regionali, e non quelli comunali. In quel caso bisognava insistere di più. Sulla caserma dei carabinieri, invece, mi batterò affinché quella struttura possa diventare la casa di tutte le associazioni. In merito al tema dell’accessibilità, be’, dico che bisogna consentire ai cittadini di raggiungere il centro storico in maniera agevole, specialmente attraverso il trasporto pubblico, cosa che va rivista completamente tramite un sistema intermodale. Infine, in merito alla residenzialità e alla commercialità, bisogna pensare a un vero e proprio condominio del centro storico fatto di residenti, commercianti, membri dell’amministrazione comunale e con la nomina di un manager che coordini tutte le attività.

 

La questione sicurezza è al centro dell’agenda di altri candidati. Lei cosa ne pensa?
Non condivido una politica basata sull’allarmismo. Potenza non ha un problema sicurezza, anche se va certamente resa una città più sicura, ma quando si parla di sicurezza ci si riferisce anche al decoro o all’illuminazione di alcuni vicoli del centro storico o delle zone periferiche. Bisogna certamente implementare il nostro corpo di Polizia locale per poter istituire il terzo turno nelle ore notturne. Se penso che ancora oggi troviamo nei vicoli del centro delle buste di rifiuti abbandonate, o atti di vandalismo, be’, allora credo che un maggior controllo serve anche ad arginare fenomeni come questi.

 

E la famosa “condivisione”, facile a dirsi, come si crea nella realtà?
Forse una delle cose che in questa amministrazione non ha funzionato è proprio il dialogo con i cittadini, ma ciò dipende dal fatto che quando ti trovi a prendere delle decisioni in emergenza non hai certo il tempo di confrontarti con la comunità. Noi abbiamo i comitati di quartiere fermi, pertanto vanno riattivati tutti i sistemi di partecipazione già previsti da Statuto inattivi da troppo tempo. Il progetto CAST di cittadinanza attiva, sottoscritto il collaborazione con l’Università degli studi della Basilicata e con il coinvolgimento dei comitati di quartiere, mira proprio ad evidenziare tutte le criticità e a coinvolgere gli esponenti del settore per poter apportare dei correttivi. Un’altra delle cose che porterò a termine, se dovessi essere eletta, è l’istituzione del giorno di ricevimento del sindaco perché si ha il dovere di parlare con i cittadini, magari girando anche per le scuole.

 

Lei è una mamma: una criticità specifica delle scuole che ritiene opportuno segnalare?
Non è possibile che il diritto allo studio sia garantito diversamente a seconda delle varie realtà. Molte scuole, ad esempio, ancora non hanno una connessione a Internet. All’inizio di quest’anno abbiamo approvato un regolamento importante, “l’Amministrazione condivisa dei beni comuni”, anche se è stata una fatica portarlo avanti nella mia Commissione, in quanto stravolge l’impostazione di alcuni uffici. Il regolamento vuole, infatti, che l’amministrazione e i cittadini siano su uno stesso piano per provare a costruire dei sistemi di cittadinanza attiva, rafforzando così anche l’idea di comunità.

 

Più volte, nel corso di questa intervista, ha parlato di cose già avviate dalla precedente amministrazione. Si sente di ringraziare De Luca per qualcosa?
Con De Luca ho un bellissimo rapporto. Abbiamo provato a portare avanti delle azioni importanti.

 

In un’intervista rilasciata al nostro giornale, De Luca sosteneva che con circa due milioni di euro nelle casse comunali si è finalmente nelle condizioni di riqualificare la città. Ma occhio all’equilibrio di bilancio.
Chiunque verrà dovrà stare attento a mantenersi in quell’ambito di amministrazione. C’è tuttavia un problema reale poiché, pur avendo messo a riparo il bilancio, non siamo riusciti ad offrire ai nostri cittadini dei servizi di qualità, e di ciò ne siamo pienamente consapevoli. Anche De Luca. Siamo, dunque, una città che ce la fa da sola a chiudere i suoi conti, eppure non siamo costretti a farcela da soli. Bisogna riaprire un tavolo di discussione con la Regione per ottenere un aiuto strutturale a favore della città Capoluogo di regione, dato che offre servizi a una collettività molto più ampia.

 

...Così facendo si incazzano a Matera.

Matera, in qualità di Capoluogo di Provincia, riceverà anch’ella dei fondi per i servizi che offre. È sufficiente pensare a due leggi regionali apposite, ma certo non c’è una partigianeria tra l’una e l’altra città.

 

C’è chi ritiene che l’ultimo colpo all’autostima dei potentini e alla latitanza del senso di comunità sia legato proprio a Matera 2019.
Non direi. Sarebbe stato sufficiente cogliere al meglio quella opportunità, e non è detto che ciò non si possa fare adesso.

 

E Potenza cosa può offrire?
Noi abbiamo incrementato in maniera significativa il numero dei turisti e la nostra città è molto apprezzata. Forse siamo noi a non comprendere appieno il suo valore e la sua posizione strategica in un percorso turistico capace di abbracciare l’intera regione.

 

Il libro che la rappresenta?
“Le città invisibili” di Italo Calvino.

 

La canzone?
“Wish you were here” dei Pink Floyd. Mi tocca l’anima.

 

Il film?
Non c’è un film che mi rappresenta. Ricordo con affetto in questi giorni il film “Il matrimonio del mio migliore amico”, poiché proprio il mio migliore amico, una quindicina di anni fa, mi disse che sarei stata sindaca di questa città.

 

E’ proprio così importante la terminologia? Una candidata consigliera di centrodestra l’ha attaccata, per questo.
Io mi attengo al vocabolario, non è una questione “di genere”.

 

Tra cent’anni, cosa vorrebbe fosse scritto sulla sua lapide?
«Ho fatto del mio meglio».