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Cari Contro-Lettori,
«È con un misto di inquietudine e determinazione
che ci rivolgiamo a voi in merito alla recente
pubblicazione dell’elenco delle aree idonee
alla localizzazione del deposito nazionale
delle scorie nucleari. Come saprete, tra
queste aree ve ne sono ben dieci che ricadono
completamente sul suolo lucano, e altre quattro
che coinvolgono la nostra regione insieme con
la Puglia…».
Inizia così una lettera aperta diramata dal
Sindaco di Pisticci (Mt), Domenico Albano, e
dall’assessore all’Ambiente, Rossana Florio.
Sono dunque 51 i luoghi indicati dal Governo
per ospitare i siti nucleari e in Basilicata ci
sono anche Bernalda, Montescaglioso, Irsina,
Montalbano Jonico, Genzano di Lucania. Il
ministero dell’Ambiente e della Sicurezza
Energetica ha infatti pubblicato sul proprio
sito l’elenco delle aree idonee per il deposito
nazionale delle scorie nucleari, contenuto nella
Carta Nazionale delle Aree Idonee.
Ci risiamo.
Insomma, se non si fosse capito, nel “punteggio”
di questo particolare “concorso pubblico”, che
si rinnova, volto a ricevere il dubbio onore di
ospitare una delle peggio pattumiere d’Italia, il
“candidato” Basilicata è di nuovo in “vantaggio”
su tutti gli altri concorrenti. E se ne sta lì, con i
gomiti poggiati sul banchetto celeste e il cipiglio
ansiogeno, nell’enorme e immaginaria sala
della selezione, tipo una di quelle che (quasi)
ognuno di noi ha dovuto frequentare una volta
nella vita, nell’aula congressi di un qualche
hotel romano, o nell’ancor più triste scatolone
metallico di un ente fiera meridionale. Ma
questa volta è diverso. Se di solito il candidato
lucano, in certe occasioni, avverte
sulla schiena il sudore freddo di
una competizione impari (a meno
che non abbia il suo bravo santo
in Paradiso), in questo caso il
candidato Basilicata, nonostante
un curriculum piuttosto ricco
(petrolio, rifiuti di vario genere,
anche radioattivi, siti pericolosi
assortiti etc.), teme di poter vincere questa
competizione.
E non sono bastati i fasti del cinema e delle
produzioni televisive, che dalla gettonatissima
Matera ultimamente hanno anche dilagato su
Potenza; non contano nulla i successi della
Capitale Europea della Cultura, che hanno
indubbiamente mostrato al mondo lo splendore
adamantino del patrimonio lucano: per “loro”,
evidentemente, i Lucani sono e rimarranno
sempre i figli della serva. O peggio, il cestino lì
nell’angolo, in fondo allo stanzone. Eh già, perché
questa immagine consolatoria e utilitaristica del
cittadino basilicatese (privato della grossa, anzi,
auto-privatosi persino dei suoi rappresentanti in
Parlamento), non nascondiamocelo, ce l’hanno
per primi i basilicatesi stessi. Quelli potenti,
invero. Sindaci, presidenti, direttoroni. Quelli,
cioè, che da sempre guardano al cittadino solo
come a un elettore, che guardano al paziente
solo come a un contribuente (o, al più, un
rompiscatole), che guardano al lavoratore
solo come a una tendenza in un grafico, e al
disoccupato come a una rogna che è meglio che
se la gratti qualcun altro. Ma tutti, e proprio tutti
i Lucani, in ogni caso vengono considerati alla
stregua di una grande “deposito” di comunicati
stampa trionfalistici e di promesse da mercato
rionale. Promesse che, è vero, vengono
puntualmente smentite da indagini e report
nazionali (si pensi a quelli di Agenas e Svimez in
ambito sanità), ma quegli stessi report e indagini
–state tranquilli, cittadini- verranno sommersi
da mille altri comunicati/promesse/annunci,
accartocciati e rotolanti verso il basso, giù nel
pozzo senza fondo di quell’immensa discarica di
Basilicata, colma fino all’inverosimile di palle
locali e di minacce nazionali.

 

Walter De Stradis