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Cari Contro-Lettori,

 

«… Eppure, tutto era nulla a confronto dell’immagine di Giancarlo Siani con il capo riverso nel fuoristrada, il 23 settembre del 1985.

         Devo spiegare perché?

Otto anni dopo, nel ’93, avevo la foto di Giancarlo nel portafogli.

         Quando la Cassazione confermò le condanne, la rimettemmo nel vecchio fascicolo da cui l’avevamo presa.

Vita da pubblico ministero e da investigatori significa anche caricarsi con gesti simbolici.

         Facile definirli ingenui, a posteriori.

         Ma forse adeguati rispetto alla rilevanza del delitto».

A parlare, anzi a scrivere, è Armando D’Alterio, autore del libro “La Stampa Addosso – Giancarlo Siani, la vera storia dell’inchiesta”, edito da Guida e distribuito gratuitamente dal quotidiano La Repubblica.

D’Alterio, oggi Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Potenza, fu il magistrato che condusse le indagini sull’omicidio del giovane cronista anti-camorra, portando alla condanna all’ergastolo di mandanti ed esecutori.

Il suo libro, un documento storico sviscerato col piglio del romanzo, è stato il “la” che ha dato il via a una lunga conversazione tenutasi nella sua stanza presso il Palazzo di Giustizia di Potenza.

Si è parlato in generale del contrasto alla criminalità e della funzione della stampa d’inchiesta, ma anche di aspetti più “intimi” connessi alla funzione, al ruolo e alla figura del pubblico ministero.

E, sì, si è parlato anche di questi tempi “dettati” dal Covid, se è vero, come sostengono Ottavio Ragone e Conchita Sannino nell’introduzione al volume, che «trentacinque anni dopo, Covid e Camorra compongono un sinistro binomio nel Mezzogiorno falcidiato dalle povertà educative e dalle disuguaglianze che crescono, nel Sud dove restano i giovani con lavori precari e poca istruzione ed emigrano quelli più formati e brillanti».

E scusate se è poco.

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Walter De Stradis