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di Walter De Stradis

 

 

Il cavalier Michele Prestera è il tipico

Levantino (è per metà Lucano e per

metà Venezuelano) dal piglio fattivo,

con i capelli e baffi bianchi che spiccano

sulla pelle olivastra. Dopo essere già

stato diverse cose (sindacalista di lungo

corso, vice sindaco a San Chirico Raparo,

nonché co-fondatore ed ex presidente del

Parco della Grancia) attualmente è presidente

del Centro di Solidarietà Don Tommaso

Latronico ETS, che dal 1991 si occupa di

sostegno alimentare, convenzionato col

Banco Alimentare della Campania. E’ inoltre

membro della segreteria regionale di UIL

Pensionati, con delega all’handicap e in

ambito culturale e storico ricopre la carica di

presidente del Centro Studi “Carlo Alianello”

APS.

D - Cavaliere, come giustifica la sua esistenza?

R - Grazie a Dio non mi sono costruito da solo

(sorride), ma esisto a seguito dell’incontro tra

mio padre e mia madre. Sono nato a Caracas,

Venezuela, ma sono cresciuto in un piccolo

paese come San Chirico Raparo; in questo

modo ho scoperto una serie di sollecitazioni,

provenienti dalla cultura popolare lucana,

dai rapporti di vicinato; si tratta di valori in

cui ancora mi riconosco, oltre all’esperienza

cristiana che ancora oggi mi sostiene in ogni

cosa che faccio.

D - Come nasce e di cosa si occupa il Centro

Solidarietà Don Tommaso Latronico?

R - Don Tommaso Latronico, originario di Nova

Siri, è stato il fondatore di Comunione e

Liberazione in Basilicata. Io lo conobbi

una cinquantina d’anni fa, 1973-73; ero un

operaio metalmeccanico, e rimasi affascinato

da questo suo progetto che allora si avviava.

Fui uno dei primi ad aderire a questa proposta

cristiana, all’insegna del “qui e ora”. Il

Cds è solo una delle tante realtà venutesi a

creare, ma ancora oggi assiste oltre cento

famiglie bisognose. Ma quella del “dono”

è solo una risposta fi sica; si tratta in realtà

del bisogno di condividere un’esperienza,

acquisendo maggiore consapevolezza di sé e

del senso della vita.

D - Cento famiglie riferite a quale territorio?

R - Potenza. Con la partenza, a settembre, del

Banco alimentare regionale, rafforzeremo e

allargheremo la nostra presenza.

D - Che tipo di assistenza offrite a queste

cento famiglie?

R - Oltre al fabbisogno alimentare, c’è un tipo

di sostegno, psicologico, che si traduce

nel rispondere a domande sulla vita,

dando risposte che in qualche modo fanno

risollevare la persona.

D - Quindi è vero che a Potenza la povertà non

è solo “economica”, ma anche e soprattutto

sociale? E’ vero che c’è molta solitudine?

R - Esattamente. E col Covid questa realtà si è

accentuata. La paura di avere contatti con

l’altro, porta alla diffidenza, che a sua volta

rende il clima sociale a rischio. Ognuno,

dunque, pensa di avere di fronte a sé un

avversario”, il che rende molto difficile

collaborare, creare magari un’associazione,

un’attività culturale e quant’altro.

D - Alcuni suoi colleghi del sociale

lamentavano l’assenza di comunicazione

che in primis si registrerebbe proprio fra

voi operatori del settore (associazioni, enti

benefici e quant’altro).

R - Ed è così. Riallacciandomi anche alla

mia attuale esperienza nella Uil in ambito

disabilità, tempo fa ho scritto una lettera

a disagio, onde dar vita a un Osservatorio

comune, e abbattere questi muri di diffidenza,

di pregiudizio, questi “isolotti” che si sono

venuti a creare. Da solo nessuno può farcela.

D - Ma perché ci sono questi “orticelli” anche

nel volontariato? E’ un atteggiamento

tipicamente potentino?

R - No, io ritengo che ci sia proprio la paura

di mettersi insieme, la paura che qualcuno

possa invadere il campo dell’altro.

D - Associazionismo e volontariato possono

rivelarsi una “vetrina” per altri scopi?

R - Sicuramente. Purtroppo, l’esperienza

ci insegna che su certe vicende c’è chi

ha strumentalizzato e si è costruito una

postazione di potere. Tuttavia, io ancora

sostengo che se questa esperienza di amore

riesce a scavalcare certi ostacoli, insieme si

può ancora costruire e bene. L’uomo non è

fatto per vivere da solo; basta ritrovare il

senso genuino della solidarietà nei confronti

dell’altro.

D - Come Cds ricevete fondi pubblici? Come

vi sostenete?

R - Con il 5 x mille, tra l’altro siamo stati la

prima esperienza in Basilicata (parliamo

di fi ne 1991), e quindi -nonostante i fondi

non bastino mai- diciamo che una certa

tranquillità” ormai ce l’abbiamo.

D - Si può tracciare una sorta di “identikit”

del povero dei giorni nostri, qui a Potenza?

R - Come dicevo, non mi fermerei alla questione

del fabbisogno alimentare: vedo delle

persone smarrite, sfiduciate, senza un senso

della vita, ingabbiate in una sensazione

da cui non riescono più a uscire. Il nostro

compito diventa quindi quello di sganciarli

da quella dimensione, esaltare la persona,

rimetterli in gioco riguadagnandoli al gusto

per la vita.

D - E come si fa a riguadagnare alla vita una

persona che è priva di speranze?

R - Standogli affianco, e non giocando sulla

dimensione umana (cosa che spesso accade).

D - “Non giocando sulla dimensione umana”:

sarebbe?

R - Se uno vive e si cimenta in un'esperienza

d’amore, è difficile che possa approfittarsi

di quella situazione stessa. Diversamente

accade se la vera intenzione è quella di

diventare un qualcuno o un qualcosa.

D - Chiarissimo. Cambiamo argomento:

Potenza è una città a misura di disabile?

R - No, per carità.

D - Perché?

R - Barriere architettoniche, mancanza

d’attenzione...questa è una città piena di

difficoltà, per i bambini, per i disabili, un

po’ per tutti. E’ una città che ha perso la sua

identità. E’ una città che avrebbe bisogno di

essere ricostruita.

D - Siamo a poche ore dalle elezioni comunali.

Il prossimo sindaco su cosa si deve mettere,

immediatamente, a lavorare?

R - Per cominciare, dovrebbe valorizzare tutto

l’ambito del Terzo settore. Perché? Perché

è quella dimensione che dà una risposta

immediata a un bisogno: disabilità, banco

alimentare, infanzia, terza età etc. E parliamo

sempre di volontariato, quindi non ci sono

per lo mezzo chissà quali interessi. Bisogna

lavorare insieme su una progettualità, per

avere una città più armonica.

D - Potenza si riprende se...?

R - Se si riparte dall’uomo, dalla persona

umana, dal cuore delle esigenze dell’uomo.

D - Veniamo alla questione Grancia che, dopo

qualche difficoltà, da un po’ di tempo

è ripartita. Come sta, oggi, la sua co-creazione?

R - E qui mi apre una ferita. Oltre a esserne stato

co-fondatore, sono stato anche presidente

dell’Associazione dei Volontari del parco

della Grancia. Partimmo da zero, quando di

associazioni e realtà dedicate a quel periodo

storico praticamente non ce n’erano. Col

tempo, anche alcuni volontari sono diventati

professionisti, nonché presidenti di varie

associazioni, dando vita a un indotto di

attività culturali e storiche molto importante.

D - Però?

R - Però, come sempre accade, qualcuno a un

certo punto ritiene di essere diventato la

massima autorità in materia, con tanto di

Vangelo in tasca. E così le cose diventano

complicate. Il Parco di difficoltà ne ha avute,

ne ha, e ne avrà sempre, il problema vero è

rimettere nella giusta proporzione il rapporto

tra politica e privati. Quella della Grancia

stata proprio la prima, seria, esperienza

di rapporto tra politica e privati, ma a un

certo punto la politica ha cominciato a

sconfinare in ambiti non di sua competenza,

imponendo veti, ingerenze e prevaricazioni,

anche sulla parte “sociale”. E’ così, dopo

dieci anni di queste vicissitudini, ho preso

e me ne sono andato. E tenga conto che

io, come gli altri, ho sempre operato da

volontario, e cioè senza mai percepire

alcunché.

D - Rimaniamo in tema. Da Presidente

dell’Associazione “Carlo Alianello”, qual

è, secondo lei, il libro che tutti i lucani

dovrebbero leggere?

R - Beh, sono tre: “L’eredità della Priora”,

‘”L’inghippo” e “La Conquista del Sud”.

Alianello ha raccontato la storia dei

perdenti, dei vinti, delle persone al di fuori

di quel tipo di maggioranza che non fa

respirare la minoranza. Un tempo, la Cultura

o era di parte o non era. Invece la verità va

raccontata. E Alianello ha raccontato la

storia dei pov’r omm, di gente che ha fatto

la fame e ha pagato, anche, con la morte.

E ancora oggi nel Cinespettacolo della

Grancia ci sono cose di Carlo Alianello. La

nostra associazione nacque con l’esigenza,

che ci fu manifestata dai parenti dello

scrittore, di preservare alcuni suoi documenti

(testi, manoscritti, disegni etc.). Col Comune

di Tito facemmo dunque nascere un Fondo

Carlo Alianello, che ancora oggi, nei suoi

locali, ospita tutto questo materiale. Adesso

sarebbe necessario digitalizzarlo, metterlo in

rete: spero che con la nuova amministrazione

tutto questo si possa fare.