di Antonella Sabia

 

 

 

 

mons_fanelli_04_01_24.jpgCompletiamo le nostre interviste di fine/inizio anno con i vescovi lucani, pubblicando quella realizzata con Monsignor Ciro Fanelli, vescovo di Melfi-Rapolla-Venosa.

d - Cosa ci portiamo dietro del 2023?

r - Il 2023, purtroppo, è stato un anno in cui l’umanità ha sofferto molto a causa di conflitti e di guerre, ma anche per le crescenti situazioni di povertà a livello mondiale e locale. Di non secondaria importanza è stato il problema legato alle difficoltà nel gestire in maniera efficace e umana il flusso migratorio. Dinanzi a queste “voragini” non si può rimanere indifferenti; esse devono scuotere fortemente le coscienze e orientarle verso una maggiore responsabilità morale e civica, così da creare subito le condizioni necessarie per costruire una maggiore coesione sociale e una più visibile solidarietà. Dinanzi a questi drammi umanitari, data la loro complessità, sono convinto che bisogna intervenire su più livelli, ma soprattutto è necessario promuovere il dialogo, come strumento non solo specifico della diplomazia, ma anche della politica. Senza dialogo non ci si può incamminare verso orizzonti di reale fraternità e di concreta amicizia sociale.È necessario un cambio di mentalità, che facciapassare da una cultura incentrata sull’indifferenza e sullo scarto, ad una più solidaristica ed inclusiva.

d - La regione sarà chiamata alle urne nei prossimi mesi, qual è il suo auspicio e/o la sua richiesta ai politici che si apprestano a rappresentarci?

r - L’impegno dei politici locali è chiamato a essere eticamente significativo e realmente efficace nella risoluzione dei problemi della nostra gente. La politica è chiamata sempre, ma soprattutto nei momenti complessi e difficili, a perseguire con tenacia il bene comune e a disegnare una progettualità adeguata ai bisogni concreti della regione, in modo tale da ridare futuro e opportunità di rinascita culturale, sociale ed economica a tutte le componenti della società civile, ma in modo particolare alle fasce più deboli, valorizzando tutti gli ambiti produttivi del territorio. Il lavoro dovrà essere sicuramente la grande emergenza da non trascurare. I dati statistici, che in questi giorni vengono diffusi da diversi organi di stampa, se da un lato evidenziano le criticità della nostra regione, dall’altra possono costituire, in un certo qual modo, la mappa realistica delle priorità su cui effettivamente lavorare sinergicamente per assicurare un serio rilancio regionale, dal calo demografico fino alle questione economiche così da garantire giustizia sociale per tutti.

d - In questi anni sei anni di Ministero come è cambiata la vita in quei territori, anche post pandemia?

r - La pandemia, purtroppo, non è stata sicuramente un bene per nessuno. Essa ha accelerato molti processi negativi che hanno spesso distrutto in profondità nelle singole persone la serenità, la fiducia nell’altro e la tensione positiva verso il futuro. A livello sociale, invece, uno degli effetti negativi più gravi causati dalla pandemia, a mio parere, è stato quello di aver minato le condizioni per guardare alla possibilità di costruire una società coesa e attenta ai bisogni concreti dei più deboli ed emarginati. In questa fase post pandemia l’impegno da parte di tutti dovrebbe consistere nell’aiutare la società auscire da due mali: le paure fobiche e gli ingiustificati egoismi; questo impegno deve diventare un vero imperativo etico, altrimenti assisteremo ai continui e dilaganti atteggiamenti di inciviltà e di criminalità, come ad esempio il dilagare del femminicidio. La pandemia ha, purtroppo, ritardato per tante realtà, anche quelle ecclesiali, il raggiungimento di alcuni traguardi importanti; per la mia diocesi di Melfi-Rapolla-Venosa, ad esempio, tra le esperienze forti che sono state bloccate dalla pandemia vi è stata la visita pastorale. Ma, nonostante tutto, lo scorso 1° ottobre 2023 ho iniziato la visita pastorale, partendo da Rionero in Vulture, facendomi “pellegrino del Vangelo” per raggiungere le 33 le parrocchie della diocesi. Incontrare, ascoltare e condividere esperienze sarà in concreto il ritmo della visita pastorale in ogni singola comunità. Questo cammino di Chiesa, a Dio piacendo, terminerà nel 2025. Nei vari incontri già fatti, ho riscontrato da parte di tutti un grande desiderio di ripartire, di stare insieme, di “rivivere”, sia pure in modo nuovo, l’appartenenza vitale alla propria comunità, insieme a tanta voglia di partecipare. Ma ho constatato anche che sono presenti molti timori e stanchezze: ci si si sente più soli; il contesto sociale attuale, con tutte le sue criticità, non aiuta a uscire da queste solitudini sociali, determinando - per tanta gente- condizioni di vita spesso insostenibili. Il calo demografico, che è super evidente nei piccoli centri, non manca di far percepire i suoi effetti negativi anche nelle città più grandi. L’assenza dei giovani nei nostri paesi abbassa anche il livello di resilienza sociale delle comunità. Bisogna perciò reinvestire sulle persone, sulla formazione e costruire una progettualità ad ampio respiro e condivisa.

d - Guerre, vecchi conflitti che si riaccendono, e purtroppo episodi ripetuti di femminicidio, ma anche povertà, disoccupazione e spopolamento. Papa Francesco ripete spesso che “Nessuno si salva da solo”, in che modo fronteggiare questi mali del secolo?

r - “Nessuno si salva da solo” è un concetto che Papa Francesco ha sempre ripetuto sin dall’inizio del suo pontificato. È un principio che non può ridursi ad uno slogan, ma deve essere declinato in tutte le dimensioni del vivere umano, da quello più immediato, che sono le relazioni interpersonali, a quello più complesso che coinvolge cultura, politica, economia e finanza. Se questo criterio di inclusione solidale, che è un valore altamente etico, non diventa il criterio guida delle decisioni e delle scelte personali e sociali, sarà difficile uscire dal labirinto in cui ci troviamo a vivere.

d - Da spettatore ha assistito ai riflettori che si sono riaccesi a Potenza intorno al caso Claps, la riapertura della Trinità e le tante accuse verso la chiesa, come istituzione più in generale. Un suo commento in merito.

r - Il caso Claps è innanzitutto l’atroce e terribile sofferenza della famiglia di Elisa, alla quale va tutta la mia solidale vicinanza. E’ una sofferenza che chiede rispetto. Personalmente credo che questa dolorosa e drammatica vicenda che ha colpito Elisa e la sua famiglia esige tante attenzioni, tutte importanti. Ma tra queste attenzioni l’impegno per smascherare ogni colpevole atteggiamento omertoso deve essere prioritario. La riapertura della Chiesa ha suscitato polemiche. Ma le polemiche non devono fermare il dialogo su ogni versante. Le polemiche non portano da nessuna parte. L’orizzonte per comprendere il senso della riapertura della Chiesa è stato offerto da papa Francesco quando ha affermato che quel luogo di culto è chiamato a “custodire la memoria di Elisa” e a diventare “un luogo per la preghiera silenziosa, l’adorazione, la ricerca del confronto interiore e spirituale e per la promozione di una serena riflessione sulla sacralità della vita”, affinché mai più si ripetano tali esecrabili e mostruosi delitti.

d - Cosa si augura per il nuovo anno per i lucani e per i fedeli della sua Diocesi?

r - Cosa augurare per i lucani? Innanzitutto che ogni comune della Basilicata sia concretamente attenzionato dai decisori e che ogni cittadino possa trovare lo spazio e le opportunità nella propria terra per crescere umanamente, professionalmente, socialmente, che venga posto nella condizione di ridare un volto nuovo alla Basilicata. È giunto anche il tempo per la nostra regione che vengano realmente valorizzate le grandi risorse naturali e umane di cui è dotata. L’agenda sociale della Chiesa italiana per il 2024 prevede un appuntamento di grande rilievo: la 50a Settimana sociale dei cattolici italiani, che si svolgerà a Trieste, sul tema “Partecipazione e democrazia”. Questo binomio è fondamentale se si desidera raggiungere una vera rinascita culturale, sociale e politica. Per la nostra diocesi di Melfi-Rapolla-Venosa il 2024 sarà un tempo speciale sia perché stiamo vivendo, come dicevo, l’esperienza forte e coinvolgente della visita pastorale, che intende confermare il cammino di fede in ogni comunità parrocchiale, ravvivando l’entusiasmo apostolico degli operatori pastorali, e sia perché, avendo messo a tema l’Eucaristia per il prossimo triennio, possiamo sperimentare in concreto che la comunità cristiana, quando nasce e rinasce nell’Eucaristia, può essere, come richiede il Vangelo, nonostante le sue fragilità e limiti, “luce” e “sale” della terra in cui vive e opera.