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di Rosa Santarsiero

 

 

Mancano ormai pochi giorni alla riapertura di tutti gli Istituti scolastici di ogni ordine e grado e ciò avverrà per la Regione Basilicata il prossimo 12 settembre. La Consigliera regionale di Parità, Ivana Enrica Pipponzi, è intervenuta sul tema istruzione e formazione, affrontandolo da un punto di vista che le sta particolarmente a cuore: quello della disparità di genere, un fenomeno mai sanato nella nostra società che sovente affonda le proprie origini -come spiegherà a seguire proprio la Consigliera Pipponzi- a partire dalle scelte scolastico-formative delle donne.

«La Commissione europea, qualche tempo fa, ha pubblicato un interessante report sulla formazione in Europa, da cui emerge un dato allarmante: le donne -non solo in Italia- si laureano con una percentuale superiore rispetto agli uomini (il 47%, contro il 36% degli uomini), eppure il divario di genere nel mondo del lavoro è ancora così evidente! Circa il 48% delle donne lavora, al Sud siamo intorno al 32%, in Basilicata al 36%, ma capirà che tali percentuali appaiono distoniche rispetto alla situazione scolastica sopra descritta».

D: Consigliera, lei come spiega tale fenomeno?

R: È importante fornire qualche numero partendo dalle performance universitarie, poiché in presenza di dati come quelli che le sto per illustrare si rimane assolutamente basiti. Già a partire dalle scuole medie, il 43% delle ragazze consegue voti migliori rispetto agli studenti, che si attestano sul 9 o sul 10, mentre il 31% dei ragazzi non raggiunge questo risultato. Ciò emerge dal profilo dei diplomati del 2020. Tale dato, tra l'altro, rimane inalterato anche nel prosieguo degli studi verso l'istruzione secondaria superiore, il diploma è maggiore nelle ragazze, il 53% contro il 47% dei ragazzi. Anche il voto di maturità è sensibilmente diverso: il 35,4% delle ragazze riceve tra il 90 e il 100, mentre tale votazione è raggiunta dai colleghi uomini solo nel 22,9% dei casi.

L'80% delle ragazze, inoltre, manifesta una innata tendenza a proseguire gli studi, a fronte del 65% registrato dagli uomini. Tra i diplomati dei licei circa il 60% sono ragazze, il 56% delle donne invece sceglie di diplomarsi in corsi professionali, il 38% vengono fuori da Istituti tecnici. Le donne, dunque, preferiscono nettamente studi classici o umanistici.

Le ho illustrato dati come questi, perché le scelte scolastiche predilette dalle donne generano pian piano un divario di competenze informatiche, ciò di cui oggi c'è maggiore richiesta. Già da qui, a mio parere, si inizia a comprendere la motivazione del divario di genere.

D: E all'Università cosa accade?

R: L'incidenza delle laureate è del 23,7% per l'intera popolazione, il 17,2% è rappresentato invece dagli uomini. Le stesse studentesse si laureano poi con voti nettamente più alti, dal 104 al 110, contro il 102/110 dei maschi.

D: Cosa scelgono quindi le donne?

R: Preferiscono corsi disciplinari di educazione, formazione, letterari, umanistici, linguistici e psicologici, a fronte delle materie STEM, cioè quelle a carattere scientifico tipiche nelle scelte dei ragazzi. Ebbene, quando si vanno a spulciare i dati delle retribuzioni emergono forti disparità di trattamento economico. Il salario medio per una laureata magistrale a cinque anni dalla laurea è di 1.403 euro mensili, mentre un laureato maschio guadagna 1.696 euro, il 12% in più del salario rispetto alle donne.

Il fenomeno della cosiddetta “segregazione occupazionale” si spiega con la scelta da parte delle donne di impieghi meno gravosi e più flessibili, ma con salari certamente più bassi. Mi spiego meglio. Proprio a causa della scelta degli studi, buona parte delle donne diventeranno insegnanti, impiegate, amministrative o, per chi non si laurea, commesse. Tali lavori per stereotipo si attribuiscono più vicini al mondo delle donne, ma allo stesso tempo consentono di conciliare l'aspetto professionale a quello familiare. Ciò tuttavia fa sì non solo che le donne abbiano buste paga più leggere a causa dei part-time, ma che non riescano ad acquisire né una formazione costante in termini di aggiornamento, né scatti di carriera rispetto ai colleghi uomini. Sembra quasi che le donne scelgano professioni simili non tanto per un sentire personale, quanto piuttosto per una sorta di imposizione culturale. Nella nostra società, tra l'altro, manca un sistema di Welfare capace di supportare nel quotidiano una donna lavoratrice, magari con la presenza di asili nido o di strutture adeguate per accogliere i figli durante le ore di lavoro. Una segregazione lavorativa orizzontale, ma anche verticale a causa del mancato accesso a scatti lavorativi di anzianità e di carriera.

Situazioni come queste rappresentano appieno il cosiddetto fenomeno del “Leaky pipeline”, in altri termini si può paragonare la carriera lavorativa delle donne ad una sorta di canna fumaria che continua a disperdere fumo, solo che in questo caso a disperdersi sono nel tempo le possibili progressioni di carriera delle donne.

D: Cosa sente di augurare alle nuove studentesse?

R: Mi permetto di consigliare e promuovere i cosiddetti studi STEM, che solo il 18% delle donne predilige. Una delle soluzioni per poter vincere il divario di genere nel mondo del lavoro è proprio questo. È chiaro che il mio è solo un suggerimento e che la naturale inclinazione delle donne è per me cosa sacra, tuttavia laddove c'è una forte indecisione nel percorso formativo, o per stereotipo non si ha la forza di scegliere carriere di questo tipo, be' mi auguro vivamente che ci sia la forza per invertire tale tendenza.