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di Antonella Sabia

 

 

 

 

Di povertà nella nostra regione se ne parla da anni, e con la pandemia le criticità si sono inasprite, oltre ad essere aumentate. Abbiamo contattato Marina Buoncristiano, voce della Caritas Diocesana di Potenza - Muro Lucano - Marsico Nuovo con cui abbiamo commentato i dati sulla povertà diramati dalla CGIL, e riportati in un articolo nello scorso numero di Controsenso («Povertà, in Basilicata quadro desolante: la regione torna a otto anni fa. Incremento del 7,6% tra il 2019 e il 2020 (dati Istat)»).

d: L’indicatore torna sui livelli del 2012, cancellando ben otto anni di faticosa riduzione. È quanto affermano il segretario generale Cgil Basilicata, Angelo Summa e il direttore scientifico del centro studi Ires Cgil, Ettore Achilli.

Questi dati trovano riscontro nel vostro lavoro quotidiano ?

r: Abbiamo pubblicato a maggio il nostro report, i dati ahimè sono quelli, probabilmente noi siamo scesi più nel dettaglio. Mi preme dire che questa emergenza sanitaria ha definitivamente tolto quel velo che copriva le vulnerabilità della regione già da anni. Di che cosa ci stiamo stupendo? Bisogna concordare con quanto dicono Summa e Achilli, è necessario che la regione cominci a riflettere e pensare in maniera differente, ma questo principio valeva già nel 2018, 2017 ecc.

d: La pandemia è stata la cosiddetta goccia che ha fatto traboccare il vaso.

r: Questa emergenza ha messo a nudo delle grandissime lacune che sono ormai diventate endemiche in Basilicata. È stata una vera apocalisse perché inaspettata e ha coinvolto il mondo. A memoria, non mi pare però che la Basilicata brillasse per occupazione, qualità della vita, welfare, infrastrutture, politiche del lavoro e abitative, politiche sociali serie: mi sembra che ci siamo sempre posizionati negli ultimissimi posti della classifica. Già sapevamo di vivere borderline, è chiaro che una crisi svela e scopre queste vulnerabilità e sfociano quindi in una emergenza sociale. Abbiamo presentato il report, il 21 maggio, al presidente Bardi e ai sindaci dei comuni, perché la politica è chiamata a dare risposte e ad assumersi responsabilità, deve necessariamente cominciare a cambiare passo, per uscire definitivamente dalla cultura assistenzialistica che ci connota da anni.

d: In quell’occasione quali risposte siete riusciti ad ottenere dalle istituzioni?

r: Il governatore ci ha ascoltato con attenzione, ha fatto un intervento di apertura dialogante, ma poi è andato via, i sindaci invece hanno tirato fuori quelli che sono i problemi reali con i quali loro impattano nel quotidiano, tant’è che ci siamo ridati un appuntamento per mettere insieme un documento da presentare in Regione. Non possiamo più procrastinare e far finta di nulla, dobbiamo assolutamente riflettere sulla condizione in cui versiamo e mettere in campo delle azioni politiche che consentano alla Basilicata di uscire da questo gap, ovviamente non possiamo pensare che accadano miracoli, ci vorranno anni ma bisognerà pur cominciare.

d: Voi toccate con mano i problemi quotidiani delle famiglie, quali consigli sentite di dare alla politica?

r: Inizierei intanto dicendo che il 97% delle richieste di aiuto che sono pervenute alla rete delle Caritas in diocesi sono tutte da persone italiane. Inoltre eravamo abituati a vedere donne venire a chiedere aiuto, stavolta il 54% dei richiedenti erano uomini. Chi sono? Piccoli imprenditori, padri di famiglia che avevano contratti a termine che non sono stati rinnovati, padri monoreddito che si sono ritrovati in cassa integrazione e poi abbiamo tutta quella fetta di popolazione che viveva al limite, svolgendo lavoro nero e si è ritrovata a non avere più nulla: questo è sicuramente uno dei temi di cui discutere. Quando parliamo di politiche industriali, ultimamente si nomina spesso il caso Stellantis, ma non possiamo pensare che una singola azienda sia il paracadute della regione Basilicata, bisogna cominciare a ragionare su politiche industriali diversificate, ammesso che la regione Basilicata sia a vocazione industriale.

d: Si parla molto di questo PNRR, in che modo potrebbe coinvolgervi e soprattutto correre in aiuto delle famiglie?

r: Intanto abbiamo una rete infrastrutturale ridicola, chiunque voglia fare impresa nella nostra terra, parte già con un segno meno, perché penalizzato dalla mancanza di una rete materiale e immateriale, capace di rendere quella impresa competitiva. Bisognerà poi creare i presupposti giusti perché un giovane rimanga nella sua terra, creando un habitat che consenta una vita non dico agiata, ma normale. Perché un giovane dovrebbe rimanere a vivere in un piccolo comune della Basilicata se è collegato male, ha difficoltà con Internet, la popolazione rimasta è in età geriatrica e i servizi sono assenti? Si tratta di una situazione critica che non scopriamo oggi: 11mila persone in meno in un anno significa che sono spariti due/tre comuni nella nostra regione, il trend medio era di meno 6/7000 persone l’anno, nel saldo tra decessi e nuovi nati. Proprio in relazione a questo, in Basilicata mancano anche delle politiche attive per la famiglia, mancano gli asili nido, il lavoro delle donne è pressoché inesistente, un tema che raramente viene toccato.

d: Questa pandemia ha contribuito ad acuire il problema, se pensiamo alle difficoltà di conciliare lo Smart Working, i figli e la casa.

r: Sono state tra le più penalizzate, è molto complicato lavorare da casa. In generale anche il tema delle politiche abitative andrebbe rivisto, consentirebbe di sostenere le famiglie. Sottolineo poi gli inesistenti servizi alla persona, e i servizi sociali che danno risposte desuete.

d: Dalle istituzioni è stato sottolineato più volte, in particolare in questo periodo, il fondamentale supporto delle associazioni nel dare risposte ai cittadini, che i Comuni da soli non avrebbero potuto dare.

r: È il prodotto di politiche miopi di tanti e tanti anni. Le risposte che sono state date durante il periodo dell’emergenza sono state perlopiù materiali, pacchi viveri, buoni spesa, ma una persona non è la sua pancia. Una famiglia vive anche di altro, deve pagare un canone di locazione, il mutuo, le bollette, la benzina, ma se vengono meno i presupposti come si fa? Bisogna avere una visione del futuro, solamente strutturando alleanze territoriali, aprendo tavoli di confronto. Della nostra regione Basilicata, tanto amata, cosa ne vogliamo fare? Un territorio a vocazione industriale, agricola o turistica?

d: Forse è ora il momento giusto per deciderlo, visto che verranno stanziati dei soldi per questo.

r: Certo, non perché una cosa esclude l’altra, ma perché bisognerà decidere su cosa investire, per poi dare risposte alle famiglie, al lavoro, all’anziano, solo così si cambiano le cose. Lo ripeto e non temo smentite, in termini di povertà assoluta e relativa, la Basilicata rientrava sempre tra i primi posti.

d: Rifacendoci all'articolo della Cgil, ci sono dei territori in cui purtroppo lì dove non arriva la politica, si rischia di cadere nelle mani della criminalità organizzata. Questo in Basilicata sembra accadere meno, ma è un fenomeno che si avverte?

r: Don Marcello Cozzi da anni sta denunciando infiltrazioni in Basilicata nelle sue interviste. Chi ha il denaro prova a dare risposte che lo Stato a livello locale non arriva a dare. Le infiltrazioni malavitose agiscono dove esistono sacche di povertà, ma anche questa è una cosa nota e antica come l’uomo. Per avere contezza della povertà basterebbe farsi un giro nelle sale gioco, nei tabacchini o nei bar dove ci sono le slot!! Bisogna che ci si fermi un attimo a riflettere, e chi ha le mani in pasta - sindacati, la rete delle Caritas, i comuni e il terzo settore - si riunisca intorno ad un tavolo e partorisca un’idea comune, perché si tratta delle nostre vite: Homo faber fortunae suae!