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di Walter De Stradis

 

 

 

 

 

Di professione è dirigente dell’Enel, con una particolare esperienza nel recupero crediti. Maria Anna Falvella, nata a Napoli 49 anni fa, ma di origini calvellesi, dice che questa perizia le è tornata molto utile non appena diventata sindaco (preferisce la declinazione al maschile «per rispetto all’istituzione in sè») di Calvello. Nonostante ricopra questo ruolo dal 2017 (e in uno dei paesi “del petrolio”, con sette pozzi, per giunta), afferma di aver potuto svolgere il ruolo in condizioni “normali” soltanto per sei mesi, fra risanamento dei conti prima, e Pandemia dopo.  

d: Come giustifica la sua esistenza?

r: Dovremmo chiederlo a Dio (sorride). In riferimento alla mia esperienza da sindaco, non la giustifico, la vivo. Posso dirle che la mia amministrazione qui a Calvello è l’esperienza più difficile dal Dopoguerra. Forse solo il Post-Terremoto ha registrato difficoltà simili alle nostre. I primi due anni sono stati dedicati al recupero di una situazione finanziaria molto complicata, e per di più in cinque anni avremo meno della metà delle royalties petrolifere che si sono gestite in passato. Non sarà facile.

d: Pandemia a parte, cos’altro ha influito su questa situazione?

r: Ci sono stati anni in cui Calvello ha potuto gestire 4/5 milioni di royalties, mentre io nel primo anno di mandato ne ho ereditati 1,6. E ciò a causa della famosa questione dello sversamento al Cova e del conseguente blocco. Poi ci sono stati due anni in cui le royalties erano in media di circa 2,5 milioni di euro, ma questo è durato poco. Quest’anno (e credo anche l’anno prossimo, con la “fermata”), avremo meno di 1,5 milioni. E credo che questo sarà l’andamento medio in regione. Non ci aspetta un decennio molto florido (fra un “brand” in constante calo e le difficoltà produttive dei pozzi).

d: Tuttavia già immagino il disappunto di un qualche altro sindaco lucano, non beneficiato dalle royalties del petrolio, che leggendo questa intervista dice: «Ma come, si lamentano loro, che comunque i milioni li prendono???».

r: E infatti noi non ci lamentiamo, per carità. Ma è chiaro che se si è costruito un “modello” -che è anche un modello di servizi alla comunità- che richiede una spesa di quasi un milione di euro l’anno, con un milione e quattro (tutto compreso) a disposizione, diventa meno “comodo” che in passato.

d: E’ come dire che uno abituato a un alto tenore di vita, poi lo deve anche mantenere.

r: Non è solo una questione di tenore di vita, ma anche di aspettative del territorio. Guardi, se tu ricevi delle royalties è perché stai compensando un problema che probabilmente avrai, e quindi quei soldi servono anche a garantire una continuità per il futuro, oltre che costruire un avvenire “al di là del petrolio”. E non è facile.

d: Infatti si legge spesso del cosiddetto “Modello Calvello”, ovvero del paese che farebbe un uso virtuoso delle royalites, con le opere pubbliche, i bandi, la card per le famiglie… ma è tutto rose e fiori oppure…

r: …ripeto, un prezzo scuramente lo pagheremo, perché sennò non esisterebbero le royalties. Anche la vita degli uffici comunali non è facile: noi abbiamo gli stessi limiti di spesa (derivanti dal patto di stabilità) che hanno gli altri, ma ci troviamo con una mole di lavoro sicuramente più impegnativa. Dalle concessioni alla gestione dei bandi, i nostri uffici sono oberati e tutto ciò implica anche dei contratti esterni “di sostegno” che certo gratis non sono. La gestione del petrolio è molto complessa e non dimentichiamo che studi internazionali, dal 1985 in poi, si sono concentrati sulla cosiddetta “Maledizione delle risorse primarie”. La Val D’Agri e la Basilicata sono un caso di studio in questo senso: la presenza di grandi risorse primarie “cannibalizza” il resto dei settori.

d: Cioè i giovani vogliono andare tutti a lavorare nell’indotto del petrolio.

r: Ma oggi più che mai non può essere l’obiettivo esclusivo dei ragazzi: nel piano triennale degli investimenti di Eni (attenzione, non “ventennale”), si parla di “transizione energetica”. Ne deriva che il petrolio oggi c’è, ma sarà sempre meno incisivo e tocca da subito immaginare qualcosa di diverso. Ma è molto difficile, se per vent’anni siamo cresciuti con la mentalità e l’obiettivo di “quel posto” nell’indotto. E per di più, qui altre aziende che possano dar lavoro ai nostri laureati non ce ne sono: da qui l’ esodo. Per questo bisogna pensare a un futuro “oltre il petrolio”, che è praticamente un presente.

d: In ogni caso mi sembra di capire che, per il momento, i Calvellesi sono contenti della presenza del petrolio.

r: Al contrario, sono molto delusi. Questa chimera del posto di lavoro non si mai è verificata, tanto più per Calvello che è “dall’altro lato” della montagna ed è stato sempre sacrificato.

d: Quanti Calvellesi lavorano nel petrolio?

r: Pochissimi. L’ho sempre fatto presente, tanto a Eni quanto alla Regione.

d: In effetti c’è sempre stata questa anomalia: da un lato il suo comune pare essere il secondo –dopo Viggiano- per i soldi che riceve dal petrolio, dall’altro lei ha sempre denunciato di non essere coinvolta nelle decisioni importanti.

r: Non io particolarmente. Come gli altri miei colleghi interessati dalle estrazioni, ho sempre scritto chiedendo di essere coinvolti, non solo nelle scelte finanziarie, ma soprattutto in quelle strategiche, cioè sulle azioni da porre in essere con questi accordi per garantire un futuro oltre il petrolio. Pensi che quando ci fu il progetto EpiBas –ovvero l’indagine epidemiologica ambientale- la popolazione di Calvello non fu considerata nella sorveglianza attiva. Un’assurdità!

d: Ma com’è possibile una cosa del genere?

r: Eh. L’indagine epidemiologica fu impostata considerando solo il Centro oli come epicentro dell’area, tracciando un raggio che –guarda caso- arrivava al confine con la Campania, perché forse la questione era gestire l’indagine al di là dei confini della Basilicata. Calvello e Marsico Nuovo in ogni caso erano rimasti fuori. Facemmo tutta una serie di interventi per fare considerare come “epicentri” anche i pozzi di petrolio, pensi un po’. (sorride) Poi il progetto generale è comunque naufragato, con l’intervenuto cambiamento politico ai vertici della Regione.

d: E oggi come giudica il rinnovo degli accordi con le compagnie sulle concessioni petrolifere?

r: A parte ciò che è stato ufficializzato dalle delibere, noi sindaci non ne abbiamo avuto una visione completa. Abbiamo chiesto incontri a Bardi e a Cupparo, perché in primis non si può decidere senza coinvolgere i territori interessati, e in secundis noi abbiamo molta paura di accordi che possano essere solo “finanziari”.

d: Quindi voi sindaci nel dettaglio non conoscete l’accordo?

r: No. Noi sindaci, a parte Viggiano, abbiamo sottoscritto una lettera con la quale chiediamo di essere convocati.

d: Perché “a parte Viggiano”?

r: Loro non hanno inteso firmarla, ma sono assolutamente allineati sulle esigenze. Credo che la cosa del rinnovo degli accordi non sia stata gestita correttamente dal punto di vista “diplomatico”. Con tutte le attenuanti immaginabili (“prassi” modificate dalla Pandemia etc.), non può comunque non esserci un dialogo interno al territorio. La Regione può organizzare tutti i “tavoli ufficiali” che vuole con le compagnie, ma la questione vera è che tipo di istanze porta, o meno, su quegli stessi tavoli.

d: Voi sindaci faceste un incontro con la Regione nell’autunno del 2019 per proporre delle cose…

r: …due minuti a testa. Doveva essere la “prima fase” di un confronto. Un avvio…

d: …ma si è rivelata una “falsa partenza”?

r: Già, ma ora speriamo di ripartire perché vanno dati contenuti reali a quegli accordi. Ma se si continua a ragionare in termini di “soldi a pioggia” e di interventi non mirati, alla fin fine avremo ben poco. Com’è stato finora.

d: La storia del rifare mille volte i marciapiedi…

r: Su questo non sarei così tranchant. Calvello è un paese curato, e certo non si è curato da solo. Col nostro clima le strade si rovinano facilmente. E poi c’è la questione sicurezza stradale che va ben oltre il petrolio.

d: La vostra proposta a quel famoso tavolo autunnale?

r: Lavorare moltissimo sulla cultura digitale dei ragazzi. Immaginiamo un campus d’intesa con le aziende, e crediamo molto nel ritorno dei nostri giovani che oggi lavorano fuori, anche grazie alle opportunità offerte dal lavoro a distanza (Calvello ha la banda ultralarga). Ma prima occorre un salto culturale.

d: Facciamo un breve passaggio sulla Pandemia. Anche in merito alla gestione dell’emergenza, alcuni sindaci lucani hanno lamentato difficoltà di “comunicazione” col governo Bardi: ordinanze arrivate prima ai giornali, indicazioni sulla chiusura delle scuole giunte di notte…

r: Sì, queste difficoltà ci sono state per tutti, il dialogo con la Regione non è stato facile. Io aspettavo le ordinanze la notte, per decidere cosa fare il giorno dopo…sul gruppo whatsapp dell’Anci noi sindaci non facevamo che confrontarci.

d: C’è che dice però, che in stato “di guerra”, ciò possa anche essere fisiologico.

r: Può darsi che sia così. Infatti non voglio addossare colpe, perché non dev’essere facile far quadrare tutto. Non è quella la cosa più grave.

d: E qual è allora?

r: E’ proprio la difficoltà di confrontarci, in generale, su tutto.

d: Ma Bardi ha scritto ai sindaci affermando di volerli incontrare uno per uno.

r: Io l’ho incontrato in situazioni ufficiali ed è una persona molto garbata. La questione non è personale, ovviamente. E’ la costanza del dialogo che manca… con due o cinque minuti di udienza ciascuno, beh, non si va molto lontano, in ambito scuola, sanità…

d: E quindi se potesse prendere Bardi sottobraccio cosa gli direbbe?

r: Di viaggiare di più per i territori. Il problema però è che sono venute meno le sezioni di partito nei paesi. Occorre trovare degli spazi che ripristinino le occasioni di confronto di una volta.

d: Il film che la rappresenta?

r: Non l’ho ancora trovato (ride), penso che ci sia materiale per fare una fiction, sulla mia vita! C’è sempre quale novità…

d: La canzone?

r: “Grazie Roma”. Ho vissuto nella Capitale tanti anni e sono romanista sfegatata.

d: Il libro?

r: “La casa degli spiriti” di Isabel Allende.

d: Mettiamo che fra cent’anni scoprono una targa a suo nome al Comune: cosa le piacerebbe ci fosse scritto?

r: «Ha sognato, malgrado tutto».