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di Walter De Stradis

 

Dalle parole misurate, ma decise, traspare un’intelligenza appuntita. Cinquant’anni, mento forte e “R” arrotondata, tende tuttavia a far quadrare sempre i suoi ragionamenti. Deformazione professionale: Vito Pace è infatti il presidente del Consiglio Notarile Distrettuale di Potenza, Lagonegro, Melfi e Sala Consilina.

D: Come giustifica la sua esistenza?

R: Le potrà anche sembrare utopistico, ma spero, col mio contributo, di poter lasciare un mondo migliore di quello che ho trovato. Sa, ho appena compiuto cinquant’anni, e comincio a fare un bilancio, che finora credo sia perlopiù positivo.

D: Lei ha un cognome importante. Suo padre, Tuccino Pace, noto penalista, è stato deputato e consigliere regionale (e tra l’altro suo cugino, Vito Bardi, è presidente della Regione). Si è mai sentito un privilegiato?

R: No, perché i miei genitori, a me e mio fratello (Leonardo, avvocato – ndr) hanno sempre insegnato il valore dell’impegno. Mio padre diceva che bisogna essere “persone serie”, ovvero persone dotate di correttezza, affidabilità e onestà. Lui stesso, orfano in tenera età, era stato cresciuto dallo zio, il senatore Bardi (Francesco – ndr), aveva fatto i suoi sacrifici ed era stato avvocato penalista per quarant’anni: a casa nostra, specialmente a Filiano, la porta era sempre aperta e veniva data eguale attenzione tanto al contadino quanto alla persona importante. Con lo stesso garbo e la stessa disponibilità umana.

D: In queste interviste a volte torna l’argomento del muro di “potere” di alcune famiglie potentine e lucane.

R: No, guardi, è un luogo comune. Nella mia esperienza, personale e familiare, questa cosa non l’ho mai percepita. E’ chiaro che molte persone si avvicinano a te anche per il cognome che porti, ma questo può rivelarsi un boomerang, perché poi fanno i paragoni e magari concludono: “Non è come il padre”. Ne consegue che l’importante è essere sempre se stessi, nelle proprie peculiarità, e mantenere sempre dritta la barra dell’etica. Oggi che tutto è veloce e liquido, è fondamentale avere dentro di sé la consapevolezza di ciò che è negoziabile e di ciò che non lo è.

D: Il notaio, tra l’altro, è un presidio di legalità. Si dice, mi pare, “più notaio e meno avvocato…”, o qualcosa del genere.

R: La frase esatta è «Tanto più notaio, tanto meno giudice», perché la nostra è una funzione “anti-processuale”. Un buon notaio è tale nella misura in cui riesce a suggellare un accordo tra le parti che poi non sfoci in una lite. In Italia assai difficilmente un rogito notarile porta a una controversia: siamo dalle parti dello 0 %.

D: Il cittadino medio però spesso continua ad apostrofare il notaio come colui che guadagna un botto di soldi apponendo una semplice firma.

R: Altro luogo comune. In realtà, gran parte del denaro che viene dato al notaio serve a pagare le imposte, in quanto il professionista funge da sostituto d’imposta. Il notaio è un pubblico ufficiale e rappresenta lo Stato. Oggi, coi tempi che corrono, il cliente è molto attento (si chiedono preventivi anche ai notai), ma dev’essere messo al corrente che se al professionista dà 10, 8 sono per le imposte. Parliamo quindi di onorari assolutamente in linea con quelli degli altri professionisti.

D: Anche la vostra categoria, naturalmente, ha subito un contraccolpo col Covid.

R: Ne abbiamo risentito perché siamo il punto terminale della filiera: se si blocca tutto, se non si vendono più le case, se non si fanno più i mutui … è chiaro che anche il notaio non lavora. Anche noi, nel periodo più nero, ci siamo avvalsi della cassa integrazione per i nostri dipendenti, ma tenga presente che -in virtù della nostra legge istitutiva- noi siamo stati SEMPRE aperti, come i medici e la protezione civile. Dal testamento alla procura, per il cittadino bisognoso del nostro intervento ci siamo sempre stati. Magari con un collaboratore solo…

D: Quando legge di quei “privati”, che sono politici (parlamentari, assessori etc.), che hanno percepito il bonus di 600 euro… come reagisce?

R: Torniamo al discorso iniziale dei valori che ognuno ha dentro di sé. A me è francamente dispiaciuto che ciò sia accaduto, ma al tempo stesso non mi piace questa caccia alle streghe, trattandosi di una questione di opportunità e non già di legalità. Io personalmente quei soldi non li avrei chiesti, ma non me la sento di condannare né di sindacare. Inviterei però chi ha una funzione pubblica a porre una maggiore attenzione e a fare un’analisi di coscienza con se stessi. Occorre tornare al concetto greco di politica: Platone ci insegna che è un “ufficio”, che comporta una responsabilità verso la collettività. E quindi occorre domandarsi sempre se le proprie azioni siano in linea con la fiducia concessa dal cittadino.

D: L’anno scorso a un certo punto il suo nome era circolato come possibile candidato governatore del centrosinistra, in contrapposizione a suo cugino Vito Bardi. Cosa c’era di vero?

R: Nulla, era una leggenda metropolitana. Lei sa che per tradizione la mia è una famiglia di sinistra socialista, e anche lo stesso Vito Bardi è un socialista liberale, individuato da Forza Italia in quell’area lì. Io ho sempre seguito e partecipo alla politica locale e sono iscritto, da sempre, al Pd di Filiano. Detto questo, attualmente non è mia intenzione spendermi nella politica più “diretta”.

D: Quindi non è vero che ci furono approcci? Neanche una telefonata?

R: No. C’è da parte mia una sensibilità politica, ma non si è mai parlato di quella possibilità. E’ stata un’invenzione giornalistica.

D: Ma se gliel’avessero chiesto per davvero?

R: Avrei detto di no, perché in questa stagione della mia vita sono molto impegnato nella professione e ho una bambina piccola.

D: Ma per il futuro non esclude nulla, giusto?

R: Esattamente. In prospettiva vedremo.

D: E’ facile per me farle la domanda, ma è ancora più facile per lei darmi una risposta, ma la pregherei lo stesso di essere il più possibile obiettivo: che governatore è stato, finora, suo cugino Vito Bardi?

R: Guardi, bisogna comunque dargli atto di un grande sacrificio personale, perché lui era appena andato in pensione da Generale di Corpo d’Armata della Guardia di Finanza, sta bene in salute, ha la famiglia sistemata…, insomma, poteva veramente godersi questa sua stagione di vita. E invece ha voluto dare, anzi ri-dare qualcosa alla sua comunità di origine. Torniamo alla concezione greca della politica: “ho dimostrato il mio valore nella mia attività professionale, ora voglio fare qualcosa per gli altri”. Il suo è stato un gesto nobile. E’ chiaro che lui ha scontato la grande difficoltà di essere “non contestualizzato”, perché ha sempre vissuto fuori dalla nostra terra (principalmente a Roma e a Napoli). A Filiano ci veniva a passare le vacanze … quindi, ripeto, la sua prima difficoltà è stata quella di “contestualizzarsi”, di conoscere bene i problemi di questa regione, ma anche le cose e soprattutto LE PERSONE (perché, sa, poi sono in molti a salire sul carro del vincitore). Io dico che ce la sta mettendo tutta, e vedo che piano piano va sempre meglio. Comincia a essere calato nei problemi, ad approcciarli in modo corretto e a darsi delle priorità importanti. Bisogna dargli tempo.

D: Senza neanche un “però”?

R: E’ troppo presto.

D: Insisto: non gli tirerebbe l’orecchio proprio su nulla?

R: Vorrei che si costruisse una squadra più forte.

D: Parla della giunta?

R: No, della SUA squadra. Di chi gli sta più vicino. (silenzio)

D: E cosa ne pensa sulla “napoletanizzazione” dei dirigenti regionali?

R: No, guardi, quello è giusto e legittimo… è normale che si cerchino persone di fiducia, e lui le ha pescate dall’area in cui viveva. Un capo di gabinetto, un direttore dell’ufficio legislativo… devono essere persone di sua diretta emanazione.

D: Di solito in queste interviste domando “Cosa chiederebbe al Governatore se potesse prenderlo sottobraccio”? Ma lei probabilmente sottobraccio lo prende per davvero.

R: Gli direi ciò che gli dico sempre: «Punta sullo sviluppo». A partire dalle infrastrutture: è INDEGNO che nel 2020 abbiamo quel tipo di strade per andare a Salerno o in Puglia. C’è poi il DRAMMA della disoccupazione: occorre fare in modo che le intelligenze di questa terra non vadano via, ma con i fatti, non a chiacchiere. Ecco, la Facoltà di Medicina –d’intesa con il Ministro della Salute- è un grande risultato, di cui bisogna dargli atto.

D: Da notaio residente a Potenza, quale atto farebbe firmare al sindaco Guarente al cospetto dei cittadini?

R: Pur riconoscendo anche a lui un grande impegno profuso, gli direi tuttavia che la buona gestione è condizione necessaria, ma non sufficiente. A un sindaco è chiesta anche visione e progettualità. E io non ho ancora capito quale progetto di sviluppo vi sia per la città di Potenza.

D: Cosa la fa più incazzare del capoluogo lucano?

R: E’ una città rassegnata e non ce lo possiamo permettere. Matera ha fatto il salto, mettendo a reddito le proprie peculiarità, ma anche noi abbiamo le nostre, centomila, risorse: un gran bel centro storico, un circondario ricchissimo (i castelli federiciani del Vulture-Melfese, i Laghi di Monticchio, le pitture rupestri a Filiano). Ripeto: non vedo progettualità.

D: Il libro che la rappresenta?

R: Direi tutta la raccolta poetica di Attilio Bertolucci.

D: Il film?

R: “La Grande Bellezza”, di Paolo Sorrentino.

D: La canzone?

R: “La Storia” di Francesco De Gregori.

D: Fra cent’anni cosa vorrebbe fosse scritto sulla sua lapide?

R: Prendo a prestito l’epitaffio di Kant: «Il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me».