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“Accussì ha vulùt Dij” (Riflessioni di un ateo)

Accussì ha vulùt Dij,

la paròla ca’ se rìc’ tùtt re bbòt’

Quànn succèr’ na hrannanét’, na pandemia,

n’alluvion’; na fràna, nu terramòt.

Ma se sìm tùtt’ figli a Dij,

cùm rìc’ la Sahra scrittùr’,

pecché ne fàc pèrd la via,

pe fa murì, mierec’, viecchij a criatúr’?

Su Crist nun sénd’ màng re paròl’ re lu Pàp,

Ca fórs je l’únech’ ca crér ancòr’.

S’accosta mbàccia la cróc’ cu la cap’

a cerca addavèr’ la hrazia cu lu còr.

Sol ca su Gies Crist, nu lu respónn’ maj

Nunnè cum lu Crist re Don Camill’ ca parlàia.

Ma mò, lassàm stà se quàtt’ ciutarij,

Ca tútt’ aunít hàma truà la via,

se nu vulìm lassà la pèdda,

hàma stà nghiús’, púr nda na stàdda.

Quaccherùn’ n’adaddù ra magnà,

púr pàn’ a cipódd’, n’hàma arrangià.

Hàma fa passà su tiemb brútt’,

ca te vèn ra chiàgn’ quànn’ siénd tanta lùtt’.

Ca nu re pòn’ màngh’ accumpagnà.

Núr fàn scì màngh’ a rupuquà.

Rumanísc’ na spina nda lu còr

ca nunn’hàna puté vré l’utema vòt, nu genitor’.

L’òm’ je l’animal’ chiù brùtt’,

Ca vaj ngappànn’ gli hrattapuópl’ (1) ndà re grùtt’.

Na vòta re haddìn, n’ata vota gli puórc’, la mucca pazz’,

pe fa’ gl’iesperiment’ re lu cuazz’.

Men’ mal Ca su virus nisciún’ l’hàv’ criàt’,

Jé nát súl’ , senza la màn’ re gli scenziàt.

Nu pazziássen cu la natura, ca quedda vota ndrét.

A ne lu mėtt chiàn chiàn pe grét.

Mò, sìm areventàt’ núi gl’animàl’,

sù virus n’ha fàtt’ piglià lu màl.

Hàv’ luàt’ la mussaruól’ a gli càn’

a l’hav’ mis’ a tùtt’ gli cristiàn’.

A camenàm sūl súl, cúm múl’,

Ca ssú covid 19, ne lu stài mettënn’ ngúl’ .

Cortina, marzo 2020

Donato Imbrenda

1) pipistrello

L’INTERVISTA - di Antonella Sabia

Poco più di un mese fa, il 28 Febbraio, è stato ospite de “La Corrida”, presentata da Carlo Conti, nelle vesti di mago, “ipnotizzando” il pubblico di RaiUno. Il poliedrico Donato Imbrenda è però noto ai più per le sue poesie in “lingua aviglianese”, attraverso le quali racconta usi e costumi del comune lucano, le tradizioni più antiche, grazie ai ricordi nostalgici della sua infanzia. Ma il suo interesse va ben oltre “La chiazza” di Avigliano, Imbrenda infatti, si è espresso in versi dialettali anche su altre questioni, da Cernobyl alla fame nel Mondo, dal Papa a Potenza, al Porcellum. Nei suoi versi, si mescolano tristi e amare verità al tono comico-satirico che da sempre lo contraddistingue. In un momento di emergenza come quello che stiamo vivendo, non ha risparmiato di scrivere del COVID-19 che sta mettendo in ginocchio tutto il mondo. Una poesia da cui emerge una grandissima sensibilità, il senso più profondo della sofferenza causata dal virus, e una chiusa in pieno “stile Imbrenda”.

D: Cosa ci fa un aviglianese doc a Cortina?

R: In realtà ero salito a fare una visita a mia figlia che abita qui, e non sono potuto rientrare per le chiusure imposte dal Governo.

D: Quindi sta trascorrendo il suo isolamento tra le montagne. È lì che ha scritto queste due poesie?

R: Esattamente, le ho dovute scrivere sul telefono, con cui non ho molta dimestichezza.

D: Il Nord Italia sta vivendo situazioni drammatiche. Che situazione c’è a Cortina?

R: È un guaio anche qui. Ogni giorno alle 18 assistiamo a un vero e proprio bollettino di guerra, in particolare rispetto al numero dei decessi. È comunque la Lombardia, la regione più colpita.

D: La sua poesia sul Coronavirus si apre con “Così ha voluto Dio”, una frase emblematica dei nostri anziani, che quando si trovano di fronte a eventi catastrofici, li attribuiscono al volere di Dio.

R: Esattamente, un terremoto, come ho scritto, una pandemia, ma anche quando viene a mancare un bambino piccolo, esclamano “Accussì ha vulut Dij”.

D: E perché lo fanno?

R: Perché credono alla Befana!!!

D: Lei è ateo, eppure ha fatto riferimento anche al Papa, che proprio qualche settimana fa ha rivolto la benedizione Urbi et Orbi straordinaria per la fine della pandemia.

R: L’ho messo in evidenza, lui prega veramente con il cuore. Tra tutti coloro che credono… il Papa ci crede con amore.

D: Qual è stata la sua sensazione nel vedere quest’uomo solo, sotto la pioggia in una piazza deserta?

R: Ho una certa età, di papi ne ho visti diversi, credo che Francesco sia l’unico che si accosta alla figura di San Francesco di Assisi, che si è svestito delle sue ricchezze in favore dei poveri. Così ha senso la fede. Tra i tanti atei che conosco, ho notato infatti che ce ne sono tanti che amano questo Papa.

D: Secondo lei, come ci cambierà questo virus?

R: La televisione parla sempre di ripresa dell’economia, ma la prima cosa da fare è quella di salvare vite umane. Nella poesia, quando parlo di “pane e cipolle” mi riferisco al fatto che se anche non ci fosse una forte ripresa economica, potremmo campare anche solo di quello. Ci accontentiamo. Di fame non moriamo, di virus si.

D: Un’altra immagine simbolica di questa emergenza, sono stati proprio i camion militari che trasportavano le salme da Bergamo in altre città per la cremazione.

R: Non solo, queste morti hanno lasciato tanto dolore tra i familiari che non hanno potuto vedere per l’ultima volta i loro cari, non possono accompagnarli, non possono fare un funerale e nemmeno mettere un fiore al cimitero.

D: Nel finale della sua poesia, la parte più comica: gli uomini, che ora indossano le “museruole”.

R: Ho voluto sottolineare inoltre che questa volta il virus è nato da solo, per fortuna non sono stati gli scienziati a scherzare con la natura. Ora siamo diventati noi gli animali con le museruole.
D: A proposito di mascherine e guanti, la paura quanto ha cambiato il modo di rapportarsi tra la gente?

R: Solitamente accade il contrario. Quando c’è qualche terremoto o evento catastrofico, la gente si avvicina, c’è fraternità. Con questo virus, stanno tutti lontani per paura di infettarsi, dei contagi. Ci guardiamo in maniera differente.

D: E come la ricorderemo questa Pasqua?

R: I libri di storia ci diranno come andrà finire. Anche perché al momento non lo sappiamo. Guardando alla Cina, dove tutto è cominciato, si ha paura di un ritorno di questo virus dopo averlo debellato. Quindi la paura continua. Questo ci deve far riflettere, in particolare quando si allenteranno i freni. Un po’ come è successo adesso per la questione della passeggiata con i bambini, io penso che non bisogna uscire, se vogliamo riuscire a debellare questa pandemia il prima possibile.