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Matera 2019 : la base di una industria della cultura in Basilicata o soltanto un eventificio fine a se stesso? Il rischio che Matera capitale della cultura europea 2019 sia un semplice eventificio destinato ad esaurirsi in breve tempo è un fatto che non si può escludere.

Molte volte ci si è trovato avanti a risultati del genere. D’altro canto, che con la cultura si possa, come dire, mangiare, ossia produrre Pil, è un fatto riscontrabile in molte altre circostanze. Tutto sta a creare le condizioni strutturali perché il fenomeno culturale vada ben oltre il singolo evento. In passato, ho confrontato Spoleto con Melfi. La città normanna della Basilicata ha un patrimonio storicomonumentale forse superiore a quello della città umbra, ma vive ed organizza eventi culturali nettamente inferiori. Il perché è presto detto: Spoleto, con alle spalle la regione Umbra, la provincia di Perugia, ecc. ha investito risorse importanti per mettere in moto iniziative culturali che nel tempo hanno avuto un’eco internazionale (Umbria Jazz, per dirne una), Melfi si è affidata alla sua proloco, certamente meritoria, ma di respiro territoriale molto limitato, come dire, di livello comprensoriale. Spoleto si è affidata a un manager nel campo culturale di grande esperienza e con relazioni mondiali molto forti, come Gian Carlo Menotti, Melfi si è basata sulle sue forze locali. Il divario degli eventi parte da questa profonda diversità di approccio al problema culturale. Lo sviluppo, quello duraturo per intenderci, dipende soprattutto da fatti organizzativi, a supporto di potenzialità riconosciute. Melfi è carente nell’opera di valorizzazione delle sue risorse culturali di fattori istituzionali e finanziari rapportabili alle sue suscettibilità. Giampiero Francese, regista, sceneggiatore, manager nel settore in questione, è l’unico in Basilicata a misurarsi spesso con risultati molto apprezzabili in interventi a scala nazionale. Ma può essere paragonato ad una rondine che in quanto tale non fa primavera, avrebbe bisogno di poter contare su una organica politica culturale almeno a livello regionale che attualmente non c’è, non esiste. Matera 2019, non inquadrata in un contesto ambientale di tale tipo, corre come si diceva prima il rischio di essere un contenitore di eventi, destinati a non sedimentarsi in appuntamenti, iniziative, interventi che complessivamente diano il senso di una identità almeno regionale. I risultati dei primi cinque mesi di attività, al netto dei ritardi infrastrutturali, tra i quali va annoverata la promessa in tempi brevi della apertura della biblioteca intitolata a Leonardo Sacco, non sembrano incoraggianti. Gli eventi organizzati hanno avuto scarso respiro nazionale, l’enorme flusso di visitatori della Città ha poco partecipato alle manifestazioni culturali. Si stima che solo un decimo delle persone che sono affluite nella città materana in questi mesi sia stato attratto dagli eventi culturali in senso stretto organizzati. Trasformare un evento in un successo duraturo e strutturale richiede ben altro che il raduno dei vigili del fuoco a cui hanno partecipato oltre due mila persone o quello dei bersaglieri che hanno coinvolto 70-80 mila persone. Ciò che ha rilievo è il numero dei visitatori che hanno acquistato il biglietto per gli eventi culturali e tra questi quanti sono stai i turisti, per avere un indice significativo su Matera 2019. Sarebbe interessante conoscere quanti investimenti dei privati si sono riusciti ad acquisire finora e quanti si pensa di averne in seguito, capaci di aprire una prospettiva nel futuro materano e regionale, per avere un altro indicatore. Un mix tra investimenti pubblici e privati e managerialità che abbiano carattere strutturale è la condizione primaria per capire se si sta costruendo a Matera ed in Basilicata un settore culturale solido o al contrario un banale eventificio che svanirà nello spazio di un mattino. Matera può essere una opportunità irripetibile, se innesca fenomeni di cambiamento sul piano culturale, anche in senso antropologico. A tale riguardo sarebbe utile conoscere il grado di approfondimento programmatico di tali aspetti che sono decisivi perché ci sia una svolta nelle abitudini e nei costumi dei lucani, partendo dalle e scuole e dall’Università di Basilicata. Più in generale, forse sarà il caso di incominciare a pensare ad una analisi costi-benefici per valutare l’impatto economico, etico e morale di ciò che si sta realizzando, introducendo in Basilicata un metodo di lavoro mai fatto finora dalla regione che gli anglosassoni chiamano accountability, ossia per i decision makers il dover rendere conto delle loro scelte, programmi e di rispondere delle conseguenze, onde offrire alla società regionale, indicazioni puntuali su cui basare una valutazione di merito, uscendo finalmente dalla autoreferenzialità finora imperante a livello politico e non solo.. Può essere utile leggere il data-base che un gruppo di studiosi ha elaborato in merito agli eventi culturali di 80 casi di eventi culturali svolti nel mondo dal 2004 ad oggi presentato alla tredicesima conferenza annuale delle città creative individuate dall’Unesco , tra i quali c’è il caso di Genova capitale europea della cultura per il 2004. l’Expo di Milano del 2015, ecc. Punto chiave del lavoro suddetto è: accertare cosa resta dell’evento esaminato. A tale riguardo lo studio prospetta 5 condizioni per poter ritenere “buono” un evento e cioè 1° , un evento è positivo se coglie le vocazioni del territorio, evitando innesti artificiali e lontani dalla cultura e dalla sensibilità locale, 2°, se l’evento si basa sul una programmazione di lungo periodo , che sappia essere trasversale, investendo la pianificazione del territorio, l’incrocio pubblico-privato, l’ambiente, la comunicazione, 3°, basarsi sulla certezza dei fondi e sulla capacità di attirare risorse private coerente con la capacità di programmazione di lungo periodo di natura pubblica, 4° , è essenziale e strategico partire da un programma culturale ampio e stratificato che coinvolga le popolazioni locali per far crescere la capacità attrattiva del territorio anche nel futuro, a evento concluso, 5° , fare rete con le città limitrofe per attivare collaborazioni e competizione costruttiva, mirando a fare sistema. Si tratta di inserirsi in una visione del futuro della Basilicata, in una prospettiva molto più ampia. Alla base dell’evento-progetto ci deve essere il cambiamento non solo culturale che in quanto tale non può che richiedere tempi necessariamente lunghi, ma anche economico, politico, sociale, ambientale, partendo da una funzione educativa che purtroppo la politica ha completamente
disatteso e di cui paghiamo le conseguenze, in termini arretratezza socioeconomica. Il compito è straordinariamente difficile in una regione in cui i cambiamenti, le discontinuità sono utopici. Gli stessi organizzatori di Matera 2019 finora non hanno potuto usufruire degli input accennati in precedenza (pianificazione territoriale, visione dello sviluppo, ecc.), strumenti mai avuti da noi. Hanno dovuto, come dire, improvvisare, sotto la spinta di una retorica politica, espressa a tutti i livelli che Gaetano Salvemini molto probabilmente avrebbe definito “pura aria fritta”, che sinceramente ha alquanto stufato.