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Il proliferare dei cinghiali sull’intero territorio italiano -si parla di oltre un milione di capi- è diventato una vera emergenza nazionale oltre che un reale pericolo per la sicurezza della popolazione.

Anche in Basilicata i cinghiali si sono moltiplicati a dismisura e la loro presenza non è più confinata nei boschi, ma da qualche anno essi si sono spinti a “frequentare” i centri abitati, anche il capoluogo di regione ha “ospitato” diverse famiglie di cinghiali e gli avvistamenti sono sempre più frequenti. Ci siamo rivolti a Canio Abbate, la cui famiglia è da sempre impegnata nell’allevamento di qualità e nell’agricoltura biologica, per capirne di più. “I cinghiali sono sempre stati un problema per l’agricoltura e la zootecnia, oggi il problema si è un po’ evoluto, evoluzione direi quasi conseguente all’evoluzione della specie, ma non naturale, ma artificiale. Mi spiego meglio. Se prendiamo un qualsiasi libro di zootecnia o di zoognostica, nel quale troviamo le caratteristiche morfologiche e funzionali dei cinghiali, apprendiamo che le misure biometriche sono completamente diverse, e soprattutto sono diverse le caratteristiche produttive e riproduttive, il cinghiale autoctono, riveniente dal ceppo maremmano, aveva dimensioni molto ridotte rispetto a quelle attuali, questo significa una capacità di ingestione inferiore, mangiava di meno, aveva un ciclo riproduttivo che seguiva il foto periodo ovvero accoppiamenti stagionali in autunno/inverno con parti primavera/estate; di conseguenza i parti erano concentrati nei periodi di massima disponibilità foraggera; e i parti migliori erano composti da massimo 3 suinetti, mentre oggi non è raro vedere scrofe a settembre o ottobre con 7/8 suinetti al seguito; e per una specie con una gestazione inferiore ai 4 mesi e una pubertà raggiunta ai 6/7 mesi, facendo un po’ di calcoli, si comprende come sia aumentata la capacità riproduttiva di questo ceppo non autoctono. Di chi è la colpa per questa situazione venutasi a creare? La colpa è di coloro i quali hanno rintrodotto un ceppo di cinghiali iberici che hanno caratteristiche morfologiche differenti. C’è da dire inoltre che inoltre che questi cinghiali hanno un comportamento più invasivo, sono poco frugali, si avvicinano alle abitazioni e alle persone senza molte precauzioni. Da non sottovalutare i pericoli sanitari, essendo il cinghiale un onnivoro che mangia volentieri carne (ovviamente non è un cacciatore, ma un pulitore, mangia carcasse) per cui si possono diffondere malattie come la trichinellosi, o brucellosi. Mentre noi allevatori facciamo prelievi ai nostri capi ogni qualvolta ci sono movimentazioni, e tre volte all’anno almeno, nessuno si premura di controllare i cinghiali. Per quanto riguardai danni alle coltivazioni essi non hanno un risarcimento congruo e che avviene sempre con molto ritardo”.

 

La versione degli Agricoltori

 

Secondo l’Uci Regionale Basilicata, la questione dei danni causati dai cinghiali non può continuare ad essere affrontata con le sole dichiarazioni che periodicamente gli amministratori pubblici rilasciano in occasione di incontri o provvedimenti di facciata, su un fenomeno che il mondo agricolo ha sollevato da tantissimo tempo, denunciando le pesanti conseguenze sulle coltivazioni e gli allevamenti oltre che sull’incolumità delle persone. Secondo l’Uci, il problema, che l’Assessore Luca Braia, dopo tanti proclami e tanta propaganda, si ritrova a dover seriamente affrontare a seguito delle ripetute devastazioni e dei recenti drammatici incidenti, è stato riproposto a più riprese, richiedendo interventi specifici di controllo della popolazione degli ungulati e di indennizzo dei danni provocati agli agricoltori, che sono i primi a scontare la furia distruttiva di questi animali selvatici. “Non si tratta di piccole cifre” – puntualizza il Presidente dell’UCI di Basilicata, Nicola Manfredelli – il quale fa presente che “siccome all’incirca il 12% del numero dei cinghiali esistenti in Italia si trova in Basilicata e tenendo conto che il danno complessivo da essi prodotti è pari a non meno di 70milioni di euro all’anno, ne deriva che il valore dei danni provocati agli agricoltori lucani sfiora i 10milioni di euro che, finora, non hanno trovato un quadro efficace di norme e provvedimenti in grado di offrire il giusto ristoro e risarcimento da parte degli enti pubblici”. Né i piani specifici predisposti negli anni passati, né la legge regionale lucana, peraltro fotocopia di quella già dimostratasi poco efficace in Toscana, riferisce sempre Uci, sono stati in grado di incidere positivamente sul problema, tanto è vero che il numero complessivo dei cinghiali risulta ulteriormente incrementato negli ultimi due anni di altre 7/8mila unità, arrivando alla stratosferica cifra di circa 130mila esemplari che scorazzano nei territori della Basilicata spingendosi, sempre più di frequente, sulle strade principali e dentro i centro abitati. E’ evidente che il problema ha assunto proporzioni rilevanti e preoccupanti che richiedono, secondo l’UCI, con urgenza, un vero programma di misure e di interventi straordinari, da adottare immediatamente, per evitare che questa problematica aggravi ulteriormente il peso della crisi economica che vive l’agricoltura lucana. “Non vorremmo – conclude ironicamente Manfredelli – che a fronte della incapacità degli Amministratori, il governo reale del territorio risulti proprio quello dettato dall’agire della popolazione dei cinghiali, che in quanto a determinazione e autoconservazione, non sono da meno ai governanti politici. D’altronde pochi sanno che i cinghiali (Sus scrofa), oltre ad essere presenti nelle nostre zone ancor prima della comparsa dell’uomo, possiedono quarantasei cromosomi, esattamente quanti ne hanno la Franconi, Braia, Santarsiero, Robortella, ecc., con i quali potrebbero ritenersi, pertanto, perfettamente intercambiabili”.

 

La versione dell’Assessore 

 

L’Assessore alle Politiche Agricole e Forestali Luca Braia per tramite degli uffici dipartimentali risponde alle nostre domande dopo una breve premessa. “Sul tema cinghiali non servono slogan, ma comprensione del fenomeno, responsabilità giuridica e amministrativa e un quadro di norme nazionali rinnovato che attivi strumenti straordinari e azioni. La Regione Basilicata prevede, oggi, la possibilità di attuazione di tutti gli strumenti previsti dalla norma vigente, sul territorio libero a caccia programmata. I parchi e le aree protette, corrispondenti a circa il 30% del territorio, hanno adottato ognuno un proprio piano. Molti comuni, inoltre, hanno emesso ordinanze per autorizzare abbattimenti straordinari in emergenza” Il piano di abbattimento per tutto l’anno ha prodotto buoni risultati? Non appena sarà disponibile il dato complessivo degli abbattimenti dei cinghiali in periodo venatorio per il 2018/2019, essendo la caccia terminata il 31/12/2018, sarà comunicato. Dal 2015 ad oggi, comunque, si è passati da 6912 abbattimenti in periodo venatorio ai 9363 del 2017/2018. Nell’anno 2018, in attività di controllo e caccia di selezione, il numero di abbattimenti è di circa 740 capi. Può riassumere i provvedimenti adottati dalla Regione Basilicata per contrastare le scorribande dei cinghiali? Con il piano di abbattimento selettivo e controllo (2018-2020) e i disciplinari per la caccia di selezione e per l’esercizio del prelievo controllato è permessa la caccia di selezione da postazione fissa e con la girata per 12 mesi l’anno, su tutto il territorio regionale, in aggiunta al periodo venatorio, con l’abbattimento di non meno di 4.500 cinghiali nelle attività di controllo, sia nelle aree vocate che non vocate. Oltre 1000 selecontrollori sono stati formati. Effettuati corsi per rilascio delle abilitazioni per conduttore di cane da traccia e per 124 conduttori di cane limiere (indispensabili per attuare la tecnica della girata), a seguito di protocollo ENCI. Approvate linee guida per il controllo e la sorveglianza sanitaria sui cinghiali selvatici. In convenzione con IZS e ARA si previene la Trichinellosi con analisi a carico della Regione, costo zero per cacciatori. Attivata la filiera della carne di cinghiale. Finanziati tramite il Dipartimento Ambiente 100mila euro a ognuno dei Parchi nazionali e regionali per i chiusini di cattura. Richiesta, da parte delle Regioni, sia al Ministro Centinaio che a Martina, in presenza di incapacità o impossibilità ad agire, di concerto con il Ministero dell’Ambiente, la modifica della legge n. 157 che impedisce di allungare i periodi di caccia e di derogare alle regole stringenti in essa presenti. Resi disponibili 668mila euro per le recinzioni a difesa dei danni da fauna selvatica con il Bando misura 4.4 Psr Basilicata 2014/2020. Costituito il Comitato Tecnico Faunistico Venatorio Regionale e l’Osservatorio Regionale degli Habitat Naturali e delle Popolazioni Faunistiche. Approvata dal Consiglio Regionale la legge sulle “Misure straordinarie per contrastare l’emergenza cinghiali in Basilicata” che individua le aree vocate e non vocate per realizzare adeguate forme di gestione faunisticovenatoria e di controllo, monitorandone l’efficacia, in riferimento ai danneggiamenti provocati alle attività agricole e selvicolturali e favorisce la creazione di percorsi di filiera. Esiste un censimento di questi animali? Le cifre reperite sul web indicano in 130.000 esemplari la popolazione di cinghiali. Nel 2018 l’Osservatorio Regionale ha effettuato vari incontri con gli operatori formati per poter completare il monitoraggio e aggiornare il censimento precedente risalente al 2016, avviato le attività e fornito le linee operative. Siamo in attesa di ricevere le informazioni che confluiranno nell’elaborazione dei nuovi dati e della nuova relazione dell’Osservatorio. In merito al risarcimento ai coltivatori danneggiati come stanno le cose? Quanti soldi sono stati stanziati? Quante richieste sono arrivate in Regione? A quanto ammontano i danni? Quanti risarcimenti sono stati disposti? Quanti ne sono stati deliberati? Per quale importo? Dopo anni di attesa, sono stati saldati o sono in fase di liquidazione, i pagamenti per i danni causati da fauna selvatica per il tramite degli Ambiti territoriali di Caccia. Una importante azione risarcitoria possibile grazie ai fondi che la Regione trasferisce agli A.T.C., aggiuntivi rispetto a quelli già trasferiti alle Province (enti gestori fino al 1/04/2016) Trasferita, ad oggi, ai 5 AA.TT. CC. da parte della Regione, la ripartizione proporzionale della quota regionale in favore degli Atc per l’annualità 2017. Si tratta di ulteriori 150 mila euro che si aggiungono ai 460 mila euro già trasferiti per i danni accertati sul territorio a caccia programmata nel periodo 2011/2016. In provincia di Potenza, anche grazie alla partecipazione diretta di risorse proprie degli stessi ATC, sono stati pagati i danni fino al 2016 da parte dell’ Atc 1 e dell’ Atc 2. L’ Atc 3 ha pagato fi no al 2013 e parte di 2014 e 2015. Per la provincia di Matera, dopo tanti anni, si riesce a pagare a partire dal 2014, da quando la diretta competenza è passata alla Regione. L’Atc A sta già provvedendo a liquidare le spettanze a oltre 70 agricoltori titolari di fascicolo aziendale. Per l’Atc B invece, la Regione Basilicata attende gli elenchi definitivi degli aventi diritto, per procedere alla conseguente liquidazione. Eventuali ulteriori ritardi non sono addebitabili alla Regione che da novembre 2017 ha richiesto agli Atc di adempiere quanto di loro competenza.