pranzoAMENDOLARA

A vederlo sempre calmo, imperturbabile, freddo come un detective da giallo sofisticato, nessuno penserebbe che Fabio Amendolara, noto e pluripremiato giornalista e scrittore lucano di cronaca, sia un metallaro sfegatato. Eppure, la foto che lo ritrae col suo basso lo testimonia inequivocabilmente. «Pensi, alla quarta edizione dell’Agglutination Festival che si tiene a Chiaromonte, il mio paese d’origine, aprimmo addirittura per gli Overkill». Nome del gruppo? «“Funeral Fuck”. Ovvero “Fottuto funerale”».

Come giustifica la sua esistenza?
La mia vita un senso se l’è preso da sola. Da ragazzo mai avrei pensato di fare il giornalista, ma a quindici anni –per puro caso ero già corrispondente per la Valle del Sinni di un “fogliaccio” (in realtà l’unico altro giornale che c’era in regione) chiamato “Lucania”. Da lì è iniziato tutto.


E oggi il suo lavoro giornalistico, in particolare la sua inchiesta sul caso Claps, è diventato oggetto di tesi di laurea.
Anche questa è stata una sorpresa. Questo professore di Tor Vergata, che è il correlatore, si era occupato delle mie vicende in quanto socio di Ossigeno per l’Informazione e così ha affidato la tesi a una studentessa romana, Soana Nicolai. Questa ragazza, a sua volta, mi ha subito impressionato positivamente: innanzitutto, non ha indietreggiato di fronte al mio “avviso” che si sarebbe infilata in un “campo minato” e che c’era una montagna di carte da leggere. E poi ha subito afferrato una cosa che era sfuggita anche ai più navigati fra i giornalisti che mi avevano già intervistato.


Ehm, cosa?
Per il caso Claps io ho subito due perquisizioni, entrambe mosse dalla Procura di Salerno. Quando una cosa del genere accade a un cronista, come da “prassi”, da parte dei colleghi ti arrivano gli attestati di stima e di incoraggiamento; al limite qualcuno ti chiede se ti serve l’avvocato, ma nessuno capisce che quando la Procura fa sapere all’Ansa che tu sei indagato*, da quel preciso momento le tue fonti vengono meno. Il giornalista, cioè, si ritrova con le ance spuntate e tutti quelli che gli davano le notizie spariscono per mesi. Questa ragazza è riuscita a cogliere il punto: cioè che ti impediscono di lavorare.


Lei è noto per essere un cronista coi nervi d’acciaio, ma il giorno della sua prima perquisizione ha avuto paura?
Sì, mi sono spaventato. Non è un mistero per nessuno che io avessi delle relazioni molto strette nella Squadra Mobile potentina di allora; col loro capo mi davo del tu. Ma quando questi mi chiamò e - dandomi del LEI- mi annunciò la notifica di un atto, pensai: «Madò, mi arrestano!». Leggendo l’atto capii che era “solo” una perquisizione, ma contestualmente intuii anche che era comunque una cosa seria.


Lei ha affermato che il Caso Claps è un “campo minato”. Perquisizioni a parte, lei ha messo il piede su qualche mina?
Direi proprio di sì, dal momento in cui, involontariamente, sono finito nel bel mezzo di due Poteri… strani. Mi spiego. A un certo punto scoprimmo che il Sisde si era occupato della vicenda Claps, buttando giù in maniera sibillina un’informativa (del 1997) in cui –a rileggerla col senno di poi- c’era già scritto tutto (più o meno: «Elisa Claps è morta il giorno della scomparsa ed è nascosta non lontano dal luogo della sparizione»). Vi era anche indicato “un prete” come fonte. Noi pubblicammo il testo, e la Procura –non essendone a conoscenza- tentò in ogni modo di recuperarlo: prima presso il Sisde (che, da buon servizio segreto, rispose picche) e quindi presso il sottoscritto. A quel punto si innescò una cosa strana: la mia fonte non voleva il nome sul giornale, ma dagli investigatori VOLEVA essere sentita; arrivò pure a fare un’istanza alla Procura di Salerno, ma non fu mai convocata. A me, invece, di perquisizioni ne hanno fatte ben due (perché fra una e l’altra avevo raccolto altro materiale e lo avevo pubblicato). A quel punto intuii che l’obiettivo era amputarmi le fonti. La tesista è stata brava a capire questo.


C’è stato un momento storico in cui la Basilicata era sempre in tv. Sembrava che qui sparissero tutti…
Ma un po’ è vero! Io stesso, ogni Ferragosto, ero solito pubblicare un “dossierone” per ricordare che la Basilicata è la “Terra degli Scomparsi”. Si arrivava a 50/60 persone sparite e mai più trovate. Lo facevo per ricordare a tutti che esistono anche molti “scomparsi di Serie B”. Mi ricordo un signore anziano di Vaglio di Basilicata, scomparso sotto Brindisi: cercato per qualche mese e poi dimenticato da tutti… E ce ne sono tantissimi così.


Ciononostante, le polemiche furono feroci.
Concordo sul fatto che certi toni da “noir” di “Chi L’ha Visto” diano fastidio. Tuttavia, ripeto, se non si “spinge”, le istituzioni non si muovono. Lo ricorderà: scomparve una donna di Pescopagano, che era la suocera di un sottosegretario di AN: la cercarono con elicotteri, cani molecolari… l’ira di dio! Ma se scompare un tizio qualsiasi di Venosa, lo cercano per 24 ore e finisce lì. Ecco perché all’informazione tocca il ruolo di pungolo.


Cosa ci racconta il caso Claps a proposito della città di Potenza?
Ci racconta di una città in cui si ha timore di andare a denunciare in caserma o in questura, per timore di quel che possano dire vicini e parenti. E’ un “paesone” in cui ci si sente costantemente “sotto osservazione” e di conseguenza basta andare in caserma per dar vita al pettegolezzo. Non è questione di omertà, quindi. Un altro aspetto patologico è quello della denuncia anonima: il caso Claps ne è pieno. Ricordo che nelle carte dell’inchiesta c’era un faldone solo per le delazioni. Era zeppo. Il caso veniva “usato” anche solo per dare fastidio al vicino di casa: si scriveva la denuncia anonima e si diceva «Andate a cercare Elisa lì e lì…».


Cambiamo argomento. Nel suo ultimo libro, “VelEni” –incentrato sulle morti di Pierpaolo Pasolini, Enrico Mattei, Mauro De Mauro e sul tessuto connettivo del petrolio- lei afferma qualcosa come «Emilio Colombo non poteva non sapere».
Non lo dico io, ma i Carabinieri di Pavia. In un’informativa scrivevano che Colombo, in quanto Presidente del Consiglio, era stato informato della scomparsa del giornalista De Mauro, e che questi era morto perché stava indagando sull’“incidente” fatale di Mattei (per conto del regista Francesco Rosi - ndr) . I militari scrivevano, inoltre, che Mattei era a sua volta morto a causa di un “sabotaggio” (forse non si aveva ancora il coraggio di chiamarlo “attentato”) e non di un incidente. Al contrario, le informazioni che arrivavano a Polizia e Carabinieri che indagavano –e che “uscivano” dalla Presidenza del Consiglio per tramite dei Servizi Segreti dicevano cose ben diverse, e cioè che De Mauro era scomparso per questioni legate alla criminalità organizzata o per un traffico di droga, insomma per cose di cui si stava occupando da cronista. Nell’apprenderle, i magistrati si fecero una risata: infatti De Mauro, da mesi, al suo giornale non si occupava più di cronaca, bensì di sport! Colombo, pertanto, non solo era conoscente, ma anche artefice di un certo meccanismo.


Ci sono state conseguenze dopo l’uscita del libro?
Mmm, diciamo che qualche “colombiano” di ferro (di quelli col santino dell’Onorevole sul comò), ha avuto qualche mal di pancia. Ma gli è dovuto passare subito, perché nel libro è tutto documentato (quell’informativa ora è anche consultabile su internet).


Se la memoria non m’inganna, subito dopo il suo, uscì un altro libro su Colombo, ma di tutt’altro tenore...
Le dico solo che il tizio che si doveva occupare della presentazione del mio libro a Lavello (che poi ho realizzato per altre vie), a un certo punto mi ha detto: «Sì, il tuo libro lo presentiamo, ma subito dopo, PER FORZA, devo presentare anche quell’altro!» (Risate).


Senta, la vedremo mai in politica?
Alle ultime elezioni mi hanno cercato tutti, tranne il centrosinistra. E qualcuno si sta muovendo anche per le prossime regionali. Ma il mio è un NO definitivo. Non lo farò mai.


Il libro che la rappresenta?
“I Misteri di Istanbul” di Corrado Augias.


Il Film?
“Il caso Spotlight”.


Ma se facessero un film sul caso Calps, le piacerebbe fare da consulente?
Dovrei capirne prima le finalità. Su certe cose non si spettacolarizza.


La canzone?
“Master of Puppets”, (“Il mastro puparo”) dei Metallica. Visto che abbiamo parlato di politica…


Fra cent’anni cosa vorrebbe fosse scritto sulla sua lapide?
Penso che nome e cognome sia più che sufficiente.


Ai marziani ci crede?
Sì.


Ma come, uno concreto come lei...?
Guardi, seguendo la cronaca nera sono incappato in delle cose che non credevo possibili, eppure …. Prenda il caso di Pamela Mastropietro…

 

*NB - NB. A seguito della pubblicazione della presente intervista, l'ANSA di Basilicata, nella persona del responsabile Mario Restaino, ha intesto puntualizzare che la notizia dell’8 gennaio 2011 riguardante la perquisizione a cui era stato sottoposto Amendolara, era stata riferita all'Agenzia dalla stessa redazione di Potenza della Gazzetta del Mezzogiorno (presso cui il cronista lavorava) e non già dalla Procura di Salerno. Inoltre, la notizia dell’indagine per rivelazione di segreti d’ufficio a cui era sottoposto il cronista, del 9 gennaio 2011, era stata acquisita dall’Ansa per tramite del sito web dello stesso quotidiano, e pertanto non dalla Procura. In riferimento alla seconda perquisizione subita dal giornalista nel gennaio 2012, la notizia ANSA invece si ebbe grazie al documento congiunto di solidarietà da parte di ordine Nazionale dei Giornalisti, FNSI e Assostampa Basilicata. http://www.controsensobasilicata.com/attualita/3757-diritto-di-replica-caso-claps-la-gazzetta-disse-all-ansa-che-amendolara-era-indagato-per-rivelazione-di-segreti-d-ufficio-non-la-procura.html