PRANZOrusso

Alcuni lo conoscono come scrupoloso avvocato ed eminente giurista, altri come appassionato esegeta di poesia e linguista puntiglioso (ma non pedante), altri ancora come autore di testi sulla Relatività o di scritti sulla musica. Il potentino Ivan Russo, alto, sempre elegantissimo, con un aplomb a metà strada fra un Peter Cushing e un Franco Battiato, è tutte queste cose messe insieme.


Come giustifica la sua esistenza?
La finalità della mia esistenza è l’affettività, valore che metto sempre al primo posto.


Lei è noto come giurista, ma non tutti sanno che ha iniziato come poliziotto.
Sono stato tre anni commissario di pubblica sicurezza. A un certo punto, il vicecapo del Sisde di allora –Russomannomi chiese di entrare nei servizi segreti. Rifiutai, perché non mi ci ritenevo portato. Lui ribatté «Russo, non si giudichi, si lasci giudicare», ma io ormai avevo fatto la mia scelta. Tuttavia lui insisteva: «Ci ripensi, faremo grandi cose insieme!», ma dopo un annetto fu arrestato.


Per cosa?
326. Rivelazione di segreti d’ufficio.


Certo che per uno che lavora nei servizi segreti è proprio il massimo…
…ma anche il minimo. In quell’ambiente, se non ci sono “soffiate” in uscita, non ve ne sono nemmeno in entrata. Probabilmente avevano voluto castigarlo per qualche cosa.


Immagino che intraprendere la professione di avvocato, lasciando un posto da commissario, abbia rappresentato una sfida per lei.
In effetti sì, ma non lo feci per le prospettive di guadagno o di carriera, ma perché intensamente appassionato di diritto penale.


Passione che l’ha resa – oltre che un famoso legale anche un giurista assai cercato per collaborazioni e pubblicazioni prestigiose. Ricordo, fra i tanti, un suo lavoro di oltre 1500 pagine sul “Sistema penale di armi, esplodenti, munizioni, caccia e tiro”.
Sì, ma dei testi che ho scritto e delle citazioni nella letteratura giuridica non mi pare d’uopo parlarne.


Veniamo però alle “disavventure” giudiziarie di Berlusconi, novello “riabilitato”: lei è stato contattato più volte e ha avuto quindi modo di esprimersi su alcune sue vicende, prospettando alcune soluzioni che –se adeguatamente ascoltate da chi di dovere avrebbero potuto in qualche modo “anticipare” la notizia bomba dei giorni scorsi.
Occorre fare ordine. Poco prima della celebrazione del processo di primo grado a carico del Cavaliere, mi telefonarono da Arezzo (dove ho diverse conoscenze) Eulo Polezzi (candidato forzista al Comune di Loro Ciuffenna: AR) e Roberta Naldini (segretaria di Verdini), chiedendomi un parere sul caso. Riferii loro (e possono confermarlo) che, a mio sommesso parere, conveniva versare quanto preteso dal fisco, e ottenere (in caso di accertata responsabilità) tre attenuanti, che avrebbero di certo comportato che la pena inflitta sarebbe stata inferiore a due anni di reclusione, con conseguente inapplicabilità della decadenza per legge Severino. Mi ringraziarono e prospettarono l’opinione, ma furono inascoltati: e si sa come è finita. Già. Qualche anno dopo, le predette due persone mi chiesero, anche per telefono e per e-mail, un parere a proposito dei tempi occorrenti per la riabilitazione di Berlusconi. Feci presente che, a mio avviso, si sarebbe potuta chiedere, già a settembre 2017, la riabilitazione parziale. La mia tesi, peraltro, risulta confermata (almeno sotto il profilo della plausibilità, se non della certezza) da esimi giuristi; ne cito solo due: la Professoressa Marzia Ferraioli (docente a Tor Vergata) e il Prof. Andrea Conz (valente penalista). Della questione parlai (come avvocato, non come politico: è ovvio) alla collega Ivana Pipponzi e all’On Nicola Pagliuca, i quali furono attenti alla questione, e si prodigarono nel proporre, nelle dovute sedi (va loro dato atto), l’ipotesi, che comunicai anche ad alcuni giornali (fu attento solo il Dott. Solimene, del Tempo, che mi intervistò). Anche questa linea, però, non venne coltivata, poiché a Milano e a Roma si pensava di affrontare e risolvere diversamente la questione.


In alcune sue interviste e note pubblicate sulla stampa, in tempi non sospetti, a quanti guardavano a Strasburgo, lei aveva già avuto modo di ribattere che «l’unica speranza sta nella riabilitazione ordinaria, di competenza del Tribunale di Sorveglianza di Milano». Sollecitato a commentare, aveva inoltre escluso categoricamente, di volta in volta, provvedimenti d’urgenza, inibitorie di sorta (da parte di quella Corte), nonché interventi “provvidenziali” del giudice elettorale e “bocciature” (da parte della Consulta) della Legge Severino. Nondimeno, aveva chiarito che il pendente processo Roby ter non avrebbe influito (la Cassazione ha spiegato che si guarda ai fatti successivi all’estinzione della pena, non a quelli eventualmente commessi in precedenza)...
…inoltre avevo già avuto modo di chiarire che la decisione del Tribunale di Sorveglianza, immediatamente esecutiva, può intervenire quando meno la si aspetti (e così è stato: un fulmine a ciel sereno). Avevo espresso tal pensiero anche al dott. Specchia, di Libero, con telefonata dell’8 maggio (appena tre giorni prima dell’adozione del provvedimento: e Specchia lo può confermare). Ci avevo visto giusto anche sulla tempistica.


Lei aveva poi sfatato ulteriori affermazioni “tecniche”, ma errate propalate dai giornali nazionali (chiarendo che il provvedimento è opponibile, non ricorribile, innanzi allo stesso Tribunale di Sorveglianza, entro 15 giorni). Avvocato, ora rimane solo un punto: la riabilitazione parziale, che lei aveva subito caldeggiato.

Premesso che il mio è un interesse puramente tecnico e non politico, la riabilitazione parziale poteva esser chiesta già a settembre 2017; orbene, pur sommessamente, pongo una domanda retorica: ma, se taluno azzecca le prime nove formule (quelle che lei stesso ha citato), non è saggio e plausibile presumere che esistano probabilità che anche la decima sia esatta?! Ripeto: se non certezze, almeno probabilità che meritino approfondimenti?! E ciò è viepiù saggio, se si pensa che l’eventuale reiezione della domanda non ne avrebbe pregiudicato la riproposizione allo scadere dei canonici 3 anni, atteso che solo il rigetto della domanda per “cattiva condotta” impone il decorso di altri 2 anni, laddove ogni altra ragione di rigetto o di inammissibilità (e specie per pretesa “prematurità”) non impedisce che si riproponga celermente la richiesta. Insomma, non vi sarebbe stato alcunché da perdere.


Veniamo alle sue altre passioni. In primis la lingua italiana. Sovente ha avuto modo di interloquire con accademici e personaggi noti. Ciò fa i di lei un linguista a tutti gli effetti. E’ una cosa forse correlabile alla precisione e al rigore di uno che opera nel Diritto?
Direi di no. Non ho la mania della perfezione. Pensi, mia moglie mi accusa di essere disordinato! L’Italiano mi ha intrigato perché a un certo punto ho tentato di comprendere la poesia. Prenda Pascoli: «Ma tu dormivi, sopra il tuo carbone». Con quella virgola, il poeta ci vuole dire che il carrettiere sta dormendo nel suo mondo, nella sua dimensione di fanciullo, e non che sta semplicemente giacendo sul carbone. Ho sempre ritenuto, infatti, che per amare la poesia sia fondamentale capire cosa volesse intendere l’autore. A volte alcuni margini dell’interpretazione di un verso possono anche essere lasciati a chi legge, ma in altri casi –specie in presenza di interpretazioni fornite dal poeta tramite altri scritti- non vi possono essere dubbi.


Lei è anche autore di poesia, oltre che consumatore?
Assolutamente no. Non sarei in grado. Una volta sola ho vergato degli pseudo-versi, a seguito di un incontro con una bambina sottoposta a chemioterapia a San Giovanni Rotondo. Un fatto che ha segnato tutta la mia vita.


Chi non la conosce, a questo punto rimarrà -come dire- “sorpreso”, nell’apprendere che lei ha pubblicato anche un libro sulla Relatività, per la prestigiosa Rubbettino Editore (“Relatività e logica comune. Relatività ristretta e generale. I misteri dello spazio-tempo” - Ndr).

Da ragazzino mi dissero che c’era uno scienziato tedesco –Einstein- il quale sosteneva che fosse possibile tornare nel passato. Mi sembrava follia pura, perciò cominciai a ragionarci. Fu così che mi appassionai alla matematica relativistica (ma sempre nei miei limiti: non conosco l’algebra superiore, né la geometria differenziale, né tantomeno la matematica dei tensori, argomenti conosciuti solo dagli specialisti). Pensi, c’è una disputa fra me e alcuni docenti universitari di Napoli –veri talenti della Relatività i professori Mangano e Capozziello. Secondo loro una quantità di una mia formula è una “variante”, mentre io sostengo che sia “invariante”. A breve è fissato un “momento ad hoc” in cui si parlerà di questo. Se ho ragione, è valida anche una mia ipotesi, secondo la quale, se mi si dice il tragitto di andata e ritorno di un raggio di luce, sono in grado di conoscere sia il fattore di Lorentz, sia la velocità del sistema di moto lineare uniforme, indipendentemente dalla contrazione relativistica!


Ma indietro nel tempo si può tornare o no?
Astrattamente, sì. Il professor Franco Selleri –che venne a trovarmi a Potenza per discutere delle mie semplificazioni della Relatività riteneva che astrattamente fosse possibile viaggiare nel passato, ma che allo scopo occorrerebbe o superare la velocità della luce o usufruire di un campo gravitazionale in grado di introdurre, sotto radice quadrata della formula di Swarzschild, un numero negativo.


Ehm…
In soldoni, occorrerebbe un campo gravitazionale in grado di produrre una velocità di fuga superiore a quella della luce. Tuttavia, non si sa se questi campi esistono e non si sa se la velocità della luce la si può superare.


Ma se lei potesse viaggiare nel tempo, quale epoca le piacerebbe visitare?
Nessuna, perché la storia dell’uomo è stata sempre caratterizzata da violenza e sopraffazione.


E’ risaputo che lei è anche un appassionato di musica.
Sono stato allievo del grande musicista Vittorio Alfieri e della Professoressa De Marca.


La canzone che la rappresenta?
“Celeste” di Gian Pieretti.


Il film?
“Dersu Uzala – Il Piccolo Uomo delle Grandi Pianure” di Akira Kurosawa.


Il libro?
“La saggezza della vita” di Nicola Abbagnano.


Fra cent’anni cosa vorrebbe fosse scritto sulla sua lapide?
«Mi ha donato più un minuto d’affetto dei miei cari, che una vita intera di studio o di professione».