- Scritto da Redazione
- Sabato, 15 Maggio 2021 09:18
di Walter De Stradis
Il suo comune, Moliterno (Pz), è stato la prima zona rossa. Quel tipo di eventi che difficilmente si scordano. Sei mesi dopo, Antonio Rubino, un giovane trentatreenne del posto, di professione archivista, ne è diventato il nuovo sindaco. Si era tutti nella “tregua” concessa dalla Pandemia, ma pochi mesi dopo le fauci del baratro si sono riaperte peggio di prima. E oggi quel giovane si ritrova sulle spalle una di quelle responsabilità che in politica non si augurano a nessuno. Unica “consolazione”? In tutta la Basilicata è così.
D: Come giustifica la sua esistenza?
R: Sono cattolico, e rintraccio soprattutto in questo la mia missione. Oggi sono al servizio della mia comunità, ed è un’importante parte di quella missione stessa.
D: Lei di professione è archivista: spulciando negli archivi, quale tipo di documento le piacerebbe trovare, un domani, sulla Basilicata?
R: Bella domanda. Direi un documento che testimonia che questa non è la regione del silenzio, o dell’abbandono, come qualcuno dice ancora. In Basilicata invece è possibile l’innovazione, una sfida nuova.
D: Però è stato eletto a settembre scorso e quindi credo che finora la sua maggiore occupazione sia stata il Covid e tutto ciò che esso comporta...
R: E’ vero, da settembre non c’è stata un’ora di amministrazione che non abbia fatto i conti con l’emergenza sanitaria. E qui nasce un paradosso: perché in questo modo lo “straordinario” diventa “ordinario” e comunque tutte le altre incombenze “normali” rimangono. In tutto questo però occorre riuscire, come dice lei, a tenere un orizzonte. Noi rivendichiamo la grandissima tradizione culturale che è universalmente riconosciuta a Moliterno e su quello dovremmo basare un discorso. Abbiamo approvato importanti investimenti, per i prossimi tre anni, che guardano alla nostra come a una città turistica, una città della cultura. Moliterno ha sette musei e vogliamo valorizzarli, ha risorse naturalistiche importanti. Vorremmo incentivare nuovi investimenti, invitando -residenti e non- a scommettere sulle opportunità che offriamo. Un orizzonte che può intercettare anche le nuove risorse che vengono dall’Europa.
D: Su tutto, però, incombe appunto il Covid. E Moliterno ha passato momenti difficili. Tutti guardiamo con fiducia alla campagna di vaccinazioni in atto, ma lei come giudica l’operato della Regione Basilicata?
R: Noi siamo stati la prima zona rossa in Basilicata, e analizzare quella situazione col senno di poi ci dice anche qualcosa sul presente. All’epoca si era impreparati, oggi, a distanza di diversi mesi, non si può più improvvisare. E c’è una questione che nell’emergenza diviene sostanza: la comunicazione. Prenda la questione circa la possibilità di vaccinare gli accompagnatori non residenti degli ultra-fragili...
D: Il Presidente ha annunciato la caccia “ai furbetti”...
R:...diciamola tutta: se la comunicazione iniziale fa percepire alla popolazione che c’è la possibilità di vaccinarsi, beh, è normale che la risposta sia quella di andare a vaccinare quante più persone possibile. Chiamare “furbetti”, il giorno dopo, quelli che in una comunicazione sono stati individuati come potenzialmente vaccinabili, è qualcosa che non va bene. Atti e auto-dichiarazioni andranno letti e approfonditi, certo, ma in una situazione del genere la comunicazione deve essere ai primi punti della gestione della crisi. Credo che in questo la Regione debba rivedere il suo modo di agire. Come sindaci viviamo e conosciamo giorno per giorno le difficoltà: abbiamo organizzato sul territorio la vaccinazione degli over 80. A Moliterno ne abbiamo vaccinato il 97/98% (al 4 maggio scorso – ndr) e li abbiamo chiamati uno per uno. Le amministrazioni locali hanno questa capacità, quindi facessero più affidamento su di noi: il che non vuol dire, attenzione, scaricare le responsabilità, ma creare sussidiarietà su questi servizi. Invece spesso si danno direttive e ci si aspetta che gli altri facciano tutto. Oppure addirittura ci si affida a una certa “anarchia”.
D: Ma lei Bardi l’ha mai incontrato?
R: Solamente al telefono. La prima volta è stata quando, appena eletto, ho ricevuto i suoi auguri, graditissimi. Poi ho ricevuto un’altra telefonata, a seguito di un aumento dei contagi, in vista di un’eventuale zona rossa. Guardi, non è che lui si neghi ai sindaci o alla collaborazione, però vediamo che in effetti c’è una certa distanza -perlomeno da una parte della politica regionale- rispetto ai problemi che si vivono sui territori.
D: Alcuni suoi colleghi lamentavano di dover leggere le Ordinanze sui giornali; altri criticavano la non tempestività circa le direttive sulla chiusura delle scuole.
R: Anche noi, sulle scuole, veniamo a sapere le decisioni all’ultimo secondo. E pensare che qui ogni giorno organizziamo la vigilanza sui trasporti, le sanificazioni, rispettiamo i protocolli... e poi, quando c’è qualche contagio, pur applicando quei protocolli, scopriamo che dovremmo sentirci con la Task Force. Che spesso non risponde. In queste ore è difficile mettersi in contatto quando c’è una qualche emergenza; grazie a Dio abbiamo delle strutture sul territorio, come l’Igiene e Sanità Pubblica di Villa D’Agri, con cui spesso riusciamo a interfacciarci, ma tenere un filo diretto con le strutture che devono gestire l’emergenza non è così facile.
D: Un giovane sindaco come lei, Giordano di Vietri di Potenza, proponeva l’affido diretto dei vaccini ai primi cittadini, almeno per quanto riguarda i piccoli comuni.
R: Nel concreto sono d’accordo, sarebbe un’ottima iniziativa, ma per principio dovrei dire il contrario, perché non spetterebbe a noi organizzare questa fase. Si può collaborare -e se affidassero a noi in quel modo le vaccinazioni saremmo sicuramente in grado di mettere in campo una macchina organizzativa che può funzionare- ma la faccio riflettere su un’altra cosa: quali sono le strutture che un Comune ha a disposizione? Su questo abbiamo lavorato noi, i nostri uffici, che già sono sommersi di lavoro. E allora in queste ore si rende necessaria una seria riflessione sugli “enti locali”, e quando si parla di “piccoli comuni” occorre tenere a mente che la Basilicata E’ FATTA di “piccoli comuni”.
D: Se potesse prendere Bardi sottobraccio cosa gli direbbe?
R: Vista la sua esperienza, gli consiglierei di farsi un giro paese per paese. Si parla tanto di “didattica a distanza”, ma io vorrei portare il Governatore presso alcune abitazioni a mille metri d’altezza, nelle aree rurali di Moliterno, dove già alle quattro del pomeriggio ci sono diversi problemi. Beh, lì sì che si percepisce che, per affrontare le questioni dei territori, non basta soltanto una comunicazione “da Potenza”.
D: Veniamo alla questione petrolio. Da poco è stato rinnovato l’accordo con le compagnie per la Val D’Agri e la maggioranza regionale esulta, parlando di successi e di fondi “sette volte tanto” rispetto a prima. Quindi, come si dice... “Tutto bene, madama la marchesa”?
R: Quando si parla di petrolio in Val D’Agri, non vi assocerei mai la semplificazione che vedo in queste ore. Rispetto agli ultimi annunci, poi, io faccio proprio fatica a capire. Sicuramente saremo messi al corrente di questi “importanti obiettivi raggiunti”. Ma devo dire che sono anche contrario a quella narrazione secondo la quale “non abbiamo mai avuto niente dal petrolio”. Non è così. So benissimo quanti servizi sono garantiti o potenziati grazie alle royalties petrolifere, quante opere sul territorio (e quale risposta occupazionale) sono legate a quelle attività. Ma c’è un punto sul quale riflettere: il petrolio non dura per sempre, ma intanto in questi anni ha destabilizzato il tessuto produttivo di quest’area (l’artigiano ha preferito puntare all’impiego al Centro Oli, piuttosto che provare a investire); pertanto quelle risorse servono sul territorio per ricreare opportunità d’investimento FUORI dal petrolio. Mi sembra però che su questo ci sia una buona intuizione dell’assessore Cupparo e che si stia iniziando a ragionare con i sindaci del P.O. Val D’Agri. E mi compiaccio. Di recente c’è stata un’iniziativa utile del consigliere Aliandro della Lega (pur non essendo vicino alle sue posizioni politiche), con la quale si dice per la prima volta che i comuni “adiacenti” ai pozzi petroliferi possono anch’essi ricevere delle royalties, per poter fronteggiare alcune emergenze, come l’efficientamento energetico degli edifici. Un’ottima iniziativa di solidarietà per quei comuni che il problema petrolio ce l’hanno da anni (se ci affacciamo da qui vediamo il Centro Oli), ma che tuttavia non hanno un pozzo nel proprio territorio.
D: E delle tanto discusse iniziative del presidente del consiglio regionale Cicala cosa pensa?
R: Penso che sul tema petrolio ci debba essere sempre un coinvolgimento di chi vive in quei territori. L’iniziativa di Cicala aveva forse il limite di arrivare in consiglio regionale senza essere stata ampiamente discussa prima.
D: Torniamo al discorso “ripresa”. Lei diceva di voler puntare molto sul settore culturale e Moliterno, tra l’altro, in ambito musicale vanta grossi artisti, penso a Graziano Accinni o a Raffaele Tedesco...Ma proprio in questi giorni c’è stata la protesta degli operatori dello spettacolo che si sentono alla canna del gas e che guardano con speranza all’estate...
R: Stiamo già provando a programmare qualche evento estivo; abbiamo aderito al “Maggio dei Libri” e vorremmo provare a puntare a un format nuovo in quest’ambito. Abbiamo un festival dedicato ai gruppi folk internazionali e sogniamo di poterlo realizzare, così come la sagra del canestrato Igp, una nostra grandissima risorsa. Però è un momento ancora di incertezza. E in effetti questo invito generalizzato a “stare a casa”, se penso agli artisti dello spettacolo, ha creato delle disuguaglianze nel nostro Paese.
D: La canzone che la rappresenta?
R: “Il testamento di Tito” di Fabrizio De Andrè.
D: Il libro?
R: “1984” di George Orwell. In questi giorni andrebbe riletto.
D: Il film?
R: “Ricomincio da Tre” di Massimo Troisi.
D: Mettiamo che fra cent’anni scoprono una targa a suo nome qui al Comune: cosa le piacerebbe ci fosse scritto?
R: «Aveva amato la verità».
- Scritto da Redazione
- Sabato, 08 Maggio 2021 08:53
Non è un sacerdote, ma lo stesso ha “celebrato” a suo modo centinaia e centinaia di matrimoni lucani, tant’è che a Potenza, ci racconta, il caffè non lo paga mai.
Per Donato Pessolani, direttore dello storico “Parco Ricevimenti Hotel Pierfaone” (situato nell’omonima contrada di Abriola, in provincia di Potenza) è inoltre ormai prassi ospitare i matrimoni dei figli di tanti suoi clienti che hanno festeggiato lì, ma il momento è quello che è (persino in zona gialla, fino al 31 maggio, non è consentito il consumo di cibi e bevande all’interno dei locali), e pertanto in questa fase di programmazione occorrono soprattutto CERTEZZE.
«Noi siamo pronti a ricominciare –ci spiega- la squadra è riorganizzata, gli ambienti sono tirati a lucido, ma in questo momento abbiamo solo bisogno di capire in che modo e in quali tempi ripartire».
Il matrimonio, infatti, non è certo il tipo di evento che puoi organizzare la sera per la mattina, ma occorrono almeno tre mesi di tempo: «Per essere chiari al massimo: l’estate è già saltata. Se a gennaio avessimo saputo che a giugno si poteva partire, per il nostro settore sarebbe stato tutto più semplice. Invece, allo stato attuale, i matrimoni di aprile, maggio e giugno sono già tutti saltati e anche quelli di luglio e agosto li stiamo spostando. Se lei stesso avesse una figlia da sposare, in assenza di certezze sulle riaperture, può prenotare ristorante e tutto quanto con serenità?».
La richiesta alle istituzioni pertanto è semplice, ma perentoria.
«Noi siamo pronti, perché tante coppie si voglio sposare. Ma chiediamo CELERITA’ nel comunicare date e regole, suggerendo che il numero delle persone debba essere di volta in volta rapportato alle volumetrie delle strutture: il numero delle persone da ospitare in una terrazza deve essere proporzionato agli spazi a disposizione».
La struttura di Pierfaone ha a sua disposizione una sala di settecento metri quadri e un’altra da cinquecento cinquanta metri; un ristorante da cento metri; un gazebo all’aperto di 600 metri e diverse terrazze coperte.
Non sono quindi le metrature quelle che mancano, ma la certezze a livello di indicazioni.
E pensare che nell’estate del 2019 una struttura come quella di “Pierfaone” ha prodotto più di cinquanta buste paga, e durante il resto dell’anno (e tuttora) i dipendenti sono tredici/quattordici.
In seguito alla Pandemia, il fatturato si è ridotto del 90%, e i famosi aiuti di Stato «Sono poco più che un pannicello caldo per quando ti fa male la pancia. Siamo dalle parti dello zero. Solo di elettricità e gpl i due mesi di apertura dell’anno scorso mi sono costati 40mila euro».
Come si diceva, però, la voglia di ripartire è tanta: «Ai clienti diciamo di stare tranquilli, perché siamo pronti. Siamo qui da trent’anni e ci conoscono tutti, e non appena le istituzioni ci danno le tanto attese direttive, riprenderemo a fare matrimoni sempre di grande qualità. Invito tutti ad andare a leggere su TripAdvisor: sono le coppie che parlano, testimoni di ciò che abbiamo fatto per loro. Ci sono tantissime coppie che io ho seguito nell’intero percorso di vita: matrimonio, battesimi, prime comunioni e cresime. Parliamo di migliaia di eventi».
Ma c’è un altro particolare non di poco conto che il direttore Pessolani vuole evidenziare.
«Il distanziamento sociale ci ha spinto a ripensare tutto, e niente sarà più come prima. Tuttavia, con le giuste precauzioni, possiamo tornare a vivere. Una cosa che stiamo perdendo è rappresentata però dalle maestranze: ovvero quella professionalità che si può acquistare solo con l’esperienza pluridecennale sul campo. Le istituzioni dovrebbero preoccuparsi seriamente di tutto ciò: uno chef di cucina, un executive, un maitre d’hotel, non lo fai in tre mesi. I miei cuochi lavorano con me da più di venticinque anni; sto cercando di tenerli aggrappati alla loro professionalità, ma se non ci vengono date certezze, e con rapidità, non si riparte più».
Quello della ristorazione in generale è senz’altro uno dei settori più danneggiati dalle restrizioni e dalle chiusure, ma il mondo delle sale ricevimenti è ancora più peculiare, e meriterebbe un’attenzione più focalizzata.
«Chi può fare pasti da asporto in qualche modo riesce a tamponare, magari riuscendo ad andare perlomeno in pari, ma le nostre casse sono azzerate. Io ho fatto fare della formazione a mie spese, ma mi creda, siamo davvero agli sgoccioli. Dobbiamo poterci organizzare subito, perché il mondo del wedding ha bisogno di tre/quattro mesi per potersi avviare a pieno regime. Ripeto: un’azienda è fatta di attrezzature, maestranze e clienti. Se viene meno UNO SOLO di questi componenti, c’è poco da fare. Si chiude. Noi vogliamo ripartire. ma che ci facciano capire SUBITO come».
- Scritto da Redazione
- Sabato, 08 Maggio 2021 08:39
di Walter De Stradis
E’ martedì ed è un pomeriggio caldo a Grumento Nova, in provincia di Potenza. Al Comune non c’è nessuno, è ancora presto. Le parole del sindaco Antonio Maria Imperatrice, un omone di un metro e novanta, rimbombano nella stanza e nei corridoi. C’è da parlare di Covid. E di petrolio.
D: Quanti sono i positivi attualmente?
R: Qui oggi ne abbiamo solo uno, ma intorno al mese di gennaio abbiamo assistito ad un vero proprio picco, con una sessantina di casi.
D: E le vaccinazioni come procedono?
R: Sono da poco terminate quelle relative agli ultraottantenni, mentre al momento non potrei darle i numeri esatti dei compaesani vaccinati, poiché tutto è affidato alla prenotazione online, ma sembra che tutto stia funzionando.
D: Si ricandiderà?
R: Onestamente non so…
D: Sarebbe il terzo mandato?
R: In realtà il secondo. Il primo è durato poco perché furono annullate proprio le elezioni, in quanto il secondo classificato risultò non idoneo, o meglio, non candidabile. C’erano cinque liste, io ero primo, quindi annullarono il tutto, nonostante la Prefettura avesse autorizzato la presentazione della lista stessa.
D: Come giustifica la sua esistenza?
R: È una domanda particolare la sua, che però voglio interpretare dal punto di vista del mio ruolo amministrativo. Se non ci fosse la passione ,amministrare oggi un comune, nel bel mezzo di una emergenza sanitaria, sarebbe stato davvero un compito assai arduo. Parlo di passione perché in un paese piccolo, di millecinquecento anime, la conoscenza delle famiglie e dei rapporti personali è tale che le risposte che l’amministrazione cerca di dare sono sempre nell’occhio del ciclone. Non mancano, però, le soddisfazioni, quelle che fanno andare avanti.
D: Le faccio fare una risata. Oggi, girando per la Val D’agri, molti riferendosi a lei l’hanno definita o il “comunista”, oppure ”l’imperatore” di Grumento, giocando appunto con il suo cognome. Quale delle due è più giustificabile?
R: La seconda mi sta più a cuore, perché gioca appunto con il mio cognome, a molti posso sembrare burbero e discutere in maniera animata, tuttavia per abitudine e indole familiare e culturale non ho l’attitudine di chi vuole essere un uomo solo al comando.
Quanto all’altra definizione, be’, io nasco nel partito Comunista italiano ed ho attraversato la mia formazione politica dapprima come giovane comunista, poi con i DS e, successivamente, nel PD, e di questo ne vado fiero.
D: Cosa significa oggi vivere nell’epoca dei cosiddetti “comunisti con il Rolex”? Di questi giorni divampa la polemica del rapper Fedez contro l’operato della Rai
R: Non sto dietro agli stereotipi moderni perché ho una certa età. Ho seguito quel che è successo dalla tv, tra l’altro al concerto del 1 maggio sono molto legato, non solo per tradizione politica, ma anche per nostalgia giovanile. Io poi non frequento i social e non ho neanche un profilo mio, li seguo solo ed esclusivamente per la parte informativa istituzionale, perché credo che anche la crisi delle idee sia troppo dominata dal mondo virtuale. Perfino nei rapporti sociali di un paese come il nostro, se prima c’era la voglia di uscire e di frequentarsi, oggi invece è tutto demandato agli smartphone, ma così facendo i rapporti si incancreniscono, non si comunica e non ci si guarda più negli occhi, anche in politica. A me come sindaco e come persona, la politica dei like non piace molto.
D: Lei ha incontrato di persona il Governatore Bardi e l’assessore alla Sanità? Glielo chiedo perché non tutti i suoi colleghi dicono di aver avuto questa possibilità
R: Sì, ho incontrato il presidente, ma credo che l’ultima volta risalga al novembre del 2019, durante un incontro con i sindaci della Val D’Agri, poiché era già scaduta la concessione e si andava avanti in regime di prorogatio.
D: Se oggi invece potesse parlarci, cosa direbbe al Presidente in merito alla questione Covid, il suo comune cosa chiederebbe?
R: Noi siamo stati, fino al 31 dicembre, il comune più virtuoso con soli sei casi. Abbiamo avviato in autonomia campagne di screening e anche i cittadini si sono comportati bene. A fine anno, però, è accaduto qualcosa. Forse alcune regole non sono state rispettate e io mi sono trovato, come gli altri sindaci della Valle, in forte difficoltà. In una sola settimana abbiamo registrato più di cinquanta casi, nonostante le opere notevoli di tracciamento. Mi sono trovato nella condizione di dover scrivere al Presidente Bardi e anche al Prefetto. Insomma chiusi le scuole e gli esercizi commerciali per dieci giorni, ossia il tempo minimo per poter rifare i tamponi molecolari. Il Prefetto mi chiese, di contro, di riaprire la scuole, perché come dico io “il cerino rimane sempre in mano all’ultimo”, ma io non lo feci perché non volevo assumermi la responsabilità. Se avessimo aperto, alla luce delle persone risultate positive nel tempo, ci sarebbe stato un disastro.
Cosa chiedo: una maggiore presenza sul territorio da parte del Presidente. Ne approfitto per dire, e credo che non riguardi solo me, che non mi è per nulla piaciuta la firma di un accordo come questo con due anni di ritardo…
D: Parla del rinnovo del patto di sito con Eni.
R: Gli accordi nazionali prevedono che lo Stato e le Regioni debbano sentire gli Enti territoriali, che -è vero- godono di royalties dirette, ma si sobbarcano anche tutti gli incidenti e gli svantaggi. Nell’autunno del 2019 i sindaci hanno anche avanzato delle proposte calibrate sulla base di specifiche esperienze, eppure ad oggi non c’è stata nessuna forma di concertazione.
Io, dunque, non ne approvo il metodo, visto che non siamo stati coinvolti, è mancato quello che definirei il “garbo istituzionale” di condividere il tema delle compensazioni ambientali. Spero che ci sia la capacità in futuro di poterne condividere i benefici in maniera solidale anche con gli altri comuni, oltre che di saper ascoltare i piccoli protagonisti delle comunità coinvolte dalle attività estrattive.
Nelle proposte del 2019 avanzate dai sindaci si prevedevano progetti green a lunga gittata, con lo scopo di alimentare il futuro delle nostre comunità. Chiedemmo all’unanimità, ad esempio, che l’ospedale civile San Pio di Villa D’Agri, citato tra l’altro nei piani di emergenza esterna, si potesse potenziare con un Centro anti-veleni da utilizzare in caso di emergenze sanitarie, eppure non se n’è più discusso.
D: Se, però, tutte le istanze dei sindaci sono state ignorate bellamente, a questo punto viene da chiedersi quale valore si può attribuire a questo accordo.
R: La Regione ha chiuso comunque un accordo con risorse importanti, ma è altrettanto vero che quelle stesse risorse vanno programmate sia per la parte monetaria e finanziaria sia per la parte industriale, ossia per i metri cubi di gas che si forniranno. Io avrei firmato un accordo ulteriore con Eni, ossia quello riguardante la gestione del post-fossile, ossia un piano di investimenti per il futuro.
D: È un po’ un “dove li metto”?
R: Bisogna capire come distribuire le quote di gas tra le aree interne, con il principio di solidarietà tra i comuni e pensare al futuro. Spero che Bardi possa consultarci per capire come questi primi due aspetti, ossia il gas e i contributi per barili al giorno, possano essere ben investiti nei nostri comuni, specialmente nell’area dell’alta Val D’Agri.
D: Come sarebbe stato il suo comune senza il petrolio e cosa è stato, invece, grazie al petrolio?
R: Grumento beneficia di royalties dirette, quindi di maggiori servizi a favore dei comuni e dei cittadini. Abbiamo costruito una scuola nuova in sicurezza sismica, con efficienza energetica e pannelli solari e finanziamo, ad esempio, un progetto di agricoltura solidale per i più anziani, accompagnando le persone alla pensione, dando una mano all’impresa e al lavoratore allo stesso tempo.
D: Non vedremo mai i Pink Floyd a Grumento, quindi…coi soldi del petrolio.
R: (sorride) Non dispongo degli spazi adatti, ma abbiamo organizzato comunque delle belle iniziative culturali e teatrali, perché no. Qui sono venuti gli Stadio.
D: Il film che la rappresenta?
R: “C’era una volta in America” di Sergio Leone.
D: La canzone?
R: “Napule è, di Pino Daniele”.
D: Il libro?
R: “Cent’anni di solitudine”.
D: Mettiamo che fra cent'anni scoprono una targa a suo nome qui al Comune...
R: Solo cent'anni?! Guardi che sono superstizioso. (ride)
D:...in un futuro remoto, allora.Cosa le piacerebbe ci fosse scritto sopra?
R: Mi mette in difficoltà, proprio per quello che le ho detto, ma anche perchè mi ritengo una persona modesta. E poi, casomai, non dovrei essere certo io a decidere.
- Scritto da Redazione
- Venerdì, 07 Maggio 2021 12:45
Si è tenuto in live streaming sulla pagina Facebook “Le parole delle Donne” il webinar sul tema “Consigliere di Parità al lavoro per il lavoro femminile”, organizzato dalla Consigliera regionale di Parità della Basilicata, Avv. Ivana Pipponzi, in occasione della Festa del Lavoro.
L’iniziativa, di caratura nazionale, ha costituito un momento per riflettere sull’impatto che la pandemia ha avuto sul lavoro femminile e sulle possibili soluzioni, anche alla luce del piano sul Recovery Found.
Nel corso del webinar i relatori, sotto diversi punti di vista, hanno esposto le ragioni del crollo occupazionale in Italia, ed in Basilicata in particolare. “Se nel 2020 – ha detto Pipponzi - le donne hanno perso posti di lavoro il doppio rispetto ai colleghi uomini, questo è avvenuto perché occupano più spesso posizioni lavorative meno tutelate e perché sono impiegate nei settori più colpiti dalla crisi pandemica (servizi, terziario e domestico), spesso con contratti che danno poca sicurezza e stabilità (part-time). Difatti, i settori più colpiti dalla crisi sono stati proprio i servizi domestici (-16,7% nel secondo trimestre e -6,7 nel terzo), il comparto alberghi e ristorazione (rispettivamente -16,1% e -10,8%), in particolare le attività ricettive, e il commercio (-5,8% e -4,2%); tra le professioni l’impatto è stato maggiore per quelle del commercio e dei servizi e per quelle non qualificate. Tutti settori che vedono, per l’appunto, un’importante presenza femminile”.
Il webinar ha rappresentato anche una occasione per parlare della nuova modalità lavorativa del lavoro agile nelle varie Regioni d’Italia. L’ultimo periodo del 2020 con le chiusure a livello regionale, ha fatto riscontrare un incremento dell’home working, questa volta superiore al più stringente periodo di lockdown. Da giugno a dicembre ben l’11,1% degli occupati ha lavorato da casa.
“Questa nuova modalità lavorativa - ha detto la Consigliera regionale di Parità Pipponzi - è sempre stata da me incentivata presso le aziende lucane come efficace misura di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e sta dimostrando quanto l’innovazione tecnologica sia un valido alleato per le donne e per le famiglie e, dunque, utile strumento per vincere il divario di genere”.
“Nonostante ciò - ha aggiunto Pipponzi - è innegabile che detta nuova modalità di lavoro abbia avuto un risvolto pesante per le lavoratrici che si sono ritrovate totalmente schiacciate dai tripli/quadrupli turni: il turno del lavoro pagato svolto in home working, il turno domestico della cura (della casa, dei figli), il turno dell’istruzione dei figli (la didattica a distanza ha impegnato moltissimo le mamme), il turno dell’accudimento di persone malate, disabili o anziane, se conviventi”.
In Basilicata, grazie all’Indagine conoscitiva sullo smart working in ottica di genere elaborata dalla Consigliera regionale di parità, è emerso che nelle pubbliche amministrazioni lucane, ad oggi, oltre l’80% dei lavoratori è in smart working; con una leggera percentuale superiore in favore delle donne.
“Con riferimento, invece, al lavoro libero professionale lucano, dall’altra Indagine conoscitiva avviata dal mio Ufficio”, dichiara ancora la Consigliera regionale di parità Pipponzi, “è emerso che nel 2020, in piena pandemia, l’emergenza sanitaria non lo abbia vulnerato in maniera incisiva. Dunque, poche donne si sono cancellate dai relativi ordini professionali ed in alcuni casi si è assistito ad un incremento delle iscrizioni agli ordini, specie per quelle professioni considerate tradizionalmente femminili (assistenti sociali, psicologhe, farmaciste), così evidenziando il fenomeno della segregazione occupazionale”.
Dopo l’introduzione della Pipponzi è intervenuto l’assessore regionale al Lavoro, Franco Cupparo che si è soffermato, in particolare, sulle iniziative messe in campo dalla Regione Basilicata.
“Il divario di genere – ha detto Cupparo – è sotto gli occhi di tutti. E la pandemia ha, purtroppo, amplificato questa differenza sotto tanti punti di vista. Per questa ragione il governo regionale ha messo in campo l’avviso pubblico “Valore donna 2020. Voucher per la conciliazione” con uno stanziamento di un milione e mezzo di euro. E’ evidente che questa misura non basta. Servono politiche attive che vogliamo attivare attraverso i fondi del Fse 2021-2027 e attraverso le risorse del recovery fund. Il presidente Bardi ha molto insistito nella Conferenza Stato Regioni che una parte significativa del recovery Fund fosse destinato al lavoro femminile. Bisogna cogliere fino in fondo questa opportunità straordinaria per contribuire a ridurre il gap di partecipazione delle donne al mercato del lavoro attraverso il rilancio dell’imprenditoria femminile. Il piano degli asili nido presentato a Bruxelles consentirà la creazione di circa 228 mila posti di lavoro. A ciò va aggiunto che il processo di reclutamento nella pubblica amministrazione prevede misure in grado di garantire la parità di genere anche nei posti apicali. Così come il lavoro agile e gli investimenti nelle infrastrutture tecnologiche e nei servizi socioassistenziali. Molto si farà nel futuro prossimo per ridurre la differenza di genere. Siamo nel terzo millennio e quindi questi temi vanno affrontati con grande decisione e concretezza”.
All’iniziativa hanno partecipato fra gli altri la Presidente CRPO, Margherita Perretti, Francesco Somma, presidente Confindustria Basilicata, Luana Franchini, Cisl, Anna Carritiello, Uil, Anna Russelli, Cgil, Rosa Gentile, Delegata nazionale giovani imprenditori e donne Confartigianato, Michele Lorusso, dell’Ispettorato del Lavoro.
Nell'occasione sono state presentate le best practice da parte delle Consigliere regionali di Parità della Calabria, Tonia Stumpo, della Campania, Mimma Lomazzo, della Puglia, Stella Sanseverino, della Sicilia, Margherita Ferro, del Molise, Giuseppina Cennamo, del Lazio, Valentina Cardinali e Loredana Pesoli, dell’Emilia Romagna, Sonia Alvisi e della Sardegna, Maria Tiziana Putzolu.
Le conclusioni sono state affidate alla Consigliera nazionale di Parità, Francesca Bagni Cipriani.
- Scritto da Redazione
- Lunedì, 03 Maggio 2021 10:36
AVVISO VACCINAZIONI COVID: recarsi nei Punti vaccinali con la stampa dei moduli A, B, C e D
L’Asp Basilicataricorda a tutti i cittadini che si sono prenotati sulla piattaforma di Poste Italiane per la somministrazione del vaccino anti Covid-19 che:
- è necessario recarsi nei Punti vaccinali il giorno e all’orario fissato al momento della prenotazione;
- e necessario stampare e consegnare i moduli A, B, C e D.
- Scritto da Redazione
- Sabato, 01 Maggio 2021 14:17
di Antonella Sabia
«Sono 70 donazioni da quando ho iniziato a contarle, cioè da quando abbiamo dato vita alla sezione di donatori di sangue dei Carabinieri a Potenza, nata in memoria del carabiniere Filippo Merlino, originario di Sant’Arcangelo (PZ) caduto di Nassiriya. La sezione dei carabinieri insieme con il gruppo della Polizia Penitenziaria di Potenza, fa parte della sezione Fidas Potenza, di cui attualmente sono il Presidente in carica. So perché dono, ma non so per chi».
Compirà 65 anni a giugno, ex carabiniere in pensione, sabato scorso ha toccato il traguardo delle 70 donazioni. Il signor Alfonso Citro, da nove anni è anche presidente della FIDAS Potenza, a lui abbiamo chiesto l'importanza di donare e questa nuova consapevolezza tra i giovanissimi.
D: Cosa l’ha spinta a donare la prima volta? Quanto tempo fa?
R: Avevo 17 anni e mezzo, fu per motivi di necessità, mio padre doveva fare un intervento, e allora non c’era come oggi una grande disponibilità di sangue, bisognava chiedere ai familiari. Servivano cinque sacche, e non riuscendole a trovare tutte, ho deciso quindi di donare io con l’autorizzazione dei miei genitori. Fu la mia prima volta.
D: Cosa invece l'ha portata a continuare a donare fino ad oggi?
R: Man mano che si cresce, si capiscono tante cose, ci si rende conto delle persone che hanno bisogno di sangue per qualsiasi tipo di intervento, ma anche per motivi di salute. Mi chiedo sempre perché queste persone devono soffrire, quando invece possono avere un momento di gioia, se così possiamo chiamarlo. Da allora ho iniziato a donare periodicamente.
Mi ha colpito molto la frase “So perché dono, non per chi”. Cosa prova nel momento in cui si siede per donare?
So di far felice qualcuno che sta male. A differenza della prima volta che fu per mio padre, poi l’ho sempre fatto per qualcuno che non conosco, magari anche di fuori regione. L’importante è il gesto che si fa verso qualcuno che ne ha bisogno.
D: In questi nove anni di presidenza, ha visto un aumento della sensibilità verso la donazione?
R: Inizialmente la gente aveva più paura, in particolare si chiedevano se ci fosse la possibilità di infettarsi con l'ago. In molti vi era ancora la credenza della sterilizzazione dell’ago con la fiamma, quando invece oggi si utilizzano ogni volta strumenti sigillati, monouso, dagli aghi alle sacche, tutto avviene in maniera super sicura.
D: C’è stato quindi anche un cambiamento culturale, quanto ha influito la comunicazione?
R: Ci è stata di grande aiuto per far capire alle persone che tutto avviene in sicurezza, le preoccupazioni sono anche legittime per chi si approccia per la prima volta, ma poi dopo la donazione, scompaiono i timori.
D: Quali sono le fasce di età che più donano?
R: Non ci sono fasce di età specifiche, da noi donano dai 18 anni, specialmente i figli di altri donatori, fino ai 65 anni, indifferentemente uomini e donne, senza distinzione se non per il tempo che varia tra una donazione e l’altra.
D: In quest’ultimo anno di Covid, è cambiato l’approccio alla donazione?
R: No, nessuna paura, anzi la gente è diventata più responsabile e ha capito che in questo momento c’è più bisogno, partecipano di più.
D: Paradossalmente sono aumentate e non diminuite. Leggevo inoltre che in quest’ultimo periodo si sono avvicinati tanti giovanissimi.
R: All’inizio si pensava ci potesse essere un calo, ma in realtà abbiamo avuto un incremento. È vero, ci sono stati tanti ragazzi, magari perché qualcuno ho avuto un parente contagiato dal virus, ma più in generale hanno compreso l’importanza della donazione, sia di sangue che di plasma, a cosa serve e perché. Proprio sabato scorso, abbiamo avuto cinque prime donazioni, di cui quattro ragazzi di 22-23 anni.
D: La FIDAS è solita fare campagne di sensibilizzazione anche tra i giovani nelle scuole, negli ambiti sportivi e sociali?
R: Abbiamo spesso organizzato delle manifestazioni annuali proprio per sensibilizzare la cittadinanza, dei convegni, tra cui uno sul bullismo e la solidarietà. Adesso con queste restrizioni, non c’è stata possibilità, ma spesso è utile anche il passaparola tra i ragazzi, aiuta altri giovani ad avvicinarsi alla donazione.
D: A chi ancora ha timori, a chi non conosce questo mondo, cosa si sente di dire? Perché donare?
R: Per cercare di salvare più vite possibile. A volte, anche in occasione di incidenti stradali, si sente dire che non c’è sangue disponibile, e se non ci sono sacche, potrebbe essere tardi attenderle che arrivino dagli ospedali in rete. Non è un obbligo, ma per chi può ed è in buona salute, è consigliabile donare prima per se stessi, perché ad ogni donazione c’è il ricambio di sangue, ma soprattutto per il bene che si fa ad un’altra persona, a chi ne ha realmente bisogno.
- Scritto da Redazione
- Sabato, 01 Maggio 2021 09:12
di Walter De Stradis
D: Come giustifica la sua esistenza?
R: Sono cattolico, e ritengo che a ognuno di noi sia affidato un ruolo. In questo momento il mio compito è quello di migliorare la vita dei miei compaesani.
D: Lei è molto giovane. E’ stato dura “imporsi” anche e soprattutto una volta eletto?
R: All’inizio un po’ di scetticismo c’era, circa una presunta inesperienza. Ma poi ritengo di aver saputo dimostrare di saper lavorare e abbiamo tolto ogni dubbio, pur facendo capire ai cittadini che amministrare è complicatissimo.
D: Qual è il risultato di cui finora si sente maggiormente soddisfatto?
R: L’aver fatto percepire ai cittadini di aver improntato l’attività amministrativa all’insegna della legalità, della trasparenza e della partecipazione. Soprattutto, siamo riusciti ad attivare tutta una serie di opere pubbliche fino a qualche tempo fa impensabili per il nostro territorio.
D: Un’ulteriore “prova del nove” credo sia arrivata (per lei, come anche per i suoi colleghi più anziani), con questa maledetta Pandemia. Proprio ieri (martedì – ndr), la vostra comunità ha perso un altro cittadino. Com’è cambiata la sua vita di sindaco da quando c’è questa emergenza?
R: La Pandemia ci ha colti tutti di sorpresa: nei comuni lucani redigiamo solitamente piani di protezione civile improntati sui terremoti! Ma qui a Vietri abbiamo saputo reagire. Ci siamo inventati anche delle cose, come quando abbiamo iniziato a usare i buoni spesa e abbiamo battuto una nostra moneta per facilitare la vita ai nostri concittadini. Siamo stati il primo comune lucano ad acquistare i test sierologici rapidi, non senza innescare qualche polemica in regione a proposito della loro affidabilità, ma per noi in quel momento erano uno strumento in più da mettere in campo. E poi abbiamo avuto anche ragione! E anche nel campo dei test antigenici siamo stati i primi. Un tampone rapido oggi nel nostro comune il cittadino lo riceve gratis e velocemente, perché abbiamo avuto l’intelligenza di coinvolgere i medici di base.
D: Tuttavia il suo collega di Balvano, il sindaco Di Carlo, affermava che i Comuni riscontrano serie difficoltà nel caricare i dati dei tamponi rapidi sulla Piattaforma del sistema regionale. Il che sovente li porta a desistere.
R: Anche noi questo problema ce l’abbiamo e l’abbiamo avuto, ma è un problema di impostazione regionale. Però, sfruttando la piccolezza della mia comunità (in cui ci si conosce tutti), il vero “tracciamento” qui lo faccio personalmente, chiamando le persone positive ai test, facendomi riferire i contatti… e poi li comunichiamo in Piattaforma tramite i medici di base. A volte la Piattaforma non funziona, si blocca, i tamponi rapidi è difficile inserirli… ma, ripeto…
D: “Tamponate” voi in quel modo.
R: Esatto.
D: Difficoltà di comunicazione con la Regione: un’altra sua collega, la sindaca di Ginestra, lamentava che le ordinanze di Bardi le legge prima sui giornali e solo dopo arrivano al municipio. Lei conferma? O per voi va tutto liscio?
R: No, è molto complicato. Sono i sindaci, come dicevo, ad attivarsi e a informarsi su come muoversi. C’è tanta confusione anche sulla somministrazione dei vaccini.
D: Perché?
R: Perché parte dei miei concittadini deve mettersi in macchina e andare a Potenza, previa prenotazione; altri possono farlo attraverso il medico di base, che a sua volta ha bisogno di un luogo idoneo (e quindi interveniamo ancora noi, mettendo a disposizione la palestra etc.). Io penso che la soluzione è semplice (specie per una regione che ha tanti comuni con pochi abitanti): affidarsi a chi finora ha garantito la sicurezza in questa Pandemia, i sindaci. Se a Vietri o a Ginestra viene comunicato il numero di vaccini che hanno a disposizione e se a questi comuni vengono consegnati, il sindaco saprà sicuramente come somministrarli in ventiquattro ore! Perché si rivolgerà subito ai medici di base, agli infermieri, ai volontari del posto e le cose sarebbero molto più veloci.
D: Quindi lei dice: «I vaccini per Vietri dateli a me e me la vedo io».
R: Esattamente. Almeno per quanto riguarda i comuni più piccoli è molto più semplice così! Nel mio paese ci sono meno di tremila abitanti, e se mi danno 500-600 dosi io so come somministrale, subito, in uno-due giorni.
D: A leggere i quotidiani la posizione del direttore dell’Asp, Bochicchio, sarebbe in bilico. Alcuni suoi colleghi sindaci sono intervenuti sottoscrivendo un intervento a sostegno del direttore (a cui si contesterebbe il caos di quei tre giorni di vaccinazioni “libere” a Potenza), onde scongiurarne la richiesta di dimissioni.
R: Non penso che le dimissioni del direttore possano risolvere i problemi dei vaccini in Basilicata. Non penso abbia una qualche responsabilità in merito, anzi, rispetto al mio comune si è sempre comportato in maniera seria e disponibile. Non abbiamo avuto problemi. La questione riguarda l’intero piano vaccinale e l’intera regione, e pur senza voler additare colpe, credo che in alcuni casi chi di competenza dovrebbe attivarsi di più per velocizzare il tutto.
D: Quindi?
R: La mia soluzione è di affidarsi molto di più ai sindaci: sui tamponi, sugli screening. I tracciamenti che hanno funzionato in Basilicata sono stati quelli dei sindaci che si sono attivati e hanno acquistato i tamponi, si sono messi il giubbino addosso e hanno organizzato palestre, drive-in. Accentrare tutto invece è sbagliato.
D: Tuttavia alcuni primi cittadini lucani lamentano un carico di responsabilità troppo gravoso, e invece lei vorrebbe aggiungerne altre?
R: Io voglio le responsabilità giuste, quelle che mi servono. E’ chiaro che se invece si pretende che sulla scrivania si abbia la sfera di cristallo, beh, quelle sono responsabilità che nessun sindaco vuole. Ma, insisto, in una Pandemia, nessun sindaco rifiuterebbe la gestione di 500 dosi di vaccino!
D: Qual è stato il momento più difficile, sia dal punto di vista umano sia amministrativo?
R: Quando abbiamo registrato più morti. Fino a novembre/dicembre 2020 eravamo “covid free”, ma tra Natale e Capodanno siamo arrivati a oltre 100 contagi, tantissimi per un paese come il nostro. Ne è stata coinvolta anche la casa di riposo e abbiamo avuto diversi decessi. E’ dura. Quando muore un tuo concittadino, anche se hai dato il massimo, ti viene comunque qualche dubbio sull’efficacia del tuo operato di sindaco. Io ritengo di avercela messa tutta, ma le morti lasciano un segno indelebile.
D: E se potesse prendere il Presidente della Regione sottobraccio, cosa gli direbbe?
R: Di girare di più nei territori, di avere un rapporto privilegiato coi sindaci. Io stesso gli ho scritto più volte per incontrarlo: sarà stata l’emergenza, ma non ho mai avuto il piacere. E non va bene. Un Governatore dovrebbe ricevere persino i cittadini. Più volte sono stato ricevuto dalla segreteria o da qualche suo delegato, ma un sindaco deve poter avere un rapporto diretto col Presidente.
D: Tutti sperano ormai nelle riaperture in prossimità dell’estate. Da cosa dovrà ripartire la sua Vietri?
R: Anzitutto dalla sicurezza. Poi è compito nostro favorire le attività commerciali. L’anno scorso abbiamo puntato sull’apertura di nuove aree pedonali, sospendendo il traffico nei weekend sulla via principale, e lo rifaremo. In più, siamo stati il primo comune lucano ad annunciare l’esenzione totale della Tari per le attività commerciali, utenze non domestiche, e subito dopo –devo dire- è intervenuta la Regione mettendo a disposizione un contributo dell’80 % (e noi abbiamo coperto il restante 20%). Abbiamo attivato il bando “Investi a Vietri” per la nascita di attività non presenti sul territorio, mettendo a disposizione in comodato d’uso alcuni locali del comune non utilizzati, l’esenzione Tari per due anni e un contributo di 5mila euro. Sono nate così due nuove attività (una parafarmacia e un tatuatore), e per un comune come il nostro è un piccolo miracolo.
D: In ambito turistico quale dovrà essere il vostro maggiore appeal?
R: Noi abbiamo messo in campo un progetto importante che si chiama “Porta della Lucania”, visto che siamo il primo comune lucano per chi viene dalla Campania. Da sempre eravamo visti come zona di passaggio. A seguito della costruzione del raccordo Sicignano-Potenza, però, Vietri è stata un po’ tagliata fuori, e quindi oggi stiamo allestendo delle iniziative in corrispondenza dell’uscita autostradale, “San Vito di Vietri di Potenza”, e quella sarà una prima nostra vetrina. Poi stiamo valorizzando il nostro convento, il centro storico e faremo una piscina all’aperto.
D: Il film che la rappresenta?
R: “L’avvocato del Diavolo”. Faccio io stesso il legale, e un po’ mi sento il difensore della mia comunità. Più che promuoverla, infatti, molto spesso mi tocca difenderla: dal megaeolico, o dalle fonderie che si dovrebbero realizzare nel comune limitrofo di Buccino, un insediamento che rischierebbe di compromettere dal punto di vista ambientale i nostri territori, che sono votati all’agroalimentare.
D: Il libro?
R: “Sarò Franco”, il libro di un mio assessore che si diletta a scrivere.
D: La canzone?
R: “Show must go on” dei Queen.
D: Mettiamo che fra cent’anni scoprano una targa a suo nome qui al Comune, visto che è stato anche il sindaco più giovane. Cosa le piacerebbe ci fosse scritto?
R: Più che come “il sindaco più giovane”, vorrei essere ricordato come “il sindaco più onesto”. E’ la mia ambizione, e spero sempre di riuscire a trasmetterla.
Acquedotto Lucano: accreditamento del Sistema di Gestione Qualità della Direzione Vigilanza Igienica
- Scritto da Redazione
- Venerdì, 30 Aprile 2021 15:49
Competenza, affidabilità, trasparenza e costanti monitoraggi, sono gli obiettivi che Acquedotto Lucano, nell’ultimo triennio, persegue a ritmo incessante per il raggiungimento di standard qualitatitivi sempre più elevati nel servizio idrico integrato della Regione Basilicata. E’ di questi giorni, infatti, l’avvenuta certificazione dei parametri azoto totale, fosforo totale per la matrice acque reflue e carica batterica a 22° e 37° per la matrice acque da destinare al consumo umano, da parte di ACCREDIA, Ente unico nazionale di accreditamento designato dal Governo italiano che opera sotto la vigilanza del Ministero dello Sviluppo Economico. La certificazione, da ultimo ottenuta, completa il percorso che ha avuto inizio nel 2019 con la certificazione ISO 9001, proseguendo nel 2020 con l’accreditamento, ai sensi dell’UNI EN ISO/IEC 17025, del primi 7 parametri, ivi inclusi i trialometani, spesso in passato oggetto di divaricanti valutazioni con gli enti di controllo.
Con questi ultimi accreditamenti Acquedotto Lucano ha conseguito la certificazione di ben 11 diversi parametri tra chimici e batteriologici che consentono al gestore del servizio idrico integrato lucano di assicurare, come sempre, il pieno rispetto delle stringenti norme nazionali ed europee in materia ed il costante controllo della qualità dell’acqua dell’acqua distribuita.
“Esprimo soddisfazione per il proficuo ed incessante lavoro della Direzione Vigilanza Igienica di Acquedotto Lucano - ha affermato l’amministratore unico di Acquedotto Lucano, Giandomenico Marchese – che ha consentito l’ulteriore passo verso il continuo miglioramento della qualità del servizio offerto e soprattutto della sicurezza igienico-sanitaria dell’acqua potabile. Il monitoraggio costante del rispetto dei parametri di potabilità delle acque come prescritto dalle Leggi europee, nazionali e regionali, attraverso il Laboratorio interno accreditato, - aggiunge Marchese - consente al gestore di garantire ai propri utenti qualità, sicurezza e bontà dell’acqua erogata. Senza dubbio, in tale direzione, proseguiranno le azioni del gestore anche con un potenziamento a breve sia della strumentazione necessaria che di risorse umane”.
Acquedotto Lucano seguiterà il percorso intrapreso per ottenere l’accreditamento di ulteriori parametri sì da garantire la rigorosa attendibilità del proprio operato, anche attraverso i confronti interlaboratoriali nazionali ed internazionali da anni attivi, con specifici proficent test che hanno già evidenziato ottimi risultati.
- Scritto da Redazione
- Venerdì, 30 Aprile 2021 15:38
“La ricorrenza del I maggio, Festa del Lavoro, impone ogni anno delle riflessioni stringenti sul tema, ancora irrisolto, delle disuguaglianze di genere nel mondo del lavoro, specie nell’attuale tempo di pandemia. L’emergenza sanitaria ha costretto molti settori/comparti/attività, sia dipendenti che libero professionali, ad uno stravolgimento delle modalità lavorative (imponendo nella maggioranza dei casi il c.d. smart/home working), con conseguente impatto negativo sull’occupazione stessa, specie femminile. La pandemia, invero, ha acuito le criticità poste a base dell’annosa questione del gender divide; non è un caso, dunque, se siano state proprio le lavoratrici a subire le maggiori conseguenze della crisi economica generatasi. I dati Istat sull’occupazione (2020) ci restituiscono un quadro drammatico in cui dei 444.000 occupati in meno registrati lo scorso anno ben 312.000 sono donne (il 70% del totale). Il picco del crollo è stato registrato nel solo mese di dicembre 2020 quando sui 101.000 nuovi disoccupati ben 99.000 erano donne, ovvero il 98% del totale”.
Lo dichiara, in una nota, la Consigliera regionale di Parità della Basilicata, Ivana Pipponzi.
“Invero, - prosegue - le ragioni di questo crollo occupazionale quasi esclusivamente femminile risiedono nella natura stessa del sistema lavoro che in Italia, così come in Basilicata, è ancora fortemente caratterizzato dal fenomeno della segregazione occupazionale: le donne, infatti, sono per lo più impiegate in quei settori/comparti maggiormente colpiti dalla pandemia. Se nel 2020 le donne hanno perso posti di lavoro il doppio rispetto ai colleghi uomini, questo è avvenuto perché esse occupano più spesso posizioni lavorative meno tutelate e perché sono impiegate, come detto, nei settori più colpiti dalla crisi (servizi, terziario e domestico), spesso con contratti che danno poca sicurezza e stabilità (part-time). Difatti, i settori più colpiti dalla crisi sono stati proprio i servizi domestici (-16,7% nel secondo trimestre e -6,7 nel terzo), il comparto alberghi e ristorazione (rispettivamente -16,1% e -10,8%), in particolare le attività ricettive, e il commercio (-5,8% e -4,2%); tra le professioni l’impatto è stato maggiore per quelle del commercio e dei servizi e per quelle non qualificate. Tutti settori che vedono, per l’appunto, un’importante presenza femminile.
Con riferimento alla nuova modalità lavorativa del lavoro agile, - evidenzia la Consigliera regionale di Parità - giova rappresentare che prima della diffusione del Covid-19 lavorava da casa poco più di un lavoratore su cento (1,2%), con il periodo di chiusura (marzo–aprile 2020) si è registrato il balzo in avanti arrivando all’8,8%, soprattutto in comparti già adusi a tecnologie digitali come i call center. La riapertura delle attività (maggio e giugno) ha fatto ridimensionare il fenomeno (5,3%). L’ultimo periodo del 2020 con le chiusure a livello regionale, ha fatto riscontrare un incremento dell’home working, questa volta superiore al più stringente periodo di lockdown. Da giugno a dicembre ben l’11,1% degli occupati ha lavorato da casa.
È interessante notare, inoltre, che, nel tempo, ci sia stata una progressione ed estensione della nuova organizzazione del lavoro non solo nei settori più affini alle tecnologie, ma anche nel manifatturiero e nei servizi. Di questi lavoratori, la maggioranza sono donne.
Questa nuova modalità lavorativa – aggiunge Pipponzi - è sempre stata da me incentivata come efficace misura di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro (e, connesso deterrente per le dimissioni per maternità) e sta dimostrando quanto l’innovazione tecnologica sia un valido alleato per le donne e per le famiglie e, dunque, utile strumento per vincere il divario di genere”.
“Nonostante ciò - sottolinea Pipponzi, - è innegabile che detta nuova modalità di lavoro abbia avuto un risvolto pesante per le lavoratrici che si sono ritrovate totalmente schiacciate dai tripli/quadrupli turni: il turno del lavoro pagato svolto in home working, il turno domestico della cura (della casa, dei figli), il turno dell’istruzione dei figli (la didattica a distanza ha impegnato moltissimo le mamme), il turno dell’accudimento di persone malate, disabili o anziane, se conviventi”.
In Basilicata, grazie all’Indagine conoscitiva sullo smart working in ottica di genere elaborata dalla Consigliera regionale di parità, è emerso che nelle pubbliche amministrazioni lucane, ad oggi, oltre l’80% dei lavoratori è in smart working; con una leggera percentuale superiore in favore delle donne. Giova, però, sottolineare che alla rilevazione dei dati vi era la vigenza della normativa che imponeva per le PP.AA. la percentuale minima al 50% del lavoro agile. Anche nel settore privato, le aziende garantiscono in percentuale alta il lavoro agile ai propri dipendenti: almeno il 70%, di cui oltre 68% è donna. Tanto in ragione della scelta che spesso le coppie di lavoratori operano in famiglia, laddove si preferisce che chi ha un lavoro meno remunerato (quasi sempre le donne) vada in smart working. “Con riferimento, invece, al lavoro libero professionale lucano, dal altra Indagine conoscitiva avviata dal mio Ufficio”, dichiara ancora la Consigliera regionale di parità Pipponzi, “è emerso che nel 2020, in piena pandemia, l’emergenza sanitaria non lo abbia vulnerato in maniera incisiva. Dunque, poche donne si sono cancellate dai relativi ordini professionali ed in alcuni casi si è assistito ad un incremento delle iscrizioni agli ordini, specie per quelle professioni considerate tradizionalmente femminili (assistenti sociali, psicologhe, farmaciste), così evidenziando il fenomeno della segregazione occupazionale”.
“Stante dunque il permanere delle ataviche problematiche legate all’occupazione, specie femminile, e della persistenza del divario di genere, fenomeni che il Covid-19 ha drammaticamente amplificato”, conclude Pipponzi, “anche quest’anno abbiamo poco da festeggiare la ricorrenza del I Maggio. Per questo con il webinar “Consigliere di Parità al lavoro per il lavoro femminile” calendarizzato per il 6 maggio 2021 ho inteso organizzare un momento di riflessione corale sul tema del lavoro femminile e sulle possibili soluzioni . Nell'occasione saranno presentate best practice da parte delle Consigliere regionali di Parità che interverranno: Tonia Stumpo (Calabria), Mimma Lomazzo (Campania), Stella Sanseverino (Puglia), Margherita Ferro (Sicilia), Giuseppina Cennamo (Molise), Valentina Cardinali – Loredana Pesoli (Lazio), Sonia Alvisi (Emilia Romagna) e Maria Tiziana Putzolu (Sardegna). Le conclusioni saranno affidate alla Consigliera nazionale di Parità, Francesca Bagni Cipriani.” All’iniziativa parteciperanno l’Assessore regionale al Lavoro, Francesco Cupparo la Presidente CRPO Perretti e tutti i rappresentanti delle parti sindacali e datoriali. Che possa essere una Festa del lavoro dignitosa per tutte e tutti”.
- Scritto da Redazione
- Sabato, 24 Aprile 2021 09:38
di Walter De Stradis
Quarantasette anni, nativo di Bari, Antonio Nicoletti è un ingegnere materano dai tratti che, seppur nascosti dalla mascherina, paiono riconoscibilmente nostrani. Dal novembre 2019 è direttore dell’APT (Agenzia di Promozione Territoriale), ma vanta una pluridecennale esperienza in tematiche legate al turismo e alla valorizzazione del patrimonio territoriale. Ha lavorato come esperto di politiche comunitarie e culturali nell’ambito del Piano strategico della Città Metropolitana di Bari e ha ricoperto il ruolo di responsabile, a fianco dell’allora sindaco De Ruggieri, per la programmazione strategica e l’innovazione urbana della Città di Matera, dal 2015 al 2019.
D: Come giustifica la sue esistenza?
R: E’ una domanda che non mi ponevo da tempo. Diciamo che cerco di creare condizioni per migliorare la vita di chi mi circonda, tanto nel privato, tanto più nel pubblico.
D: Lei ha avuto un ruolo molto importante in Matera 2019: il Covid ha però interrotto tutto il periodo del “dopo”, in cui occorreva lavorare per non disperdere tutto quanto si era investito e raccolto, e metterlo definitivamente a regime. Ora sarà più dura ripartire?
R: Io sono ottimista sulla tenuta del brand, in ambito nazionale e internazionale. Abbiamo dei dati oggettivi del 2020 che ci fanno ben sperare: ci si aspettava una naturale inflessione nel “dopo 2019”, ma ad agosto scorso il numero di arrivi in Città è stato pressoché identico a quello dell’estate precedente (50mila contro 51mila). Per le presenze non è stato così, per ovvie ragioni, ma Matera ha avuto la capacità –anche grazie al lavoro dell’Apt- di rientrare nei 500 posti più belli del pianeta (al n.44) ed è la terza italiana in classifica. Nei consigli di viaggio di Trip Advisor la Città è l’unica italiana a far parte della categoria “destinazioni di tendenza”. Pensi, nell’immaginario del viaggiatore Matera si è talmente consolidata, che se prima le riviste specializzate ne parlavano come della “Cappadocia d’Occidente”, oggi descrivono la Cappadocia come la “Matera d’Oriente”. Un cambio di paradigma irreversibile!
D: Siamo quasi alle porte dell’estate, ma da una stagione turistica all’altra, in questo lunghissimo intermezzo di chiusure e di divieti, su cosa si è concentrato principalmente il vostro lavoro?
R: Nel cercare di mantenere alta l’attenzione sulla destinazione Basilicata (come terra dell’anima, terra verde, dove magari potersi isolare), soprattutto avendo cura dei messaggi da veicolare, evitando di andare sopra le righe, di non essere in linea con il momento di lutto nazionale (come magari è accaduto con la messaggistica per altre destinazioni, che non sto qui a ricordare).
D: Il Covid ha forse inevitabilmente cambiato il modo di intendere la vacanza. La settimana scorsa il sindaco di Balvano, Di Carlo, suggeriva proprio questo, di puntare sugli spazi aperti, silenziosi, anche isolati… che in Basilicata non mancano.
R: E infatti già l’anno scorso, nel primo periodo di pandemia (quando eravamo tutti disorientati in assenza di dati certi per immaginare il futuro), lanciammo un ciclo di seminari, anche con esperti di altre discipline, e ciò che venne fuori è proprio questo: il mondo sarebbe cambiato con un desiderio di esperienze all’aria aperta, di ricerca dell’autentico, di tranquillità e benessere recuperati. Pertanto a giugno dell’anno scorso lanciammo la nostra campagna dedicata all’outdoor “Basilicata en plein air”, aggregando sul nostro sito basilicataturistica.it tutti gli operatori privati che hanno aderito all’iniziativa.
D: Manca poco all’avvio della stagione turistica, da cosa occorre ripartire?
R: Dall’autenticità del nostro essere lucani. Da un paesaggio ricco di diversità e peculiarità che toccano le corde dei valori universali dell’uomo. La Basilicata è una delle regioni più ricche di parchi d’Italia e il verde è il tessuto connettivo delle nostre spiagge, dei nostri centri storici: su questo stiamo lavorando molto, con un apporto della Regione Basilicata, stando sempre al fianco degli operatori perché uno dei nostri punti di forza (e ce lo dicono gli indici di gradimento) è la qualità dell’accoglienza. Tradotto: la qualità delle persone che accolgono.
D: Nondimeno è prevedibile che il contraccolpo causato dalla crisi innestata dal Covid sia notevole, con la chiusura definitiva di molte attività ricettive. Non crede?
R: E’ un timore che abbiamo. Le statistiche ci dicono che, almeno fino a febbraio 2020, le misure adottate dalla Regione hanno reso possibile mantenere inalterata la nostra capacità ricettiva. La sofferenza degli operatori è atroce, ma ritengo che le misure adottate fin qui ci consentiranno un’apertura il più vicino possibile alla completezza. Dico agli operatori che noi stiamo lavorando, che il monitoraggio che abbiamo ci dice che la Basilicata è una regione cercata. Non ho la sfera di cristallo, ma credo che molto dipenderà dal rapporto riaperture, contagi e vaccinazioni. Mi auguro di trovarci tutti quanti nei pressi dell’uscita da questo tunnel.
D: Qual è stato il momento più difficile per lei?
R: Ah! I primi mesi, da marzo a giugno 2020. Eravamo tutti disorientati. Sia a livello personale sia lavorativo. Poi abbiamo cominciato a prendere le misure e abbiamo usato un approccio “adattivo”: cercare di rispondere in linea con i cambiamenti che ci venivano incontro, tutti inaspettati. Oggi siamo stanchi…
D: … e tocca ripartire!
R: No, siamo stanchi di stare fermi. C’è appunto voglia di ricominciare. Noi puntiamo molto sulla “Basilicata interna”. Va tenuta alta la visibilità di Matera come “faro” dal punto di vista internazionale, occorre puntare sui nostri mari (Metapontino e Maratea), ma dobbiamo connettere queste aree perimetrali con un’offerta della “Basilicata interna” che ha una potenzialità di crescita enorme, anche a vantaggio di quegli stessi luoghi limitrofi. Ci sono contesti di bellezza inaudita, una rete di piccoli musei dotata di uno standard di qualità elevatissimo, occasioni ove ci può essere la meraviglia di imbattersi in luoghi che toccano davvero il cuore.
D: Abbiamo parlato di Matera, ma una volta tanto spendiamo due parole anche su Potenza che recentemente è stata toccata, finalmente, dal cinema importante. Se dovesse “venderla” a un Americano, cosa gli direbbe?
R: Ho una frequente consultazione con l’amministrazione comunale, che è attivissima proprio in ambito turismo e cultura. Potenza ha un suo, notevole, patrimonio cittadino (Palazzo Loffredo, la Pinacoteca Provinciale…) che necessita di essere vissuto e conosciuto di più. Ma ciò che può essere un elemento distintivo è l’offerta del paesaggio circostante: Potenza è baricentrica in un’area che comprende l’alta montagna, la Sellata, il parco di Gallipoli-Cognato (che è a un tiro di schioppo), il Volo dell’Angerlo di Castelmezzano, il Ponte alla Luna a Sasso di Castalda, l’osservatorio astronomico di Anzi. Si tratta di un’offerta turistica molto incentrata sull’ “outdoor” (che, come si diceva, è ciò che cerca oggi il viaggiatore) che ha una buona strada da percorrere.
D: Un’altra categoria di operatori attualmente in difficoltà, che possono rappresentare anche una notevole risorsa turistica, è quella dei musicisti tradizionali lucani… Il nostro patrimonio è ricco è variegato. La promozione di questa risorsa fa parte degli obiettivi dell’Apt?
R: Lei tocca una corda emotiva, mia, perché in passato sono stato un pianista dilettante e tuttora ho notevoli frequentazioni in ambito musicale. Sono molto vicino alla sofferenza che molti operatori dello spettacolo stanno vivendo. Sì, cerchiamo di integrare anche questo tema nell’ambito delle nostre attività. Nel dicembre del 2020 alla galleria Nazionale Arte Moderna e Contemporanea di Roma, abbiamo portato un presepe d’artista della collezione di Castronuovo di Sant’Andrea: nell’evento –di una notevole visibilità nazionale- abbiamo portato con noi la musica che il compositore Friedrich Haas aveva composta per Matera 2019, con un quartetto d’archi che ha potuto esibirsi in un momento davvero toccante.
D: Il film che la rappresenta?
R: In questo momento potrei dire “Amarcord” di Fellini.
D: La canzone?
R: Fra mille… scelgo “Absolute Beginners” di David Bowie. Ma faccio torto a tantissimi altri.
D: Il libro?
R: “Sopra eroi e tombe” dello scrittore argentino Ernesto Sabato.
D: Fra cent’anni qui all’Apt scoprono una targa alla sua memoria. Cosa vorrebbe ci fosse scritto?
R: Spero innanzitutto di meritarla.