- Redazione
- Categoria: Editoriale
- Sabato, 05 Luglio 2025 07:02
Cari Contro-Lettori,
c’è qualcosa di tragicomico, da commedia all’italiana (a rischio di essere ripetitivi), nel modo in cui la Basilicata “affronta” – da decenni – i propri guai. L’acqua scarseggia? Abbondano i tavoli. Lavori pubblici eterni, agricoltori furibondi e politici che rispolverano il latino –come suggerisce il nostro opinionista Mario petrone- per promettere miracoli nel tempo futuro. “Spero, Promitto, Iuro”: come dire, l’“infinito” delle promesse.
Intanto, nelle campagne, coltivare è diventato un atto di fede. Ma non c’è solo la siccità idrica: è l’intero sistema ad avere sete di buon senso. Il sistema sicurezza, per esempio: le forze dell’ordine fanno miracoli quotidiani con personale ridotto all’osso. E mentre la regione arranca in mezzo a deserti – fisici e istituzionali – c’è chi continua a vendere oasi. I giovani fuggono, i borghi si svuotano, e intanto siamo il lunapark del Mezzogiorno, dice qualcuno, con montagne russe che vanno solo in discesa.
Nel frattempo, i borghi si svuotano come le sale consiliari dopo i buffet.
La prima dignità da restituire? No, non la “meritocrazia” (che ormai è un “meme”), ma il salario. E forse ha ragione il professor Carmine Cassino: se vuoi trattenere i tuoi figli, devi almeno pagarli. Dignitosamente.
Ma in Basilicata, si sa, la pazienza è l’unico bene davvero distribuito a pioggia. Che in ogni caso non è infinita. Infatti, in questa tragicommedia lucana, la vera notizia è che la gente – pur incazzata – continua a portare pazienza. Ma per quanto ancora?
Perché il rischio più grande, alla fine, non è la siccità. È che anche la speranza, un giorno, vada in esilio.
Walter De Stradis
La foto (archivio Alliegro) è tratta del volume
"Io già mi parto, o Madre cara",
a cura del Prof. Carmine Cassino - Comune di Lauria