- Redazione
- Categoria: Editoriale
- Sabato, 21 Giugno 2025 07:07
(immagine di King Buffino)
Cari Contro-Lettori,
qui dalle nostre parti l’aria è leggera, e quindi le parole volano; da una parte c’è la politica, che sfilaccia promesse come fossero bucce di salsiccia di Cancellara. Dall’altra, ci sono le persone: lavoratori precari, imprenditori tenaci, anziani soli che passano le giornate sulle panchine, madri esasperate, giovani che vedono nella valigia l’unica soluzione.
La povertà in Basilicata non è solo cronica, è ereditaria. I dati Caritas sono scuri come la notte: salari sotto la media nazionale, welfare evaporato, lavoratori "fantasma" (da vivi). E intanto si parla di tavoli permanenti, come se bastassero i mobili per arredare il futuro. Ma guarda caso, tutto si concentra nella fascia "fertile", quella patinata da convegno, lasciando nel languore –per dirne una- le aree montane e quelle interne, che in teoria –e anche in pratica– avrebbero bisogno di un vivido sostegno.
E la cultura? Una libreria quasi centenaria chiude a Potenza. Nessuno ha detto una parola. Sembra un amaro sequel di "Non ci resta che piangere", ma senza Troisi e Benigni. Tre edicole con la serranda abbassata nel centro storico, ma d’estate, eh, se ci sono i cartelloni! Tutti rigorosamente a effetto pirotecnico e memoria evaporabile. Così nei paesi: si va avanti a tarantelle e poi a settembre (non) se ne riparla.
Nel frattempo, il turismo lo reggono in piedi visionari, come chi -leggete a pagina 7- crede (e fa bene) nell’avioturismo, in una regione dove già prendere un autobus può essere esperienza spirituale.
Così come l’acqua rischia di tornare a essere un miraggio nel deserto. Un diritto che diventa privilegio? Capirai, non è certo il primo. E non sarà neanche l’ultimo.
In tutto questo, in Basilicata, è sempre più di moda il turismo elettorale. I sindacati urlano, gli imprenditori faticano, le famiglie disperano, ma in fondo, la Lucania è un po’ come quella libreria che chiude: tutti la amano, pochi la “frequentano”. Finché un giorno spegne la luce.
Facciamo le corna.
Walter De Stradis