- Redazione
- Categoria: Attualità
- Sabato, 23 Novembre 2024 07:31
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di Walter De Stradis
Il motivetto che fa “ti-ti-ti-ti” (come lo descriverà lui stesso) del brano “Popcorn”, lo conoscono praticamente tutti, trattandosi anche del primo brano elettronico-pop mai entrato in classifica nel nostro Paese. Lui, il cantante, batterista, produttore e scrittore torinese Valerio Liboni -che come membro de “La Strana Società”, lo registrò nel 1972- è da anni presenza, fissa e illustre, al “Festival di Potenza”. Organizzata come sempre dal direttore artistico Mario Bellitti, la kermesse (giunta alla 23esima edizione) si è tenuta per la seconda volta al Centro Teatrale Polivalente di Malvaccaro, nel capoluogo lucano.
d - Valerio, quando e dove nasce la sua amicizia col patron Mario Bellitti?
r - Innanzitutto chiedo scusa per il cappello, ma al di sotto c’è un taglio in via di guarigione. Beh, io avevo un amico a Contursi, o meglio un fratello: il mio impresario Mario Porcelli (che purtroppo non c’è più), e credo sia stato lui a portarmi, per la prima volta, al Festival di Potenza.
d - Immagino che la prima cosa che l’ha colpita della città è il freddo...confessi, ne parlava prima a microfoni spenti.
r - (sorride). No, mi piace venire qua. Al Sud ho lavorato per una vita intera e quindi ci vengo sempre con piacere. Mario, di suo, è un amico carissimo, ma soprattutto un organizzatore serio, onesto, e ogni anno con fatica costruisce questa bella serata, e la cura nei minimi particolari.
d - “Popcorn”, è il suo brano più famoso; “La Strana Società” e successivamente “I Nuovi Angeli” sono le band di cui ha fatto parte; com’è cambiato il panorama musicale italiano, rispetto a quei tempi...
r - (fa un segno di diniego... ndr)
d - Vedo che già scuote la testa. Spesso si dice che il problema sia l’assenza dei discografici di una volta.
r - No, non c’entra nulla, poiché ci sono altri manager molto più...”arrembanti” -chiamiamoli così- che costruiscono questi personaggi, che vengono fuori dal niente, con delle canzoni, di cui -secondo me- non si capisce una parola. Sono infatti brani con la “voce dentro” (termine tecnico) con dei testi a volte astrusi, che però piacciono moltissimo ai giovani e le radio li trasmettono, quasi tutte a pagamento. Cosa le devo dire? Io e molti miei colleghi in questa musica non ci ritroviamo; non mi piacciono questi “pupazzi” vestiti in maniera orribile, che tra l’altro non danno niente, nessuna emozione, non trasmettono nulla.
d - Però diceva anche che il pubblico li gradisce. E’ cambiato anche quello? O lo si è fatto, in qualche modo, cambiare?
r - No, no, il pubblico è proprio cambiato, non ha un’educazione musicale. Quando noi iniziammo a fare questo lavoro, c’era un entusiasmo, una voglia di conoscere. Avevamo dei maestri, incredibili, sia italiani sia provenienti da Oltreoceano. C’erano dei personaggi molto importanti. Non lo so come mai si sia verificato questo cambiamento, ma immagino sia tutta una questione di soldi. Anche perché questi personaggi magari fanno un pezzo o due, partecipano a queste trasmissioni (che io detesto cordialmente) e poi spariscono.
d - Nonostante tutto, questi “talent show” spopolano in vari settori dello spettacolo (nonostante anche la presenza di alcuni “giudici” sulla cui “titolarità” a giudicare gli altri è lecito interrogarsi): si tratta comunque di opportunità che prima non c’erano?
r - Beh, intanto è molto difficile entrarci, a meno che tu non conosca qualcuno. Non so se sa che ad “Amici” sono tutti “parenti di...”, “figli di...”, “nipoti di...” e “amici di...”; anche se devo dire che il livello di quella trasmissione (sia per la danza sia per la canzone) è il migliore tra tutti i “talent”. Gli altri, per la verità, non li guardo, quindi non saprei neanche dirle chi c’è e chi non c’è. Non mi interessa nella maniera più assoluta. E lo stesso vale per i miei amici.
d - E invece qual è il consiglio che lei dà agli artisti, fra quelli giovani ed emergenti, che partecipano a una manifestazione storica come “Il Festival di Potenza”?
r - Guardi, solo qualche minuto fa, nel corso delle prove, ho ascoltato una ragazza -di cui ignoro il nome- che potrebbe partecipare tranquillamente ad “Amici”. La bellezza di questa manifestazione è proprio questa: a volte Mario fa ascoltare, a me e ad altri produttori presenti, dei talenti che possono davvero ambire a qualcosa di più grosso, se qualcuno li prende per mano e li conduce verso quella carriera.
d - La provoco un po’, a proposito di programmi con giurie. Ho visto “I Cugini di Campagna” partecipare a “Ballando con le Stelle”...lei ci andrebbe, se ne avesse l’opportunità?
r - I “Cugini” ci sono andati perché Ivano è molto amico della Carlucci. Loro sono un’icona in Italia, tra l’altro grazie a una canzone sola, “Anima mia”. Io li conosco molto bene, sin dal 1975, in quanto con noi della “Strana società” condividevano la stessa vettura. Loro avevano già questo successo, solo che al posto di Nick c’era chi ha scritto veramente quella canzone, che -non so se lo sa- è Flavio Paulin. Loro fanno benissimo a sfruttare tutte le opportunità televisive (dispongono di un bellissimo ufficio promozione), perché in questo modo fanno un sacco di serate; si tratta di un gruppo da duecento serate l’anno. Io? Certo che ci andrei, a “Ballando”. Domani mattina.
d - Il suo brano più famoso è “Popcorn”, ma è proprio quello col quale -tra cento anni- vorrebbe essere ricordato? O magari ce n’è un altro.
r - Diciamo, innanzitutto che quel brano ha una storia particolare. “Popcorn” è un pezzo del 1960, scritto da un certo Gershon Kingsley. Venne portato in Italia da un produttore torinese, Ivo Lunardi, e dal suo socio, che produceva anche gli Earth Wind & Fire, stiamo quindi parlando del top. Lunardì portò questo 45 giri a Torino, nel mentre io avevo un gruppo, “La Strana Società”, che era un quintetto che faceva solo rock e che in repertorio non aveva un solo brano in Italiano. Pertanto lo propose a me, e io gli dissi che quel pezzo strumentale non sapevo neanche come si facesse. Lunardi però insistette, dicendomi che mi avrebbe cambiato la vita. Partimmo dunque per Milano, alla volta della sala di registrazione in via Meda 45, e vi trovammo un VCS3, un sintetizzatore a oscillatori, che era appartenuto a Keith Emerson (quello di "Emerson, Lake & Palmer"). Ma nessuno sapeva usarlo. Il fonico di allora era Plinio Chiesa e tenga presente che all’epoca i fonici indossavano il camice bianco, e non i pantaloni strappati, Pertanto, con un “quattro tracce”, girando la macchina a metà velocità, e facendo così col dito sulla tastiera “ti-ti-ti-ti” (io ero alla batteria), facemmo “Popcorn”, praticamente a memoria. Il tizio a quel punto ci chiese se avevamo qualcos'altro, per “dietro”.
d - Il lato B.
r - E chi ci aveva pensato. Eravamo poveri, facevamo una gran fame, avevamo un furgone tutto scassato... ma poi mi ricordai di un pezzo che avevamo fatto, si intitolava “Nel giardino di Tamara”. E, niente, andammo a suonare a Laiqueglia e la mattina dopo venne uno che ci annunciò che eravamo in hit parade. Così nacque “La Strana Società”. Il nostro “Popocorn” vendette dodici milioni di copie in tutto il mondo. Dunque, sì, voglio essere ricordato per quel brano lì.
d - Lei però in tempi recenti si è molto dedicato alla letteratura.
r - Sì, ho scritto quattro libri. Il primo si chiama “Crash”, edito da Franz Di Ciccio (sì, proprio quello della PFM); il secondo è dedicato alla mia squadra del cuore, il Torino (di cui ho scritto anche l’inno, che vanta un milione e mezzo di visualizzazioni, e che ogni tanto vado a cantare allo stadio); il terzo s’intitola “Stasera Liboni” (dedicato a me e a mio padre, che era la spalla di Erminio Macario); l’ultimo si chiama “Storie” ed è una serie di racconti di viaggio.