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LO SPECIALISTA RISPONDE

Sei domande al dottor Domenico BILANCIA, Direttore del Dipartimento di Oncologia dell’Ospedale San Carlo di Potenza

“U
n nodulo, un sanguinamento o un sintomo anomalo, sono i principali campanelli di allarme che tutti i cittadini devono prendere in considerazione, per poi rivolgersi subito al medico”, è il primo consiglio del Dr. Domenico Bilancia, Direttore del Dipartimento di Oncologia dell’Ospedale San Carlo di Potenza, a cui abbiamo rivolto alcune domande.

d: Genere ed età influenzano l’incidenza dei tumori?

r: Certo, ci sono differenze, i tumori che conosciamo sono quelli della mammella che per ovvie ragioni è più frequente nel sesso femminile (solo l’1% sono ad appannaggio del sesso maschile); il tumore del polmone, che oggi tende a distribuirsi equamente tra i due sessi, come conseguenza della brutta abitudine del fumo degli ultimi decenni; infine il tumore del colon, che rientra nei tre principali capitoli dell’oncologia. Chiaramente, ci sono delle differenze per ragioni di natura anatomica, penso alla prostata e all’ovaio, oltre alla maggiore predisposizione. Un altro aspetto importante, sempre nelle differenze di genere, sono le risposte alle terapie condizionate da una serie di fattori genetici, per esempio il corredo enzimatico e quindi la metabolizzazione e la risposta ai farmaci. Tutte cose di cui in passato non si teneva assolutamente conto, i risultati venivano globalizzati, ma oggi meritano maggiore attenzione. Esistono poi dei tumori rari, penso ai sarcomi, che vanno indirizzati in Centri ad alto volume perché solo lì è presente una expertise adatta per gestirli sia dal punto di vista medico che chirurgico. C’è stato invece un cambiamento epocale in alcuni tumori, penso per esempio al melanoma, che era un tumore assolutamente raro soprattutto alle nostre latitudini fino a qualche anno fa, oggi invece è anche questo frutto dei cambiamenti degli stili di vita: i vecchi contadini Lucani certamente non andavano al mare e non si esponevano ai raggi del sole così come avviene oggi, spesso in maniera sbagliata, ovvero nelle ore principali di soleggiamento, causando l’aumento significativo dell’incidenza del melanoma, tanto da diventare la sesta o settima neoplasia più frequente tra le patologie rare.

d: Fumo, sole, smog e alimentazione sono quindi gravi fattori di rischio o credenze diffuse?

r: Per alcuni fattori, è ormai acclarato il rapporto causa-effetto, nessuno al mondo credo abbia più dubbi sul fatto che il fumo aumenti a dismisura il rischio di contrarre non solo tumori delle vie respiratorie, ma anche digestivi, della vescica, del pancreas, e anche la cervice uterina è collegata al fumo, se non altro perché si associa ad un modello particolare di vita e scarsa igiene. È un po’ meno facile dimostrare il rapporto con le abitudini alimentari, connesse a un aumento di incidenza del tumore al pancreas, anche detto“tumore del benessere” perché negli ultimi anni soprattutto nelle società opulente occidentali, la disponibilità calorica è aumentata in maniera spropositata, così come l’aumento del consumo di cibi grassi o ricchi di proteine. Quando facevo il tirocinio di chirurgia a Pisa, mi veniva raccontato che il tumore del pancreas era una neoplasia rara e ad appannaggio delle fasce avanzate di età, cioè dopo gli ottant’anni: oggi non solo non è più così raro, ma come mi raccontava il collega che segue il tumore al pancreas, solo nei primi mesi di quest’anno abbiamo affrontato una cinquantina di casi, dato che dà le dimensioni del problema.

d: Per quanto riguarda invece la genetica, bisogna aprire un capitolo a parte…

r: Oggi si va sempre di più verso gli screening genetici, ma devono ricorrere i criteri giusti per poterli effettuare, per esempio: più casi in una famiglia di uno stesso tipo di tumore, o differenti con una relazione tra di loro, per il rischio della presenza di alcune mutazioni. È il caso del gene BRCA, importante nei processi di riparazione del DNA; ma se questo sistema non funziona, esponiamo il nostro organismo al persistere di mutazioni che possono essere ereditate. Per capirci, è il caso di Angelina Jolie, che a un certo punto è dovuta ricorrere a un intervento profilattico di mastectomia per evitare di correre il rischio della mamma, nonna, zia e sorella, cioè il tumore della mammella e dell’ovaio.

d: Si legge spesso che le terapie oncologiche sono costose: come si conciliano costi elevati con il diritto alle cure?

r: Intanto in Italia dobbiamo essere grati per il nostro sistema sanitario, equo e da invidiare, poiché garantisce a tutti i cittadini del territorio nazionale l’accesso alle cure. Osserviamo poi con molta attenzione i meccanismi di approvazione di un farmaco, perché la spesa farmaceutica è un gravame sui bilanci dello Stato: non siamo come i tedeschi o i francesi che hanno un sistema misto, dove esistono le assicurazioni e quindi il cittadino che dispone di soldi, acquista i farmaci in autonomia. Noi dobbiamo fare i conti con una società non così opulenta e quindi cercare di distribuire le nostre risorse equamente tra tutti i cittadini; tra l’altro è garantito l’accesso alle cure anche ai cittadini stranieri. In questo momento, per esempio, abbiamo un paziente ucraino ricoverato con melanoma, che sicuramente effettuerà delle cure costose.

 

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d: In medicina si parla tanto di prevenzione, in Basilicata quanto se ne fa in termini di screening oncologici?

r: Siamo una regione virtuosa, perché abbiamo fatto il primo screening a carattere regionale in Italia. Gli screening devono chiaramente essere validati dal punto di vista scientifico, cioè devono avere un ritorno in termini di intercettazioni di casi tumorali, altrimenti è uno spreco di risorse inutile. Negli ultimi anni abbiamo avuto un po’ di difficoltà dovute a problemi organizzativi legati alla pandemia che ha limitato l’accesso agli screening. Sono validate dal punto di vista scientifico quindi anche le fasce d’età a cui vengono offerti, il tutto nasce da valutazioni di carattere scientifico: fare un esame di sangue occulto a un trentenne non ha molto significato, perché è altamente improbabile che possa sviluppare un tumore del colon; così come fare una mammografia a una giovane donna con età inferiore a 40 anni potrebbe non evidenziare assolutamente niente; ma dai 45 anni in poi diventa uno strumento importante per diagnosticare precocemente la presenza di una lesione sospetta. Gli screening validati sono quello mammografico, con sangue occulto integrato dall’endoscopia per il colon retto, e poi c’è quello della cervice uterina, tumori in passato molto frequenti, ma l’avvento del banalissimo Paptest ha permesso di individuarli precocemente. Oggi è in via di validazione lo screening per il tumore polmonare, rivolto a una popolazione a rischio con una storia di fumo prolungato; il monitoraggio annuale con la tac a bassa emissione radioattiva, consente di seguire l’andamento di piccoli noduli che dovessero svilupparsi nei polmoni, ed eventualmente agire chirurgicamente nei tempi.

d: Il rapporto medico/paziente in oncologia, tappa delicata nella vita di una persona, come si affronta?

r: Il momento della comunicazione della presenza di un tumore in un paziente è un evento drammatico, molto complesso, perché sconvolge l’esistenza del paziente. Non ci sono degli strumenti assoluti ed efficaci, molto spesso nasce dalla sensibilità del medico e dalla capacità di leggere il dramma della persona che ha di fronte. La comunicazione deve essere adattata volta per volta, partendo naturalmente dal presupposto che il paziente è in una condizione di inferiorità in quel momento e che tutte le possibili "prevaricazioni" (dettate da fretta, mal disposizione in una giornata), possono essere lesive della condizione del paziente. Bisogna sforzarsi di essere sereni e tranquilli nel comunicare determinate cose, essere precisi, non inventare storie; non bisogna necessariamente fare i "buonisti", ma essere seri e dare le giuste notizie, senza però buttare addosso le diagnosi con crudezza, risultando estremamente distruttivi. Bisogna essere particolarmente attenti.

(a cura di Antonella Sabia)