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Cari Contro-Lettori,

era una notte buia e torrida, e il sindaco del capoluogo lucano, Mario Guarente, si rotolava nel letto, incollato alle lenzuola madide di sudore, in preda a un tormento esistenziale. Si girava e si rigirava, come un involtino sulla graticola, e si domandava se non fosse il caso di ritirare il ritiro delle deleghe ai suoi tre assessori dissidenti. Salvare la faccia o salvare capra e cavoli? Era quello il dilemma shakespeariano che rendeva insopportabile la sua veglia notturna, ma a un certo punto, nel più profondo delle tenebre della camera da letto in cui ardeva il suo supplizio di mezza estate (licenza poetica), gli apparve il volto di un uomo molto anziano: una faccia quadrata e piena di rughe, con gli occhi –coperti da culi di bottiglia a forma di occhiali- che erano come due fessure, quasi da orientale, e la bocca che sembrava lo sgarbo sottile di un taglierino su un foglio di carta gialla. Le celeberrime orecchie parevano poi due antenne paraboliche di cartone stropicciato. Il terrore non lo avviluppò, perché il giovane sindaco, da par suo, aveva subito intesa l’identità dell'etereo visitatore notturno. E quando questi iniziò a parlare, anche se sembrava più che altro un sibilo acuto, Guarente non ebbe più dubbi a riguardo. «Meglio tirare a campare che tirare le cuoia», disse la faccia. Il sudore sulla pelle del sindaco si asciugò improvvisamente, come a seguito di una benevola folata di ispirazione, e così –svanita l’apparizione dei quel gobbuto fantasma di Mezzanotte- si rizzò, sedendosi con le spalle sui cuscini ed esclamò «Eureka!», a cui seguì tuttavia una qualche altra considerazione assai meno accademica: «E che sono, più fesso degli altri!?». La decisione era presa: avrebbe ritirato il ritiro delle deleghe assessorili. In giunta sarebbe tornata la serenità politica (fino al prossimo capriccio, almeno), e buonanotte ai suonatori. «E certo! -proseguì fra sé e sé- Mica voglio fare la fine di Bardi, nei casini con Casino e Moles, oppure quella del mio sodale di partito, il povero Cicala, che sudava freddo in Argentina mentre Piro e company qui a Potenza gli facevano barba e basette, pelo e contropelo in contumacia!!!». A quel punto, tuttavia, un brivido gelido –forse una stilla di sudore più fredda- gli attraversò la schiena. «… e i bisogni dei Potentini???». Il pensiero a tradimento quasi lo fulminò. Ma Guarente riprese subito la calma, e –guardando attraverso la finestra il profilo della città che amministrava- si rispose placido: «Vuoi vedere che, fra tutti, PROPRIO IO devo fare i miracoli?». Il sonno lo riempì come una bottiglia di vetro. Poggiando la testa sul cuscino, e forte del baffetto alla Clark Gable, citò una battuta di “Via col vento” (e non importa che era di Rossella o’Hara): «Dopotutto, domani è un altro giorno!».

Walter De Stradis