caffaro_e_de_stradis.jpg

 CLIKKA SULLA FOTO PER GUARDARE IL VIDEO DELL'INTERVISTA 

 

di Walter De Stradis

 

 

E’ stato il primo lucano a diventare cintura nera di ottavo Dan, ma soprattutto nel Capoluogo è un volto familiare per aver insegnato il Karate a centinaia e centinaia di allievi di tutte le classi sociali. Molti di questi erano “teste calde” e con lui hanno scoperto il valore dell’autodisciplina. Alcuni di loro sono diventati Dirigenti importanti, alcuni altri sono entrati pure in politica.

Al maestro Sandrino Caffaro –attualmente presidente di ASC Basilicata (Attività sportive confederate, Ente di promozione sportiva presente e attivo su tutto il territorio nazionale, attraverso una rete capillare di 104 Comitati Provinciali e Regionali)- abbiamo chiesto di raccontarci le gioie e i dolori della Potenza “sportiva”.

d: Come giustifica la sua esistenza?

r: Devo tutto ai miei genitori. Poco dopo che ci trasferimmo da San Costantino Albanese (che resta sempre nel mio cuore) a Potenza, iniziai un corso di Judo. Un volta si presentò anche un maestro di Karate, e decisi di dedicarmi a a questa disciplina (le lezioni erano a Eboli), a patto però che garantissi ai miei profitto negli studi. Da lì è iniziato tutto: posso dire di essere stato il pioniere del Karate in Basilicata.

d: Ormai sono diversi decenni che insegna questa disciplina nel Capoluogo e non si contano i suoi allievi. Sicuramente c’è stato anche qualche personaggio poi diventato illustre.

r: Più di uno! La maggior parte dei miei allievi sono diventati professionisti o comunque persone molto serene, che non hanno mai avuto problemi con la legge o con altre situazioni critiche.

d: Ci sono politici?

r: Politici, magistrati, medici, c’è stato anche un direttore generale dell’Agenzia delle Entrate. Tenga conto che la Basilicata, di suo, ha “sfornato” tantissime figure. Sono fiero di aver dato a tanta gente la possibilità di stare bene.

d: Invece nell’immaginario dell’uomo medio parole come “Karate” evocano –molto a sproposito- Bruce Lee e i calci in bocca...

r: No. Nella maniera più assoluta. Il Karate è un’arte, una disciplina di vita. Non è un gioco, come il calcio, la pallavolo o altri spot di squadra: è una cosa che ti dà stimoli di continuo (anche al di fuori delle esibizioni cioè); che ti fa avvertire i cambiamenti nel tuo corpo, ed è una cosa che ti porti sempre dietro. Io sono un ultrasessantenne, ma ancora oggi non mi dispiace confrontarmi con i trentenni. I valori sono quelli della convivenza civile, del rispetto del proprio corpo, della cura della qualità della vita. A me il Karate è tornato utile tante volte.

d: Cioè ha menato tanta gente?

r: No. Mi ha placato il nervosismo, mi ha aiutato a gestire le provocazioni. Alla violenza non si risponde mai con la violenza, perché non si sa come va a finire.

d: E secondo lei Potenza è una città che va d’accordo con la “cura della qualità della vita”?

r: Eh, potrebbe. Ma posso dirle che abbiamo fatto tanti sforzi, ma…alla fine, come si dice, “stavamo meglio quando stavamo peggio”! Potenza ha una grande “potenzialità” di strutture sportive: abbiamo palestre scolastiche, provinciali, comunali, statali, ma è la gestione il punto debole.

d: Si spieghi.

r: Tutti gli sport “di palestra” sono nati a Montereale, al famoso Palazzetto (che era del Coni e poi è passato al Comune). Lì riuscivano a convivere un certo tipo di discipline sportive (Karate, boxe etc.), ma tutte le amministrazioni che si sono succedute vi hanno voluto mettere mano in qualche modo, e il risultato è che la struttura è da anni sempre ferma al palo. Vedi poi il palazzetto Lavangone, una cattedrale nel deserto. Perché dico che prima “si stava meglio”? Perché queste strutture vengono gestite da regolamenti comunali o provinciali (un po’ vi abbiamo contribuito anche noi, perché qualche preside magari non ci voleva concedere l’uso), ma quei regolamenti stessi sono stati usati prettamente come strumento di consenso P-O-L-I-T-I-C-O! Invece di attribuire funzioni specifiche alle singole strutture, cioè destinando ciascuna a un certo tipo di disciplina, ci hanno costretti a una “guerra tra poveri”. Ci si ritrova tutti, cioè, a dover condividere strutture di 600 metri quadrati ove si può fare Karate, sì, ma anche Pallavolo o Pallacanestro…

d: …e questo penalizza gli sport minori…

r: Sì, ma “minori” tra virgolette, però! Ma a un certo punto la gente si è stancata di andare dall’assessore o dal preside di turno, e si è messa in proprio, dando vita a palestre private e consentendo finalmente a tantissima gente di fare sport.

d: Cosa voleva dire quando parlava di speculazione a fini politici?

r: Che per avere una certa struttura a un certo punto dovevi confrontarti col tale assessore, ma –ripeto- la criticità maggiore consiste nel non aver attribuito tipologie o finalità specifiche alle palestre. Senza contare che le politiche federali –a livello sportivo- hanno il sopravvento sulle politiche dello “sport per tutti” (messe in atto dagli enti di promozione): ecco perché sarebbe più opportuno, come si faceva un tempo, dare in gestione determinati spazi a federazioni o a enti/associazioni, le quali devono essere tuttavia esonerate (com’era un tempo) da custodia, pulizia, manutenzione etc. Oggi invece accade che questi oneri se li assumono sì le amministrazioni (dietro corresponsione di un canone), ma il servizio offerto non è certo eccellente, spingendo molti –come dicevo- a dirottarsi sul privato. Faccio un esempio: noi del Karate ci esercitiamo scalzi e col kimono bianco, il che rende necessari spazi puliti, ma puntualmente nella palestra dataci trovavamo qualcosa di rotto; poiché l’obbligo di segnalare è il nostro, io alla fine sono stato anche tacciato (da un preside) di essere un “rompiscatole”! Cioè di essere l’unico a denunciare.

d: Tutte queste difficoltà nella città “Capitale Europea dello Sport”?!

r: Al netto della Pandemia, posso dirle che –per quanto ci riguarda- abbiamo potuto utilizzare quel logo soltanto in due manifestazioni. Ma di questa “Capitale dello Sport”, di manifestazioni di questo genere insomma, beh, io non ne ricordo. Sa cosa rimpiango? I “Maggi potentini” di una volta, quando per un mese erano impegnate TUTTE le discipline sportive. Che cosa non abbiamo fatto! La marcia dello sport, manifestazioni a Montereale. Oggi, per fortuna, restano realtà come “Più sport”, con un ex assessore che riesce, nonostante le difficoltà, a far rivivere in parte queste cose.

d: Al sindaco Guarente, se potesse prenderlo sottobraccio, cosa direbbe?

r: Di essere più vicino al mondo dello sport. Ma non “a chiacchiere”. Ogni volta che lo invitiamo, non lo vediamo mai.

d: Potenza ha ospitato il Giro d’Italia, ma a margine del grande evento ci sono state polemiche sulle strutture e le opportunità che mancano per i “ciclo-pedoni” cittadini; senza contare la vicenda tragi-comica delle “rastrelliere” per biciclette poste a ridosso del Palazzo del consiglio comunale, e poi tolte –pare- per gli strepiti di qualche consigliere di maggioranza!

r: Il Giro d’Italia poteva essere un’occasione per dimostrare che è possibile cambiare volto alla città. L’effetto è durato in tutto una settimana, ma perlomeno ha dimostrato che le cose –se si vuole davvero- si possono fare. Io mi alzo la mattina presto per lavoro, e in giro vedo sempre gruppetti e grupponi di gente che cammina, corre o va in bicicletta. Quindi la voglia c’è.

d: Ma la città è pronta ad accoglierla?

r: No, e si DEVE adeguare. Il parco Fluviale può essere un esempio: pare che questa pista ciclabile arriverà fino al Pantano di Pignola, ma è una cosa turistica. In città, invece, certe indicazioni dovrebbero essere raccolte al massimo e trasformate in politiche attive.

d: A cosa, secondo lei, bisognerebbe dare un bel calcio in bocca?

r: Senz’altro alla burocrazia. Ce n’è troppa. C’è troppa gente messa lì, che di sport o attività sociali non capisce nulla. Qualcuno dice che la burocrazia è anche sinonimo di trasparenza, ma non è così, perché certe cose –se non le vivi (come invece accade ai promotori dello sport e del sociale)- non le puoi nemmeno gestire, né capirne le criticità. Il volontariato va dunque valorizzato, messo a sistema: lo abbiamo visto con la Pandemia, quel mondo si è rivelato un prezioso valore aggiunto.

d: A chi le piacerebbe dare qualche lezione di Karate?

r: Eh (ride). Agli amministratori. La lezione? Diventare più umani e meno burocrati. Se non mettiamo al centro la Persona, non andiamo da nessuna parte.

d: Il film, la canzone e il libro che la rappresentano?

r: Adoro i western, leggo moltissime riviste su caccia, sport e natura, nonché libri sul corpo umano. E mi piacciono moltissimo le canzoni napoletane.

d: La frase con cui –fra cent’anni- vorrebbe essere ricordato, magari affissa in una palestra?

r: “Un atleta, un maestro, che ha sempre cercato in tutti i modi di fare lo sport in sicurezza”